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Rivista scientifica bimestrale di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693 Pubblicazione del 19.2.2015 La Nuova Procedura Civile, 1, 2015 Editrice Comitato scientifico: Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) Silvio BOLOGNINI (Professore straordinario di Filosofia del diritto) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) Costanzo Mario CEA (Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) Francesco FIMMANO (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) Francesca PROIETTI (Magistrato) Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare, Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato, Vice Capo dell Ufficio legislativo finanze del Ministro dell economia e delle finanze) Antonella STILO (Consigliere Corte di Appello) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.). Ordinanza presidenziale nella procedura di separazione giudiziale Articolo di Salvatore MAGRA Con l emanazione della legge 80-2005 si è tentato di attribuire una maggiore vitalità alla funzione conciliativa all interno della fase presidenziale del giudizio di separazione giudiziale, anche se nella sostanza questo presupposto teorico si è rivelato poco realistico, perché si comprende come in una breve udienza nella maggior parte dei casi sia utopistico ricostruire un rapporto umano e sentimentale

compromesso. Anche dopo la novella del 2005, la domanda per chiedere la separazione personale dei coniugi si introduce con ricorso ed è sufficiente che esso contenga l esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata, vale a dire quelli che costituiscono, ai sensi dell art. 151 c.c., le circostanze che rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza o determinano grave pregiudizio all educazione della prole. Ove il ricorrente non si presenti all udienza (art. 707 c.p.c.) o in essa rinunci al ricorso, il processo si estingue, a meno che in precedenza la controparte si sia costituita e abbia presentato proprie specifiche domande. Ove il convenuto-resistente non si presenti all udienza presidenziale, il Presidente verifica la regolarità della notifica, in rapporto all instaurazione del contraddittorio e, se necessario, stabilisce un rinvio ad altra udienza, con contestuale rinnovazione della notifica del ricorso. Adesso, la legge prevede la possibilità che il Presidente fissi la rinnovazione dell udienza anche nell ipotesi in cui si sia accertata la regolare costituzione del contraddittorio, anche se si ritiene occorra il consenso del ricorrente e la brevità del rinvio. L attuale normativa (art. 708 c.p.c.) prevede che il Presidente tenti di conciliare le parti, con la conseguenza che, nell intenzione del Legislatore, è escluso un qualsiasi intervento di natura cogente o autoritativa, nel senso che il sistema mira in modo non equivoco ad attribuire ai coniugi la decisione di conciliarsi o meno, pur essendo evidente un favore per la continuazione del matrimonio. Nel caso in cui non si proceda con la conciliazione, di cui eventualmente si redige apposito processo verbale a ogni effetto di legge, il Presidente dà con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell interesse dei coniugi e della prole. La riconciliazione delle parti, nel corso del giudizio, implica ex art. 154 c.p.c. l abbandono della domanda di separazione e, in base all art. 157, i fatti posti a base dell originaria richiesta di separazione non potranno costituire oggetto di una successiva azione giudiziaria, volta al medesimo intento, al fine di evitare duplicazioni. Riguardo

all operatività dell art. 157 e del correlativo effetto preclusivo, nell ipotesi di riconciliazione in corso di giudizio, il sistema consente una diversa interpretazione, nel senso che la preclusione non operi, dovendo la medesima considerarsi limitata solo all ipotesi di riconciliazione intervenuta dopo la sentenza di separazione. La presenza obbligatoria del Difensore, per ciascuna delle parti, all interno della fase presidenziale, conferma il carattere contenzioso della medesima, con la conseguenza che la costituzione dell attore deve ritenersi effettuata con il deposito del ricorso. Il convenuto non ha alcun onere di costituzione per quanto attiene alla fase presidenziale, cui può partecipare a prescindere da una precedente costituzione, che pertanto, viene rimessa alla facoltà di scelta del soggetto. Nel caso in cui il convenuto si sia costituito e, a sua volta, abbia proposto domanda di separazione, la mancata comparizione o la rinuncia del ricorrente non è condizione sufficiente per determinare l estinzione del procedimento, in quanto il processo si estinguerà solo se anche il coniuge convenuto non sia comparso o, se comparso, rinunci alla domanda. Ove, invece, non si verifichino tali presupposti, il processo dovrà proseguire, per evitare una violazione del diritto di difesa; infatti, è chiaro che, ove la controparte abbia inteso prendere attivamente posizione, non si può negare alla medesima la possibilità di ottenere una pronuncia sulla domanda fatta valere, in quanto la protezione del diritto di difesa vale sia per chi introduce un giudizio, sia per chi si costituisce nel medesimo come controparte ed è palese come far dipendere la mancata estinzione del giudizio solo dalla volontà di chi lo ha introdotto si traduca in una palese violazione del suddetto diritto di difesa. Differenti conseguenze sono previste in caso di mancata comparizione del convenuto, poiché il Presidente ha la facoltà (ma non l obbligo) di fissare un nuovo giorno per la comparizione, disponendo la rinnovazione del ricorso e del decreto.

Il ruolo del Magistrato nell udienza presidenziale è, in certo senso, meno istituzionalizzato, in quanto il medesimo deve anteporre l interesse della prole e del coniuge che ictu oculi appaia più debole, come criterio basilare nell elaborazione dei provvedimenti provvisori, che costituiscono il contenuto sostanziale dell ordinanza, con cui il medesimo Presidente provvede alla fine dell udienza presidenziale. Nell elaborazione di siffatto provvedimento il rigore giuridico va sintetizzato con la realtà psicologica della prole, curando l esigenza che, nell ipotesi in cui nel nucleo familiare siano presenti più fratelli, non venga pregiudicata la possibilità di un adeguato sviluppo dei rapporti fra gli stessi. Pertanto, il puro diritto dovrebbe intersecarsi con la psicologia e la pedagogia (si spera che questi rilievi non siano utopistici). Nell udienza presidenziale, per le parti, ancora non sono operative le varie preclusioni processuali e peraltro l ordinamento tenta di porre rimedio all ipotesi in cui il convenuto non abbia potuto articolare in modo soddisfacente le proprie difese, configurando la possibilità di un reclamo all ordinanza presidenziale, che peraltro, spesso si è rivelato uno strumento inadeguato. L udienza presidenziale, in tale prospettiva, rappresenta lo strumento processuale per l emanazione di provvedimenti contingenti e cogenti per i destinatari (da ciò l efficacia esecutiva della predetta ordinanza), in cui si tenta di sintetizzare un progetto di tutela provvisoria quanto al mantenimento dei figli e del coniuge debole nella pendenza del relativo giudizio. I provvedimenti relativi alla prole sono emanati dal Presidente d ufficio, con la presenza di un margine di discrezionalità, riguardo agli aspetti contenutistici, in rapporto alla realtà del caso specifico. L autonomia di cui gode l ordinanza con i provvedimenti provvisori è fondata sul disposto dell art.189 disp. att. c.p.c., che prevede la sua ultrattività in caso di estinzione del giudizio di separazione o divorzio sul quale incide. Si tratta di una provvisorietà sui generis, suscettibile di trasformarsi in tendenziale definitività.

L ordinanza in parola è revocabile e modificabile dal Giudice istruttore nel corso del relativo giudizio (cfr. art.708 c.p.c., art.23, L. n.74/1987 e art.4, L. sul divorzio). Dopo la pronuncia dell ordinanza presidenziale il giudizio di separazione prosegue secondo la struttura dell ordinario processo di cognizione e l udienza fissata davanti al Giudice istruttore costituisce sul piano processuale la prima udienza, con la conseguenza che prima di essa il convenuto ha l onere di costituirsi, onere che non grava sul ricorrente, il quale si è costituito con il deposito del ricorso. L eventuale costituzione della parte convenuta potrà avvenire depositando la comparsa di risposta, secondo la normativa generale (cfr art. 166 c.p.c.). E noto che nei giudizi di separazione giudiziale è obbligatorio l intervento del PM., il quale deve ricevere comunicazione dell ordinanza presidenziale. Può avvenire che, nel corso del giudizio, i coniugi decidano di separarsi consensualmente, convertendo la separazione da giudiziale in consensuale. In tale ipotesi non è necessario che venga fissata un altra udienza presidenziale, in quanto il sistema consente di ritenere configurabile il raccoglimento del consenso da parte del Giudice istruttore. La sentenza, dopo il passaggio in giudicato, determina la definitività dello stato di separazione giudiziale, con eventuale addebito della medesima a carico di una delle parti, ove il medesimo addebito sia stato espressamente richiesto, eventualmente anche in corso di giudizio, per fatti sopravvenuti. Possono essere previsti in tale sentenza, oltre ai provvedimenti afferenti alla prole, l obbligo di mantenimento a carico di una delle parti, cui non sia addebitabile la separazione, l eventuale assegnazione della casa coniugale a uno dei coniugi in maggiore difficoltà ed economicamente più debole. Può, peraltro, accadere che i coniugi abbandonino in qualsiasi momento il giudizio di separazione o divorzio, ove ritengano che i provvedimenti presidenziali del Giudice istruttore consentano un soddisfacente assetto degli equilibri in gioco e, proprio da questo

presupposto, deriva la possibile ultrattività dell ordinanza con i provvedimenti cc.dd. provvisori. Per tali ragioni, si pone il problema della natura giuridica di tale ordinanza. Va rilevato che, nella vigenza della codificazione del 1865, i provvedimenti in parola erano emanati nella forma del decreto e si sosteneva la natura di giurisdizione volontaria del medesimo 1, partendo dal presupposto della scissione fra la fase in cui si tentava di pervenire a una conciliazione delle parti e quella contenziosa in senso stretto. Una diversa interpretazione rigettava questa dualità all interno del giudizio di separazione, rivendicando il carattere unitario del medesimo, con la conseguente natura cautelare dei provvedimenti attinenti alla prole e ai rapporti fra i coniugi, all esito dell udienza presidenziale 2. Con l entrata in vigore dell attuale codice di rito, è rimasta presente la tesi della natura volontaria dell ordinanza contenente i provvedimenti in esame, proprio in ragione della potenziale sopravvivenza degli stessi, a seguito dell estinzione della procedura. Questa ricostruzione stride con l idea della natura cautelare della medesima ordinanza, che, come noto, presuppone una situazione di fatto, che richieda un agire incisivo e rapido. Può rilevarsi, inoltre, che la pronuncia dell ordinanza presidenziale presuppone la domanda di separazione e quindi va riletta l affermazione secondo cui la medesima è un provvedimento d ufficio dell Autorità giudiziaria, in quanto nel ricorso quantomeno in modo implicito è desumibile una richiesta di strutturare un assetto (forse) provvisorio dei rapporti fra i coniugi in separazione e la prole. Pertanto, solo in prima battuta l ordinanza in esame può essere interpretata come un provvedimento interinale e provvisorio, che instaura un regime a tempo determinato, il quale potrà essere confermato con la sentenza definitiva o potrà essere modificato in 1 Mortara, Commentario al codice ed alle leggi di procedura civile, V, ed. 1910, Milano, p. 510, 2 Calamandrei, Introduzione allo studio dei procedimenti cautelari, 1936, Cedam, Padova, p. 38; Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, 1250, ed. 1928,

termini anche radicali dalla medesima, eventualmente pure in rapporto a un profondo mutamento della situazione originaria, ad esempio in conseguenza del raggiungimento della maggiore età dei figli. Si ribadisce come l idea di provvisorietà strida in modo pressoché inconciliabile con la possibilità che l ordinanza regoli in maniera tendenzialmente definitiva l assetto dei rapporti fra ex coniugi e prole all interno del nucleo familiare dopo la separazione. Secondo l art. 189 disp att. c.p.c. L'ordinanza con la quale il presidente del tribunale o il giudice istruttore dà i provvedimenti di cui all'articolo 708 del Codice costituisce titolo esecutivo. Essa conserva la sua efficacia anche dopo l'estinzione del processo finché non sia sostituita con altro provvedimento emesso dal presidente o dal giudice istruttore a seguito di nuova presentazione del ricorso per separazione personale dei coniugi. Emerge un favore dell ordinamento verso una soluzione anticipata delle cause di separazione, con conseguente estensione indefinita dell esecutività dell ordinanza, contenenti gli iniziali provvedimenti su prole e coniugio. Può asserirsi che la natura di tale provvedimento sia ibrida, in quanto la medesima ricomprende una caratterizzazione anticipatoria, ma può presentare anche una natura decisoria in senso proprio e sostanziale. Le varie dottrine, che ritengono il provvedimento in esame come anticipatorio, interinale o provvisorio, sembrano cogliere solo una parte della realtà, nel senso che esso provvedimento ha un carattere decisorio in certo senso mimetizzato da una parvenza di (eventuale) provvisorietà, anche in considerazione della circostanza che l eventuale sentenza definitiva ben potrà incorporare il contenuto dell ordinanza, ove non vi siano sostanziali mutamenti delle circostanze del caso concreto. Un esegesi meritevole di considerazione è partita dal presupposto che attualmente, a seguito della Riforma del diritto di famiglia, la separazione deriva dall improseguibilità della convivenza, per la sopravvenuta intollerabilità della stessa ha ritenuto di attribuire natura cautelare ai

provvedimenti temporanei ed urgenti, contenuti nell ordinanza del Presidente del Tribunale, in quanto può presumersi la presenza della suddetta intollerabilità, a seguito della introduzione con ricorso di un giudizio di separazione e la successiva assenza di riconciliazione della stessa. L entrata in vigore della legge 80/05. ha confermato il carattere contenzioso dell intero giudizio con la previsione dell assistenza obbligatoria del difensore, In ragione di ciò, anche dopo la riforma, non può dubitarsi della natura contenziosa dei provvedimenti. Per quanto riguarda l efficacia dei provvedimenti presidenziali, deve essere sottolineato che essi sono autonomamente esecutivi (art. 474 c.p.c.), come espressamente disposto dal primo comma dell art. 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura. Riguardo alla consegna dei minori, sono in astratto applicabili sia la normativa sull esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare sia quella sull esecuzione per consegna o rilascio, anche se sembra più persuasiva la prima esegesi, anche in rapporto alla considerazione che appare poco condivisibile omologare il trattamento dei figli minori a quello di un bene materiale. Potrebbe anche ipotizzarsi la presenza di una esecutività sui generis, in rapporto alla peculiarità della specifica ipotesi, diretta con un rilevante margine di flessibilità dal Magistrato, eventualmente anche attraverso l intervento dei servizi sociali. Peraltro, argomentando dall art.189 disp. att. c.p.c., l efficacia esecutiva immediata delle ordinanze, anche dopo l eventuale estinzione del processo, configura un esecutività ex lege autonoma rispetto alla sentenza definitiva. Per conseguenza, le ordinanze potrebbero non ritenersi sostituite dalle determinazioni di una sentenza che è ancora soggetta ad appello e non esecutiva (Cass. civ. n.410/1967).