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Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693 Pubblicazione del 5.6.2018 Edizioni Comitato scientifico: Simone ALECCI (Magistrato) - Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza)- Mauro BOVE (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato addetto alla direzione generale della giustizia civile presso il Ministero della Giustizia) Tiziana CARADONIO (Magistrato) - Costanzo Mario CEA (Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) Mirella DELIA (Magistrato) - Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Paolo DI MARZIO (Consigliere Suprema Corte di Cassazione) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Consigliere presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) Francesco FIMMANO (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) Roberto MARTINO (Professore ordinario di diritto processuale civile, Preside Facoltà Giurisprudenza) Francesca PROIETTI (Magistrato) Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare presso il Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Presidente di sezione, Suprema Corte di Cassazione) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato dell Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione) Antonella STILO (Magistrato, Presidente di sezione) Antonio URICCHIO (Professore ordinario di diritto tributario, Magnifico Rettore) - Antonio VALITUTTI (Presidente di Sezione presso la Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.). Dichiarazione di fallimento, automatica interruzione del processo, termine per la riassunzione, conoscenza legale dell'evento, comunicazione a mezzo PEC A norma degli artt. 43, comma 3, L. Fall., 300 e 305 c.p.c., nella attuale formulazione, la dichiarazione di fallimento determina l'automatica interruzione del processo, con termine trimestrale per la suariassunzione che decorre dalla data della conoscenza "legale" dell'evento, estesa, per la curatela fallimentare, anche alla conoscenza della pendenza del processo ed acquisita, quindi, non in via di mero fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento che determina l'interruzione del processo, assistita da fede privilegiata, senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione, avente natura meramente ricognitiva. È conforme alla giurisprudenza di questa Corte la pronuncia che abbia opinato che, in tema di interruzione del processo, nel caso di evento con effetti interruttivi automatici (quale è certamente il fallimento di una delle parti in causa), il termine per la riassunzione decorre, piuttosto che da quella della formale dichiarazione di interruzione, dalla data della conoscenza "legale" dell'evento, estesa, per la curatela fallimentare, anche alla conoscenza della pendenza del processo (di tale principio ha fatto corretta applicazione la sentenza impugnata laddove, dopo aver compiutamente descritto il contenuto sia dell'istanza di ammissione al passivo trasmessa, a mezzo

PEC, al curatore del fallimento, che del progetto di stato passivo predisposto da quest'ultimo con riguardo ad essa, ha ritenuto che da tali documenti risulta provato che il Fallimento ha avuto la conoscenza legale del fatto che l'effetto interruttivo della dichiarazione di fallimento era destinato ad operare sul presente giudizio, esattamente individuato nella domanda di ammissione, quantomeno dal momento in cui il curatore ha comunicato alla stessa l'ammissione al passivo del credito con l'espressa precisazione che l'ammissione era condizionata all'esito del giudizio pendente e nella misura in cui verrà accertato). NDR: sulla prima massima si veda Cass. n. 5650 del 2013, Cass. n. 6331 del 2013, Cass. 27165 del 2016, nonché Cass., SU, n. 7443 del 2008 e Cass. n. 25831 del 2017. Cassazione civile, sezione prima, ordinanza del 18.4.2018, n. 9578 omissis 1. La curatela del Fallimento ssssss liquidazione ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, contro la sentenza del 16 settembre/29 ottobre 2015 con cui la Corte di appello di Milano dichiarò estinto il giudizio di impugnazione ex art. 829 c.p.c., comma 1, nn. 5 ed 11, intrapreso dalla menzionata società in bonis nei confronti della ossss, del Fallimento ssss s.r.l., concernente il lodo, tra le medesime parti, sottoscritto da due arbitri (dandosi atto che il terzo non aveva inteso sottoscriverlo) sss 1.2. Per quanto di interesse in questa sede, la corte milanese giustificò la sua pronuncia sull'assunto che il processo innanzi ad essa, interrottosi per effetto della sopravvenuta dichiarazione di sss. in liquidazione, era stato tardivamente riassunto dal curatore fallimentare di quest'ultima, come tempestivamente eccepito dalla ssssss 2. Il primo motivo, rubricato "Violazione e falsa applicazione degli art. 43, comma 3, e art. 95, comma 2, L. Fall.; degli artt. 302 e 305 c.p.c., e art. 307 c.p.c., comma 3; nonchè dell'art. 24 Cost. - Mezzo di cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3", ascrive alla corte territoriale di aver erroneamente dato rilevanza, ai fini del decorso del termine trimestrale ex art. 305 c.p.c., alla comunicazione PEC con la quale sssss trasmesso al curatore, il 6 novembre 2014, la domanda di ammissione al passivo fallimentare, ed alla comunicazione del curatore, inviata tramite PEC il 24 novembre 2014, recante il progetto di stato passivo e contenente il riferimento al "giudizio pendente" (quello di impugnazione per nullità del lodo) al cui esito era stata condizionata l'ammissione stessa dei crediti ssss: la prima, invero, non configurerebbe una dichiarazione, notificazione o certificazione assistita da fede privilegiata, mentre la seconda sarebbe inidonea a dimostrare l'acquisizione della "conoscenza legale" della pendenza di quel giudizio (e, cioè, che il curatore ne fosse venuto a conoscenza per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione assistita da fede privilegiata), provando la sola "conoscenza empirica" del fatto, insufficiente a far decorrere il termine di legge per la riassunzione, da considerarsi scaduto, quindi, non il 24 febbraio 2015, come ritenuto dalla decisione impugnata, bensì il 2 marzo 2015, tre mesi dopo, cioè, il provvedimento interruttivo del giudizio, da ritenersi "il primo ed unico atto idoneo a determinare la conoscenza legale e non di mero fatto, in capo alla curatela, dell'evento interruttivo; e quindi a far decorrere il termine di tre mesi per la riassunzione" (cfr. pag. 7 del ricorso). 2.1. Il secondo motivo, recante "Violazione e falsa applicazione dell'art. 43, comma 3, L.Fall., e degli artt. 303 e 305 c.p.c. e art. 307 c.p.c., comma 3, in relazione agli artt. 2697,2727 e 2729 c.c. - Mezzo di cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3", censura la sentenza impugnata per aver dichiarato estinto il giudizio pur in mancanza della prova, il cui onere sarebbe spettato alla Omissis, della conoscenza legale, e non di mero fatto, in capo al curatore, della pendenza del giudizio sul quale l'effetto interruttivo avrebbe in concreto operato. 3. La ssssss con controricorso, mentre il sssss. e quello omissis s.r.l. non hanno spiegato difese. Entrambe le parti costituite hanno depositato memorie ex art. 380-bis c.p.c., comma 1. 4. Il ricorso è certamente ammissibile, dovendosi disattendere l'eccezione sollevata dalla controricorrente, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine ad una asserita esposizione generica, al suo interno, dei fatti di causa. Il tenore complessivo del menzionato atto, infatti, consente agevolmente a questa Suprema Corte di avere completa cognizione della vicenda processuale svoltasi innanzi alla corte milanese, così da poter valutare la correttezza, o meno, del suo decisum alla stregua delle argomentazioni giustificative dei formulati motivi.

5. Questi ultimi, peraltro, esaminabili congiuntamente perchè palesemente connessi, sono infondati. 5.1. Risulta incontroverso, in fatto, che, nel corso del giudizio di impugnazione ex art. 829 c.p.c., comma 1, nn. 5 ed 11, intrapreso dalla sss. in liquidazione, innanzi alla Corte di appello di Milano, nei confronti della sssss e del Fallimento omissis s.r.l., e concernente il lodo, tra le medesime parti, sottoscritto da due arbitri (dandosi atto che il terzo non aveva inteso sottoscriverlo) in ssss.a. in liquidazione venne dichiarata fallita dal Tribunale di Ferrara (giusta sentenza del 24 giugno 2014), che la conseguente interruzione del processo fu dichiarata dalla corte milanese all'udienza del 2 dicembre del 2014 e che il ricorso per la riassunzione dello stesso fu depositato dalla curatela del sssa. in liquidazione il 27 febbraio 2015. 5.2. Altrettanto incontroversa, in diritto, è l'applicabilità alla fattispecie delle disposizioni di cui agli artt. 43, comma 3, L. Fall., artt. 300 e 305 c.p.c., nella attuale formulazione, in base alle quali la dichiarazione di fallimento determina l'automatica interruzione del processo, con termine trimestrale per la sua riassunzione che decorre dalla data della conoscenza "legale" dell'evento, estesa, per la curatela fallimentare, anche alla conoscenza della pendenza del processo ed acquisita, quindi, non in via di mero fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento che determina l'interruzione del processo, assistita da fede privilegiata (cfr. Cass. n. 5650 del 2013; Cass. n. 6331 del 2013; Cass. 27165 del 2016), senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione, avente natura meramente ricognitiva (cfr. Cass., SU, n. 7443 del 2008. In senso analogo, si veda in motivazione, anche la più recente Cass. n. 25831 del 2017). 5.3. Alla stregua di tali ultime disposizioni, la corte milanese (cfr., amplius, pag. 8-10 della sentenza impugnata): i) ha dato atto che, con comunicazione PEC del 6 novembre 2014, la sssss aveva trasmesso al curatore del Fallimento ssss in liquidazione la domanda di ammissione al passivo fallimentare dei propri crediti "... fondati sulle statuizioni del lodo rituale reso in data 5.7.2013, che era stato impugnato dalla ssa. con atto di citazione notificato il 12.6.2014, con il quale era stato introdotto davanti alla Corte di appello di Milano il presente giudizio iscritto al R.G. con il n. 2107 del 2014", e che, successivamente, il menzionato curatore, con comunicazione tramite PEC del 24 novembre 2014, aveva inviato alla menzionata società il progetto di stato passivo contenente il riferimento al "giudizio pendente" (quello di impugnazione per nullità del lodo) al cui esito era stata condizionata l'ammissione stessa dei crediti invocati da quest'ultima; ii) ha ritenuto che "...Da tali documenti... risulta provato che il Fallimento ha avuto la conoscenza legale del fatto che l'effetto interruttivo della dichiarazione di fallimento era destinato ad operare nel presente giudizio, esattamente individuato nella domanda di ammissione proposta dalla sssss dal momento in cui il curatore ha comunicato alla stessa l'ammissione al passivo del credito con l'espressa precisazione che l'ammissione era condizionata "all'esito del giudizio pendente e nella misura in cui verrà accertato""; iii) ha concluso affermando che "La riassunzione del giudizio è quindi da ritenersi tardiva, dato che, rispetto alla comunicazione del progetto di stato passivo, avvenuta il 24.11.2014, il deposito del ricorso, in data 27.2.2015, è stato effettuato quando il termine di tre mesi previsto dall'art. 305 cod. proc. civ. era ormai scaduto...". 6. Fermo quanto precede, rileva il Collegio che la sentenza impugnata risulta conforme alla giurisprudenza di questa Corte (che il ricorso non offre elementi per rivedere) nella parte in cui ha opinato che, in tema di interruzione del processo, nel caso di evento con effetti interruttivi automatici (quale è certamente il fallimento di una delle parti in causa), il termine per la riassunzione decorre, piuttosto che da quella della formale dichiarazione di interruzione, dalla data della conoscenza "legale" dell'evento, estesa, per la curatela fallimentare, anche alla conoscenza della pendenza del processo. Di tale principio, invero, ha fatto corretta applicazione laddove, dopo aver compiutamente descritto il contenuto sia dell'istanza di ammissione al passivo trasmessa, a mezzo PEC, dalla ssss al curatore del fallimento omissis s.p.a., che del progetto di stato passivo predisposto da quest'ultimo con riguardo ad essa, ha ritenuto che "...Da tali documenti... risulta provato che il Fallimento ha avuto la conoscenza legale del fatto che l'effetto interruttivo della dichiarazione di fallimento era destinato ad operare sul presente gisss, quantomeno dal momento in cui il curatore ha comunicato alla stessa l'ammissione al passivo del credito con l'espressa precisazione che l'ammissione era condizionata "all'esito del giudizio pendente e nella misura in cui verrà accertato"..".

6.1. Deve, infatti, sottolinearsi che la "conoscenza legale" - locuzione che esprime un concetto tecnico giuridico che, generalizzandosi, potrebbe definirsi come un effetto che l'ordinamento giuridico ricollega, in capo ad un soggetto, al verificarsi di un evento o di specifiche circostanze - può dirsi realizzatasi, quanto all'evento che determina l'interruzione di un giudizio, esclusivamente in presenza di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento medesimo, assistita da fede privilegiata (cfr. Cass. n. 5650 del 2013; Cass. n. 6331 del 2013; Cass. 27165 del 2016; Cass. n. 3085 del 2010; Cass. n. 6348 del 2007), essendo insufficiente la conoscenza altrimenti acquisita dalla parte, sicchè quella locuzione, come è palese, attribuisce rilievo non solo al mezzo di diffusione della notizia, ma anche alla fonte dalla quale essa proviene. 6.1.1. Nella vicenda in esame, è innegabile che la notizia della pendenza del giudizio di impugnazione del lodo arbitrale, innanzi alla Corte di appello di Milano, in cui si era prodotto l'evento interruttivo causato dal fallimento sssa. in liquidazione fosse pervenuta al nominato curatore della corrispondente procedura concorsuale fin dal momento (6 novembre 2014) in cui la sssaveva trasmesso a quest'ultimo, tramite PEC, la propria istanza di ammissione al passivo recante il riferimento, quanto al titolo giustificativo dei crediti invocati, al lodo oggetto di impugnazione nell'appena descritto procedimento. 6.1.2. Al riguardo, in senso negativo quanto alla possibilità di ritenere idonea una siffatta domanda allo scopo di determinare, per il curatore, la conoscenza legale suddetta, non giova richiamare Cass. n. 5650 del 2013. Questa pronuncia, infatti, come condivisibilmente osservato dal P.G. nella sua requisitoria scritta, ha sì escluso che la conoscenza "legale" possa essere fornita dall'indicazione della pendenza del giudizio nella domanda di ammissione al passivo, ma detta affermazione ha reso in riferimento ad un giudizio in cui tale domanda era stata proposta anteriormente al 2012 (anche se in un fallimento dichiarato dopo il 2006). 6.1.3. Tuttavia, l'art. 93 L. Fall., nel testo modificato dal D.L. n. 179 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012), qui applicabile, sancisce che "Il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte ed è formato ai sensi del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 21, comma 2, ovvero art. 22, comma 3, e successive modificazioni e, nel termine stabilito dal primo comma, è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del curatore indicato nell'avviso di cui all'articolo 92, unitamente ai documenti di cui al successivo sesto comma". 6.1.4. Tale modifica - come ancora condivisibilmente sottolineato dal P.G. - ha introdotto una novità di grande spessore anche (se non, forse, soprattutto) quanto all'individuazione del destinatario di siffatta trasmissione, che non è più la cancelleria del tribunale, bensì il curatore. La domanda di ammissione al passivo produce, poi, come è noto, tutti gli effetti della domanda giudiziale (cfr. art. 94 L. Fall.) e la sua trasmissione, in via telematica, all'indirizzo di posta certificata comunicato dal curatore costituisce l'unico mezzo per proporla. 6.1.5. La comunicazione effettuata mediante posta elettronica certificata è, inoltre, pacificamente equivalente, ai sensi del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 48, commi 1 e 2, alla notificazione a mezzo posta, sicchè è idonea (rientrando, alla stregua della giurisprudenza in precedenza richiamata, in una di quelle modalità comunicative - dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa assistita da fede privilegiata di un evento), in mancanza di prova contraria, a dimostrare la conoscenza legale dell'evento medesimo da parte del destinatario (cfr. Cass. n. 21375 del 2017). 6.2. In applicazione di detti principi rileva, quindi, che la corte milanese ha accertato e precisato che nella domanda di ammissione, ritualmente presentata a mezzo PEC il 6/11/2004, era stato "specificamente indicato che i crediti di cui (la ricorrente) ha chiesto l'ammissione (...) erano fondati sulla statuizione del lodo rituale", con la puntualizzazione che tuttavia questo "era stato impugnato dalla omissis s.p.a. con citazione notificata il 12.6.2014, con il quale era stato introdotto davanti alla Corte d'appello di Milano il (...) giudizio iscritto al R.G. n. 2107 del 2014". Tale accertamento rende, infatti, chiaro - come condivisibilmente osservato dal P.G. - che il giudice del merito ha correttamente ritenuto che la domanda di ammissione al passivo (tenuto conto della natura della stessa e delle considerazioni sopra svolte in ordine alla modalità di presentazione ed agli effetti a questa conseguenti) aveva determinato in capo al curatore la conoscenza legale della pendenza del giudizio (specificamente ed analiticamente indicato) che, per le ragioni sopra esposte, era sufficiente a determinare il decorso dalla data della ricezione del termine per la riassunzione. La valorizzazione anche del contenuto del provvedimento reso sulla domanda di ammissione al passivo (riportato a pag. 9 della sentenza) è stato, quindi, ragionevolmente valorizzato a conforto dell'impossibilità di negare

l'avvenuta conoscenza delle circostanze necessarie e sufficienti a determinare il decorso del termine di riassunzione, del pari esattamente ritenuto perento. 6.3. Da ultimo, e per mera completezza, va rimarcato che l'assunto della ricorrente secondo cui la domanda di ammissione al passivo della Omissis, così come la successiva comunicazione del progetto di stato passivo da parte del curatore fallimentare della prima, benchè recanti il riferimento al giudizio di impugnazione del lodo innanzi alla Corte di appello di Milano, erano privi della indicazione dell'evento (fallimento omissis s.p.a. in liquidazione) che ne aveva determinato la interruzione, appare poco persuasiva al fine di privare quegli atti della possibilità di assicurare conoscenza legale anche di quest'ultimo, e ciò per la decisiva considerazione che quel curatore era stato nominato proprio per effetto della pronuncia del suddetto fallimento, che, quindi, evidentemente non poteva ignorare. 7. Il ricorso va, quindi, respinto, restando regolate le spese dal principio di soccombenza, e dandosi atto, altresì, - in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) - della sussistenza dei presupposti per l'applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell'impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest'ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) per il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione proposta. pqm Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso art. 13.