L età arcaica. 1 Scheda 15 LE POPOLAZIONI DI STIRPE APULA. L area nord-lucana
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1 di: Alfonsina Russo L età arcaica LE POPOLAZIONI DI STIRPE APULA L area nord-lucana Il rituale funerario (vedi scheda 12) pone in evidenza una diversità culturale tra le genti che popolano le colline affacciate sul fiume Ofanto e quelle che occupano i territori più interni e montuosi del Melfese. Queste ultime presentano strette analogie, sia come rito funerario sia come cultura materiale (ceramica), con i centri dell alta valle del Basento e del comprensorio del Marmo-Platano. La base economica della parte più interna del territorio melfese è fondata sulle attività agricolo-pastorali e sui rapporti di scambio con i Greci della costa ionica e gli Etruschi della Campania. L importanza di questo settore della Basilicata antica va ricercata nella facilità di transito grazie agli itinerari fluviali. L Ofanto rappresenta, tramite la Sella di Conza e il corso del Sele, un agevole attraversamento est-ovest, tra Adriatico e Tirreno; il Bradano permette il collegamento con il Materano e con la costa ionica. I centri antichi più importanti di quest area sono Ruvo del Monte e Ripacandida, nei quali sono state individuate frequentazioni relative ad abitato, databili in un periodo compreso tra avanzato VIII e metà VII secolo a.c., bruscamente interrotte da generali ristrutturazioni. E questo il caso di Ripacandida, in cui un area di abitato viene adibita a necropoli. Sulle ceramiche di produzione locale predomina la decorazione a tenda tipica della fase della prima età del Ferro, che denota il perpetuarsi di elementi cul- Ruvo del Monte. Tomba 6. Ceramica subgeometrica, coppa ionica, fuseruola e vago d ambra. VI secolo a.c. 1
2 turali protostorici e un sostanziale isolamento dai potenziali interlocutori greci ed etruschi. Verso la fine del VII secolo a.c. si avvia un processo di crescita demografica, testimoniato dalla documentazione delle necropoli. Tale evoluzione si verifica grazie all apertura degli itinerari fluviali sopra citati che permettono di avviare una serie di relazioni con le colonie greche della costa ionica (Siris e Metaponto) e, in ambito tirrenico, con i Greci di Poseidonia (la Paestum romana) e l ambiente etruschizzato del Salernitano. Nelle necropoli dell area interna del Melfese e, in particolare, in Ruvo del Monte. Tomba 10. Olletta biansata. VI secolo a.c. quella di Ruvo del Monte, sito chiave che domina l accesso all alta valle dell Ofanto, si riscontra l emergere di gruppi dominanti, che controllano le risorse economiche e gli itinerari, e che si dotano di beni di prestigio importati (vasellame bronzeo, ceramiche figurate, armi e ornamenti) e che adottano consuetudini di tipo greco (banchetto, consumo del vino, nuove tattiche militari). Il sito di Ruvo del Monte 2 Il centro è ubicato su un altura a circa venti chilometri a sud-ovest di Melfi, ai confini nord-occidentali della Basilicata. Il suo rilievo archeologico è dovuto alla posizione topografica dominante un facile transito tra due vallate minori che permettono di connettere l alta valle dell Ofanto con quella della fiumara di Atella, importante itinerario di accesso all area potentina, tra Bradano e Basento. L area indagata sistematicamente fin dal 1977 è quella nei pressi della chiesa del convento di S.Antonio. E stato possibile individuare una importante necropoli indigena che si sviluppa a partire dalla fine del VII secolo a.c. e con una netta prevalenza di sepolture di VI secolo a.c. Si tratta di tombe a fossa semplice, a pianta rettangolare prive di copertura e di qualsiasi segno di distinzione esterna. Le sepolture si dispongono per gruppi intervallati da spazi vuoti, rispecchiando probabilmente una suddivisione per nuclei di parentela. Nelle fasi successive le aree vuote sono progressivamente scomparse per lasciar spazio alle grandi tombe dei personaggi di rango più elevato. L orientamento non è omogeneo: si nota la prevalenza di due assi astronomici, sud ovest/nord est e nord ovest/sud est. Le tombe di maggiori dimensioni contengono una grande cassa lignea, ormai quasi del tutto dissolta; ciò indica che si è in presenza di sepolture appartenenti a membri di categorie sociali privilegiate. Le deposizioni sono monosome, con il defunto deposto in posizione rannicchiata su di un fianco, in genere quello destro. Il corredo vascolare è deposto ai piedi o lungo uno dei fianchi. Si tratta, in primo luogo, di serie ceramiche di produzione locale che presentano forme ricorrenti (il kantharos, la brocca e l olletta
3 Ruvo del Monte. Tomba 24. Ceramica. V secolo a.c. biconica) e una decorazione subgeometrica nei colori rosso e bruno. Nella fase di VI secolo a.c. punte di lancia, spade ed elmi contraddistinguono con chiarezza le sepolture di guerriero, mentre la presenza di una fuseruola o di un rocchetto, e forse anche delle fibule a sanguisuga in ferro con arco rivestito in ambra e osso, connota le sepolture femminili. Da sottolineare, inoltre, l eccezionale rinvenimento, in una sepoltura, di un carro (importante simbolo di potere) e del complesso degli strumenti da fuoco (alari e spiedi) utilizzati per i banchetti funebri. Particolarmente significativa, per la fase finale della necropoli, è una coppia di sepolture emergenti, pertinenti ad un personaggio maschile e ad uno femminile, databili tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.c. La prima, maschile, conteneva un cratere a calice a figure rosse di produzione metapontina con la scena di Eos, dea dell Aurora, che rapisce il giovinetto amato Kephalos; la seconda, femminile, ha restituito un candelabro in bronzo di produzione etrusca con la cimasa raffigurante lo stesso mito: la dea alata Eos trasporta il corpo di Kephalos. Il mito, che allude al trasporto dell anima nell Aldilà, esprime una speranza di salvezza in una vita ultraterrena che viene rappresentata, nelle sepolture di questa coppia regale, attraverso beni di prestigio commissionati ad artigiani greci ed etruschi: simbolo tangibile dell elevato grado di strutturazione culturale raggiunto. Nel corso del IV secolo a.c. anche l insediamento di Ruvo del Monte è coinvolto nel processo di trasformazione della realtà indigena con l affacciarsi in questo territorio del popolo dei Lucani. A questi si deve infatti la manomissione della necropoli pre-lucana di contrada S.Antonio, con la parziale distruzione di molte sepolture. 3
4 L insediamento di Ripacandida Il centro appartiene al settore non daunio del Melfese. E ubicato in prossimità di una fiumara affluente dell Ofanto, a nord del massiccio montuoso da cui sorge il Bradano. L insediamento antico si sviluppa sulla sommità e sui piccoli terrazzi lungo le pendici della collina. Su uno dei terrazzi sono stati scavati due pozzi, colmati intorno al 640/630 a.c., con una grande quantità di ceramica, per la maggior parte monocroma, proveniente dai livelli di frequentazione rimossi per dare spazio da una necropoli di VI e V secolo a.c. Nel centro si impiantano botteghe ceramiche Ruvo del Monte. Tomba 65. Cratere a calice del Pittore di Pisticci con il specializzate nella produzione di vasi a decorazione subgeometrica, affini alle serie cera- mito di Eos e Kephalos. Fine V secolo a.c. miche di Ruvo del Monte, attive soprattutto tra la seconda metà del VI secolo a.c. e la prima metà del V secolo a.c. Sono attestati motivi decorativi complessi, tra cui compare la figura umana. Particolarmente indicativo è un askos su cui è raffigurato un suonatore di lira. Altre immagini prodotte dalla stessa officina ceramica sono riconducibili alla volontà di associare un fulmine ad una serie di stelle. In un caso sono rappresentate in quattro distinti spazi numerose stelle che rimandano al cielo stellato. In un altro, su una brocchetta rinvenuta in una sepoltura emergente femminile della prima metà del V secolo a.c., è presente una sfera, in cui è racchiuso un fulmine e sul quale è una figura umana stilizzata resa nel gesto del lutto; tutt intorno sono sette stelle. Tale scena si può ricondurre alle dottrine filosofiche di Pitagora che nello stesso periodo di tempo aveva impiantato una scuola a Metaponto e che annoverava tra i suoi discepoli alcune figure aristocratiche indigene dei territori interni della 4 Basilicata Ruvo del Monte. Tomba 64. Cimasa del candelabro in bronzo di produzione etrusca con Eos che rapisce il giovane Kephalos. Fine del V secolo a.c.
5 antica. A Pitagora infatti sembra possibile riferire l idea che la terra di forma sferica sia al centro dell universo e che intorno ad essa ruotino sette stelle (il sole, la luna e i cinque pianeti allora conosciuti). Anche l abitato antico di Ripacandida si organizza per nuclei sparsi di abitato alternati a spazi vuoti e a sepolture. Accanto ad un nucleo di sepolture è stata infatti individuata una capanna a pianta subcircolare del V secolo a.c. infossata Ripacandida. Tomba 46. Brocchetta con la raffigurazione della terra e dei sette nel terreno e con una serie di buche di pianeti. V secolo a.c. palo perimetrali. Il focolare è disposto in posizione centrale, mentre lungo le pareti era collocata una sepoltura di bambino entro un grande contenitore in impasto (sepoltura ad enchytrismos). Nel crollo delle pareti e del tetto è stata rinvenuta parte di un antefissa a testa di gorgone, che doveva decorare il tetto in materiale deperibile (argilla, paglia e legno). La ceramica all interno della struttura permette una datazione nell ambito del V secolo a.c. Per saperne di più: A.Bottini, Una nuova necropoli nel Melfese e alcuni problemi del periodo arcaico nel mondo indigeno, Annali dell Istituto Universitario Orientale di Napoli. Archeologia e Storia antica, 1979, p. 77 ss. Idem, L area melfese dall età arcaica alla romanizzazione, in AA.VV., Scritti in onore di Dinu Adamesteanu, Attività archeologica in Basilicata, Matera 1980,p. 313 ss. Idem, Ruvo del Monte (Potenza). Necropoli in contrada S. Antonio: scavi 1977, in Notizie degli Scavi di Antichità 1981, p. 184 ss. Idem, Il candelabro etrusco di Ruvo del Monte, in Bollettino d Arte 59, 1990, p. 1 ss. M. Tagliente, Ceramiche figurate nel mondo indigeno della Basilicata. Il caso di Ripacandida, in AA.VV., Studi in onore di Michele D Elia, Matera-Spoleto 1996, p. 39 ss. Fonti iconografiche: A.Bottini, Il candelabro etrusco di Ruvo del Monte, in Bollettino d Arte 59, 1990, p. 1 ss. M. Tagliente, Ceramiche figurate nel mondo indigeno della Basilicata. Il caso di Ripacandida, in AA.VV., Studi in onore di Michele D Elia, Matera-Spoleto 1996, p. 39 ss. Copyright 1/10/2000. Tutti i diritti riservati 5
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