V^ DOMENICA DI PASQUA

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Transcript:

V^ DOMENICA DI PASQUA Quando Giuda fu uscito, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32 Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33 Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34 Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35 Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri". Gv 13,31-35 COMMENTO Durante l'ultima Cena, Gesù pronucia un lungo discorso che dura per ben quattro capitoli del vangelo di Giovanni. Sono le ultime parole che Gesù rivolge alla sua comunità, sulla scia dei grandi personaggi dell'antico Testamento che, prima di morire, hanno lasciato il loro testmento spirityuale ai loro discepoli. Il clima, in cui si svolge la scena e in cui sono collocati i discorsi, è quello dell'intimità familiare, quasi un caldo abbraccio di addio, da cui traspare tutta la pesantezza di chi deve lasciare e sta dettando le sue ultime volontà e le sue raccomandazioni ai propri cari, che cerca di rassicurare (14,1.27), prospettando loro un abbandono che non sarà né totale né definitivo, poiché, da un lato, invierà lo Spirito consolatore, l'intercessore, che prenderà il posto di Gesù e li guiderà alla verità tutta intera (14,16-18.26; 16,13); dall'altro, promette che tornerà di nuovo e li prenderà con sé (14,3;16,16), così che la loro attuale afflizione si tramuterà in gioia (16,20-22). Quando fu uscito, Gesù disse: Giuda non mangia il boccone che gesù gli offre e che, nella cultura semitica, è riservato alla persona più importante che siede al banchetto; era la sua ultima possibilità di riscatto prima di essere inghiottito dalle "tenebre". Mangiare quel boccone di pane intinto nella salsa orintale avrebbe significato accettazione e assimilazione della proposta di vita che Gesù faceva. Giuda lo prende e va via, senza mangiarlo. La specificazione dell'evangelista che era "notte" non è cronologica temporale ma teologica. Giuda abbandona definitivamente la sfera della luce e della vita per entrare nelle tenebre e nella morte nelle quali verrà inghiottito. Di fronte al tradimento di un suo discepolo Gesù dimostra un amore più forte dell istintiva avversione. Un amore che non giudica, che non conosce limiti, che si estende pure ai nemici. In questo amore si manifesta la gloria che Gesù ha ricevuto dal Padre e che ora brilla in lui. "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 1

L'autore apra l'affermazione di Gesù con l'avverbio temporale "Ora (Νῦν nun), qui nel senso di Adesso, facendo in tal modo coincidere l'inizio della sua glorificazione con l'uscita di Giuda dal gruppo. Gesù viene definito figlio di Dio, ma lui preferisce definirsi figlio dell uomo. Cosa significa? Figlio di Dio indica Dio nella sua condizione umana, figlio dell uomo significa l uomo nella condizione divina. Gesù qui si presenta come l uomo che ha la condizione divina. E stato glorificato. Da cos è glorificato? Qual è la gloria? Un amore che non giudica, un amore che non conosce limite, che si estende pure a un nemico mortale, in questo amore si manifesta la gloria di Dio. Gesù avendo offerto un amore incondizionato, un amore crescente anche a chi non lo merita, ha manifestato la gloria di Dio. Quindi non è un fallimento per Gesù, ma una affermazione dell amore di Dio, l amore che era concesso a tutti quanti. E questo comportamento, è quello che trasforma l uomo, il figlio dell uomo, cioè gli consente di avere la condizione divina e dice che Dio è stato glorificato in Lui. Dove c è una espressione di amore non interessato, di amore gratuito lì si manifesta visibilmente chi è Dio. Il complesso concetto di "gloria" (δόξα doxa) può essere così riassunto: gloria che consiste, da parte di Gesù, nell'essersi fedelmente conformato al piano salvifico del Padre (17,4), così che Gesù appare non solo come manifestazione, ma anche come azione dello stesso Padre (14,9-11). Ed infine una gloria che consiste in una assunzione di Gesù alla stessa sua originale condizione di vita da cui proviene e che lo colloca, si badi bene, non più come Figlio, bensì come Figlio Gesù, cioè come Figlio incarnato, nella stessa dimensione e nella stessa vita del Padre, che gli era da sempre appartenuta come Figlio (17,5), ma che ora gli appartiene e traspare anche come Figlio Gesù (Rm 1,3-4), nel quale anche la sua umanità è stata assorbita nella stessa vita divina e ora ne fa parte. La gloria di Gesù è la gloria scaturita dall amare, donando tutto se stesso, gratuitamente e senza contraccambio. Anche Giuda è stato destinatario di questo amore. Gesù ha amato incondizionatamente il suo traditore, ha offerto il suo amore a colui che lo ha rifiutato e che, suo malgrado, si è allontanato dalla salvezza. Così in questo passo si sottolinea come il Figlio dell uomo sia glorificato proprio nell istante in cui Giuda esce dal cenacolo: Gesù infatti, prima che se ne andasse, l ha guardato comunque con bontà, offrendogli un ultimo semplice e grandiosissimo gesto di tenero amore (Gv 13,26). E continua Gesù dicendo: 2

32 Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. In quest'amore si manifesta la gloria che Gesù ha ricevuto dal Padre e che ancora brilla in lui e che poi nel momento della croce esploderà. La croce non sarà il segno di un fallimento, ma l esplosione dell amore di Dio. Nella croce le persone potranno capire quanto è grande l amore di Dio. Ed ecco Gesù che con grande tenerezza si rivolge ai suoi discepoli chiamandoli: 33 Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Perché i discepoli non possono andare dove va Gesù? Perché Gesù si situa sulla sfera d amore totale, l amore che si fa dono e i discepoli, anche se pronti a morire per Gesù, non sono ancora preparati a morire con Gesù e come Gesù. E' a questo punto che l evangelista scrive il versetto più importante del capitolo, un versetto importantissimo dal quale dipende il cambiamento del nostro rapporto con Dio e di conseguenza con gli altri. Dopo aver mostrato un amore che si fa dono anche per il discepolo che lo tradisce, dopo aver espresso la grande tenerezza verso i suoi discepoli e aver comunicato che in quest'amore disinteressato e gratuito si manifesta l amore di Dio, ecco Gesù che dice 34 Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Gesù non ha mai dato nessun tipo di "comando" ai diescepoli, ma ora, nel testo giovanneo, Egli comanda quello che non è possibile comandare: l amore. Non è possibile comandare l amore. Si può comandare all uomo di obbedire, di servire, ma non di amare Perché questo comando? Il contesto è quello dell ultima cena che Giovanni ha presentato con la lavanda dei piedi fatta da Gesù ai suoi discepoli. Ebbene, dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli, e soprattutto dopo aver dimostrato amore fino all ultimo al discepolo traditore, Giuda, ecco che Gesù lascia questo importante comandamento che sarà il distintivo dei credenti della sua comunità. Vediamolo. L evangelista scrive che Gesù dice: Vi do un comandamento nuovo. Si ponga attenzione che Gesù non dice Vi do un nuovo comandamento, cioè un comandamento che va ad aggiungersi a quelli della legge di Mosè. I comandamenti diventerebbero così undici No! In Gesù l evangelista vede il compimento della nuova alleanza. All inizio del suo vangelo, nel Prologo, l evangelista aveva scritto La legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità espressione che indica l amore fedele vennero per mezzo di Gesù. Quindi c è 3

una nuova relazione con Dio; l uomo non obbedisce più a Dio osservando le sue leggi questa era l antica alleanza ma gli assomiglia accogliendo e praticando un amore simile al suo. Ed è in questo contesto della nuova alleanza che si comprendono le espressioni di Gesù. Se Gesù adopera il termine comandamento non è perché sia un comandamento vero e proprio. L amore può essere soltanto offerto, proposto, mai comandato. Ma è proprio per contrapporlo ai comandamenti di Mosè. Si tratta di un'esortazione all'amore vicendevole, che l'a.t. aveva già codificato nella Torah, rendendolo vincolante per tutti i membri dell'alleanza: Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore (Lv 19,18); un'esortazione che ha in Dt 6,5 la sua contropartita nell'amore per Dio: Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze". Nel mondo ebraico il concetto di prossimo non era quello che intendiamo noi con il messaggio cristiano, che indica ogni persona. All epoca di Gesù si dibatteva lungamente la questione su chi fosse il prossimo e si andava da: a) interpretazione più ristretta quale: il prossimo è colui che appartiene al mio clan, alla mia famiglia, alla mia tribù ; b) quella più larga che sosteneva: il prossimo è chiunque abita dentro Israele ; c) per finire, con quella larghissima che sosteneva: il prossimo è anche lo straniero che vive dentro i confini di Israele. Gesù capovolge ogni restrizione e allarga il concetto. L unico comandamento distintivo della comunità dei credenti è questo. Allora Gesù dice: Vi do un comandamento nuovo. In greco, "nuovo", si può dire in due modi: il primo è νέος neos, e indica ciò che si aggiunge nel tempo, un insegnamento in più; mentre il secondo modo è καινὴ kainē - usato dall'evangelista - e qualifica il nuovo la cui qualità soppianta completamente il vecchio. Siamo quindi di fronte ad una "qualità" dell'amore che supera e toglie tutto il resto, quindi potremmo tradurre: Vi do un comandamento migliore. Che vi amiate gli uni gli altri come.. Questo come non indica il modo, ma è la motivazione, il perché. Come io ho amato voi. Gesù non dice come io vi amerò, non sta parlando dell amore del dono totale che poi manifesterà con la croce, morendo in croce, ma è al passato come io ho amato voi. 4

Il comandamento di Gesù soppianta tutti gli altri e ci mette in seria difficoltà, perché è "nuovo" il parametro su cui quest'amore, ora, si fonda e si confronta ed ha il suo punto di forza in quel καθώς (come), che stabilisce un parametro di confronto vincolante, perché posto all'interno di un comandamento : come (io) vi amai affinché anche voi vi amiate gli uni gli altri. Per il credente il nuovo criterio con cui deve misurare il proprio amore non è più quello che egli porta per se stesso, come dettava Lv 19,18, ma esso deve essere rimodulato su quello di Gesù. E' indicativa, infatti, l'espressione greca con cui viene definita la nuova modalità di amore: καθὼς ἠγάπησα ὑµᾶς (katzòs egápesa imâs); l'avverbio comparativo καθώς kathos stabilisce come norma su cui commisurare l'amore, il " come vi amai. Ci troviamo qui di fronte ad un così detto "aoristo ingressivo o incipiente" (egápesa), che vede, nelle modalità con cui Gesù ha amato i suo, l'origine originante dell'amore che deve plasmare i rapporti di ogni credente. Significativa è l'espressione che ne segue: affinché anche voi vi amiate gli uni gli altri che indica come l'amore intracomunitario deve essere simile a quello di Gesù per loro; un amore che attinge non più all'amore per se stessi, ma a quello di Gesù per loro; un amore che 15,13 definirà in termini inequivocabili: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. E com è che Gesù ha amato i suoi? Gesù ha amato i suoi attraverso la lavanda dei piedi, quindi un amore che diventa servizio per gli altri, un segno che significa dare dignità e libertà alle persone, e un amore che non si scoraggia, rispetta la libertà dell altro e risponde all odio con l amore, come Gesù ha fatto con Giuda. Si tratta, dunque, di un amore che spinge a spendere la propria vita per gli altri fino a spezzarla, così come Lui si è fatto pane che si spezza per tutti (6,11a). Le due tipologie di amore prospettate da Lv 19,18 e Dt 6,5 sono pertanto in Gesù non solo modificate, ma superate perché il parametro di confronto non è più il come te stesso, ma come il come (io) vi amai. L'amore proposto da Gesù, non ha più come criterio di confronto l'uomo, ma Dio stesso, il quale ha tanto amato il mondo da donare suo Figlio ; un amore le cui dimensioni vengono pienamente dispiegate e acquistano tutto il loro significato sulla croce (15,13). Il comandamento dell' Amare Dio con tutto se stessi (Dt 6,5) trova il suo punto di convergenza in questa nuova modalità di amare, poiché conformare il proprio amore a quello di Gesù, pane che si spezza per tutti, significa esprimere il proprio amore a Dio: Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui (14,21); e così similmente: Gli rispose Gesù: "Rispose Gesù e gli disse: <<Se uno mi ama 5

osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e faremo dimora presso di lui. In altri termini, amare come Dio ci ha amati, significa entrare in quel circolo di Amore che è la stessa vita di Dio. Ecco, perché il comandamento è nuovo. Ma se il v.34 indica la nuova dinamica dell'amore vicendevole che deve animare i credenti, il v.35 definisce quest'amore come qualificante e distintivo della nuova comunità credente, che diviene testimone di quest'amore divino che la informa: In questo tutti conosceranno. È dunque l'esperienza di quest'amore, che vive nei rapporti dei nuovi credenti e li sostanzia, che apre l'altro, testimone di questo nuovo modo di amare, a una nuova dimensione, quella dell'amore di Dio per l'uomo; un amore che si è fatto dono, un dono che si è fatto pane che si spezza per tutti. Significativo quel tutti conosceranno che rende la nuova comunità credente portatrice e testimone universale di quest'amore, cui tutti, indistintamente, possono accedere; così che ogni singolo credente diviene il luogo dove Dio ama. Di fronte alla proposta di Gesù, tutti ci sentiamo inadeguati e a disagio. Un conto è parlare o scrivere, altra cosa è viverlo sulla propria pelle. Gesù sa che incontriamo questa difficoltà ed è per questo che ci propone un cammino di "conversione" personale che mira a "smussare" lentamente gli spigoli più taglienti del nostro carattere, attraverso una maturazione graduale che ci porti, almeno, a far cadere le spade dell'odio e della vendetta. E' un lavoro su più fronti che richiede una grande maturità umana. La mensa eucaristica che frequantiamo ogni domenica, è il "recinto sacro" nel quale Gesù ci continua a caricarci di energie nuove per non arrestarci o scoraggiarci nel nostro cammino. a cura di padre Umberto 6