NON SONO VENUTO A PORTARE LA PACE MA LA SPADA



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1 P. Alberto Maggi OSM APPUNTI Cefalù Novembre 2005 NON SONO VENUTO A PORTARE LA PACE MA LA SPADA (MT 10, 34) La parola pace (gr. eirênê, ebr. shalòm) si trova quattro volte nel Vangelo di Matteo, tutte e quattro nelle istruzioni per la missione che Gesù comunica ai discepoli (Mt 10,13.34). Il tema della pace compare inoltre nel discorso della Montagna, nella beatitudine con la quale Gesù proclama Beati i costruttori di pace [eirênopoioi], perché questi saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9) 1, beatitudine posta dopo quella dei misericordiosi, perché questi riceveranno misericordia (Mt 5,7) e quella riguardante i puri di cuore perché questi vedranno Dio (Mt 5,8). I misericordiosi, i puri di cuore e i costruttori di pace non sono categorie differenti di persone che Gesù proclama beate, ma sono tutti aspetti che si riscontrano in quanti hanno scelto la prima beatitudine, la scelta libera e volontaria, per amore, della povertà ( Beati i poveri per lo spirito, perché di questi è il regno dei cieli, Mt 5,3), condizione perché esistano tutte le altre. Con questa beatitudine Gesù non chiede di andarsi ad aggiungere alla schiera dei tanti, troppi poveri della società, ma di eliminare le cause della povertà, affinché si realizzi il disegno di Dio che nel suo popolo nessuno sia bisognoso: Del resto non ci sarà presso di te alcun povero, poiché il Signore certo ti benedirà nella terra che il Signore tuo Dio ti dona in eredità perché tu la possieda (Dt 15,4; At 4,34). Gesù non invita alla sofferenza, ma, al contrario, alla pienezza della felicità: per otto volte nelle beatitudini 1 In tutto il Nuovo Testamento l'aggettivo pacificatore appare solo nella beatitudine di Matteo. Come verbo si trova nella Lettera ai Colossesi: pacificando [eirênopoiêsas], con il sangue della sua croce (Col 1,20).

2 viene scandito l invito a essere beati, felici, qui in questa terra. Le beatitudini non sono una promessa per l aldilà, ma una possibilità per il presente. Gesù assicura che è possibile essere felici qui, perché la felicità non consiste in quel che gli altri devono fare per noi, ma in quel che noi possiamo fare per gli altri. La felicità non consiste nel ricevere, ma nel dare, perché, come dice Gesù, c è più gioia nel dare che nel ricevere (At 20,35). Chi mette la propria vita a disposizione degli altri sentirà fiorire dentro di sé una realtà che lo renderà riconoscibile di volta in volta come misericordioso perché sarà sempre disponibile ad aiutare, come puro di cuore, e rinunciando all ambizione della ricchezza sarà una persona limpida, trasparente. Quanti accolgono le beatitudini di Gesù iniziano infatti una trasformazione che porta a galla tutto il bello, tutto il buono che ogni persona, creata a immagine del suo Dio (Gen 1,26), ha dentro di sé, facendo fiorire una realtà nuova. Beati i pacificatori Nella cultura del tempo il termine ebraico shalòm, pace, designa tutto quel che contribuisce a rendere felice l'esistenza della persona e favorisce la pienezza di vita. Proclamando beati i pacificatori anziché i pacifici, l evangelista indica che la beatitudine non riguarda il carattere di coloro che, per salvaguardare la propria pace, tendono ad evitare ogni situazione di conflitto, ma l'attività di quanti abitualmente lavorano per favorire situazioni di pace. I pacificatori della beatitudine sono riconoscibili come tali perché abitualmente (e non saltuariamente) lavorano a costruire la pace. Quanti si adoperano per la pace degli uomini, Dio li riconosce come suoi figli, in quanto gli somigliano perché collaborano al progetto di Dio sull'umanità, che consiste nel permettere a ogni uomo di raggiungere una condizione di piena felicità. Tra l invito alla beatitudine che Gesù rivolge ai discepoli e le istruzioni che dona loro per inviarli ad annunciare la Buona notizia c è una stretta relazione. Frutto ed effetto dell accettazione della prima beatitudine, l impegno dei discepoli a favore della felicità degli uomini incontrerà infatti l'ostilità di quanti si vedono smascherati dal loro rifiuto di ogni forma di potere e di ricchezza (Sap 2,12-15). La persecuzione è la conseguenza inevitabile della scelta compiuta dai pacificatori: la disponibilità dei pacificatori a intervenire ovunque i diritti delle persone siano calpestati, per ristabi-

lire condizioni di indipendenza e di giustizia, suscita infatti la violenta opposizione di quanti vedono minacciati i propri interessi dalla loro attività. Ma i costruttori di pace sono disposti a perdere la propria pace per la felicità altrui, ben sapendo che anche nella persecuzione avranno sempre il Padre dalla loro parte, come Gesù ha assicurato con l ultima beatitudine: Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10). Mentre i potenti per mantenere la propria agiatezza sono capaci di togliere la vita all'uomo, i seguaci di Gesù, per assicurare il benessere dell'uomo, non esitano a mettere a rischio la propria esistenza. Per questo Gesù, nelle istruzioni che dà ai discepoli, li avverte: Ecco io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe... (Mt 10,16). Ai discepoli non viene consigliato di fuggire alla persecuzione, ma di stare attenti ai pericoli che possono ostacolare la proclamazione della buona notizia. Gesù invita i discepoli a essere prudenti come il serpente, l animale che non offre mai la testa, punto vitale, quando deve rispondere agli attacchi di altri predatori, e semplici come le colombe, cioè, da veri puri di cuore (Mt 5,8), essere persone limpide e trasparenti. E Gesù avverte i discepoli che la persecuzione non si scatenerà soltanto da parte delle istituzioni religiose e civili, che si vedranno minacciate dalla buona notizia ( State attenti agli uomini, perché vi consegneranno ai sinedri e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia; per rendere testimonianza davanti a loro e davanti ai pagani..., Mt 10,17-18), ma l odio si scatenerà persino nell ambito stesso della famiglia, dove un fratello consegnerà alla morte il fratello, e un padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome (Mt 10,21-22). Quest odio, che si scatena persino nell ambito della famiglia, ha motivazioni religiose. Per la società giudaica, l adesione a Gesù era equiparata a un idolatria, e la proclamazione della buona notizia a un' incitazione all apostasia. Che Gesù si consideri il Figlio di Dio verrà ritenuto una bestemmia meritevole di morte dal sommo sacerdote (Mt 26,65) e le autorità considereranno gente maledetta quanti si lasciano conquistare dal messaggio del Cristo (Gv 7,44-49). L adesione al messaggio di Gesù con l accettazione della nuova alleanza sarà vista da Israele come un tradimento che deve 3

4 essere punito con la morte, così come insegnava la Legge di Mosè, ritenuta la massima espressione della volontà divina: Se tuo fratello, figlio di tuo padre o figlio di tua madre, tuo figlio, tua figlia, la moglie che riposa sul tuo petto, l' amico che è come la tua anima, ti incita in segreto dicendo: "Andiamo a servire altri dèi", che non hai conosciuto né tu né i tuoi padri, tra le divinità dei popoli che vi circondano, vicini o lontani, da un capo all' altro della terra; Tu dovrai ucciderlo, la tua mano sarà la prima contro di lui per metterlo a morte, quindi la mano di tutto il popolo;lo lapiderai e morirà, perché ha cercato di allontanarti dal Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d' Egitto, dalla casa di schiavitù (Dt 13,7-11). Agli occhi della società giudaica i discepoli sono rei di un crimine la cui gravità è capace di annullare i più stretti vincoli familiari, al punto da distruggere una vita che in qualche modo è anche la propria: infatti questa spirale di morte coinvolgerà sia chi ha avuto la stessa vita (fratelli), sia coloro che questa vita l hanno donata (padre), sia quelli che questa vita l hanno ricevuta (figli). La distruzione della vita nei membri della stessa famiglia equivale in qualche maniera a distruggere la propria. Nonostante queste fosche previsioni, Gesù per tre volte rivolge ai discepoli l invito a non aver alcun tipo di paura (Mt 10,26.28.31), confidando nell azione protettrice del Padre. Gesù assicura i discepoli perseguitati, che nonostante le apparenze, i persecutori non vinceranno mai, perché tra costoro e i perseguitati, il Padre si pone sempre dalla parte di questi ultimi. E per far comprendere la premurosa attenzione del Padre verso i suoi figli, Gesù prende come esempio i passeri, uccelli ritenuti inutili e dannosi per il raccolto dei cereali, e animali per i quali non si benedice Dio perché considerati al di fuori della cura del Signore sul creato: Due passeri non si vendono forse per un asse? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza [che] il Padre vostro [lo sappia] (Mt 10,29) 2. 2 In passato l errata traduzione senza il volere del Padre vostro, ha causato la nefasta credenza di un Dio la cui volontà coincide con ogni aspetto dell esistenza ( Non cade foglia che Dio non voglia ) ritenendolo così il primo responsabile dei mali che affliggono l umanità. Che non si tratti della volontà, bensì della conoscenza del Padre viene confermato dalla versione di Luca dove si legge: Cinque passeri non si vendono forse per due assi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio (Lc 12,6). Anche la traduzione latina detta Vulgata traduceva correttamente ( sine Patre vestro ) e così fa la Bible de Jérusalem ( à l insu de votre Père ).

5 Al Padre non sfugge nulla di quel che accade neanche agli elementi ritenuti i più insignificanti della creazione: quanto più sarà sollecito nei confronti dei propri figlioli? Gesù rafforza l invito a non aver paura e a fidarsi completamente del Padre dichiarando ai discepoli: Ma voi, anche i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque paura voi valete più di molti passeri! (Mt 10,30-31). Gesù assicura i discepoli aprendoli alla fiducia totale in Colui che non è indifferente alle situazioni che vivono gli uomini, ma che li conosce come neanche essi si conoscono e mai riusciranno a conoscersi (numero dei capelli): Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa (1 Gv 3,20). All invito di Gesù fa eco Paolo nella Lettera ai Romani: Se Dio è per noi, chi può essere contro di noi? Chi ci separerà dall amore di Cristo? (Rm 8,31.35). Pace e spada La pace della quale i discepoli devono essere portatori non si costruisce senza conflitti, ma è essa stessa causa di conflitto. Per questo, dissipando ogni equivoco su una pace calata dal cielo senza alcun coinvolgimento degli uomini, Gesù dichiara: Non pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare una pace, ma una spada (Mt 10,34). La spada che Gesù è venuto a portare non serve per uccidere, e il Cristo impedirà sempre ai suoi discepoli qualunque atto di violenza ( Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno, Mt 26,52). L immagine della spada era adoperata nel mondo giudaico per indicare l efficacia della Parola di Dio ( Prendete la spada dello Spirito, cioè della parola di Dio, Ef 6,17; Sap 18,15; Is 49,2; Ap 1,16; 2,12). La spada di Gesù è quella della parola di Dio, che è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione della vita e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla e sa discernere i sentimenti e i pensieri del cuore (Eb 4,12). La buona notizia di Gesù dividerà quanti l accolgono da quelli che la rifiutano, per questo Gesù prosegue affermando: Sono venuto infatti a dividere l uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera (Mt 10,35; Mi 7,7). Che la spada di cui parla Gesù sia la parola che divide, è confermato dal vangelo di Luca, che nel passo parallelo omette il termine spada e parla di divisione: Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione (Lc 12,51).

Gesù ha già parlato dell incompatibilità del suo messaggio (vino nuovo) con le vecchie strutture religiose e sociali (otri vecchi), incapaci di resistere all impatto da lui portato, e della necessità di un cambio radicale: vino nuovo in otri nuovi (Mt 9,17). Ora l immagine del vino nuovo e dell otre vecchio viene da Gesù applicata al nucleo familiare tenacemente radicato nella trasmissione delle tradizioni del passato, dove i padri resistono alla novità portata dai figli. L azione del Signore è quella di ricondurre i cuori dei padri verso i figli (Lc 1,17): è il passato che deve aprirsi al nuovo, sono i padri che devono accogliere la novità portata dai figli e non i figli a dover accettare la tradizione dei padri. L evangelista sottolinea come la novità portata dal Cristo sarà infatti accolta dalla nuova generazione (figlio/figlia/nuora) e osteggiata da quella vecchia (padre/madre/suocera) perché il suo messaggio inaugura un nuovo tipo di relazione incompatibile con i rapporti di potere e di obbedienza e di tradizione, come erano quelle del padre verso il figlio, della madre verso la figlia e della suocera nei confronti della nuora. Per questo l adesione a Gesù sarà causa di divisione. Gesù parla partendo dalla propria esperienza personale. Non ha avuto alcun appoggio dalla sua famiglia, ma solo difficoltà: I nemici dell'uomo: quelli della sua casa (Mt 10,36). L ostilità da parte dei suoi compaesani, che si scandalizzavano di lui, farà pronunciare a Gesù l amara considerazione che Nessun profeta è disprezzato se non nella sua patria e nella sua casa (Mt 13,57), e se Matteo censura sia l accusa di pazzia riportata nel vangelo di Marco ( i suoi vennero per catturarlo perché dicevano: È fuori di testa, Mc 3,21), sia l amara constatazione di Giovanni che nemmeno i suoi fratelli credevano in lui (Gv 7,5), non nasconde la difficoltà del rapporto tra Gesù e la sua famiglia: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? (Mt 12,49). La sequela a Gesù richiede individui pienamente liberi. Il discepolo, se vuole seguire il suo maestro, deve rendersi indipendente da tutto quel che gli impedisce piena libertà di movimento, compresi quei rapporti familiari che proprio per la loro costrizione vengono chiamati vincoli, legami : Chi vuol bene al padre o la madre più di me non è degno di me; chi vuol bene al figlio o la figlia più di me non è degno di me (Mt 10,37). Nel Vangelo di Luca, Gesù, in maniera ancora più radicale dichiara: Se uno viene a me e non odia suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le 6

7 sorelle e persino la propria vita, non può essere mio discepolo (Lc 14,26) Gesù non viene a distruggere la famiglia, ma a vivificarla. Per accedere a quella pienezza di vita e di libertà alla quale ogni individuo viene chiamato da Dio, occorre che la famiglia venga liberata da quei ricatti affettivi che impediscono ai suoi componenti di crescere. Mentre l infanzia è caratterizzata dalla dipendenza dai genitori, la maturità è contraddistinta dalla libertà. Per questo Gesù chiede ai figli di sciogliere quei vincoli che impediscono loro di crescere, troncando ogni tipo di dipendenza dai loro genitori e ai genitori di distaccarsi da quei legami verso i figli che condizionano la loro realtà di coniugi e la loro libertà. Gesù non invita ad amare di meno i propri familiari, ma di più, liberando l amore da quel senso di oppressione e di ricatto affettivo che gli impedisce di essere vero, genuino e spontaneo. Ciò viene molto bene espresso nell apocrifo Vangelo copto di Tommaso dove all odio per il padre e la madre si oppone poi un amore simile a quello di Gesù: Colui che non odia suo padre e sua madre come me, non è adatto ad essere mio discepolo. E colui che non ama suo padre e sua madre come me, non può divenire mio discepolo (101). In questo processo di riscoperta del vero amore i genitori devono riscoprire di essere marito e moglie prima ancora di padre e madre. I figli non devono sostituirsi al loro amore, né assorbire tutto il loro affetto, ma esserne irradiati e arricchiti. Padri e madri, pur continuando a essere genitori devono smettere di fare i genitori quando i figli sono adulti. Quando i genitori smetteranno di preoccuparsi per i loro figli, consentiranno finalmente al Padre di occuparsene, con vantaggio di tutti: dei genitori che si sentiranno meno angosciati, dei figli che si sentiranno più liberi, e del Signore che potrà finalmente effondere il suo grande amore: Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! (Mt 7,11). I figli non possono lasciar condizionare la loro vita dalle a- spettative o dalle ambizioni del padre o della madre e, pur restando figli, devono tagliare definitivamente il cordone ombelicale della dipendenza dai genitori per potersi realizzare come persone compiute e completamente distinte dal loro padre o dalla loro madre.

8 Quando ciò non accade, la famiglia, da luogo di crescita nell amore, diviene un inferno, dove ognuno vede nell altro il colpevole della propria mancata realizzazione e rancori e risentimenti, frustrazioni e sensi di colpa ne sono il tossico collante che sfocia in oppressioni e violenze 3. Nella cultura rigidamente patriarcale del tempo di Gesù dove, il collante della famiglia era l indiscussa obbedienza che moglie e figli dovevano al maschio di casa come marito e come padre, il messaggio di Gesù è una vera e propria minaccia alla famiglia. Ma se il rifiuto di ogni forma di dominio ha l effetto di disgregare la famiglia tenuta insieme dagli obblighi del sangue, dai ricatti affettivi e dalla pressione della parentela, poi riesce a vivificare i suoi componenti con un amore nuovo, libero e liberante. L ambito familiare non è più ristretto alla casa, ma si dilata al Regno e Gesù assicura che chiunque avrà abbandonato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi a causa sua, riceverà il centuplo e erediterà la vita eterna (Mt 19,29). La nuova famiglia nata dall incontro con Gesù allarga il suo orizzonte, non si centra più sull angusto limite dei propri bisogni, ma estende la sua capacità d amore a ogni uomo che viene visto come fratello, come una benedizione ( centuplo, Gen 26,12). 3 Secondo il rapporto Eures Ansa, l Italia è al settimo posto in Europa come numero di omicidi volontari e ogni due giorni accade un delitto all interno dell ambito familiare.