Ci può essere pienezza ecclesiale fuori dall Eucaristia? Nota sui divorziati risposati di Fulvio De Giorgi in il Margine n. 3 del marzo 2012 Non ci sono ricette semplici Nell omelia pronunciata nel Parco di Bresso, domenica 3 giugno 2012, Solennità della Santissima Trinità, a conclusione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie (al quale ho partecipato come relatore), Benedetto XVI ha presentato sinteticamente una visione cristiana della famiglia, fondata sul matrimonio, nella quale, come marito e come padre, riconosco l espressione della mia stessa autoconsapevolezza coniugale di fede: Chiamata ad essere immagine del Dio Unico in Tre Persone non è solo la Chiesa, ma anche la famiglia, fondata sul matrimonio tra l uomo e la donna. In principio, infatti, «Dio creò l uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi» (Gen 1,27-28). Dio ha creato l essere umano maschio e femmina, con pari dignità, ma anche con proprie e complementari caratteristiche, perché i due fossero dono l uno per l altro, si valorizzassero reciprocamente e realizzassero una comunità di amore e di vita. L amore è ciò che fa della persona umana l autentica immagine della Trinità, immagine di Dio. Cari sposi, nel vivere il matrimonio voi non vi donate qualche cosa o qualche attività, ma la vita intera. E il vostro amore è fecondo innanzitutto per voi stessi, perché desiderate e realizzate il bene l uno dell altro, sperimentando la gioia del ricevere e del dare. E fecondo poi nella procreazione, generosa e responsabile, dei figli, nella cura premurosa per essi e nell educazione attenta e sapiente. E fecondo infine per la società, perché il vissuto familiare è la prima e insostituibile scuola delle virtù sociali, come il rispetto delle persone, la gratuità, la fiducia, la responsabilità, la solidarietà, la cooperazione. [ ] Il progetto di Dio sulla coppia umana trova la sua pienezza in Gesù Cristo, che ha elevato il matrimonio a Sacramento. Cari sposi, con uno speciale dono dello Spirito Santo, Cristo vi fa partecipare al suo amore sponsale, rendendovi segno del suo amore per la Chiesa: un amore fedele e totale. Se sapete accogliere questo dono, rinnovando ogni giorno, con fede, il vostro «sì», con la forza che viene dalla grazia del Sacramento, anche la vostra famiglia vivrà dell amore di Dio, sul modello della Santa Famiglia di Nazaret. [ ] La vostra vocazione non è facile da vivere, specialmente oggi, ma quella dell amore è una realtà meravigliosa, è l unica forza che può veramente trasformare il cosmo, il mondo. Nella stessa omelia, il papa ha pure indicato alla famiglia cristiana, alla famiglia nella Chiesa e, in fondo, alla stessa Chiesa come famiglia di famiglie le vie per crescere nell amore: mantenere un costante rapporto con Dio e partecipare alla vita ecclesiale, coltivare il dialogo, rispettare il punto di vista dell altro, essere pronti al servizio, essere pazienti con i difetti altrui, saper perdonare e chiedere perdono, superare con intelligenza e umiltà gli eventuali conflitti, concordare gli orientamenti educativi, essere aperti alle altre famiglie, attenti ai poveri, responsabili nella società civile. È proprio con questo spirito di umiltà pensosa, di ascolto esistenziale, aperto e paziente, di dialogo intra-ecclesiale che vorrei affrontare una riflessione ovviamente in modo critico e problematico, senza presuntuose semplificazioni su un aspetto grave, pure toccato dal papa, con delicatezza, nella sua omelia, quando ha affermato: Una parola vorrei dedicarla anche ai fedeli che, pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione. Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sostengono nella vostra fatica. Vi incoraggio a rimanere uniti alle vostre comunità, mentre auspico che le diocesi realizzino adeguate iniziative di accoglienza e vicinanza. Rispondendo poi ad una domanda, durante la Festa delle Testimonianze, sabato 2 giugno 2012, sempre nell ambito del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, Benedetto XVI ha avuto parole di misericordia, nel solco delle quali, e per approfondirle, vorrei appunto porre la mia riflessione: 1
In realtà, questo problema dei divorziati risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi. E non abbiamo semplici ricette. La sofferenza è grande e possiamo solo aiutare le parrocchie, i singoli ad aiutare queste persone a sopportare la sofferenza di questo divorzio. Io direi che molto importante sarebbe, naturalmente, la prevenzione, cioè approfondire fin dall inizio l innamoramento in una decisione profonda, maturata; inoltre, l accompagnamento durante il matrimonio, affinché le famiglie non siano mai sole ma siano realmente accompagnate nel loro cammino. E poi, quanto a queste persone, dobbiamo dire come lei ha detto che la Chiesa le ama, ma esse devono vedere e sentire questo amore. Mi sembra un grande compito di una parrocchia, di una comunità cattolica, di fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono «fuori» anche se non possono ricevere l assoluzione e l Eucaristia: devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa. Forse, se non è possibile l assoluzione nella Confessione, tuttavia un contatto permanente con un sacerdote, con una guida dell anima, è molto importante perché possano vedere che sono accompagnati, guidati. Poi è anche molto importante che sentano che l Eucaristia è vera e partecipata se realmente entrano in comunione con il Corpo di Cristo. Anche senza la ricezione «corporale» del Sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo. E far capire questo è importante. Che realmente trovino la possibilità di vivere una vita di fede, con la Parola di Dio, con la comunione della Chiesa e possano vedere che la loro sofferenza è un dono per la Chiesa, perché servono così a tutti anche per difendere la stabilità dell amore, del Matrimonio; e che questa sofferenza non è solo un tormento fisico e psichico, ma è anche un soffrire nella comunità della Chiesa per i grandi valori della nostra fede. Penso che la loro sofferenza, se realmente interiormente accettata, sia un dono per la Chiesa. Devono saperlo, che proprio così servono la Chiesa, sono nel cuore della Chiesa. È bene allora riconoscere che siamo davanti ad una delle grandi sofferenze della Chiesa contemporanea. E che non abbiamo semplici ricette. Non ci sono ricette semplici. Nel cuore della Chiesa: accettati e non giudicati Di chi stiamo parlando? Di fedeli che, pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione nel sacramento del matrimonio. Ma di che cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di un peccato grave? Se così fosse, in modo puro e semplice, hanno senso le espressioni del papa? Che non sono solo espressioni di amore del peccatore (e di rifiuto del peccato), sono pure espressioni reali di accettazione di situazioni esistenziali che sono conseguenze di quei fallimenti e separazioni e divorzi e seconde nozze. Se fossero mere conseguenze del peccato, bisognerebbe semplicemente dire: pentitevi, rompete le seconde nozze (peccaminose, anzi pubblicamente peccaminose), al massimo vivete come fratello e sorella. Qui si parla invece di: sostegno nella fatica; iniziative di accoglienza e di vicinanza; aiutare questi battezzati e far sentire loro l amore della Chiesa. La loro sofferenza è un dono per la Chiesa ed essi sono così nel cuore della Chiesa. Le comunità ecclesiali hanno, dunque, il compito di far sentire a queste persone, cioè ai divorziati risposati, che esse sono accettate, che non sono «fuori» anche se non possono ricevere l assoluzione e l Eucaristia. Stiamo parlando ripeto di divorziati risposati. Cosa dice del divorzio il Catechismo della Chiesa Cattolica? Il divorzio offende l Alleanza della salvezza, di cui il matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente (n. 2384). Il papa dice di accogliere, accettare, sostenere adulteri pubblici e permanenti? Certamente no. Se allora i divorziati risposati, in quanto in adulterio pubblico e permanente, sono in condizione di colpa grave, vediamo se, chi e in quali casi si possa considerare in condizione di colpa non grave. Il Catechismo indica due casi senza colpa, casi però di divorziati non risposati: Se il divorzio civile rimane l unico modo possibile di assicurare certi diritti legittimi, quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio, può essere tollerato, senza che costituisca una colpa morale (n. 2383); Può avvenire che uno dei coniugi sia vittima innocente del divorzio pronunciato dalla legge civile; 2
questi allora non contravviene alla norma morale. C è infatti una differenza notevole tra il coniuge che si è sinceramente sforzato di rimanere fedele al sacramento del Matrimonio e si vede ingiustamente abbandonato, e colui che, per sua grave colpa, distrugge un matrimonio canonicamente valido. Allora, mi viene da pensare: questi divorziati, che non hanno moralmente colpa, se si risposano, commettono un peccato grave o non piuttosto un peccato non grave? Vediamo invece i divorziati, per loro colpa, che si risposano. Sono in peccato mortale? Chi commette queste azioni con malizia, per una scelta deliberata di male, in spregio all insegnamento evangelico trasmesso dalla Chiesa è, certo, in peccato mortale. Nel caso però di una morte dell amore e di una debolezza della volontà e della ragione a sostenere il vincolo sacramentale in tale situazione di lutto affettivo, possiamo pure parlare di peccato: ma si tratta di un peccato grave? In certi casi forse sì. Ma in altri casi forse no. La materia è grave (adulterio), ma possiamo in tali casi supporre che non ci sia stata piena consapevolezza e totale consenso: un non riuscire ad avvertire, nella propria coscienza, la gravità personale della colpa, pur accettando l indissolubilità del vincolo e soffrendo per il proprio fallimento. Stiamo parlando di casi in cui non c è stato un libero consenso alla morte dell amore coniugale, ma le pressioni esterne e gli impulsi della sensibilità hanno comunque vinto (attenuando, tuttavia, il carattere volontario e libero della colpa). Insomma se il peccato mortale distrugge la carità nel cuore dell uomo a causa di una violazione grave della legge di Dio (Catech. n. 1855) e se il peccato veniale indebolisce la carità; manifesta un affetto disordinato per dei beni creati; ostacola i progressi dell anima nell esercizio delle virtù e della pratica del bene morale [ ]. Tuttavia il peccato veniale non ci oppone alla volontà e all amicizia divine; non rompe l Alleanza con Dio (Catech. n. 1863), allora nel caso considerato dal papa siamo in situazioni di non rottura dell Alleanza di salvezza. Dunque: con un discernimento esistenziale e spirituale, si possono distinguere nel complesso ambito dei divorziati risposati coloro che sono in peccato mortale e cioè hanno deliberatamente rotto l Alleanza con Dio e coloro che non sono in peccato mortale e che perciò hanno mantenuto l Alleanza con Dio. L attenzione fondamentale sta dunque nel conoscere la verità esistenziale che si ha di fronte. Nell Esortazione Apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis (del 22 febbraio 2007), il papa aveva chiarito infatti: È necessario, tuttavia, evitare di intendere la preoccupazione pastorale come se fosse in contrapposizione col diritto. Si deve piuttosto partire dal presupposto che fondamentale punto d incontro tra diritto e pastorale è l amore per la verità: questa infatti non è mai astratta, ma «si integra nell itinerario umano e cristiano di ogni fedele» (n. 29). La pienezza ecclesiale Sempre a proposito dei divorziati risposati, il papa nell omelia del 3 giugno ha affermato: essi devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa. Questo mi pare veramente un aspetto nuovo e centrale. Qual è la via indicata per questa pienezza ecclesiale? Nel 2007 il papa ha consolidato la nuova via pastorale con la Sacramentum Caritatis: I divorziati risposati, tuttavia, nonostante la loro situazione, continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue con speciale attenzione, nel desiderio che coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano di vita attraverso la partecipazione alla santa Messa, pur senza ricevere la Comunione, l ascolto della Parola di Dio, la partecipazione alla vita comunitaria, il dialogo confidente con un sacerdote o con un maestro di vita spirituale, la dedizione alla carità vissuta, le opere di penitenza, l impegno educativo verso i figli (n. 29). Ha approfondito questa linea, il card. Tettamanzi, arcivescovo di Milano, con la lettera agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione, del 6 gennaio 2008 (Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito). Meritano di essere ricordati alcuni passaggi di quello che è stato il documento di maggiore circolazione internazionale del card. Tettamanzi: 3
La prima cosa che vorrei dirvi, sedendomi accanto a voi, è dunque questa: La Chiesa non vi ha dimenticati! Tanto meno vi rifiuta o vi considera indegni. [ ] Anche noi uomini di Chiesa sappiamo che la fine di un rapporto sponsale per la maggior parte di voi non è stata decisione presa con facilità, tanto meno con leggerezza. [ ] La Chiesa quindi non vi guarda come estranei che hanno mancato a un patto, ma si sente partecipe di quel travaglio e di quelle domande che vi toccano così intimamente. [ ] Anche la Chiesa sa che in certi casi non solo è lecito, ma può essere addirittura inevitabile prendere la decisione di una separazione: per difendere la dignità delle persone, per evitare traumi più profondi, per custodire la grandezza del matrimonio, che non può trasformarsi in un insostenibile trafila di reciproche asprezze. Il papa parla di una possibilità di pienezza di vita ecclesiale. Ma come? Sappiamo che non ci sono ricette semplici. Vediamo qual è la via indicata dal Benedetto XVI. Potremmo definirla una via di santità o di salvezza extra-eucaristica (o semi-eucaristica), cioè insomma senza poter mangiare il corpo di Cristo e bere il suo sangue. Dico semi-eucaristica, perché il papa parla comunque, come si è visto, di una forma di comunione spirituale (cfr. Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 34) o di desiderio. Analoga è la via prospettata dal card. Tettamanzi: Sempre dal senso della parola del Signore deriva l indicazione della Chiesa riguardo all impossibilità di accedere alla comunione eucaristica per gli sposi che vivono stabilmente un secondo legame sponsale. Ma perché? Perché nell Eucaristia abbiamo il segno dell amore sponsale indissolubile di Cristo per noi [ ]. Comprendete, così, che la norma della Chiesa non esprime un giudizio sul valore affettivo e sulla qualità della relazione che unisce i divorziati risposati. Il fatto che spesso queste relazioni siano vissute con senso di responsabilità e con amore nella coppia e verso i figli è una realtà che non sfugge alla Chiesa e ai suoi pastori. Non c è dunque un giudizio sulle persone e sul loro vissuto, ma una norma necessaria a motivo del fatto che queste nuove unioni nella loro realtà oggettiva non possono esprimere il segno dell amore unico, fedele, indiviso di Gesù per la Chiesa. [ ] La vita cristiana ha certo il suo vertice nella partecipazione piena all Eucarestia, ma non è riducibile soltanto al suo vertice. Come in una piramide, anche se privata del suo vertice, la massa solida non cade, ma rimane. Potersi comunicare nella Messa è certamente per i cristiani di singolare importanza e di grande significato, ma la ricchezza della vita della comunità ecclesiale, che è fatta di moltissime cose condivisibili da tutti, resta a disposizione e alla portata anche di chi non può accostarsi alla santa comunione. [ ] Chiedo dunque a voi, sposi divorziati risposati, di non allontanarvi dalla vita di fede e dalla vita di Chiesa. Chiedo di partecipare alla celebrazione eucaristica nel Giorno del Signore. Anche a voi è rivolta la chiamata alla novità di vita che ci è donata nello Spirito. Anche a vostra disposizione sono i molti mezzi della Grazia di Dio. Insomma, appunto, vocazione alla santità (alla novità di vita ), nella pienezza della vita ecclesiale. Ma senza pienezza di vita eucaristica. Una salvezza e una santità senza Eucaristia. Dona la pienezza dello Spirito Santo Non ci sono ricette facili. Provo ad assumere un modo di pensare eucaristico: come affermava S. Ireneo di Lione: Il nostro modo di pensare è conforme all Eucaristia, e l Eucaristia, a sua volta, si accorda con il nostro modo di pensare. Dall Eucaristia assumiamo forma, criterio e stile di vita: L Eucaristia è la vita e la scuola dei discepoli di Cristo (Cfr. CEI, Eucaristia, comunione e comunità, n. 61). Gesù collega la vita all eucaristia: In verità, in verità vi dico: se non mangiate la Carne del Figlio dell uomo e non bevete il suo Sangue, non avrete in voi la vita (Gv 6, 53) Colui che mangia di me vivrà per me (Gv 6, 57). Perciò il Concilio insegna che nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà la vita agli uomini (Presbyterorum 4
Ordinis, n. 5). Gesù comanda di prendere e mangiare: Fate questo in memoria di me (Lc 22, 19-20). Noi non siamo degni di partecipare alla sua mensa, ma gli chiediamo come il centurione di dire soltanto una parola e saremo salvati. Come il ladrone sulla croce gli chiediamo di ricordarsi di noi. Il Corpo di Cristo, che riceviamo, è dato per noi e il Sangue, che beviamo, è sparso per molti in remissione dei peccati (Mt 26, 28). Perciò l Eucaristia non può unirci a Cristo senza purificarci, nello stesso tempo, dai peccati commessi e preservarci da quelli futuri. L Eucaristia fortifica la carità che tende a indebolirsi e la carità stessa, così vivificata, cancella i peccati non gravi (cfr. Catech. nn. 1393-1394). La Chiesa vive dell Eucaristia. Nell Eucaristia si svela in pienezza di significato la struttura sacramentale dell esistenza umana (CEI, Eucaristia, comunione e comunità, n. 90). Senza Eucaristia la liturgia realizzerebbe un unità solo psicologica e un orizzontalismo sociologico. La Chiesa è un solo corpo perché si nutre di un solo Corpo (1 Cor 10, 16-17): La comunione sacramentale acquista così la pienezza delle sue dimensioni: mentre è il modo pieno di partecipare al banchetto della nuova alleanza, è anche piena inserzione nel corpo mistico del Signore, ove vige la legge della piena comunione di vita tra le membra (ibid., n. 51). Ognuno si sente effettivamente accolto come fratello, come membro di una famiglia, come un uomo che ha una sua dignità e merita perciò attenzione e rispetto, specie se povero ed emarginato. Ne nasce uno stile evangelico che si iscrive poi nei rapporti quotidiani (ibid., n. 39). Ecco perché nel Messale romano il celebrante chiede: A noi che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Insomma, come dice Giovanni Paolo II nella Ecclesia de Eucharistia: L efficacia salvifica del sacrificio si realizza in pienezza quando ci si comunica ricevendo il corpo e il sangue del Signore (n. 16, ma cfr. anche nn. 17, 22, 24). Perciò, senza scomodare il Concilio di Trento (secondo il quale i sacramenti sono necessari alla salvezza), mi pare che una santità non eucaristica, una salvezza senza Eucaristia, una vocazione alla sola comunione spirituale apra molte difficoltà nella Comunità cristiana: in particolare sul valore dell Eucaristia e sulla natura dell unità ecclesiale. Per quell ambito di divorziati risposati in cui non possiamo parlare di peccato grave, ci può forse essere una via non extra eucaristica, ma veramente ed esigentemente eucaristica. Una via veramente cattolica cioè eucaristica La via che si può immaginare è allora quella che, attraverso una vera ed impegnata direzione spirituale esercitata con prudente e amorevole profondità nei suoi confronti, il divorziato risposato sia portato a compiere un sincero e radicale cammino di riflessione, accompagnato e aiutato dal discernimento sacerdotale: ma un cammino che non può che proporsi come meta (non è detto che sia poi raggiunta) l Eucaristia. Non ci sono ricette semplici. Ma possiamo, con semplicità e con fiducia, aprire il cuore allo Spirito di Cristo, il quale chiamò il pane suo corpo vivente, lo riempì di se stesso e del suo Spirito [ ] E colui che lo mangia con fede, mangia Fuoco e Spirito. [ ] Prendete, mangiatene tutti, e mangiate con esso lo Spirito Santo. Infatti è veramente il mio corpo e colui che lo mangia vivrà eternamente (S. Efrem, Omelia IV per la Settimana Santa). Perché poi, in fondo, è alla carità e alla misericordia pastorale che bisogna affidarsi con generosità: carità e misericordia pastorale che sono, innanzi tutto, dono alla Chiesa da parte di Gesù Buon Pastore: Buon Pastore, pane vero, o Gesù, pietà di noi: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi. Tu che tutto sai e puoi, 5
che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli, alla tavola del cielo nella gloria dei tuoi santi. 6