SABATO DELLA TERZA SETTIMANA DOPO L EPIFANIA Lettura del libro dell Esodo (19, 3-8) Partiamo dal titolo promessa dell alleanza, che la Bibbia di Gerusalemme (2008) assegna a questa pericope, e cerchiamo di capire il senso di ciò che Dio promette. Israele è arrivato al Sinai: Al terzo mese dall uscita degli Israeliti dalla terra d Egitto, nello stesso giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai. Levate le tende da Refidìm, giunsero al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte (19, 1-2). Al terzo mese seguito da nello stesso giorno : troviamo in queste espressioni una prima apparente stranezza. Essa ci vuole far comprendere che il progetto di Dio ha una continuità che si attua ogni giorno: perciò ogni giorno è il giorno della promessa, il giorno della salvezza e, come dice il Midrāš Tanḥuma, la rivelazione al Sinai le Parole della Tôrāh dovrebbero essere un esperienza che si vive nuovamente ogni giorno. La dichiarazione del popolo - Quanto JHWH ha detto, noi lo faremo! (v. 8) - è inserita in questo orizzonte di continuità. JHWH nei vv. 3-6 non ha comandato ancora nulla in particolare, non ha ancora consegnato la Tôrāh e il popolo proclama comunque solennemente il suo impegno. Come farà, dopo che JHWH avrà proclamato le dieci parole dell alleanza: Quindi [Mosè] prese il libro dell alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto JHWH, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto» (Esodo 24,7). Secondo la maggioranza degli studiosi, 19, 8 e 24, 7 sono la cornice di un grande quadro il cui soggetto è rappresentato dalle dieci parole (decalogo) e dal codice dell alleanza. Nelle parole che JHWH pronuncia sono contenute delle promesse che ci rimandano immediatamente ad altre parole: Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me (v. 4); Io sono JHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d Egitto, dalla condizione servile (Es 20, 2); Voi stessi avete visto che vi ho parlato dal cielo! (Es 20, 22). Mosè sale verso Dio e Dio lo chiama (v. 3). Quando c è un attesa, una ricerca da parte dell uomo, Dio si rende presente e parla. Ciò che Mosè ascolta è poi ciò che è 1
chiamato ad annunciare agli altri, perché questa è la missione alla quale egli è chiamato: essere il mediatore della Parola di JHWH. Voi stessi avete visto (v. 4): il verbo ebraico rā āh indica un esperienza che è consiste in due azioni compiute da JHWH: l intervento sull Egitto e il cammino percorso dal popolo fino al Sinai, un cammino reso possibile dalla sua azione potente e nello stesso tempo piena di tenerezza, come suggerisce l immagine del sollevare su ali di aquile che evoca l azione dell aquila mentre solleva i suoi piccoli sulle ali estese e robuste per proteggerli e condurli alle grandi altezze. Nonostante ciò Israele farà esperienza fin da subito della sua infedeltà rivelandoci che Dio, pur essendo presente e operante, può anche essere percepito come assente. Nei vv. 5 e 6 vengono esplicate le promesse da parte di JHWH: esse si realizzeranno se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza. Quella di Dio è dunque, in un certo senso, un alleanza condizionata. La realizzazione delle promesse sembra subordinata all ascolto della sua voce e alla custodia della sua alleanza. Non si deve però cadere nella superficiale conclusione, come spesso si è fatto e si continua a fare, che questa è un alleanza fondata su leggi mentre quella del Nuovo Testamento è fondata solo sull amore. Qualsiasi patto si fonda su regole chiare che si sceglie di rispettare nella libertà. Qualsiasi rapporto si basa sull ascolto e sulla custodia del legame realizzato. In questo caso c è un dono gratuito da parte di JHWH che può essere accolto o rifiutato. L ascolto della voce di JHWH educa all accoglienza del suo dono gratuito, indicando le condizioni essenziali perché il dono dell alleanza possa essere accolto come un dono prezioso da custodire: questo è il senso dell invito a custodire l alleanza che viene offerta. La promessa di JHWH annuncia qualcosa di straordinario: Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. La traduzione e la struttura dei vv. 5b-6a potrebbe essere più chiara accogliendo la proposta di Bernard Renaud e, in particolare, dando al w e attem (inizio del v. 6) un valore avversativo ( Ma voi ) 1 : 1 B. RENAUD, La Théophanie du Sinaï. Ex 19-24. Exégèse et Théologie. Gabalda, Paris 1991, 51. 2
A Voi sarete per me un possesso personale B tra tutti i popoli. B Sì, mia è tutta la terra! A Ma voi, voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. La scelta che JHWH compie costituisce Israele come il suo tesoro [s e gullāh] particolare, propriamente il tesoro personale del re. Questo linguaggio sottolinea il carattere peculiare dell intimità che esiste tra JHWH e Israele, ma essa si pone sullo sfondo di un universalità che si estende a tutti i popoli della terra. Israele è scelto tra i popoli per appartenere in modo particolare ( nazione santa ) a JHWH, per diventare il luogo in cui si manifesta, in modo paradigmatico per tutti i popoli, la signoria di JHWH. Solo su questo sfondo si può capire il vero significato della scelta di JHWH. Il compito sacerdotale è un compito di servizio. Essere un regno di sacerdoti significa essere chiamati a diventare servi di Dio e degli altri popoli della terra, essere chiamati per questa missione: Io, JHWH, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni (Is 42, 6); È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d'israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra (Is 49, 6). Questo testo del libro dell Esodo ha un linguaggio ( deuteronomista ) molto simile a quello del Deuteronomio: Oggi il Signore, tuo Dio, ti comanda di mettere in pratica queste leggi e queste norme. Osservale e mettile in pratica con tutto il cuore e con tutta l'anima. Tu hai sentito oggi il Signore dichiarare che egli sarà Dio per te, ma solo se tu camminerai per le sue vie e osserverai le sue leggi, i suoi comandi, le sue norme e ascolterai la sua voce. Il Signore ti ha fatto dichiarare oggi che tu sarai il suo popolo particolare, come egli ti ha detto, ma solo se osserverai tutti i suoi comandi. Egli ti metterà, per gloria, rinomanza e splendore, sopra tutte le nazioni che ha fatto e tu sarai un popolo consacrato al Signore, tuo Dio, come egli ha promesso (Dt 26, 18-19). 3
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1,18-20) I tre versetti proposti dal lezionario, staccati dal contesto, risultano pressoché incomprensibili. La seconda lettera ai Corinzi presenta diverse problematiche di tipo teologico e, in particolare, ecclesiologico, il cui studio porta con sé molti interrogativi. Alcuni studiosi, ad esempio F. Vouga, ritengono che questa lettera abbia un ossatura costituita da diversi racconti di viaggio e annunci di visite alla comunità. Sono infatti temi sempre presenti nel discorso di Paolo. Lo stesso Vouga struttura la lettera in questo modo: 1,1-2,13 e 7,5-16 Lettera di riconciliazione. 1,15-24 Motivi che hanno portato Paolo a rinviare il viaggio promesso a Corinto. 2,14-7,4 Difesa della propria rettitudine e coerenza. 8,1-26; 9,1-15 La colletta a favore di Gerusalemme. 10-13 Difesa del proprio diritto di definirsi apostolo. La nostra pericope si trova quindi nella sezione dove Paolo, in tono apologetico, spiega che la sua mancata visita non è dovuta a leggerezza o a motivi puramente umani. Lo dice dopo aver dichiarato di esserci [lui e Timoteo] comportati nel mondo, e particolarmente verso di voi, con la santità e sincerità che vengono da Dio, non con la sapienza umana, ma con la grazia di Dio (1,12). Il motivo vero e proprio è citato nel v. 23: Io chiamo Dio a testimone sulla mia vita, che solo per risparmiarvi rimproveri non sono venuto a Corinto. Ci sono delle polemiche non sopite, delle accuse pronunciate e anche delle calunnie. Paolo preferisce rimandare il viaggio e scrivere tutto quello che ha da dire, ribadendo il suo pensiero circa le caratteristiche di un apostolo, sempre legato al vangelo e alla croce di Cristo, e lo scopo del suo operato. 4
Lettura del vangelo secondo Giovanni (12,31-36a) La pericope proposta andrebbe accostata leggendo anche i vv. 20-30, almeno per capire in quale contesto ci troviamo. È la terza volta che, nel vangelo secondo Giovanni, Gesù si trova a celebrare la Pasqua. Sarà l ultima prima della sua passione. Filippo incontra alcuni greci che chiedono: Signore, vogliamo vedere Gesù (v. 21). Egli allora si rivolge ad Andrea e, insieme, accompagnano i greci da Gesù. Da parte di questi pagani, desiderosi di vedere Gesù, non c è solo mera curiosità, anche se non si può ancora parlare di fede. Forse si potrebbe scorgere in questo episodio un preannuncio dell accoglienza dell evangelo da parte delle nazioni pagane. Nel vangelo secondo Giovanni, Gesù per una decina di volte usa l immagine dell ora per significare la sua passione e la sua morte: l ora che desidera passi (v. 27) è invece necessario che giunga perché siano glorificati il Padre e il Figlio. La similitudine del chicco di grano che, caduto in terra, muore e il versetto seguente ci rimandano ai tre sinottici (Mc 8, 35; Lc 9, 24; Mt 16, 25): Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna (v. 25). Nella carne di Gesù, ossia nella sua umanità, nei suoi gesti e nelle sue parole, si è manifestata la gloria di Dio, il mistero di Dio stesso e la pienezza di vita che lui solo può donare. Nel Primo Testamento la gloria è la manifestazione visibile dell invisibile Dio, la rivelazione luminosa della sua presenza e del suo agire nella storia. Nella realtà storica della vita di Gesù si manifesta e si rende presente il mistero di Dio. Giovanni ha scelto alcuni segni tra i molti compiuti da Gesù e li ha raccolti nella prima parte del vangelo (1,19-12,50), chiamata perciò solitamente il libro dei segni. Nella seconda parte, chiamata il libro della gloria, il racconto della passione e l innalzamento (l esaltazione) della croce sono visti come il momento culminante della manifestazione della gloria di Dio in Gesù (13,1-20,31). In realtà, è importante precisare il senso di queste denominazioni. Infatti, nella prima parte la rivelazione della gloria avviene mediante i segni e le parole di Gesù, nella seconda la rivelazione della gloria giunge al suo punto culminante nell ora, come la chiama Giovanni, del suo innalzamento sulla croce che coincide con l evento della sua 5
glorificazione 2. In 12, 32 troviamo l immagine dell innalzamento, già presente in 3,16 e 8, 28. Come suggerisce Enzo Bianchi nel suo commento al vangelo secondo Giovanni, possiamo vedere in questa pericope (vv. 20-36) una struttura così composta: a v.24 Se il chicco di grano a vv.32-33 E io, quando sarò innalzato b v.25 Chi ama la propria vita b v.31 Ora è il giudizio di questo mondo c v.26 Se uno mi vuole servire c v.28 Padre, glorifica il tuo nome. d Adesso l anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest ora! Ci sono in questo testo allusioni alla Trasfigurazione e alla preghiera nell orto degli Ulivi, significativamente unite insieme per restituirci una figura di Gesù come colui che dona liberamente la propria vita. Sembra addirittura che Gesù chieda al Padre di affrettare questa glorificazione e la sua preghiera venga esaudita dalla voce che proviene dal cielo: L ho glorificato e li glorificherò ancora! (v. 28). Su questo sfondo è possibile comprendere le parole che Gesù pronuncia rivelando il senso del dramma ( giudizio ) che l evento della sua morte-innalzamento (glorificazione) provoca nel mondo: Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me (vv. 31-32). Queste parole di concludono con invito perentorio rivolto alla folla che gli chiede Chi è questo Figlio dell uomo? (v. 34): Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce (vv. 35-36). La Parola è il metro del giudizio e la luce che ci guida verso colui che ci attira a sé con la sua grazia e con il dono totale della propria vita. Ci attira a sé o provoca il rifiuto: nella scelta della luce o delle tenebre la nostra libertà è pienamente in gioco, anche se il principe di questo mondo ormai è sconfitto. 2 L. NASON, Introduzione al vangelo secondo Giovanni, in ID. (ed.), Nuovo Testamento. Salmi. Testi dell Antico Testamento, Centro Ambrosiano, Milano 2007. 6