NATALE E ANNUNCIAZIONE. (Rev. Alexander Hislop) - Prima pubblicazione giugno 1916 -



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NATALE E ANNUNCIAZIONE (Rev. Alexander Hislop) - Prima pubblicazione giugno 1916 - Se Roma è in realtà la Babilonia dell Apocalisse e la Madonna custodita nei suoi santuari non è altri che la regina dei cieli, la cui adorazione provocò la terribile collera di Dio contro i Giudei del tempo di Geremia, chiunque abbia timore della Parola di Dio dovrebbe tremare al solo pensiero di fornire a tale sistema, sia individualmente che collettivamente, la minima approvazione o sostegno. È già stato detto qualcosa per dimostrare l identità dei sistemi romano e babilonese ma ad ogni passo le evidenze divengono sempre più manifeste. Ciò che emerge dal paragone fra le differenti feste lo è particolarmente. Le feste di Roma sono innumerevoli ma possono essere segnalate cinque delle più importanti per chiarimento, cioè Natale, Annunciazione, Pasqua, Natività di S. Giovanni e la festa dell Assunzione. Si può dimostrare che ognuna di queste è babilonese. E per prima la festa in onore della nascita di Cristo, cioè il Natale. Com è che questa festa fu messa in relazione al 25 dicembre? Non vi è una sola parola nelle Scritture circa il preciso giorno della sua nascita, o sul tempo dell anno in cui nacque. Ciò che vi è narrato, fa capire che, qualunque sia stato il tempo della sua nascita, esso non potrebbe essere stato il 25 dicembre. Al tempo in cui l angelo annunciò la sua nascita ai pastori di Betlemme, essi pascolavano i loro greggi di notte all aperto nei campi. Il clima della Palestina non è di certo particolarmente rigido, ma anche lì, sebbene il calore del giorno possa essere considerevole, il freddo della notte, da dicembre a febbraio, è molto pungente e non era abitudine dei pastori della Giudea custodire i loro greggi nell aperta campagna dopo la fine di ottobre. 1 È pressoché incredibile, quindi, che la nascita di Cristo abbia avuto luogo alla fine di dicembre. Vi è grande unanimità fra i commentatori su questo punto. Oltre a Barnes Doddridge, Lightfoot, Joseph Sealiger e Jennings, son tutti dell opinione che il 25 dicembre non possa essere il tempo giusto della natività del Signore e il celebrato Giuseppe Meda espone una giusta conclusione. Dopo una lunga e attenta disquisizione sul soggetto, fra le altre argomentazioni egli adduce la seguente: Alla nascita di Cristo ogni donna e bambino doveva essere tornati nelle città di appartenenza per alcune delle quali era necessario un lungo viaggio; ma il cuore dell inverno non era appropriato per tali affari, specialmente per donne con bambini. Perciò Cristo non sarebbe potuto nascere in mezzo all inverno. Per di più al tempo della nascita di Cristo i pastori andavano in giro di notte per vigilare sulle greggi, ma non è ammissibile che lo facessero nel cuore dell inverno. E se alcuno pensasse che i venti invernali non siano poi così violenti da quelle parti, si ricordi le parole di Cristo nel Vangelo: Pregate che la vostra fuga non avvenga in inverno. Se l inverno era un periodo così inadatto per fuggire, non sembra che lo sia stato per permettere ai pastori di giacere sui campi e alle donne e ai bambini per viaggiare. In effetti, viene riconosciuto dai più onesti e preparati scrittori da ogni dove 2 che il giorno della nascita di nostro Signore non può essere determinato 3 e che entro la chiesa cristiana non si udì mai parlare di alcuna festività natalizia fino al terzo secolo e che non fu che al quarto secolo che si cominciò ad osservarla. In base a che cosa, quindi, la Chiesa Romana fissa al 25 dicembre il giorno di Natale? Ecco perché: molto prima della stessa epoca cristiana fra i pagani era celebrata una festività in quel preciso tempo dell anno, in onore della nascita del figlio della regina dei cieli babilonesi; e si può facilmente presumere che, per poter conciliare i pagani e aumentare il numero degli aderenti nominali del cristianesimo, la stessa festività fu adottata dalla chiesa romana che la dedicò a Cristo. Questa tendenza da parte dei cristiani di incontrarsi a mezza strada col paganesimo si sviluppò fin dal principio; e troviamo Tertulliano, perfino al suo tempo, verso l anno 230, che si lamenta amaramente dell incoerenza dei discepoli di Cristo a questo riguardo in contrasto con la stretta fedeltà dei pagani alle loro superstizioni. Noi frequentiamo

adesso i Saturnali, le feste di gennaio, la Brumalia e la Matronalia, egli dice, vengono portati doni avanti e indietro, vengono fatti regali in occasione del capodanno accompagnati dal frastuono e vengono tenute gare e banchetti insieme a baraonde, oh quanto più fedeli sono i pagani alla loro religione; difatti stanno particolarmente attenti a non adottare alcuna solennità dei cristiani (Tertulliano, De Idolatria c 14 vol. 1 pag. 682). Uomini onesti si sforzarono di arrestare tale tendenza ma nonostante ciò giunse l apostasia, fino a che la chiesa, ad eccezione di un piccolo rimanente, fu sommersa dalle superstizioni pagane. Che il Natale fosse originariamente una festa pagana è fuor di dubbio: Il tempo dell anno e le cerimonie con cui esso è ancora celebrato, dimostrano la sua origine. In Egitto il figlio di Iside, che è il titolo egiziano della regina dei cieli, nacque in questo stesso tempo, verso il tempo del solstizio invernale. Lo stesso nome con cui il Natale è conosciuto popolarmente in Inghilterra Yule day dimostra la sua origine pagana e babilonese. Yule è il nome caldeo per indicare un infante o bambino ; e poiché il 25 dicembre era chiamato dagli antichi anglosassoni, il giorno di Yule o giorno del figlio e la notte precedente notte-madre molto tempo prima che essi entrassero in contatto con il cristianesimo, ciò dimostra in modo sufficiente il suo vero carattere. In lungo e in largo questo giorno della nascita era osservato nel reame del paganesimo. Si è creduto comunemente che questa festività avesse solo carattere astronomico, riferendosi semplicemente al completamento del ciclo annuale del sole e all inizio di un nuovo ciclo; ma vi sono indiscutibili evidenze che la festività in questione ebbe un riferimento superiore a questo e cioè la commemorazione del giorno della nascita del grande Liberatore. Fra i Sabei dell Arabia, che consideravano la luna e non il sole come il simbolo visibile del loro prediletto oggetto d idolatria, lo stesso periodo era osservato come festa della nascita. Così leggiamo nella Sabean Philosophy di Stanley: Il 24 del decimo mese, cioè dicembre secondo il nostro calendario, gli arabi celebravano il COMPLEANNO DEL SIGNORE, cioè della luna. Il Signore della Luna era il dio degli Arabi e quel Signore della Luna, secondo loro, era nato il 24 dicembre, il che mostra chiaramente che la nascita che essi celebravano non era necessariamente connessa al corso del sole. È degno di speciale menzione, pure, che se il giorno di Natale tra gli antichi Sassoni dell Inghilterra, era osservato per celebrare la nascita di qualsiasi Signore delle schiere celesti, il fatto deve aver avuto qui la stessa motivazione che in Arabia. Come è ben noto i Sassoni consideravano il sole una divinità femminile e la luna quella maschile. Deve perciò essere stato il giorno della nascita del Signore della Luna e non quella del Sole che era celebrato il 25 dicembre, anche perché il giorno della nascita dello stesso Signore della Luna era osservato dagli arabi il 24 dicembre. Il nome del Signore della Luna in oriente sembra che fosse Meni, perché questa sembra essere la più ovvia interpretazione dell affermazione divina di Isaia 65:11 Ma voi dimenticate il mio monte santo, che apparecchiate la mensa a Gad ed empite la coppa del vin profumato a Meni. Vi è ragione di credere che Gad si riferisca al dio del sole e che Meni similmente designi la divinità lunare. 4 Meni o Manai significa il Numeratore ed è attraverso i cambiamenti della luna che i mesi sono contati: Salmo 104:19, Egli ha fatto la luna per le stagioni: il sole conosce il suo tramonto. Il nome di uomo della luna o del dio che presiedeva su quel luminare tra i Sassoni, era Manè, come dice l Edda, e Mani nel Voluspa. Che fosse la nascita del Signore della luna ad essere celebrata a Natale dai Sassoni, è evidente in modo rimarchevole dal nome che ancora è dato nella bassa Scozia alla festa dell ultimo giorno dell anno (che sembra essere un residuo della vecchia festività della nascita, e infatti i dolci che vengono confezionati sono chiamati Nur-Cakes, o dolci della nascita). Tale nome è Hogmanay. 5 Orbene, Hog-Manai in caldeo significa la festa del numeratore, in altre parole, la festa del dio Luna o dell uomo della luna. Per mostrare la connessione tra paese e paese e l inveterata perseveranza della vecchia abitudine, è degno di nota che Gerolamo, commentando le stesse parole di Isaia già citate circa l apparecchiare una tavola per Gad e empire la coppa del vino profumato per Meni, osserva che era abitudine già a suo tempo, in occasione dell ultimo giorno dell anno, specialmente in Egitto e in Alessandria, di imbandire tavole con varietà di cibi prelibati e di coppe contenenti una misura di vini nuovi e trarre alla fine presagi circa il nuovo anno. L anno egiziano cominciava in un tempo differente dal nostro ma ciò si avvicinava per quanto è possibile (solo sostituendo il whisky al vino) al modo in cui Hogmanay è

ancora osservato l ultimo giorno dell ultimo mese del nostro anno in Scozia. Non so quali presagi alcuno possa trarre da ciò che ha luogo in tale tempo, ma ognuno nel sud della Scozia è personalmente consapevole del fatto che, per Hogmany, o nella sera precedente il giorno dell anno nuovo, fra quelli che osservano le vecchie abitudini viene apparecchiata una tavola e che mentre da coloro che possono permetterselo sono provveduti pasticcini e altre leccornie, dolci d avena e formaggio vengono consumati fra coloro che non li consumano mai se non in questa occasione, insieme a forti bevande che costituiscono un articolo essenziale delle vettovaglie. Anche dove il sole era l oggetto prediletto dell adorazione, come nella stessa Babilonia e altrove, durante questa festa egli era adorato non solo come astro del giorno, ma come Dio incarnato. Era un principio essenziale del sistema babilonese, che il sole o Baal fosse il solo vero Dio. Quando perciò Tammuz era adorato come dio incarnato, ciò voleva pur dire che egli era un incarnazione del sole. Nella mitologia indù, che si ammette sia fondamentalmente babilonica, ciò emerge molto chiaramente. Ivi, Surya, o il sole, è rappresentato come un incarnazione, e nato con lo scopo di sottomettere i nemici degli dèi che, senza tale nascita, non avrebbero potuto essere soggiogati. Non era una semplice festa astronomica, quindi, quella che i pagani celebravano durante il solstizio invernale. Questa festa a Roma era chiamata festa di Saturno e il modo in cui era celebrata mostra chiaramente la sua provenienza. La festa, che fu regolata da Caligola, durava cinque giorni; veniva data briglia sciolta all ubriachezza e alla ribellione, gli schiavi erano temporaneamente emancipati e si permettevano ogni libertà verso i loro padroni. Questo era precisamente il modo in cui, secondo Beroso, era celebrata a Babilonia la festa degli ubriachi del mese di Tebet, che corrisponde al nostro dicembre, cioè, in altre parole, la festa di Bacco. Era abitudine, dice lui, durante i cinque giorni della festa, che i padroni si sottomettessero ai loro schiavi, e uno di questi governava la casa abbigliato di un manto di porpora come un re. Questo servitore vestito di porpora, era chiamato Zogades, l uomo dello sport e dell immortalità, e corrispondeva esattamente al Signore del cattivo governo, che nelle epoche buie, fu scelto in tutti i paesi papisti per capeggiare le ribalderie natalizie. La caratteristica bevanda natalizia ha la sua precisa controparte nella festa degli ubriachi di Babilonia e molte altre osservanze ancora in uso fra noi per Natale provengono dalla stessa fonte. Le candele che in alcune parti dell Inghilterra illuminano la notte di Natale e sono usate fino al termine del periodo festivo, erano accese similmente dai pagani la sera della festa del dio babilonese, in suo onore poiché era una delle caratteristiche distintive della sua adorazione quella di accendere candele di cera dinanzi ai suoi altari. L albero di Natale, oggi così comune fra di noi, era pure comune nella Roma pagana e nell Egitto pagano. In Egitto l albero era una palma, a Roma era l abete; la palma indicava il Messia pagano, Baal-Tamar, l abete lo identificava come Baal-Berith. Si narra che la madre di Adone, il dio sole e grande divinità mediatrice, fosse cambiata misticamente in un albero e che generasse in quello stato il suo figlio divino. Se la madre era un albero, il figlio dev essere stato conosciuto come l uomo del ramo. E ciò si armonizza del tutto con l uso di mettere il ceppo di Yule nel fuoco della notte di Natale e con l apparizione dell albero di Natale il mattino successivo. In qualità di Zero-Ashta, il seme della donna, il cui nome significa pure Ignigena, o nato dal fuoco, egli doveva entrare nel fuoco durante la notte-madre, affinché potesse nascere da esso il giorno seguente come Ramo di Dio o albero che porta agli uomini tutti i doni divini. Ma perché, ci si può chiedere, bisognava che entrasse nel fuoco sotto il simbolo del ceppo? Per comprenderlo, si deve rammentare che il figliuolo divino nato durante il solstizio d inverno, nasceva come una nuova incarnazione del grande Dio (dopo che quel dio era stato fatto a pezzi) allo scopo di vendicare la sua morte sui suoi uccisori. Orbene il grande dio, stroncato nel mezzo della sua potenza e della sua gloria, era simboleggiato come un albero enorme, privato di tutti i suoi rami e abbattuto al suolo; 6 ma il grande serpente, il simbolo di Esculapio che ridà la vita, 7 si avvolge intorno al tronco morto (vedi figura sotto) ed ecco, al suo fianco, germoglia un giovane albero, un albero di una sorta del tutto differente che non è destinato ad essere mai stroncato da potenze ostili e cioè l albero di palma, il ben noto simbolo della vittoria. L albero di

Natale, com è già stato detto, a Roma era generalmente rappresentato da un albero diverso, l abete, ma la stessa idea contenuta nell albero di palma era implicita nell abete natalizio; poiché esso simboleggiava in sottinteso il dio neonato come Baal-Berith, Signore del Patto, e così esternava la perpetuità del suo potere, dopo essere caduto dinanzi ai suoi nemici, era stato destato trionfante su tutti loro. Perciò, il 25 dicembre, il giorno che era osservato a Roma come quello in cui il dio vittorioso riappariva sulla terra, era considerato il Natalis invicti solis, il giorno della nascita del sole invincibile. Serpente, simbolo di Esculapio, intorno al ceppo di un tronco morto Quindi il ceppo natalizio è il tronco morto di Nimrod, deificato come dio-sole, ma stroncato dai suoi nemici; l albero di Natale è Nimrod redivivo il dio ucciso che ritorna nuovamente in vita. Alla luce riflesse delle dichiarazioni summenzionate circa le abitudini che ancora sopravvivono fra noi, le cui origini si perdono in mezzo ad una remota antichità, lasciamo che il lettore osservi la pratica singolare ancora vigente la notte di Natale, di baciarsi sotto il vischio. Tale vischio nella tradizione druidica era la rappresentazione del Messia l uomo del ramo. Il vischio era considerato come un ramo divino, 8 un ramo proveniente dal cielo e cresciuto su di un albero che era germogliato dalla terra. Così innestando il ramo celestiale sull albero terreno, il cielo e la terra, che il peccato aveva separati, furono nuovamente riuniti e in tal modo il ramo di vischio divenne lo strumento della riconciliazione divina con l uomo, poiché il bacio è un ben noto simbolo di riconciliazione e di perdono. Da dove proveniva tale idea? Potrebbe derivare dal Salmo 85, versetti 10 e 11: La benignità e la verità si sono incontrate, la giustizia e la pace si sono baciate. La verità germoglia dalla terra e la giustizia riguarda il cielo. Certo è che quel Salmo fu scritto dopo la cattività babilonese e poiché molti giudei, dopo quell evento, rimasero a Babilonia sotto la guida di uomini ispirati come Daniele, parte della parola divina dev essere stata loro comunicata, come pure ai loro simili in Palestina. Babilonia era, a quel tempo, il centro del mondo civilizzato e così il paganesimo, corrompendo il simbolo divino come deve in effetti aver fatto, ebbe l opportunità di diffondere la sua corrotta falsificazione della verità fino all estremità della terra, per mezzo dei Misteri che erano affiliati al grande sistema centrale di Babilonia. Così le stesse abitudini natalizie ancora esistenti gettano una luce sorprendente sia sulla rivelazione della grazia fatta a tutta la terra, che sugli sforzi fatti da Satana e dai suoi emissari per mimetizzarla, renderla carnale e degradarla. In molti paesi il verro era sacrificato al dio poiché si credeva che un torto fatto al verro fosse fatto a lui. Secondo una versione della storia della morte di Adone o Tammuz, essa avvenne, come abbiamo visto, con conseguenza di una ferita causatagli dalle zanne di un cinghiale. Il figlio Atte, il diletto di Cibele, la cui storia si identifica con quella di Adone, secondo la legenda sarebbe perito in modo simile, a causa delle zanne di un cinghiale. Perciò Diana che, sebbene sia comunemente rappresentata nei miti popolari come Diana cacciatrice, era in realtà la grande madre degli dèi, era frequentemente accompagnata dalla testa di un cinghiale per indicare non solo il successo nella

caccia, ma il suo trionfo sul grande nemico del sistema idolatrico, nel quale essa occupava un posto così importante. Secondo Teocrito, Venere si riconciliò col cinghiale che aveva ucciso Adone poiché, quando fu portato in catene al suo cospetto, affermò pateticamente di averle ucciso il marito non con premeditazione, ma a causa di un incidente. Ma tuttavia, in memoria della morte provocata dal mistico cinghiale, molti cinghiali furono decapitati per offrirne la testa in sacrificio alla dea corrucciata. Da Smith, Diana è rappresentata con la testa di un cinghiale su di lei in cima ad un mucchio di pietre e nella figura sotto in cui l imperatore romano Traiano è rappresentato mentre brucia l incenso alla stessa dea, il capo di un cinghiale forma una figura di rilievo. L imperatore Traiano mentre offre incenso Il giorno di Natale i Sassoni continentali offrivano un cinghiale in sacrificio al sole per propiziarlo per la morte del suo diletto Adone. A Roma evidentemente esisteva un usanza simile poiché l elemento centrale della festa era costituito da un cinghiale, come appare dai seguenti versi di Marziale: Che il cinghiale ti dia un buon Saturnale. Perciò la testa di cinghiale è tutt oggi un piatto importante in Inghilterra nel pranzo di Natale, quando le sue origini sono da tempo dimenticate. Sì, l oca di Natale e le focacce natalizie erano articoli essenziali nell adorazione del Messia babilonese, adorazione praticata anche a Roma e in Egitto (vedi figura sotto). Il dio egiziano Seb con il suo simbolo l oca, la sacra oca offerta in sacrificio

Wilkinson, riferendosi all Egitto, mostra che l offerta preferita da Osiride era un oca e inoltre che l oca non avrebbe dovuto essere mangiata se non in pieno inverno. In quanto a Roma, dice Giovenale, che se si offendeva Osiride si poteva placarla solo con una grande oca e un piccolo pane. In molti paesi vi è l evidenza del carattere sacro attribuito all oca. È ben noto che il Campidoglio di Roma fu salvato quando era sul punto di essere sorpreso dai Galli nel cuore della notte dallo starnazzare delle sacre oche di Giunone, tenute nel tempio di Giove. La figura sotto mostra che l oca in Asia Minore era il simbolo di Cupido, proprio com era il simbolo di Seb in Egitto. In India l oca occupava una posizione simile poiché in quel paese leggiamo circa l oca bramana o oca sacra a Brama. Infine, i monumenti di Babilonia mostrano che all oca era attribuita una caratteristica mistica e che essa era offerta in sacrificio come a Roma o in Egitto, poiché i sacerdoti sono rappresentati con un coltello sacrificale in una mano e l oca nell altra. Non può quindi esservi dubbio che le feste pagane del solstizio invernale, in altre parole il Natale, erano tenute in onore della nascita del Messia babilonese. La considerazione della prossima grande festa del calendario papista provvede la conferma più grande a ciò che abbiamo appena detto. Tale festa, chiamata Annunciazione, è celebrata a Roma il 25 marzo, nell asserita commemorazione del concepimento miracoloso del nostro Signore nel seno della Vergine, il giorno in cui l angelo fu inviato ad annunciarle il distintivo onore che le era attribuito quale madre del Messia. Ma chi avrebbe detto quando tale annunciazione ebbe luogo? Le Scritture non danno alcun indizio concernente il tempo, ma ciò non è rilevante. Prima che il nostro Signore fosse concepito o nascesse, quello stesso giorno, adesso indicato nel calendario papista come Annunciazione della Vergine, era osservato nella Roma pagana in onore di Cibele, la Madre del Messia Babilonese. Ora è noto che l Annunciazione e il Natale sono in intima relazione l uno con l altro. Fra il 25 marzo e il 25 dicembre vi sono esattamente nove mesi. Se, quindi, il falso Messia fu concepito in marzo e nacque in dicembre può alcuno, anche per un momento, credere che il concepimento e la nascita del vero Messia possa essere stata esattamente sincronizzata non solo col mese, ma col giorno? La cosa è incredibile. L Annunciazione e il Natale sono puramente di derivazione Babilonese.

1 Gill, nel suo Commentario su Luca 2:8, dice quanto segue: I Giudei possiedono due sorta di bestiami vi è il bestiame di casa che risiede in città e il bestiame del deserto che rimane sui pascoli. Su ciò uno dei commentatori osserva (Maimonide, in Misn. Betza, cap. 5, sez. 7): Essi risiedono nei pascoli che sono nei villaggi, tutti i giorni sia caldi che freddi, e non tornano nelle città fino a che non cominciano le piogge. La prima pioggia cade nel mese di Marchesvan, che corrisponde all ultima parte del nostro ottobre e alla prima di novembre Da ciò deriva che Cristo dev essere nato prima della metà di ottobre, giacché la prima pioggia non era ancora caduta a Kitto, su Deut.11:14, dice che la prima pioggia cade in autunno cioè in settembre-ottobre. Ciò porrebbe il periodo del trasferimento delle greggi dei campi in un certo tempo prima di ciò che io ho affermato nel testo, ma non vi è dubbio che non può essere dopo di quanto qui viene affermato secondo la testimonianza di Maimonide, la cui conoscenza di quanto riguarda i costumi dei Giudei è ben nota. 2 L arcidiacono Wood, nel Christian Annotator, vol. 3, pag. 2 e il Manual od Presbitery di Lorimer, pag. 130. Lorimer cita Sir Peter King che, nel suo Enquiry into the Worship of the Primitive Church, etc. asserisce che in quella chiesa non veniva celebrate alcuna festa e aggiunge: Sembra improbabile che essi celebrassero la natività di Gesù quando erano in disaccordo sul mese e giorno della sua nascita. Si veda pure il Commentary del Rev. J. Ryle, cap. 2, Nota al versetto 8, che ammette che il tempo della nascita di Cristo è incerto, sebbene egli sia contrario all idea che le greggi non potessero trovarsi sui campi in dicembre, sulla base delle parole rivolte a Labano da Giacobbe: Di giorno mi consumava il caldo e di notte il freddo. Orbene, tutta la forza del lamento di Giacobbe contro il suo avaro congiunto sta in questo, che Labano gli fece ciò che nessun altro uomo avrebbe mai fatto e, perciò, se egli si riferisce alle fredde notti invernali (che, comunque, non è il giusto intendimento della frase) ciò dimostra proprio l opposto di ciò che il Sig. Ryle intende dimostrare, cioè che non era abitudine dei pastori tenere i loro greggi di notte nei campi durante l inverno. 3 Gieseler, vol. 1, pag. 54, e nota. Crisostomo (monitum in Hom. De Natal. Christy), scrivendo in Antiochia verso il 380 A.D. dice: Non sono ancora dieci anni che conosciamo questo giorno (Vol. 2, pag. 352). Ciò che segue aggiunge Gieseler, fornisce una rimarchevole illustrazione della facilità con cui abitudini di recente data abbiano assunto il carattere di istituzioni apostoliche. Così continua Crisostomo: Fra gli abitanti dell oriente, residenti in Tracia ed in Gadeira (Cadice) era noto nei tempi antichi che la nascita del nostro Signore era sconosciuta ad Antiochia in occidente, proprio ai confini della terra santa, ma perfettamente ben conosciuta in tutte le regioni europee, dalla Tracia alla Spagna. 4 Il nome Gad evidentemente si riferisce, nel primo caso, a un dio guerriero, poiché significa assalire ; ma significa pure colui che raduna ed in entrambi i casi può applicarsi a Nimrod, la cui caratteristica generale era quella di un dio solare, poiché egli fu il primo grande guerriero e, col nome di Foroneo, era celebrato per aver radunato per primo il genere umano in comunità sociali. Il nome Meni il Numeratore, d altra parte, sembra proprio un sinonimo del nome Cush o Chus che, mentre significa capire o nascondere, vuol dire anche contare o numerare. Il vero significato appropriato del nome Cus è, e non ho dubbi, il numeratore o aritmetico ; poiché mentre Nimrod suo figlio, come potente fu il grande propagatore del sistema babilonico di idolatria, mediante la forza e la potenza egli, in qualità di Hermes, fu il vero ideatore di quel sistema e, vedendo come l idolatria e l astronomia erano intimamente associate nel renderlo capace di operare con efficacia, fu indispensabile che egli divenisse specializzato nella scienza dei numeri. Orbene, Ermes (cioè Cus) sarebbe stato colui che per primo scoprì i numeri e l arte di far conto, la geometria e l astronomia, il gioco degli scacchi e quello d azzardo, ed è con ogni probabilità dal riferimento al significato del nome Cus che alcuni chiamarono NUMERATORE il padre degli dèi e degli uomini. Il nome Meni è solo la forma caldea dell ebraico Menè, il numeratore poiché in caldeo la i spesso prende il posto della e finale. Poiché abbiamo esaminato delle ragioni per concludere con Gesenio, che Nebo, il grande dio profetico di Babilonia, non era altri che lo stesso dio Ermes, ciò mostra la particolare enfasi delle prime parole della sentenza divina che siglò la condanna di Baldassarre, in qualità di rappresentante del dio originale: MENE, MENE, TEKEL, Upharsin, che è come dire enigmaticamente il numeratore è numerato. Poiché la coppa era particolarmente il simbolo di Cus, ecco allora la libagione a lui delle offerte di bevanda in qualità di dio della coppa; e poiché egli era il grande divinatore, ecco il perché della divinazione relativa all anno futuro, che Girolamo mette in relazione alla divinità cui fa riferimento Isaia. Orbene Ermes, in Egitto, in qualità di Numeratore era identificato con la luna che numera i mesi. Era chiamato Signore della Luna e in qualità di dispensatore del tempo egli teneva un ramo di palma emblematico dell anno. Così, quindi, se Gad era la divinità solare, Meni era considerato naturalmente come il Signore della Luna. 5 Jamieson fa molte deduzioni di differenti autori riguardo al significato del termine Hog-manay, ma il seguente estratto è tutto ciò che sembra necessario citare: Sibb pensa che Hogmanay, il nome dato dal popolo all ultimo giorno dell anno, possa essere il tempo parallelo allo scandinavo Hoeg-tid, un termine applicato al Natale e a varie altre feste della Chiesa. Poiché lo scandinavo tid significa tempo e hog-tid si applica alle festività della chiesa in generale, il significa di questa espressione è evidentemente tempo di festa ma ciò mostra che hoeg ha lo stesso significato che io ho applicato a Hog, il significato caldeo.

6 Ail o il è un sinonimo di Geber, il potente (Esodo 15:15) e significa anche un albero di grandi dimensioni, o un cervo con corna a mo di rami. Perciò, in tempi diversi, il grande dio è simboleggiato da un albero imponente o da un cervo. Nell incisione a fianco lo stroncamento del potente è simboleggiato dallo stroncamento di un albero. In una moneta di Efeso egli è simboleggiato da un cervo fatto a pezzi e vi è anche un albero di palma rappresentato come se sorgesse al posto del cervo, proprio come se questi scaturisse al posto del tronco morto. Da Sanchuniaton, Kronis è chiamato espressamente Ilos, cioè il potente. Poiché il grande dio è stroncato, la cornucopia a sinistra dell albero è vuota ma l albero di palma la protegge. 7 Il lettore ricorderà che Esculapio è rappresentato generalmente con un bastone o un ramno d albero al fianco su cui è attorcigliato un serpente. La figura nel testo evidentemente spiega l origine di questa rappresentazione. 8 Nella storia scandinava di Balder, il ramo di vischio è distinto dal dio su cui si fa lamento. I miti druidi e scandinavi differiscono un po ma, anche nella storia scandinava, è evidente che era attributo al ramo di vischio un certo qual potere miracoloso poiché era capace di fare ciò che nessun altro in tutta la creazione avrebbe potuto compiere; esso trucidò la divinità da cui dipendeva l impero dei cieli degli anglosassoni. Orbene tutto ciò è necessario per svelare questa apparente contraddizione; è appropriato per comprendere il ramo che aveva tale potere, come espressione simbolica del vero Messia. Il Bacco dei Greci venne evidentemente identificato come il seme del serpente poiché egli sarebbe nato da una relazione di sua madre con Giove quando quel dio apparve in forma di serpente. Se Balder aveva le stesse caratteristiche, la storia della sua morte si può ricondurre a questa, che il seme del serpente era stato trucidato dal seme della donna. Questa storia, naturalmente deve essere scaturita dai suoi nemici. Ma gli idolatri ne usarono ciò che non avrebbero potuto negare in alcun modo, evidentemente con l intento di spiegarlo diversamente.