IL RADON: UN PROBLEMA DI TUTTI ANCORA POCO CONOSCIUTO

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IL RADON: UN PROBLEMA DI TUTTI ANCORA POCO CONOSCIUTO Negli ultimi tempi si sta cominciando a sentir parlare di studio degli effetti di esposizione al gas Radon negli edifici abitativi e in ambito lavorativo in quanto considerato un fattore di rischio per lo sviluppo di tumori polmonari e delle tecniche di bonifica, mitigazione e prevenzione da impiegare per edifici esistenti o per le nuove realizzazioni onde limitare o eliminare gli effetti di tale gas. Il radon è un gas radioattivo presente in natura, chimicamente inerte, inodore, incolore e privo di sapore. E prodotto dal radio nella catena di decadimento dell uranio, elemento presente in quantità variabili in tutte le rocce e nel suolo. Quando il gas radon si libera dal sottosuolo passando nell aria, i suoi prodotti di decadimento, che emettono radiazioni alfa, possono aderire agli aerosol, alla polvere e ad altre particelle presenti nell aria che respiriamo così da riuscire a depositarsi nelle cellule di rivestimento delle vie aeree dove le particelle alfa possono esplicare la loro azione dannosa. In particolare, se inalato, il gas radon può indurre nelle cellule polmonari danni al DNA. L Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), organizzazione tecnico scientifica dell Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), già dagli anni 90, ha infatti classificato il gas radon tra i cancerogeni accertati del gruppo I, per i quali vi è massima evidenza di cancerogenicità, fornendo indicazioni circa la necessità di intervenire sulle concentrazioni elevate dello stesso. I risultati di studi epidemiologici dimostrano che l esposizione al gas radon determina un aumento statisticamente significativo dell incidenza di tumore polmonare e che tale aumento è proporzionale al livello di concentrazione di gas radon negli ambienti confinati. Tali studi hanno permesso di stimare che, su un periodo di osservazione di 25-35 anni, si ha un aumento del rischio relativo di sviluppare tumore polmonare del 10-16% per ogni 100 Bequerel per metro cubo di concentrazione di gas radon. È stata anche dimostrata una forte sinergia (effetto moltiplicativo) tra esposizione al radon e abitudine al fumo da tabacco, a causa della quale il rischio dovuto all esposizione al radon è molto più alto (circa 25 volte) per i fumatori che per i non fumatori. Tali studi hanno anche confermato che non è possibile individuare un valore soglia di concentrazione di gas radon al di sotto del quale il rischio sia considerabile nullo; infatti, anche per esposizioni prolungate a concentrazioni medio o basse di radon, ovvero concentrazioni non superiori a 200 Bq/m 3, si assiste ad un incremento statisticamente significativo del rischio di contrarre la malattia. Sulla base di queste evidenze scientifiche, si sta sviluppando a livello nazionale ed internazionale un nuovo approccio finalizzato a ridurre i rischi connessi all esposizione al gas radon in ambienti confinati. Tale approccio non è più orientato esclusivamente all abbattimento dei valori più elevati di concentrazione di radon la cui riduzione puntuale è comunque da perseguire attraverso interventi di bonifica - ma orientato a promuovere interventi finalizzati anche al decremento delle concentrazioni medio/basse di radon (tenendo conto del rapporto costi/benefici) sia attraverso l applicazione di tecniche di prevenzione ex ante (edifici di nuova realizzazione) sia attraverso tecniche prevenzione ex post (bonifica su edifici esistenti).

Per cercare di ridurre il rischio da esposizione al gas Radon, sono state emanate le prime Direttive Europee Euratom. L Italia ha recepito la direttiva 96/29/EURATOM col D.Lgs 241/00 sulla regolamentazione del rischio radon nei luoghi di lavoro. In particolare, è stato introdotto l obbligo per le Regioni di individuare le aree del territorio in cui ci sia un elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon. Una volta individuate, in queste aree, tutti i luoghi di lavoro sarebbero soggetti a misurazioni della concentrazione di attività di radon media annua per la verifica del rispetto del livello di azione fissato per i luoghi di lavoro in 500 Bq/m³. Per quanto riguarda il rischio radon indoor nelle abitazioni invece la normativa italiana non prevede alcun obbligo. Per le abitazioni, infatti, il documento di riferimento risulta la Raccomandazione 90/143/EURATOM rivolta alla tutela della popolazione; per la tutela dal rischio radon indoor nelle abitazioni la Raccomandazione stabilisce due livelli di azione distinti: uno per gli edifici da costruire, pari a 200 Bq/m³, ed uno per quelli esistenti, corrispondente a 400 Bq/m³. Per quanto riguarda le campagne di misura finalizzate alla stima del rischio a livello nazionale, un indagine risale al periodo 1989-1998, realizzata da APAT (ora ISPRA), dall Istituto Superiore di Sanità e dalle ARPA regionali, che ha fornito una valutazione su grande scala dell esposizione al radon per la popolazione italiana; nel 2005 poi il Ministero della Salute, tramite il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), ha attivato una collaborazione con l Istituto Superiore di Sanità (ISS), per dare avvio ad un Piano Nazionale Radon. In particolare, le regioni che, tramite le ARPA, hanno già avviato e divulgato i risultati parziali delle proprie indagini indoor sono: Valle d Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana e Abruzzo. Le singole indagini però differiscono per la strategia e la metodologia di campionamento e per il periodo di esposizione dei rivelatori. La mancanza di un protocollo comune ha comportato da parte delle diverse Regioni la definizione di criteri ed approcci autonomi che spesso sono risultati non confrontabili fra loro, rendendo complesso il confronto dei dati e la definizione di una carta nazionale di rischio. Confrontando però i risultati ottenuti a livello regionale con un numero di campionamento pari o superiori a quelli dell indagine Nazionale (Tabella 3), si evidenzia che le regioni Lombardia e Lazio in particolare si confermano regioni particolarmente a rischio con concentrazioni medie annuali rispettivamente di 89 e 199 Bq/m³.

REGIONE Num. Campionamenti studi UniFE Conc. Media annuale di radon ottenuta Num. Campionamenti indagine naz. Conc. Media annuale di radon Indagine Naz. Emilia Romagna 474 57 369 44 Lazio 602 199 304 119 Lombardia 1741 89 820 111 Puglia 279 189 308 52 Toscana 707 62 315 48 La regione Emilia Romagna si conferma una regione a basso rischio, anche se analizzando i valori massimi non sono da escludersi situazioni a rischio. Infatti, nel 1993 la Regione Emilia-Romagna organizzò un indagine nelle scuole materne ed asili nido quale prosieguo dell'iniziativa sul radon indoor nelle abitazioni allo scopo di ottenere una visione più esaustiva dell'esposizione della popolazione alla radioattività naturale. Ci si orientò verso questa tipologia di scuole in quanto generalmente ubicate in edifici costituiti al massimo da due piani posti a diretto contatto col terreno, frequentate da soggetti "a maggior rischio" e per tempi mediamente maggiori rispetto ad altri tipi di scuole. L'indagine è stata effettuata facendo ricorso alla tecnica passiva, utilizzando, cioè, rivelatori "a tracce" nucleari. Provincia Comuni N asili nido N Scuole Materne PIACENZA 24 (50%) 5 32 PARMA 26 (54%) 8 41 REGGIO EMILIA 37 (82%) 15 60 MODENA 36 (77%) 22 73 BOLOGNA 46 (77%) 34 105 RAVENNA 14 (78%) 9 50 FERRARA 19 (73%) 11 43 FORLI 24 (77%) 8 48 RIMINI 13 (65%) 4 39 TOTALE 239 (79%) 116 491 Tipo struttura Comunale Statale Privata ASILO NIDO 111 (96%) - 5 (4%) SCUOLE MATERNE 109 (22%) 195 (40%) 184 (38%)

Il campione ha visto quindi coinvolte 607 scuole materne e asili nido ubicate in 239 comuni diversi, per un totale di circa 32000 bambini, 3200 educatori e 1700 personale di altro genere. I valori di concentrazione rilevati dai singoli dosimetri esposti nei singoli locali degli edifici scolastici campionati sono rappresentati dall'istogramma riportato di seguito. Provincia n. rilevatori esposti Min Max Mediana n. rilevatori 200-400 Bq/m 3 n. rilevatori 400-600 Bq/m 3 PIACENZA 102 12 209 35 2 - PARMA 114 10 108 23 - - REGGIO EMILIA 218 12 341 39 6 - MODENA 239 11 498 53 1 2 BOLOGNA 376 8 194 30 - - RAVENNA 142 11 204 46 1 - FERRARA 156 17 369 45 1 - FORLI 108 6 292 57 5 - RIMINI 99 15 210 41 2 - TOTALE 1553 6 498 38 18 2 Si può osservare che la maggior parte dei valori (92.3 %) risulta inferiore a 100 Bq/m³, l' 1% risulta compreso fra 200 e 400 Bq/m³ e 2 soli dosimetri (sul totale di 1553) hanno riportato valori superiori a 400 Bq/m³. Infine, non si sono rilevate concentrazioni superiori a 500 Bq/m³. Particolare è la situazione della provincia di Modena. Le concentrazioni superiori a 400 Bq/m³ si sono rilevate in una scuola, in provincia di Modena, situata sull'appennino emiliano in una fascia geologica particolare, che si estende dalla provincia di Parma a quella di Bologna, in cui è

presente una faglia che permette a rocce, diverse da quelle normalmente presenti sull'appennino emiliano, di emergere dal sottosuolo. La maggiore concentrazione di radon può essere imputata ad una maggiore fratturazione degli strati di rocce oppure ad un contenuto più elevato di radioattività naturale di queste rocce. Riconsiderando tutti i valori ottenuti ed analizzandoli rispetto all'intero edificio scolastico (e non i singoli locali analizzati), è stata calcolata la media aritmetica delle concentrazioni rilevate per ogni singola scuola. Le analisi statistiche dei valori così calcolati hanno evidenziato alcuni parametri maggiormente significativi relativamente ai livelli medi di concentrazione, e cioè: materiale da costruzione fascia geografica età dell'edificio Si può concludere che, dall'analisi dei risultati rilevati nel corso delle indagini: il radon presente negli ambienti chiusi proviene prevalentemente dal suolo sottostante gli edifici; negli edifici scolastici dell Emila Romagna l'equivalente di dose media annua derivata da esposizione al Radon risulta pari a circa 1/3 rispetto a quella nelle abitazioni, in quanto, pur rilevando valori di concentrazione media annua paragonabili fra le due tipologie di strutture, il fattore di occupazione degli edifici scolastici risulta circa 1/3 rispetto alle abitazioni. Detto ciò si vuole evidenziare la necessità di preoccuparsi dell eventuale problema radon. Campagne di rilevazione infatti potrebbero fugare ogni dubbio rispetto alla presenza di radon negli ambienti di lavoro. Se dovessero esser presenti concentrazioni di Radon elevate, il Datore di Lavoro farà le sue scelte su eventuali bonifiche o spostamenti degli ambienti come nel caso di scuole che possono ospitare delle aule lì dove c è la presenza del gas. Non si vuole però far passare l idea che la presenza di Radon porti necessariamente a una neoplasia polmonare. L insorgenza della stessa può dipendere sì dalla presenza di Radon ma anche dalla vita quotidiana e dalle abitudini di ognuno. Dott.ssa Ing. Enrica Marsiglio Consulente S&L srl, esperta di Radon e Sicurezza nei luoghi di lavoro