N. R.G. 1031/2017. Pagina 1. Firmato Da: CARLUCCI STEFANIA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1074f2

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N. R.G. 1031/2017 TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE Sezione Lavoro Nella causa civile iscritta al N.R.G. 1031/2017 promossa da: VIRGINIE BASSE (C.F. BSSVGN76M62Z343S), con il patrocinio dell avv. BROTINI DANIELE e dell avv., elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematicopresso il difensore avv. BROTINI DANIELE attore contro INPS (C.F. 80078750587), con il patrocinio dell avv. GORGONI MASSIMILIANO e dell avv., elettivamente domiciliato in VIALE BELFIORE 28 50144 FIRENZEpresso il difensore avv. GORGONI MASSIMILIANO INPS - AGENZIA DI EMPOLI (C.F. 80078750587), con il patrocinio dell avv. GORGONI MASSIMILIANO e dell avv., elettivamente domiciliato in VIALE BELFIORE 28 50144 FIRENZEpresso il difensore avv. GORGONI MASSIMILIANO Pagina 1 convenuto Il Giudice Dott.ssa Stefania Carlucci, a scioglimento della riserva assunta all udienza del 26/09/2017, ha pronunciato la seguente ORDINANZA Con ricorso ex artt. 44 d.lvo n. 286/98 e 28 d.lvo n. 150/2011, la ricorrente, cittadina senegalese, titolare del permesso di soggiorno per assistenza ai minori, senza soluzione di continuità dal 21/01/2010, madre di minore nato il 09/09/2015, ha chiesto il riconoscimento dell assegno di natalità di cui all art. 1 commi da 125 a 129 d.lvo n. 190/2014, stante la natura discriminatoria del diniego di INPS con lettera del 21/04/2016, motivato dalla mancanza di utile permesso di soggiorno, in applicazione dell art. 1 comma 125 d.lvo cit. che impone al cittadino extracomunitario il possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo. Sostiene che detta disposizione è discriminatoria ed in contrasto con il diritto europeo, sovranazionale e costituzionale, in particolare con quanto disposto dalla Direttiva Comunitaria n. 2011/98 UE art. 12 par 1 lett b) di applicazione diretta, in combinato disposto con l art. 3 comma 3 paragrafo 1 lett. b), lett. b) e j) e l art. 1 lett. z) del regolamento CE n. 883/2004, per violazione del diritto alla parità di trattamento nel settore della sicurezza sociale dei lavoratori dei paese terzi regolarmente soggiornanti e i cittadini italiani e /o comunitari. Ha prospettato la pregiudizialità Comunitaria per contrasto tra l art. 1 comma 125 d.lvo n. 190/2014 e l art. 12 Direttiva 2011/98/UE, nonché la pregiudizialità costituzionale per contrasto tra l art. 1 comma 125 d.lvo n. 190/2014 e gli artt. 2, 3, 10, 31, 38 e 117 comma primo della Costituzione. Ha chiesto dichiarare il carattere discriminatorio della condotta tenuta da INPS, ordinare l immediata cessazione della condotta discriminatoria e condannare l istituto convenuto a corrispondere la somma di 3.200,0 a titolo di ratei di assegno di natalità da settembre 2015 ad aprile 2017 (data di deposito del ricorso) e di tutti gli ulteriori ratei finché sussisteranno le condizioni reddituali per fruire del beneficio; ove ritenuto opportuno, ha chiesto ordinare a INPS di adottare un piano di rimozione delle discriminazioni, comprensivo dell ordine di pubblicare il testo dell ordinanza sulla home page del sito dell istituto.

INPS ha allegato che la ricorrente era titolare di permesso di soggiorno scaduto il 13/11/2014 e che alla data della domanda presentata il 16/12/2015 fosse priva di utile permesso di soggiorno, rinnovato il successivo 09/12/2016, con inizio validità il 09/02/2016, per assistenza minori ai sensi dell art. 2 comma 6 D.L. n. 5/2007, stessa motivazione di quello scaduto nel 2014. Nel merito ha dedotto che l istituto non poteva disapplicare una normativa in vigore. ***Nel caso di specie, la ricorrente richiede il versamento dell assegno di natalità previsto dall art. 1 comma 125 d.lvo n. 190/2014. E documentale e pacifico tra le parti che il 09/09/2015 sia nato il figlio (doc. 2). Non è in discussione il requisito economico per accedere al beneficio (2015 ISEE pari a 3762,74 doc. 3; 2016 ISEE pari a 3.146,70 doc. 4; 2017, ISEE pari a 7333,53 doc. 5), che è stato chiesto in data 16/12/2015 (doc. 6). In fatto INPS contesta che la ricorrente fosse munita di valido e utile permesso di soggiorno, avendo documentato che era titolare di permesso di soggiorno per assistenza minori ai sensi dell art. 2 comma 6 D.L. n. 5/2007 scaduto il 13/11/2014, e rinnovato con validità solo dal 09/02/2016 con la stessa motivazione (doc. 3 INPS). E documentale che la ricorrente, già titolare di permesso di soggiorno per lo stesso motivo di assistenza ai figli minori dal 26/10/2010 e dal 26/11/2012, alla data di presentazione della domanda, aveva già conseguito l autorizzazione del Tribunale per i Minorenni di Firenze, con decreto del 24/09/2015, alla permanenza in Italia nell interesse dei figli minori (Fatoumata e Mouhamet Ouseyenou) per il periodo di due anni, con invito a procedere alla regolarizzazione amministrativa (doc. 28 ricorrente). L art. 31 comma 3 d.lvo n. 286/1998 ha attribuito al Tribunale per i Minorenni la competenza ad autorizzare l ingresso o la permanenza del familiare del minore che si trovi nel territorio nazionale, per un periodo determinato, anche in deroga alle disposizioni del T.U. Immigrazione, per motivi connessi con le esigenze primarie del minore. Si tratta di competenza esclusiva del giudice naturale degli interessi dei minori, il cui provvedimento è produttivo di diretti effetti autorizzatori. Pertanto, come esplicitato nella norma, che rinvia agli adempimenti di competenza del Questore, e nello stesso provvedimento, il rilascio del permesso di soggiorno, costituisce mera regolarizzazione amministrativa, costituisce atto dovuto da parte del Questore, privo di qualsiasi discrezionalità, a fini di prova, in occasione di controlli o in funzione lavorativa, del titolo autorizzatorio, del quale lo straniero familiare del minore è già in possesso, per decisione del giudice (Cass. SS. UU. sent. n. 16301/2007). Risulta pertanto infondata l eccezione di INPS, risultando che alla data della domanda la ricorrente era stata autorizzata alla permanenza in Italia nell interesse dei minori, per la durata di due anni, sulla base del decreto del Tribunale per i Minorenni del 24/09/2015, ove inoltre si legge la presente autorizzazione ed il conseguente permesso di soggiorno consente la iscrizione nelle liste di disoccupazione, lo svolgimento di lavoro subordinato ed autonomo. *** L assegno di natalità è una prestazione economica a favore di cittadini italiani o comunitari o di extracomunitari con permesso di soggiorno di lungo periodo (art. 9 d.lvo n. 286/98), a sostegno della natalità o adozione, per il genitore il cui nucleo familiare che abbia redditi inferiori a parametri determinati annualmente con legge (I.S.E.E.). E riconosciuto un importo annuo ( 960), dal mese di nascita fino al terzo anno di età, raddoppiato quando la condizione economica sia inferiore ad una soglia ( 7.000,00). Detto assegno rientra certamente nel concetto di prestazione di assistenza sociale; la provvidenza è diretta al sostegno dei nuclei familiari con prole, titolari di redditi inferiori ad una soglia predeterminata, ed è mezzo di tutela di beni fondamentali assistiti da protezione costituzionale (art. 2, 3, 31 Cost.). Quanto ai cittadini di paesi terzi l art. 1 comma 125 d.lvo n. 190/2014 richiede il possesso da parte del cittadino terzo di titolo di soggiorno di lungo periodo. La norma nazionale deve essere interpretata tenendo conto delle norme di diritto comunitario e dell interpretazione dell ordinamento comunitario da parte della Corte di Giustizia. Pagina 2

L art. 14 della convenzione europea dei diritti dell uomo pone il divieto di discriminazione, sulla base, tra l altro, del fattore nazionalità, per il godimento dei diritti e delle libertà sancite nelle altre clausole. L art. 8 della convenzione citata sancisce il rispetto della vita privata e familiare. La Corte di Giustizia, in pronuncia che ha avuto ad oggetto la diversa, ma affine prestazione degli assegni per famiglie numerose, richiesta da cittadino di stato terzo titolare di regolare permesso di soggiorno per lavoro ma non lungo soggiornante, ha ribadito come l attribuzione dell assegno per famiglie numerose rientri certamente nelle previsioni di cui all art. 8 della convenzione e trovi applicazione l art. 14 della convenzione (punto 41 sentenza Dhahbi 08/04/2014). La pronuncia ha richiamato la consolidata giurisprudenza della Corte in materia di disparità di trattamento tra situazioni analoghe, per la quale la disparità è discriminatoria se non è basata su una giustificazione oggettiva e ragionevole, ossia se non persegue uno scopo legittimo o se non vi è un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito. Gli Stati contraenti godono di un certo margine di apprezzamento per determinare se e in quale misura delle differenze tra situazioni sotto altri punti di vista analoghe giustifichino delle disparità di trattamento (X e altri c. Austria [GC], n. 19010/07, 98, CEDU-2013, e Vallianatos c. Grecia [GC], nn. 29381/09 e 32684/09, 76, CEDU-2013). Il concetto di discriminazione comprende di solito i casi in cui un individuo o un gruppo si vede trattato meno bene di un altro, senza una valida giustificazione, anche se la Convenzione non richiede il trattamento più favorevole (Abdulaziz, Cabales e Balkandali c. Regno Unito, 28 maggio 1985, 82, serie A n. 94) punto 45. In punto di giustificazione oggettiva e ragionevole della disparità di trattamento ha precisato come gli Stati contraenti godono di un certo margine di apprezzamento per determinare se e in quale misura delle differenze tra situazioni analoghe sotto altri punti di vista giustifichino delle disparità di trattamento (X e altri c. Austria, sopra citata, 98, e Vallianatos c. Grecia, sopra citata, 76). L ampiezza di tale margine di apprezzamento varia a seconda delle circostanze, delle materie e del contesto, ma spetta alla Corte decidere in ultima istanza se siano state rispettate le esigenze della Convenzione. Allo Stato viene normalmente lasciata ampia libertà nell adottare misure di ordine generale in materia economica o sociale (Burden c. Regno Unito [GC], n. 13378/05, 60, CEDU- 2008; Carson e altri c. Regno Unito [GC], n. 42184/05, 61, CEDU-2010; Şerife Yiğit c. Turchia [GC], n. 3976/05, 70, 2 novembre 2010; e Stummer c. Austria [GC], n. 37452/02, 89, CEDU- 2011). Tuttavia, solo considerazioni molto serie possono portare la Corte a ritenere compatibile con la Convenzione una disparità di trattamento esclusivamente basata sulla cittadinanza (Gaygusuz, sopra citata, 42; Koua Poirrez c. Francia, n. 40892/98, 46, CEDU 2003-X; Andrejeva c. Lettonia [GC], n. 55707/00, 87, CEDU-2009; e Ponomaryovi, sopra citata, 52) punto 46. In questo quadro, rilevato come L interessato non era uno straniero che soggiorna sul territorio per un breve periodo o in violazione delle leggi in materia di immigrazione. Non apparteneva pertanto alla categoria delle persone che, generalmente, non contribuiscono al finanziamento dei servizi pubblici e alle quali uno Stato può avere motivi legittimi per limitare l utilizzo di servizi pubblici costosi come i programmi di previdenza sociale, di sussidi pubblici e di cura (si veda, mutatis mutandis, Ponomaryovi, sopra citata, 54) (punto 52) e considerato come i motivi di bilancio addotti da governo non possano di per sé giustificare la disparità di trattamento (punto 53), la Corte di Giustizia ha ritenuto che non sussistesse alcuna ragionevole e oggettiva giustificazione che escludesse il ricorrente dal diritto all assegno per nucleo familiare previsto dall art. 65 L n. 448/98 riconosciuto ai lavoratori cittadini dell unione che come lui avevano una famiglia numerosa. Ha quindi affermato che solo considerazioni molto serie possono indurla a ritenere compatibile con la Convenzione una disparità di trattamento esclusivamente fondata sulla cittadinanza (paragrafo 46 supra). In queste circostanze, e sebbene le autorità nazionali godano di un ampio margine di apprezzamento in materia di previdenza sociale, l argomento addotto dal Governo non è sufficiente a convincere la Corte dell esistenza, nella presente causa, di un rapporto ragionevole Pagina 3

di proporzionalità che renderebbe la disparità contestata conforme alle esigenze dell articolo 14 della Convenzione (si veda, mutatis mutandis, Andrejeva, 86-89) (punto 54). Tali considerazioni sono applicabili al caso di specie ove è pacifico come alla ricorrente, cittadina di stato terzo, titolare di permesso di durata biennale per assistenza ai figli minori, valido anche quale permesso unico di lavoro, genitore del minore nato il 09/09/2015, titolare di reddito entro i parametri I.S.E.E., fosse stato rifiutato l assegno per il nucleo di natalità che sarebbe stato riconosciuto al cittadino italiano nelle sue medesime condizioni familiari e di reddito. Si osserva come una specifica direttiva comunitaria abbia dato ingresso, a favore dei cittadini di stati terzi regolarmente soggiornanti nell unione, ma non lungo soggiornanti, al riconoscimento di un nucleo di diritti, e rispetto ad essi, abbia anche fornito più cogenti indicazioni in ordine alla potestà dello stato membro di limitare la parità di trattamento. La Direttiva comunitaria n. 2011/98/UE (relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso di soggiorno che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro), che si applica ai cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti (art. 3), all art. 12 comma 1 lett. e) ha previsto la parità di trattamento con i cittadini degli stati membri ove soggiornano, nella materia, tra le altre della sicurezza sociale, come definita nel regolamento CE n. 883/2004. La prestazione oggetto di causa deve ricomprendersi nella nozione di sicurezza sociale del regolamento CE n. 883/2004, come si desume dalla lettura combinata dell art. 3 comma 3 del regolamento citato ( prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo di cui all art. 70 ) e dell art. 70 del regolamento citato, che espressamente lo richiama ( che abbiano caratteristiche tanto della legislazione in materia di sicurezza sociale di cui all art. 3 paragrafo 1, quanto di quella relativa all assistenza sociale ), e ricomprende le prestazioni familiari (art. 3 comma 1 lett j), definite prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari (art. 1 lett. z). La stessa previsione consente agli stati membri di limitare la parità di trattamento per quanto concerne i sussidi familiari, nei confronti dei cittadini di stati terzi che siano stati autorizzati a lavorare nel territorio dello stato membro per un periodo non superiore a sei mesi (art. 12 comma e lett. b). La previsione di tale potestà limitativa da parte dello stato membro rende la direttiva self-executing, decorso inutilmente il termine previsto per il suo recepimento (31/12/2013), limitatamente ai sussidi familiari per i cittadini di paese terzi autorizzati a lavorare per un periodo superiore a sei mesi, considerato che nel suo contenuto sostanziale è chiara, precisa, dettagliata. Lo stato nazionale con legge di ricezione della direttiva citata ha regolato la procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico di soggiorno ai cittadini di stati terzi, senza adottare misure limitative della parità di trattamento nella materia della sicurezza sociale (d.lvo n. 40/2014), che per espressa previsione della direttiva comunitaria può, in ordine ai sussidi familiari, essere legittimamente contenuta solo nei confronti dei cittadini terzi autorizzati ad un soggiorno per lavoro inferiore ai sei mesi. Nel caso in esame, ove la ricorrente cittadina di paese terzo, titolare di permesso di durata biennale per assistenza ai figli minori, valido anche quale permesso unico di lavoro, genitore del minore nato il 09/09/2015, titolare di reddito entro i parametri I.S.E.E., richiedente la prestazione di cui all art. 1 comma 125 D.lvo n. 190/2014, ricorrono entrambi i profili discriminatori enunciati: la violazione del divieto di discriminazione sancito dall art. 14, in relazione all art. 8 CEDU, come intrepretato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e la violazione del divieto di discriminazione posto dall art. 12 della direttiva 2011/98UE, nella materia della sicurezza sociale come definita dal regolamento CEE n. 883/2004, nella portata auto esecutiva in ordine ai sussidi familiari. Deve pertanto ritenersi e dichiararsi discriminatoria e contraria all art. 43 D.Lgs. 286/1998 la condotta dell INPS volta a negare il beneficio in questione alla ricorrente, atteso che il trattamento Pagina 4

deteriore ad essa riservata (e cioè la negazione del diritto all assegno di natalità) risiede nel fatto che la stessa è cittadina di un paese terzo, quindi discriminata per origine nazionale. Ne consegue la disapplicazione della norma dell ordinamento interno, per incompatibilità con il diritto comunitario (si veda Cass. sez. L sent. n. 17966/2011). L istituto convenuto va pertanto condannato all erogazione dell assegno di natalità maturato dal 09/09/2015 sino alla data del deposito del ricorso ( 3.200,00), nonché le ulteriori quote mensili, fino alla permanenza delle condizioni reddituali, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria ISTAT per la parte eccedente questi ultimi a far data dal 121^ giorno successivo alla domanda amministrativa. Le spese di lite sono compensate per metà, considerando da un lato la novità e complessità della questione di diritto trattata e l esistenza di precedenti giurisprudenziali di segno opposto, seguono la soccombenza, e sono poste a carico di INPS, liquidate con in dispositivo, e distratte a favore del procuratore della ricorrente, dichiaratosi antistatario. P.Q.M. Il Tribunale di Firenze, giudice monocratico del lavoro, in accoglimento del ricorso dichiara il carattere discriminatorio della condotta dell INPS consistente nell avere negato a BASSE VIRGINIE l assegno di natalità di cui all art. 1 comma 125 d.lvo n. 190/2014, per mancanza di utile titolo di soggiorno; e per l effetto, ordina all INPS di cessare la condotta discriminatoria e di rimuoverne gli effetti; condanna l INPS a corrispondere alla ricorrente la somma di 3.200,00 a titolo di assegno di natalità maturato dal 09/09/2015 sino alla data del deposito del ricorso, nonché le ulteriori quote mensili, fino alla permanenza delle condizioni reddituali, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria ISTAT per la parte eccedente questi ultimi a far data dal 121^ giorno successivo alla domanda amministrativa. condanna l INPS al pagamento a favore della ricorrente delle spese di lite pari a 842,50, oltre 15% per spese generali, iva e cap, da distrarsi a favore del difensore dichiaratosi antistatario. Si comunichi. Firenze, 27 ottobre 2017 Il Giudice Dott.ssa Stefania Carlucci Pagina 5