Le ONG e la Cooperazione allo Sviluppo



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Santo Domingo (Repubblica Dominicana). Ragazzi con il diploma di elettricista conseguito al Centro de Capacitación Laboral, progetto del VIS per la formazione professionale dei lavoratori di strada Dario itidieri Le ONG e la Cooperazione allo Sviluppo La cooperazione internazionale nasce dal bisogno fondamentale dell umanità di vivere in pace e di promuovere il benessere, e subisce una progressiva evoluzione in funzione del diverso approccio alla tematica dello sviluppo L idea stessa di cooperazione risente fortemente, fin dagli anni 60, dell atteggiamento paternalistico ed assistenziale con cui le potenze occidentali, all indomani della sistemazione politica (Yalta) ed economica (Bretton Woods) del mondo dopo la seconda guerra mondiale, impostarono gli interventi di aiuto alle loro ex colonie. Si riteneva allora che la crescita economica fosse un processo na- aria Vittoria Sbordoni, VIS - Settore Progetti turale, che la spinta in avanti dei Paesi più arretrati sarebbe arrivata da un massiccio trasferimento di risorse e capitali, come fu per la ricostruzione dell Europa tramite il Piano arshall. In questo clima di sostanziale ottimismo, nel 1961 viene proclamato dall Assemblea Generale delle Nazioni Unite il Primo Decennio per lo Sviluppo, che consacrava il principio etico dell obbligo dei Paesi economicamente UN UN UN 11 I LE P OSSIB I LE P OSSIB I LE UN P OSSIB I LE

DOSSIER La Cooperazione allo Sviluppo avanzati di aiutare i Paesi arretrati ad uscire dal loro stato di sottosviluppo, con due obiettivi fondamentali: assicurare ai Paesi arretrati un tasso di sviluppo annuo pari al 5% alla fine del decennio, e l impegno per i Paesi sviluppati a trasferire verso i Paesi in via di sviluppo risorse finanziarie pari all 1% del proprio Prodotto Nazionale Lordo (PNL). In Italia, la cultura della cooperazione si sviluppa negli ambienti del volontariato internazionale, espressione del laicato missionario d ispirazione cattolica, e assume una sua netta fisionomia proprio negli anni 60, anche in funzione delle nuove disposizioni legislative in materia. Prima di allora, le organizzazioni di volontariato internazionale italiane sono o sezioni locali di organismi inglesi e americani venuti ad operare in Italia al seguito delle forze di occupazione, come l American Friends Service Committee e la branca italiana dell International Voluntary Service for Peace - lo SCI fondato negli anni 20, o ancora organismi di laicato missionario, sorti nell ambito del nuovo ruolo assunto dai laici nella Chiesa, dopo il Concilio Ecumenico Vaticano 12 Secondo. Non meno forte la pressione dei gruppi laici, impegnati nei movimenti di liberazione attivi in molti Paesi del Sud del mondo negli anni 60, a sostegno delle organizzazioni locali attive nelle lotte per la decolonizzazione. La prima ONG italiana è stata l UI (Unione edico issionaria Italiana), fondata a Verona nel 1933. Negli anni 50 si costituisce a Padova il CUA (Collegio Universitario Aspiranti edici e issionari), poi ani Tese Gabriele Viviani nel 1964, il LAL (ovimento Laici America Latina) nel 1966, lo SVI (Servizio Volontario Internazionale) nel 1968. La maggior parte delle ONG si sono costituite a partire dagli anni 70. Oggi sono 163 le ONG che fanno parte dell Associazione ONG Italiane (AOI), costituita nel 2000 per dare rappresentanza e coordinamento unitario al complesso mondo del non governativo, sulla base di criteri, strategie e valori condivisi. Sulla spinta delle prime organizzazioni, vengono definite in Italia iniziative legislative destinate a far confluire in un unico sistema la cooperazione governativa e non. Prima dell approvazione del primo testo normativo in materia, la Legge n. 1222 del 15 dicembre 1971 sulla Cooperazione tecnica con i Paesi in via di sviluppo, ci trovavamo in presenza di ben sei leggi che regolavano i nostri interventi nel Terzo ondo, tra cui la Legge 8 novembre 1966 n. 1033, nota come Legge Pedini, che sostituiva il servizio militare con un periodo di volontariato nei Paesi in via di sviluppo. 1 Nella riunione del 24 ottobre 1970 l Assemblea Generale delle Nazioni Unite fissava la strategia internazionale per lo sviluppo del Secondo Decennio che, facendo tesoro del sostanziale fallimento dei risultati del Primo Decennio, veniva centrata sull idea della progressività dello sviluppo e sull esigenza di ricercarne un orientamento globale, finalizzato alla riduzione del divario non solo economico tra i Paesi, e alla ridistribuzione progressiva dei redditi nel mondo. Grazie a queste riflessioni, ma anche all elaborazione culturale 1 La Legge 8 novembre 1966 n. 1033 (legge Pedini); la Legge 23 dicembre 1967 n. 1376 disciplinante la nostra cooperazione con la Somalia; la Legge 28 marzo 1968 n. 380 sulla cooperazione tecnica in genere; la Legge 2 aprile 1968 n. 465 che prevedeva la possibilità per gli insegnanti di svolgere la loro attività nei PVS; la Legge 21 aprile 1969 n. 168 riguardante la collaborazione dei dipendenti degli enti ospedalieri alla politica di sviluppo; la Legge 19 febbraio 1970 n. 75 che dettava nuove norme per il servizio di volontariato all estero.

Paolo Pellegrin sulle tematiche oggetto delle grandi Conferenze internazionali (donna, ambiente e sviluppo sostenibile, diritti umani, infanzia), 2 negli anni 80 si avvia e negli anni 90 si definisce un approccio strategico più ampio, tendente a inquadrare ogni azione di sviluppo come un processo, un insieme organico di attività finalizzate ad apportare cambiamenti significativi. Le stesse tematiche delle Conferenze internazionali sollecitano in quegli anni le ONG e gli operatori di cooperazione a rivedere le proprie strategie operative e a sostenere uno sforzo di continua e permanente specializzazione. Ad esempio l esigenza di intensificare le azioni di promozione della parità tra uomini e donne e di assicurare l integrazione delle donne nei processi di sviluppo impone alle ONG di promuovere progetti di cooperazione in favore della popolazione femminile e di specializzare il proprio personale, sia in sede sia espatriato, sul tema genere e sviluppo. Ngangi-Goma (Rep. Dem. del Congo). Centro Don Bosco di accoglienza e recupero di ex ragazzi soldato Altrettanto può dirsi per quanto riguarda l approccio all infanzia, all handicap, all ambiente nell ottica dello sviluppo sostenibile, ai diritti umani, tutti temi su cui negli ultimi anni si è avuta un intensa elaborazione culturale a livello internazionale, recepita anche dalle nostre istituzioni. 3 Nel 1990 viene pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo UNDP, il primo Rapporto sullo Sviluppo Umano, in cui lo sviluppo viene per la prima volta concepito come un processo di ampliamento progressivo delle possibilità di scelta delle popolazioni, e che misura la possibilità da parte delle persone di condurre una vita sana, di acquisire conoscenze e di accedere alle risorse necessarie a un tenore di vita dignitoso. Per la prima volta non viene considerato come indicatore di sviluppo il solo parametro economico, ma oltre alla crescita del Prodotto Nazionale Lordo vengono analizzati i dati relativi alla speranza di vita alla nascita, alla mortalità infan- a sinistra tile, al tasso di alfabetizzazione, Corsi di formazione alle calorie quotidiane procapite ed altri, anche diversifica- (Argentina) professionale in informatica ti per sesso. Coerentemente con quanto andava emergendo dal dibattito internazionale, l Italia recepisce questi concetti innovativi nelle successive leggi che regolano la materia. La Legge n. 38 del 9 febbraio 1979, dove la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo si configura come parte integrante delle relazioni economiche che l Ita- 13 lia promuove, nel quadro della interdipendenza dello sviluppo di tutti i Paesi, inquadra ancora gli 2 Conferenza mondiale sulle donne, Nairobi, 1985, conclusiva del Decennio delle Nazioni Unite per le donne (1976 1985); Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell infanzia, 1989; Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo, Rio de Janeiro, 1992; Conferenza di Vienna sui Diritti Umani, 1993. 3 Linee guida della Cooperazione Italiana su donne, minori, handicap.

DOSSIER La Cooperazione allo Sviluppo aiuti allo sviluppo in un ottica di assistenza tecnica. Più innovatrice in senso politico l attuale Legge n. 49 del 26 febbraio 1987, che definisce la cooperazione come parte integrante della politica estera dell Italia e persegue obiettivi di solidarietà tra i popoli e di piena realizzazione dei diritti fondamentali dell uomo. Tra i due provvedimenti legislativi fu introdotta nel 1985 la Legge n. 73 per garantire interventi straordinari d urgenza a fronte dell emergenza imposta dalla fame e dalla siccità in alcuni Paesi dell Africa, con l istituzione del FAI, Fondo Aiuti Italia. Lo sviluppo dei Paesi arretrati del Sud del mondo viene riconosciuto come una esigenza irrinunciabile anche per l Italia in nome dell interdipendenza e dell integrazione mondiale. Rilevando i principali mutamenti Colombo (Sri Lanka). Centro di accoglienza bambini abbandonati e le tendenze in atto a livello internazionale, l attuale Legge 49/87 assume una connotazione innovativa almeno per alcuni aspetti: - la ricerca di uno sviluppo in cui economia ed ambiente si integrino, affrontando i problemi legati a quest ultimo in una visione globalistica, sistematica e interdisciplinare; - l opzione verso un approccio fondato sui programmi paese, come un quadro di riferimento al cui interno vengono articolate una serie di iniziative, superando in tal modo gli interventi a pioggia di tipo geografico o settoriale; - la ristrutturazione dell intervento di cooperazione, fondendo in un unica struttura l aiuto ordinario e quello straordinario: la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) presso il inistero degli Esteri; - l introduzione del concetto di ciclo di progetto, come l insieme delle azioni intraprese in funzione della realizzazione di attività collegate, e l adozione del quadro logico come metodo analitico per l analisi sistematica degli elementi essenziali di ogni progetto (obiettivi, risultati e attività); - il nuovo protagonismo della cooperazione decentrata realizzata dagli enti locali (Regioni, Province, Comuni) per rafforzare il ruolo della società civile nel Nord e nel Sud del mondo; - il ruolo delle organizzazioni non governative riconosciute come soggetti di cooperazione sulla base del riconoscimento di specifiche idoneità, oltre la selezione e l invio di volontari già previsti nella precedente legge (attività di formazione in loco di cittadini dei Paesi in via di sviluppo; realizzazione di progetti a breve e medio periodo nei Paesi in via di sviluppo; educazione allo sviluppo e informazione) attraverso un più ampio intervento nella loro regolamentazione e nel loro modo di operare. Le principali conseguenze operative di quanto enunciato nella Legge n. 49 si possono ravvisare da una parte nella progressiva istituzionalizzazione dei movimenti di Beatrice Giorgi

volontariato internazionale, dall altra in una sorta di contaminazione da parte delle strutture pubbliche di concetti, quali quello di programma, di metodologie d intervento e di valutazione, di rapporti di partenariato, di sostenibilità, elaborati dalle stesse ONG negli anni, per adeguare gli interventi alle autentiche esigenze di promozione umana e sociale delle loro controparti nei Paesi in via di sviluppo. A fronte dell impegno legislativo, si verifica tuttavia negli anni 90 una sostanziale contrazione dei fondi governativi per attività di Cooperazione allo Sviluppo, che vede l Italia fanalino di coda dei Paesi OCSE, ben lontana dal conclamato impegno di destinare lo 0,70% del Prodotto Nazionale Lordo per Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS). L Italia dimostra anzi un trend progressivamente negativo, passando dallo 0,38% nel 1987 allo 0,13% del 2002, allo 0,16% del 2003, allo 0,15% del 2004, secondo dati OCSE. Il leggero incremento di questi ultimi anni, in assenza di nuovi stanziamenti, è generato dall artificio contabile di aver considerato come fondi per APS in bilancio i fondi per la cancellazione del debito, per lo più inesigibile, verso alcuni Paesi in via di sviluppo. L Italia nel 2004 ha raggiunto il 21 mo posto per APS in funzione del proprio PNL nella classifica dell OCSE dei Paesi donanti, penultima prima degli USA. Le risorse destinate dall Italia all APS risultano scarse e inadeguate rispetto agli impegni assunti a livello internazionale e fissati negli Obiettivi del illennio dall Assemblea delle Nazioni Unite nel settembre 2000 per dimezzare la fame e la povertà, per assicurare la salute e l alfabetizzazione, per combattere le disparità tra i sessi, per ridurre la mortalità infantile e migliorare la salute materna, per combattere l Aids, per garantire la protezione dell ambiente, assicurando acqua potabile e migliori condizioni di vita a cento milioni di poveri in ambiente urbano entro il 2015. Non si può negare che su tale tendenza negativa abbiano inciso negli anni 90 gli scandali di Tangentopoli che hanno determinato un clima di sospetto e diffidenza nell opinione pubblica relativamente alla gestione degli aiuti allo sviluppo, indebolendo in tal modo anche la cooperazione non governativa, incapace peraltro, come avviene in altri Paesi nordeuropei, di promuovere significative campagne e azioni di lobby e di advocacy. La minore disponibilità di risorse induce in questi anni molte ONG a rivolgersi ai fondi pubblici destinati a far fronte alle crescenti emergenze, peraltro imposte da uno scenario internazionale di conflitti e di ingerenze umanitarie, snaturandone l identità orientata ai progetti di sviluppo. Un altra tendenza riguarda la prevalenza del canale multilaterale nella composizione dell aiuto pubblico italiano allo sviluppo, vale a dire l assegnazione di fondi pubblici agli Organismi internazionali del sistema delle Nazioni Unite, come la FAO, l UNICEF, l OS, che permettono all Italia di mantenere una posizione di prestigio internazionale, ma che certamente sottraggono protagonismo e trasparenza alle iniziative italiane di cooperazione promosse dalle ONG. La quota di APS bilaterale destinata dalla Cooperazione italiana alle ONG è scesa dal 4,9% del 2002 al 2,9% del 2003, e la tendenza sta peggiorando, considerata l assenza di erogazioni alle ONG da parte del Governo sia su progetti in corso, sia su progetti già approvati. 15 El Houssoun (Libano). Centro Don Bosco per il recupero dei minori a rischio di esclusione sociale Ivo Saglietti