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IL TREMENDO FRACASSO e la terribile ruina successa tra due vecchie per UN'OLLA ROTTA nel sbagagliare i strazzi da una casa all'altra. Dove, dopo l'essersi pesto il mostazzo ed ammaccatosi gli occhi, si sono rotti piatti, scodelle ed altre tattare. Con il viluppo di venticinque persone, tra facchini, filiere, per ammezzarli.

Poveretta mi tapina, Guarda qui ch' gran ruina, Chal me sta tutta schiappà La mia olla da bugà. Le schiapà per fin al fond Vet mo qui posar al mond, La gran fessa ch'ian fat El mo sta quest un bel trat. Cosa aviv, zea Zuanna? Al io al morb ch'v'scanna, Le quest'olla da bugà Ch'me sta tutta sciappà. Es n'n'è quinds dì Cha la tols, puvrina mi, Da la Flippa d'martin, Es m'custò quatr carlin. Mo a vuoi ben saver da vu Chi m'l'ha rotta, dsì pur su, Perché a vuoi ch'la m' sia pagà, Sa dies esr accuppà. Mi n'son sta, fiola mia, La sta fursa la Nstasia, Che passà qui poc fa, Ch'la purtava un legn in chà. Barba Cec, chi era qui, Po saveral miei d'mi, N'm'stà miga a intrigar, E andà a far, s'havì da far. A dsì donca esser sta vu, Ch'iavì trat qualcosa su, Es l'havì tutta spzzà, Es par anc po cha bravà. Guarda pur chm a parlà Es qualcun v'l'ha schiappà N'm'da la colpa a mi, E cuiula via d'qui. Av dig cha voi saver Chi m'l'ha rotta ch'l'è al dver E n'fadi qui al bravon, Ch'andarem a la Rason.

Mo va pur dond t'par, Guarda un poc ch'vol bravar, Va' a sbraiar in sal marchà, Sta vecchiazza splazzà. Ch'vuot dir, ti, d'vecchiazza? Guarda pur chan t'fazza Azzullar al mia Tmas, Al m'darà qusì qui dal nas. Mo ti possa dar Tunin Brut vechi tabacchin, Ch'm'ha rot la roba mia, E po' anch m'dis villania. An so quel ch'av digà, Andà via, e n'm'arlugià Più in la testa, sal ve par, Ch'a n'ho vuoia de trepar. Zea Zuanna, n'cridà, Chav dirò chi v'l'ha schiappà: L'è sta l'orba dal canton Ch'ia da dentr dal baston. La n'è sta l'orba altrament, L'è ben sta qualch insulent, Ch'l'ha urtà cun chuel d'gros, Mo anc un dì al farò, sa pos. E Dia vuoia ti chal dì T'n'hab fat sì bel partì Cha so ben ti è una canziera, Ch'accus ialtr vuluntiera. Ti t'ment pr la gulazza, Brutta vecchia ribaldazza, Mo fat pij pr qui spunchion, At farò mudar canzon. Oh, vgnì via, madonna Isotta, Ch'av burata mì una botta, Guarda un poch, tgnantona, Mo t'ha vuoia ch'at sona. Vien innanz, la mia sfazzà, Becca su questa musà, Becca ancora ti st'pugn,

A la fè a t'ho rot al grugn. Ohimè al nas, ohimè la bocca, Pia sta gnuchla cun sta rocca. Met zo qula paletta! Met zo ti qula furchetta. N'm'tirar da qual là. Lassam ti la mia quetà. At vuoi rompr qual mustaz, N'andar dop a qual tinaz. Currì qui, barba Simon, Ch'l'faran qualch maron, E n'fad, l' mie fiol. Stad indria, vu, barba Pol. Pia lì, barba Santin, Tira quella ti, Marchin, Und'è andà la Margharida, Sabadina, vienz aida. Zea Mantina, dund andav? Vgnì un poc qui, ch'n'c'aidav. A nin vuoi saver ngotta, Mi so ben ch'an l'ho rotta. Vien un po' qui, Catlina, E fa in là qula caldarina, Cha ni dan dentr una d'nu, Fa ben prest, e tu la su. Michlin, tua via sta cassa, E ti, Iulia, tua quell'assa, E quell'orz, qui miu, Chan fan di piez anqu. Urlina, va' d'là, Chal n'intras qualchun in chà, Mi n'so dond am sippa, Chal m'tira la Flippa. O Flippa, n'la tirar, A chi dighia? Lassla andar N'vdiv ch'rmor è qui? Chim tirn ancora mi. Isabella, fat indrie, Chan rumpan sti du piatia,

O po far la cudsella, Ian pur rot sta cadinella. Guarda guarda, Gasparin, Ch'l daran in qual lumin, Tira in là qual bacalar, E finila, psav crepar. Horsù, av arbalta al buccal Oh ch' femn bstial, E livrala sa vlì, A chi dighia? Mo an vdì? Fav indrie vu, ze Custanza, Chi n'v'dagn in la panza, E dsperdr in st' rmor Chal srè po doppi error. Hoimè, Dia, an pos più, E frmav, a ch'dighia, osù, Av strazzà pur tut i pagn, Es n'fadi altr guadagn. Oh, l'sin pur pspartì Una volta, osù, vgnì A veder mo vecchie mat, La bel ovra c'havì fat. Havì rot una salina, E strupiù qula mnina, Rot i piè a qula banchetta, E spzà qula mezetta. Guardà qui st'mulinel, Stal mo fresc l' mie surel, Es è rot qual pisadur, E la naspa, e al binadur. L'è andà a spas quatr scudel, Tri cuvierchi e un albarel, E la mesqula da i turtia, Tutta rotta cun i pia. Havì rot qual ramin, Qula basia e qual cadin, Qula pgnata e qual bel nap, E a ruinà tut al mie drap. Vagha pur un poc a spas,

Ogn cosa anc in fracas, Mi vui far una quarella, A ch' m'ha rot la mia ulsella. Fadi pur quel cha vlì Ch' da nu vu n'n'harì Per tal cont un bagaron Chal ni è qui nsun minchion. Tut quel c'havì da far Sia da farvla appuntar, Ch'anch qusì a la gudrì Qualch temp, s'a vri. Fad qusì, surella mia, Ch'al fie qusì la Nastasia, Ch'ancha lia la i fu schiappà E du punt i l'an stagnà. Fad ch'al viegna qui al magnan, Cun al so furlon in man A puntar la schiappadura, Ch'la srà bona fin ch'la dura. Altrament cun sta berta Lassarì la fessa aperta, Chm' a i butà su la lissìa L'andarà po tutta via. No, no, a vagh alla Rason, Ch'an vuoi vostr canzon, O accordav prima cha i vaga Ch' m'l'ha rotta, m'la paga. Hosù, andà dond ve par, E n'stad più a gracchiar, S'ai sarà rason pr vu La i sarà ancora pr nu. IL FINE