GESÙ EDUCA I SUOI. I discepoli di Emmaus

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Transcript:

GESÙ EDUCA I SUOI I discepoli di Emmaus 13 Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, 14 e conversavano di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?. Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?. 19 Domandò: Che cosa?. Gli risposero: Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro 23 e non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l hanno visto. 25 Ed egli disse loro: Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 26 Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?. 27 E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino. Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 32 Ed essi si dissero l un l altro: Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?. 33 E partirono senz indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone. 35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Luca 24,13-35 Il racconto dei discepoli di Emmaus si presenta come un cammino attraverso il quale, dall annuncio del Vivente (Lc 24,5-6) si arriverà a toccare con mano la presenza del Risorto in mezzo ai suoi testimoni (Lc 24,36-49). A rigore non si tratta di una apparizione, e Luca evita di usare il termine, dal momento che l accento viene posto sull itinerario da percorrere per riconoscere una presenza. Si può parlare infatti di una catechesi che sviluppa il cammino quotidiano che dobbiamo compiere per riconoscere Gesù vivente in mezzo a noi. L evangelista ci fa capire che l importante è ciò che Gesù vive con loro Gesù avvicinatosi camminava con loro (15) mentre era a tavola con loro avendo preso il pane lo benedisse (30). Il punto centrale del capitolo 24 di Luca è dunque un incontro che conduce al riconoscimento del Risorto. 1

Sguardo d insieme Nel vangelo di Luca, l apparizione del Risorto ai discepoli di Emmaus costituisce il racconto più dettagliato ed espressivo delle testimonianze pasquali. I particolari del racconto non esprimono solo quella che potremmo chiamare la relazione dettagliata dell incontro dei due discepoli con il Risorto, ma tendono a suggerire lo scenario possibile di ogni incontro con Gesù, morto e risorto, per tutti i credenti. Gesù si accompagna loro nel cammino, spezza loro la sua parola aprendo le Scritture, si ferma a cenare con loro, benedice e spezza il pane ed essi lo riconoscono. Tornano poi a Gerusalemme per condividere con gli altri discepoli l esperienza e insieme si rallegrano. Tutti particolari che parlano anche di noi, del nostro incontro con Gesù. Vorrei soffermarmi solo su alcuni punti. Prima di tutto sui due discepoli. Sono tristi e abbattuti. Conoscevano le Scritture, ma restavano loro chiuse. La loro vicenda potrebbe essere riassunta in questo modo: proprio a partire dalla loro fede nel Dio di Israele erano stati affascinati dalla figura di Gesù e avevano creduto in lui; l avevano seguito, ma forse in funzione delle loro attese secondo la storia di Israele, perché avevano, sì, sentito Gesù predire la sua passione, ma a passione avvenuta non si raccapezzavano più e cedettero alla delusione; non avevano però rinunciato alla loro storia con Gesù e quando il viandante che li accompagna spiega le Scritture che conoscevano bene pur senza essere capaci di aprirle, il loro cuore torna ad ardere, sommessamente. Quando invitano a cena quel pellegrino e Gesù si fa riconoscere, la loro storia si riaccende, tutto si collega e prende vita. Tornano a Gerusalemme dai compagni che a loro volta hanno fatto la stessa esperienza e nella gioia che tutti insieme provano vivranno ormai la loro storia aperta sul mondo, annunciando a tutti la buona novella. I discepoli non riconoscono Gesù quando spiega loro le Scritture, ma quando si dona con l eucaristia. Senza quel dono la Scrittura rimane ancora muta. Per noi, ora, la visione degli occhi, non c è più, ma lo spezzare il pane, questo, sì, continua nella Chiesa e continua la percezione della Presenza di Gesù, morto e risorto, che si dona a noi tramite le Scritture e l eucaristia. Come per i discepoli di Emmaus, una volta che gli occhi si sono aperti e la fede si è riaccesa per la parola e per il corpo del Signore Gesù, il cuore mette fretta ai piedi in due direzioni: una, verso la Chiesa, nel senso di vedere confermata e condivisa la propria fede; l'altra, verso il mondo, perché nessuno possa restare privo di questa buona notizia. In questa comunione condivisa e testimoniata, donata e accolta, il cuore può riposarsi perché gode lo stesso riposo di Dio. La difficoltà parte da quello che il Pellegrino dice ai discepoli: "Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze...?". Quel 'non bisognava che' esprime tutta la resistenza del nostro cuore ad accogliere l'opera di Dio. Benché il desiderio di Lui sia il desiderio più profondo che portiamo, tuttavia viviamo quel desiderio frammisto ad altri desideri lasciandoci impedire dalle nostre attese e dai nostri bisogni a vedere il Suo Volto in verità. Tutte le volte che nella Scrittura o nei Padri si trova l'espressione 'è necessario', 'si deve', 'bisogna', non si fa riferimento ad una specie di norma superiore che sovrasta dall'alto la storia, ma più semplicemente si accenna al fatto che quel che si sta dicendo non proviene dall'uomo, l'uomo non avrebbe disposto le cose così. Solo dopo aver accolto questa provenienza da Dio - e la lettura meditata delle Scritture adempie proprio a questo scopo: abituarci all'agire di Dio e ai pensieri di Dio - i nostri occhi possono vedere. 2

Si comprende allora perché per i Padri il vero ostacolo alla crescita spirituale sia la 'insensibilità', la 'non permeabilità' al mistero di Dio. Non sono i nostri peccati ad allontanarci da Dio, ma l'insensibilità che ne consegue, la quale causa lo spegnimento di quel 'fuoco' dentro che solo potrebbe farci aprire gli occhi e vedere davvero il Signore. Per approfondire il testo v. 13 Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino se ne vanno. Due di loro, due di quelli che hanno ricevuto l annuncio delle donne. Nei versetti precedenti infatti (24,1-12) Luca ci parla delle donne che andando al sepolcro di mattino presto ricevono l annuncio dagli angeli che Gesù è vivo: Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Allora esse vanno ed annunciano questo agli Undici e agli altri. Tra questi altri ci sono anche i due che hanno sentito l annuncio delle donne ma non sono rimasti là, se ne vanno. In quello stesso giorno che è Pasqua, ma per loro non è Pasqua perché non hanno incontrato il Risorto, erano in cammino. Il termine cammino compare tante volte nel brano e anche nel nostro conversare dire sono in cammino evoca qualcosa di positivo: ci fa riandare al cammino dell Esodo, cioè al cammino dalla terra di schiavitù alla terra della libertà. Questi sono in cammino ma non è il cammino della liberazione, se ne stanno andando per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus. Sette è il numero della totalità. Potremmo dire: se ne stanno andando verso il luogo della distanza da Gerusalemme. Gerusalemme è il luogo della rivelazione definitiva di Gesù perché lì Gesù è morto ed è risorto. Gerusalemme è anche il luogo dello Spirito Santo perché lì il Signore dona il suo Spirito ed è anche il luogo della Chiesa, della comunità. I due se ne stanno andando dalla comunità e dal luogo della rivelazione. Cioè sono in crisi di fede e questo è riassunto con il termine distante. Potremmo dire che questo luogo della distanza è un luogo teologico sul quale sarebbe importante riflettere. Quando mi separo da Gerusalemme luogo della rivelazione, mi separo anche da Gerusalemme luogo della comunità e se sono distante da Dio sono anche distante dai fratelli, dalle sorelle. Ed è interessante notare che il loro parlare è caratterizzato dai verbi: conversavano, discorrevano, discutevano che in realtà hanno tutti una connotazione di dialogo acceso, di contrasto più che di conversazione amabile: è la distanza fra i due stessi discepoli. v. 15 Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Mentre loro sono distanti, Gesù è colui che si fa vicino. Gesù si avvicina e va con loro. Questi due verbi riassumono tutta la sua missione: in Gesù Dio si fa vicino all umanità, entra nella nostra storia e ridà vita alla nostra esistenza quotidiana. Il versetto richiama il Buon Samaritano che si fa vicino. È interessante notare l astuzia letteraria di Luca, che vuole che noi fin dall inizio sappiamo che questo tale che si avvicina è Gesù. Poteva dire: un tale si avvicinò e mettere noi nella stessa condizione dei due discepoli, di non sapere chi è colui che si avvicina e di scoprirlo. Invece Luca vuole che noi fin dall inizio sappiamo che è Gesù colui che si avvicina perché vuole farci vedere che il cammino per risolvere la distanza è lasciarsi avvicinare. Gesù si accosta e cammina con loro. È colui che annulla la distanza perché si fa vicino. 3

v. 16 ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Quando noi siamo dentro il luogo della distanza, senza lo Spirito Santo, non possiamo riconoscere la presenza di Gesù. Come la Maddalena pensa che sia il custode del giardino (Gv 20,15) e i discepoli, intenti alla pesca non riconoscono colui che li saluta dalla spiaggia (Gv 21,4), così i due non possono riconoscere Gesù per il semplice motivo che neppure immaginavano che potesse risorgere. Gesù era stato sepolto e con lui tutte le sue parole colme di speranza. Eppure Gesù è lì accanto a loro e cammina con loro. I due, che discutono di lui, sono uniti nel suo nome, ma non riescono a immaginarsi che egli possa essere davvero presente, come ha promesso (Mt 18,20). C'era come una forza invisibile che impediva ai loro occhi di riconoscerlo. Di qui la domanda: Quale cammino deve fare ognuna di noi per incontrarsi con il Cristo? Quale cammino deve fare la comunità per riconoscere Gesù presente in essa? A questa domanda risponde ora Luca. Egli dice che è necessario: 1) ricordare i fatti; 2) confrontarli con le Scritture; 3) spezzare insieme il pane. Quale cammino per riconoscere Gesù presente? 1. Ricordare i fatti (24,17-24) Gesù disse loro: Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?. L'inizio di questo brano è assai interessante; ancora una volta si rivela la bontà di Gesù. Egli parte dalla loro concreta situazione di tristezza, segno che continuano ad amarlo anche se disillusi. Chiede loro di che cosa stiano discutendo e la reazione è pronta, come se tutti a Gerusalemme non dovessero e non potessero parlare d'altro se non di quello che era capitato in quei giorni. E Gesù, fingendosi ignaro di tutto, chiede: «Che cosa è capitato?». Gesù è un vero Maestro, e potremmo dire: un ottimo terapeuta. Come il maestro rivolge domande ai propri alunni, pur conoscendo già la risposta, ma le fa per aiutarli nella ricerca, così Gesù ha fatto una domanda anche per dare loro la possibilità di sfogarsi, di rasserenarsi, di focalizzare meglio il problema. E la prima espressione dei due è davvero uno sfogo: «Tutto ciò che riguarda Gesù, il Nazareno». Poi incominciano, insieme, a spiegare a Gesù chi era per loro Gesù e alcune frasi dicono tutto il loro entusiasmo e le loro speranze. Per loro Gesù, come Mosè (cf. At 7,22), anzi, più di Mosè, era un profeta potente in opere e parole davanti a Dio e a tutto il popolo. Egli comandava con un'autorità e una forza senza eguali agli spiriti impuri e questi se ne andavano via perché la forza del Signore era in lui e guariva tutti (5,17; 6,19). Egli era proprio un profeta, come avevano riconosciuto le folle di Nain (7,16). E quando ormai era vicino a Gerusalemme, essi speravamo che per mezzo suo si sarebbe presto manifestato il regno di Dio (19,11). Per questo nel trionfo che inscenarono a favore di Gesù lodarono Dio per tutti prodigi che avevano visto (19,37). Speravano davvero che egli avrebbe liberato Israele da tutti i suoi nemici (1,17: così aveva annunziato Zaccaria). Ma a Gerusalemme successe l'impensabile. I capi - i due li chiamano i nostri capi - hanno fatto di tutto per contrastare Gesù e sono riusciti a consegnarlo a Pilato (20,20; 23,1) e a farlo crocifiggere. Eppure, in quei giorni essi non hanno perso la fede, aspettavano il terzo giorno, come aveva loro detto Gesù. Ma ormai sono già tre giorni da quando queste cose sono accadute e non è successo niente. Sì, è vero che quella mattina la tomba è stata trovata vuota, nessuno però ha visto Gesù di Nazaret vivo ed essi 4

non possono fidarsi delle presunte rivelazioni di angeli che dicono che è vivo. Bisogna vedere per credere. Lo sconforto ha dunque toccato il fondo: è stata uccisa la speranza: lui non l hanno visto. È da questo fondo, in questo abisso in cui i due amici sono precipitati, che adesso il compagno di viaggio li riafferra per mano per riportarli alla luce. Proprio questo è il peccato: l insensibilità nei confronti della Parola di Dio. Le donne al sepolcro si erano ricordate della parola di Gesù e avevano creduto. Questi due amici sono stati incapaci di lasciarsi aprire una breccia dalla Parola. Da tutto questo un dato appare certo: le difficoltà non nascono dalla vita pubblica di Gesù; essa è una chiara dimostrazione che Dio era con lui; quello che è difficile comprendere è la passione e la croce. A questo punto, però, bisogna fare il secondo passo: rifarsi alle Scritture. Qui solo Gesù li può aiutare, ed eccolo... 2. Confrontare i fatti con le Scritture (24,25-27) Ed egli disse loro: O sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?. E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Gesù li ha ascoltati, ha camminato con loro, si è immedesimato nei loro pensieri, ed essi gli hanno parlato come se fosse un amico, gli hanno proprio raccontato tutto, quasi chiedendo aiuto, luce. Si sono davvero affiatati tra di loro e con Gesù (senza sapere che era lui). Il vocativo iniziale esprime nella lingua del tempo l'affetto di colui che parla e attutisce un po' il duro rimprovero: «O stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti». Dicendo ciò, indica la via per capire. Solo confrontando i fatti con le Scritture si può capire quello che è capitato. Ben inteso: tutti i fatti, anche la risurrezione. Essi invece si sono fermati alla tomba e non hanno creduto all'annunzio delle donne le quali affermavano che era vivo, non per averlo visto, ma per rivelazione celeste. Per questo non riescono a capire. Ed eccolo passare alla spiegazione, prima in forma sintetica (24,26), poi dettagliata (24,27). I profeti affermano che «il Messia doveva soffrire per entrare nella sua gloria». Si noti il doveva al passato, invece del solito deve, risuonato già otto volte (cf. Lc 2,49; 4,43; 9,22; 13,33; 17,25; 19,5; 22,37; 24,7). Il doveva non è più un annuncio, ma dice che il deve si è già compiuto, che il Messia ha portato a compimento la sua opera in obbedienza ad un disegno divino e mediante la sofferenza è entrato nella sua gloria. La sua passione, perciò, è stata un vero «esodo», una pasqua, un passaggio da questo mondo al Padre, un'esaltazione nella gloria. Importante la parola gloria qui usata da Luca. Essa completa il concetto di risurrezione con quello di esaltazione. Dio non solo ha ridato la vita al Figlio, ma lo ha esaltato e lo ha fatto sedere accanto a sé nella gloria. In lui si è ora compiuto quanto aveva profetizzato davanti al Sinedrio: «D'ora in poi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio» (22,69). Il progetto salvifico di Dio si è quindi realizzato e Gesù spiega loro nei dettagli quanto in tutte le Scritture lo riguardava, incominciando da Mosè e dai profeti. Tutte le Scritture parlano del Messia e di quanto gli doveva capitare. Gesù nella sua vita ha sempre letto il suo destino nella Parola di Dio e lo ha letto nella speranza. Basti pensare a come nelle tentazioni ha scelto di vivere nell'ascolto della Parola di Dio (4,1-13) e a tutti i deve sin qui pronunciati. Ebbene, chi vuole capire il senso della sua vita 5

non può fare altro che confrontarla con le Scritture, come hanno fatto i Giudei di Berèa evangelizzati da Paolo: «Essi accolsero la parola con grande entusiasmo, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così» (At 17,11). Eppure, se veramente si vuole incontrare il Signore è necessario che dall'ascolto della Parola si passi allo spezzare il pane... 3. Spezzare insieme il pane (24,28-35) Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ora sappiamo che la spiegazione delle Scritture ha colmato di ardore il loro cuore, ma non li ha portati a riconoscere Gesù. Le Scritture sono servite per capire quello che era capitato in quei giorni a Gerusalemme. Per il resto Gesù continuava a essere quel viandante che aveva camminato con loro. Certamente qualcosa è cambiato in loro: lo sentono un amico e non vogliono che li lasci. Lo invitano a rimanere con loro. Gesù che si è fatto vicino, che si è messo a camminare con loro, che ha preso il loro passo, che non ha avuto timore del luogo della distanza, adesso attende di essere invitato. Dio ha un infinito rispetto per la nostra libertà! Gesù fa il primo passo però chiede a noi di fare l altro, perché vuole la nostra adesione, altrimenti farebbe violenza. Gesù chiede di essere invitato. Si ferma: Ecco, sto alla porta e busso: se qualcuno mi apre verrò da lui e cenerò con lui (Ap 3,20). v. 29 ma essi insistettero. C è questa insistenza che denuncia una caratteristica del credente. Il credente è colui che insiste con Gesù. Il Regno dei cieli è dei violenti e solo i violenti se ne impadroniscono (Mt 11,12). E loro insistono. Resta con noi. Il verbo usato è molto caro a Giovanni (cf. cap. 15 dove Gesù fa l esempio della vite e i tralci: rimanete in me e io rimango in voi v. 4). Per fare in modo che Gesù rimanga in noi, noi dobbiamo rimanere con lui. Colui che cerca vuole essere cercato per rimanere. Gesù vuole stare con noi. Gesù accetta l'invito, ma appena entrato sembra lui l'invitante, il capotavola. Appena si sedette, infatti, prese il pane, pronunciò la preghiera di benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Sono i gesti dell'ultima cena (22,19), i gesti della moltiplicazione dei pani (9,16), quando apparve loro «potente in opere e parole» (24,19). Allora i loro occhi si aprirono e lo riconobbero. Come la Maddalena lo riconobbe al sentirsi chiamare per nome, così i due lo riconobbero allo spezzare il pane, il «suo pane». ed egli divenne invisibile. I due ben sapevano che era ancora presente, come lo era stato durante il cammino quando spiegava loro le Scritture. Davvero Gesù è vivo; davvero è risuscitato. È questa la bella notizia. È questa la convinzione che li colma di gioia e li riporta alla comunità. È invisibile perché, propriamente parlando non è più con noi, ma in noi. La Parola ce l'ha messo nel cuore e il Pane nella vita. Chi lo mangia vive di lui come lui del Padre che lo ha mandato (cf. Gv 6,57). v. 32 Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture? E partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme. 6

Sono i verbi della risurrezione. Potremmo infatti tradurre: e risorti, partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme. Tornano a Gerusalemme, la distanza è frantumata grazie all incontro con il Risorto. Loro che avevano toccato il fondo della disperazione adesso sono innalzati alla gioia della testimonianza della risurrezione. Perciò i due amici risalgono a Gerusalemme noncuranti neppure della notte: ormai per loro non è più notte. Il cuore reso incandescente basta da solo a illuminare ogni oscurità. Perciò corrono verso Gerusalemme e lì, trovano gli Undici. Vanno per dare l annuncio della risurrezione e mentre stanno per darlo lo ricevono. v. 34 Davvero è risorto il Signore e fu visto da Simone. È il grido di pasqua, la gioiosa professione di fede dei primi. Anche noi nell'eucaristia ci uniamo a loro, nella stessa esperienza di lui. Noi non incontriamo più fisicamente Gesù lungo la nostra strada, ma nelle Scritture sì. Allora si tratta di lasciarsi riscaldare il cuore proprio dalla frequentazione delle Scritture Sante. È così che Luca conclude il suo vangelo e lo ripeterà alla fine del capitolo 24. Le Scritture frequentate assiduamente hanno proprio questa capacità di riscaldare il cuore, di riempirlo di luce sempre più intensa, al punto che adesso i due sono capaci di rifare a ritroso tutto il cammino, nel pieno della notte, aiutati dalla luce che esplode dal cuore. Il cuore diventa il loro faro, che indica la strada del ritorno, per poter testimoniare ai propri amici ciò che loro hanno sperimentato. Ecco perché diventano luce degli occhi per i non vedenti. È questo ciò che verrà chiamato photismòs, illuminazione (il battesimo è illuminazione!). Hanno imparato a leggere la propria esperienza, hanno imparato a leggere l esperienza di Gesù di Nazaret, hanno imparato a leggere la storia del mondo educati dalle Scritture e adesso, avendo acquisito questo strumento straordinario, possono essere in grado di ritornare velocemente, illuminando la strada con il cuore incandescente, per poter testimoniare anche agli altri tutto ciò che è successo a loro. v. 35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Colui che «fu visto da Simone» è il medesimo che anche noi «riconosciamo». Il Vivente ci è venuto incontro mentre scendevamo da Gerusalemme. Ci ha visto: si è fatto vicino, ci ha medicato con il suo olio e il suo vino. Il nostro cuore ha ricominciato ad ardere, intuendo nella sua parola la verità nostra e di Dio; i nostri occhi si sono spalancati, riconoscendolo nel pane. Ormai lui è in noi e noi in lui. Il nostro cammino diventa il suo. L'eucaristia si fa missione: diventiamo suoi testimoni, iniziando da Gerusalemme fino agli estremi confini della terra. La nostra vita è la sua stessa: quella del Figlio che va verso i fratelli. Avendo sperimentato la cura del Samaritano per noi, possiamo obbedire al suo comando che ci dà la vita eterna; «Va', e anche tu fa' lo stesso» (10,37). L'incontro con lui attraverso la Parola e il pane continuamente ci guarisce: i nostri piedi si volgono dalla fuga al suo stesso cammino, il nostro volto passa dall'oscurità della tristezza alla luce della gioia, la nostra intelligenza si dischiude alla comprensione, il nostro cuore, raggelato e lento, comincia a pulsare e ardere, i nostri occhi, appannati dalla paura, si aprono a contemplare lui, e la nostra bocca, indurita nel litigio col fratello, canta lo stesso alleluia di tutti i salvati della storia. Siamo nati, e continuamente nasciamo, come persone nuove, come figli e figlie di Dio! 7