SOTTO IL MONTE CAPITOLO DELLE STUOIE 5 MAGGIO 2013
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- Floriana Bassi
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1 SOTTO IL MONTE CAPITOLO DELLE STUOIE 5 MAGGIO 2013 Carissimi amici, è bello per me essere ancora tra voi a raccontarvi un po della mia vita ed esperienza sia personale che di famiglia. Quello che diremo saranno fatti concreti e soprattutto vissuti perché chi mi conosce sa bene che mi piace raccontare le cose che vivo e niente più perché uno dei valori a cui cerco di rimanere più fedele è la coerenza tra quello che si dice e quello che si fa secondo il monito anche di Papa Francesco che ha detto di portare il Vangelo alle periferie delle città e se proprio necessario annunciarlo dando importanza alla testimonianza, ai fatti più che alle parole. Il tema della giornata di oggi la famiglia nell esperienza di fede mi fa riflettere a come la fede sia un dono che in ogni famiglia andrebbe trasmesso da padre in figlio così come indicato dal brano dell antico testamento tratto dal Deuteronomio che è alla base della nostra fede. (lettura DEL BRAno) Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. 5 Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. 6 Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; 7 li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. 8 Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi 9 e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. 10 Quando il Signore tuo Dio ti avrà fatto entrare nel paese che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti; quando ti avrà condotto alle città grandi e belle che tu non hai edificate, 11 alle case piene di ogni bene che tu non hai riempite, alle cisterne scavate ma non da te, alle vigne e agli oliveti che tu non hai piantati, quando avrai mangiato e ti sarai saziato, 12 guardati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dal paese d'egitto, dalla condizione servile. 13 Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai e giurerai per il suo nome. Se penso all esperienza delle nostre famiglie d origine certamente non posso dire che quando da bambini eravamo seduti in casa nostra ci sentivamo ripetere questo comandamento, ma posso affermare che questi insegnamenti venivano trasmessi attraverso uno stile di vita semplice e solidale dei nostri genitori che ci portava a una costante memoria che tutto quello che noi abbiamo e riceviamo per vivere è dono di Dio. Così abbiamo cercato di fare lo stesso nella nostra famiglia sin dall origine e man mano che cresceva con il dono dei nostri 4 figli. Molte vicende che la vita ci ha chiesto di affrontare, alcune belle altre faticose, ci hanno sempre riportato alla considerazione che noi non siamo padroni di nulla e che ogni progetto umano può essere stravolto da qualsiasi evento. Così abbiamo raggiunto la
2 consapevolezza che il Signore con noi è stato generoso e benevolo nel prodigare i suoi doni alla nostra famiglia. E forse per questa convinzione che siamo sempre stati aperti e attenti alle sollecitazioni che il Signore nella sua bontà ci ha messo sul nostro cammino anche attraverso fatti e incontri di persone ed uno di questi è stato l incontro e l amicizia profonda che ha comportato un lungo lavoro gomito a gomito per anni con un frate francescano : Padre Arcangelo Zucchi che ha accompagnato il nostro cammino spirituale nell Ordine Francescano secolare.la direzione spirituale di Padre Arcangelo e la frequenza ad un gruppo di famiglie fece nascere in noi il sogno ed il desiderio di poter vivere più coerentemente la nostra fede e soprattutto mettere in pratica concretamente tutta la formazione ricevuta partendo dalla considerazione che dicevo precedentemente Proprio a Lui ricordo di aver confidato una sera in uno dei nostri appassionati incontri la lettura dagli atti degli apostoli cap.4, che racconta come vivevano le prime comunità cristiane e di esserne stato affascinato e di desiderare a cercare uno stile di vita che si avvicinasse a quel modello. Solo per ricordarvi: LETTURA BRANO 32 La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. 33 Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia. 34 Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto 35 e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno. La generosità di Barnaba 36 Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba, che significa «figlio dell'esortazione», un levita originario di Cipro, 37 che era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l'importo deponendolo ai piedi degli apostoli. E questo un testo che come famiglia abbiamo preso come faro perché rappresenta un umanità che vive realmente in una terra promessa e rappresenta secondo noi il fine della creazione, che è un fine senza fine: cioè le nuove relazioni stabilite tra le persone.
3 Ricordo ancora il nostro desiderio di approfondire di capire di più quale fosse la nostra fede, di aver capito che la vita andava vissuta con passione fino in fondo e non accontentarsi dello stato delle cose, non sentirsi mai arrivati, sentire di essere chiamati in fondo a collaborare a migliorare un po il mondo che ci circondava attraverso uno stile di vita semplice solidale ma concreto che andasse incontro ai bisogni dell uomo e soprattutto delle sue povertà. Ci affascina sempre, come allora, questa condivisione dei beni, che fa parte della dottrina sociale della Chiesa, ma che non vuol dire che uno debba possedere niente, vuol dire un altra cosa; non è che si fanno poveri i primi cristiani perché hanno l ideale della povertà, no, condividono perché non ci sia nessun povero, i beni servono come mediazione delle relazioni tra le persone, perché possano vivere bene tutti. E questo è l unico modo di vivere possibile, perché se di ogni cosa dico è mio questo è ciò che mi divide dall altro e mi scanno, perché a me interessa la cosa e non la persona; ho già distrutto le relazioni, ho distrutto anche me stesso e distruggo anche le cose. Se invece la cosa è il luogo dove ci si scambia, ci si dona, ognuno dà il suo contributo all altro, allora la realtà stessa è la mediazione della fraternità e dell intelligenza ed è costruttiva. Insomma in un dono è presente l altro. Questa lettura ci faceva e ci fa capire anche come l uso delle cose è in funzione del bene comune. Questa è la dottrina sociale della chiesa, ma non solo:è l unico modo per poter vivere sulla terra, perché se uno comincia a privatizzare anche l aria o l acqua e a fartela pagare e ne fa monopolio, come faccio a vivere se non riesco a pagarla? Se Dio facesse pagare le cose che ha fatte come faremmo a vivere? Abbiamo allora capito che il possedere è principio di morte, non solo perché ci ammazziamo, ma anche perché se Dio ci facesse pagare tutto ciò che ha fatto, finirebbe il mondo e anche Dio. Tutto esiste perché è dono dell uno all altro e questo permette di volersi bene, di fare tante cose, di non distruggere, di creare relazioni umane, di dare vita a quei valori che sono i valori della verità e non della menzogna: dell amore e non dell egoismo, della bellezza e dell amore. I primi cristiani così vivendo rendevano testimonianza della resurrezione. E la potenza dell amore, della solidarietà della verità è la bellezza di un amore che vince la morte.
4 Noi come famiglia sentivamo e sentiamo il desiderio di vivere questa utopia, questi ideali e di cercare di trasmetterli anche ai nostri amici e vicini. In tutto questo cammino che poi ci ha portato a vivere esperienze diverse di servizio, prima alla parrocchia, poi alle missioni del Congo i nostri figli, a cui non abbiamo mai imposto di condividere le nostre scelte, devono aver respirato la gioia di vivere in una famiglia aperta alle relazioni umane. Infatti nella realizzazione del nostro sogno di vita loro hanno avuto un ruolo determinante nello spingerci a gettare il cuore oltre l ostacolo e nell affidarsi nelle mani del Signore. Ricordo di non aver mai fatto prediche ai miei figli ma ricordo con commozione la loro volontà nell imitarci per quello che potevano fare nel dimostrare che quegli ideali di solidarietà, gioia, semplicità, sobrietà erano da loro abbracciati e condivisi. Ora che sono adulti, tranne Giovanni che frequenta la quarta liceo, vedo nella scelta della loro professione il concretizzarsi del loro desiderio e il loro sogno di rendersi protagonisti nel cercare di migliorare anche loro un po questo mondo e di aver respirato questo nella vita di famiglia : Stefano,biologo, è nell Arma dei Carabinieri così vicina alla gente e ai suoi bisogni di giustizia e lealtà, Anna ha scelto di diventare infermiera e stare vicina all umanità sofferente, Giacomo ha deciso dopo gli studi di sociologia di lavorare a tempo pieno per il nostro progetto diventandone il responsabile operativo Da questi incontri che non finivano mai con questa passione che ci infuocava il cuore : da qui nasce la scelta di cercare di vivere questo modello in Qiqajon dove questi valori sono vissuti in tutti gli aspetti dalla gestione, attenta agli sprechi ed ai consumi, ma soprattutto al servizio secondo un economia del dono che propone la gratuità per i servizi offerti che va contro corrente rispetto all economia del profitto. In questa ottica chi ha risorse economiche o umane deve dare a chi ha bisogno perché non ci siano più poveri in un ottica di restituzione dei beni ricevuti che a noi francescani secolari dovrebbe essere così cara. Sono questi ideali che ci danno anche coraggio spesso di chiedere il vostro sostegno economico e non solo ma anche di servizio che ci aiuta a accogliere gratuitamente tutti i ragazzi e le loro famiglie che si affacciano alla nostra struttura. Ognuno ci mette del suo, voi il sostegno, noi oltre al sostegno anche tutte le energie, le forze e l impegno rivolto ai ragazzi e alle loro famiglie perché in loro e nei loro volti noi vediamo l immagine di Gesù vivo e vero..
5 Ma il Signore ci invita anche ad essere lieti soprattutto verso gli altri in tutte le vicende della nostra vita e soprattutto nello stile del nostro servizio. Il filosofo Nietzsche diceva che non è vero che Cristo è risorto, perché basta vedere la faccia dei cristiani e credo che avesse qualche ragione anche ai tempi nostri. Si può anche insegnare matematica con il muso lungo; ma certo non possiamo insegnare il vangelo. Se il vangelo non riesce a renderci gioiosi e affabili, che vangelo è? Se siamo continuamente nervosi, irritabili, insoddisfatti, risentiti, come facciamo a dire che Dio è amore, che abbiamo incontrato l'amore di Dio? Qualcuno può obiettare che la gioia non si produce a piacere; che dipende da fattori di cui non abbiamo un pieno controllo; che siamo determinati anche dalle esperienze della nostra infanzia; tutto vero. Ma aggiungo subito che la si può favorire, e in modo sostanziale, perché la gioia è il sottoprodotto di un'esistenza vissuta bene. La regola è: metti in ordine la tua vita; fa' ogni cosa con attenzione e con passione; unisci indissolubilmente quello che pensi, quello che dici e quello che fai. A contrario: non è possibile condurre una vita disordinata e sperare di riuscire a essere contenti; non è possibile non fare quello che diciamo di fare agli altri ed essere soddisfatti di noi stessi. Potrei continuare. Ma l'importante è che ciascuno si prenda il tempo di riflettere sulla sua vita, sulle cose che fa, sul perché le fa, sul come le fa. Che non dia la colpa agli altri, al mondo, alla Chiesa, alla curia o a non so quale altro mostro. Le circostanze esterne ci possono favorire o impastoiare. Ma siamo noi a decidere della nostra vita; dare la colpa a qualcosa di esterno è solo un modo per giustificare noi stessi, per non assumerci la responsabilità di rettificare la nostra vita. E facile sentire da parte di giovani e adulti, soprattutto in questo momento di crisi economica che comporta difficoltà in tutti i settori della nostra società, un senso di insofferenza della vita, una specie di dispiacere del vivere, quasi un dovere,da assolvere per forza, senza trovarci alcun gusto. Ci dobbiamo quindi sentire impegnati a vivere la nostra fede con gioia e non con rassegnazione a riscoprire e far riscoprire la voglia di vivere. Questa voglia di vivere e l entusiasmo lo si legge nei nostri volti.ora lascio la parola a Piera che come donna è molto più profonda e concreta di me che vi racconterà l esperienza che stiamo vivendo a modo suo. Gigi Bozzi
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