MINISTERO DEL LAVORO INTERPELLO N. 39 DEL 21 SETTEMBRE 2011.

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N 41/2011 17 Ottobre 2011(*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa nuova iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, ma pur sempre collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. COEFFICIENTE ISTAT PER T.F.R. MESE DI SETTEMBRE 2011 E stato reso noto l indice Istat ed il coefficiente per la rivalutazione del T.F.R. relativo al mese di Settembre 2011. Il coefficiente di rivalutazione T.F.R. Settembre 2011 è pari a 2,909827 e l indice Istat è 103,20. IL MINISTERO DEL LAVORO AMMETTE LA VARIAZIONE IN PEJUS DELLE MANSIONI SVOLTE DALLA LAVORATRICE MADRE DURANTE IL PRIMO ANNO DI VITA DEL BAMBINO MA NEGA LA CORRISPONDENTE RIDUZIONE DELLA RETRIBUZIONE. MINISTERO DEL LAVORO INTERPELLO N. 39 DEL 21 SETTEMBRE 2011. Il Ministero del Lavoro, con l interpello n 39 del 21 settembre 2011, ha ritenuto legittimo il demansionamento concordato fra un datore di lavoro e la lavoratrice madre durante il primo anno di vita del bambino, qualora il predetto 1

demansionamento rappresenti l unico modo per salvaguardare il posto di lavoro, fermo restando però - il mantenimento della retribuzione. La risposta del Ministero trae origine dal quesito inoltrato dal nostro Consiglio Nazionale, quesito con il quale si prospettava la possibilità di demansionare la lavoratrice madre nel corso del primo anno di età del bambino, con conseguente riproporzionamento della retribuzione, al solo fine di evitare il licenziamento motivato dalla soppressione della mansione alla quale la lavoratrice era adibita. Il Dicastero di Via Flavia ha precisato che, nonostante l art. 2103 c.c. secondo comma preveda la nullità di ogni patto inteso alla variazione delle mansioni che non sia di tipo equivalente o migliorativo, la Giurisprudenza di Merito e di Legittimità espressamente ammette - al fine di evitare il licenziamento - il patto di demansionamento, con assegnazione del lavoratore allo svolgimento di mansioni inferiori con conseguente riduzione della retribuzione, considerando prevalente, in tale ipotesi, l interesse del lavoratore stesso a mantenere il posto di lavoro su quello tutelato dall art. 2103 c.c. (cfr. sentenze n.ri 6552/2009 e 21700/2006). Tuttavia, a parere del Ministero, se in via eccezionale è condivisibile che le parti possano pattuire una diminuzione della retribuzione nel corso del rapporto di lavoro, nell ambito di un patto di demansionamento, laddove questo rappresenti l extrema ratio per la salvaguardia del posto di lavoro non è, nel caso di specie, supportabile tale ipotesi di corrispondente riduzione della retribuzione in quanto il demansionamento deve tener presente la tutela della situazione soggettiva della lavoratrice madre nel primo anno di età del bambino, tutela che addirittura preclude il recesso datoriale anche nelle ipotesi di soppressione del posto di lavoro (a meno che non si verifichi la cessazione dell attività dell azienda). Pertanto, nel caso in specie, il Ministero ha espresso parere favorevole al demansionamento ma non al corrispondente riproporzionamento in pejus della retribuzione durante tale periodo (id: 1 anno di vita del bambino). 2

IL REQUISITO DELL AUTONOMA ORGANIZZAZIONE, AI FINI DELL ASSOGGETTAMENTO AD IRAP, VA VERIFICATO ANCHE PER I PICCOLI IMPRENDITORI. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA - SENTENZA N. 16340 DEL 27 LUGLIO 2011. La Corte di Cassazione, sentenza n 16340 del 27 Luglio 2011, torna ad occuparsi della imposta più controversa e più odiata dagli Italiani: l IRAP. In particolare, gli Ermellini hanno fornito un interpretazione estensiva del concetto di autonoma organizzazione che, come noto, rappresenta il requisito fondamentale per stabilire l assoggettamento o meno al suddetto tributo. Per i Giudici di Legittimità va valutata la sussistenza di una autonoma organizzazione anche nei confronti dei piccoli imprenditori (id: coltivatori diretti, commercianti e artigiani secondo quanto previsto dall art. 2083 c.c.). All uopo, si precisa che secondo un ormai granitico orientamento giurisprudenziale, l attività può considerarsi autonomamente organizzata se: il contribuente (imprenditore o libero professionista) è l unico responsabile dell organizzazione e non è inserito in strutture organizzative delle quali altri ne hanno la responsabilità; utilizza beni strumentali che, secondo l"'id quod plerumque accidit", eccedano il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza dell'organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; Orbene, secondo gli Ermellini, anche per l attività di piccolo imprenditore la mancanza degli elementi suddetti (la cui prova deve essere fornita dal contribuente) denota la non sussistenza di un attività autonomamente organizzata e quindi il non assoggettamento ad IRAP. In conclusione, l esercizio dell attività di piccolo imprenditore è esclusa dall applicazione dell Irap solo quando si tratta di attività non autonomamente organizzata, con onere della prova a carico del contribuente. 3

IL GIUDICE ITALIANO E COMPETENTE NELLE CONTROVERSIE PER LE QUALI IL DATORE DI LAVORO NON SIA UN ENTE CENTRALE DELLA CHIESA CATTOLICA. CORTE COSTITUZIONALE - SENTENZA N. 1687 DEL 1 AGOSTO 2011. La Corte costituzionale, sentenza n 1687 del 1 Agosto 2011, ha stabilito l importante principio giuridico in base al quale appartiene al Giudice italiano (id: Giudice Unico del Lavoro) e non ai Tribunali ecclesiastici la competenza a decidere in ordine alle controversie, afferenti le materie di cui all art. 409 c.p.c., nelle quali il datore di lavoro sia un soggetto che NON possa essere qualificato come ente centrale della Chiesa cattolica. Infatti, i Giudici delle Leggi hanno statuito che, per effetto dell art. 11 del trattato fra la Santa Sede e l Italia dell 11 febbraio 1929 (cd: patti lateranensi ), gli enti centrali della Chiesa cattolica sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano, ricordando che per enti centrali della Chiesa cattolica debbono intendersi quelli gestiti direttamente dalla santa Sede. Sulla scorta di tale principio, i predetti Giudici hanno affermato la competenza del Giudice Unico del Lavoro italiano nella controversia promossa da una lavoratrice contro il Pontificio collegio americano, atteso che lo stesso non riveste la qualità di ente centrale della Chiesa cattolica (id: trattasi di un ente non gestito direttamente dalla Santa Sede). DIVULGATI GLI OBBLIGHI IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA NEGLI AMBIENTI CONFINATI. D.P.R. DEL 3 AGOSTO 2011 IN ATTESA DI PUBBLICAZIONE SULLA G.U. Il 3 agosto scorso è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri, ed è attualmente in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, un D.P.R. per la tutela della salute e sicurezza nei c.d. ambienti confinati (quali silos, cisterne, pozzi, cunicoli e simili) attraverso l introduzione di innovative misure di salvaguardia. Tale D.P.R. intende impedire che in simili contesti lavorativi possano operare soggetti non adeguatamente formati, addestrati o, comunque, non perfettamente a conoscenza dei rischi delle lavorazioni e di quelli propri degli ambienti nei quali si svolge l attività lavorativa. 4

Ecco in sintesi le principali misure introdotte dal provvedimento. obbligo a carico del datore di lavoro di procedere a specifica informazione, formazione e addestramento relativamente ai rischi che sono propri degli ambienti confinati e alle peculiari procedure di sicurezza ed emergenza che in tali contesti debbono applicarsi; obbligo di presenza di personale esperto, in percentuale non inferiore al 30% della forza lavoro, con esperienza almeno triennale in attività in ambienti confinati : l esperienza idonea va dimostrata da un precedente contratto di lavoro subordinato o con altri contratti (necessariamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003) dai quali deve risultare che il preposto, sovrintendente sul gruppo di lavoro, abbia in ogni caso tale esperienza; obbligo/dovere di conoscenza dei rischi connessi: prima dell accesso nei luoghi di lavoro, tutti i lavoratori che saranno impiegati nelle attività (compreso, eventualmente, il datore di lavoro) dovranno puntualmente e dettagliatamente essere stati informati dal datore di lavoro/committente di tutti i rischi che possano essere presenti nell area di lavoro (compresi quelli legati ai precedenti utilizzi) e dovranno utilizzare dispositivi di protezione individuale (es.: maschere protettive, imbracature di sicurezza, etc.), strumentazione e attrezzature di lavoro (es.: rilevatori di gasi, respiratori, etc.) idonei a prevenire i rischi propri delle attività lavorative; obbligo per il datore di lavoro committente di individuare un proprio rappresentante: tale soggetto deve essere adeguatamente formato, addestrato ed edotto di tutti i rischi dell ambiente in cui si deve svolgere l attività dell impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi; lo stesso, inoltre, deve vigilare sulle attività che in tali contesti si realizzeranno. ANCHE IL COMMERCIALISTA, SEBBENE SOGGETTO EXTRANEUS AL FALLITO, PUO ESSERE IMPUTATO DI CONCORSO IN BANCAROTTA FRAUDOLENTA. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N. 30412 DEL 1 AGOSTO 2011. La Corte di Cassazione V Sez. Penale -, sentenza n 30412 del 1 Agosto 2011, ha stabilito un importante principio giuridico in materia di bancarotta fraudolenta per effetto 5

del quale anche un terzo estraneo alla società risponde del reato di concorso in bancarotta fraudolenta se con la sua condotta protratta sino alla dichiarazione di fallimento - ha cagionato un danno alla massa dei creditori dell impresa. Come noto, il reato di bancarotta, previsto e regolato dall art. 216 del R.D. 267/1942, ricorre quando un imprenditore fallito abbia dolosamente: prima o durante il fallimento: distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato, in tutto o in parte, i suoi beni, ovvero, al fine di arrecare danno ai creditori, abbia esposto o riconosciuto delle passività inesistenti; prima del fallimento: sottratto, distrutto o falsificato in tutto o in parte, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o al fine di procurare danno ai creditori, i libri e le altre scritture contabili o li abbia tenuti in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del reale movimento degli affari; prima o durante la procedura fallimentare: eseguito pagamenti o simulato titoli di prelazione, al fine di favorire alcuni creditori a danno di altri. Il caso esaminato dagli Ermellini ha riguardato un commercialista che si adoperava per far sparire i soldi della società prima del fallimento mentre l amministratore si defilava grazie ad trasferimento di quote ad un prestanome all estero, irreperibile in Italia. In particolare, il commercialista aveva, insieme con l amministratore della società, provveduto alla cessione mascherata degli immobili della società, dietro cui si celavano vendite simulate, fino alla dichiarazione dello stato di insolvenza. I Giudici del Palazzaccio, contrariamente alla decisione della Corte di Appello, hanno statuito che il commercialista deve rispondere, ex art. 110 c.p., del reato di bancarotta fraudolenta in concorso con l'amministratore perché, pur essendo un terzo estraneo rispetto alla società poi fallita, ha in concreto contribuito con la sua condotta a realizzare un segmento efficace del risultato illecito, la cui consumazione ha coinciso con l'accertamento giudiziale dell'insolvenza. 6

Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! HA REDATTO QUESTO NUMERO LA COMMISSIONE COMUNICAZIONE SCIENTIFICA DEL CPO DI NAPOLI COMPOSTA DA FRANCESCO CAPACCIO, PASQUALE ASSISI E GIUSEPPE CAPPIELLO. 7