CONVEGNO CATECHISTICO DIOCESANO 2013 LA FAMIGLIA CHE INIZIA ALLA FEDE Centro della Comunità Giovanni Paolo II Via Spagnoletti Zeuli (accanto all ex Ospedale de Nicastri) Lucera, 2 ottobre 2013 h. 16.00 18.30 «Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all unione stabile dell uomo e della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore, segno e presenza dell amore di Dio, dal riconoscimento e dall accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne (cfr Gen 2,24) e sono capaci di generare una nuova vita, manifestazione della bontà del Creatore, della sua saggezza e del suo disegno di amore. La fede poi aiuta a cogliere in tutta la sua profondità e ricchezza la generazione dei figli, perché fa riconoscere in essa l amore creatore che ci dona e ci affida il mistero di una nuova persona.» FRANCESCO, Lumen fidei. Enciclica sulla fede 2013, n. 52. Quando don Pio ci ha proposto di parlare in un Convegno Catechistico Diocesano, superato il problema tecnico dei turni in reparto, abbiamo accettato con gioia per tre motivi in particolare: 1. Il primo, perché siamo FAMIGLIA, innamorati della Famiglia così come Dio l ha pensata e l ha creata. 2. Il secondo motivo è perché viviamo in una società dove la famiglia, i figli, stanno vivendo un periodo di crisi da cui sembra impossibile venire fuori. 3. Il terzo motivo è che entrambi lavoriamo in Ospedale dove, quotidianamente, siamo a contatto con la sofferenza, la
fragilità, la precarietà della vita e, quotidianamente, nel ringraziare il Signore dei doni di cui ci ricolma, come coppia e come famiglia, rinnoviamo l impegno a vivere, testimoniare e annunciare il Vangelo della vita e della Famiglia. Soltanto dopo però, abbiamo realizzato che non siamo qui per dare dei consigli ai genitori su come insegnare la Fede ai figli, né siamo in grado di fornire ai catechisti una metodologia specifica di accompagnamento in questo delicato percorso della iniziazione cristiana. Così questo pomeriggio, ci sforzeremo insieme di affrontare l argomento, e di superare insieme la convinzione che la trasmissione della Fede è un aspetto troppo personale e delicato, per il quale non esistono regole se non quella del dare il buon esempio. Perché educare i figli alla fede? Intanto, è un dovere per i genitori. Attingendo alle fonti, nella Liturgia Battesimale, ascoltiamo la domanda del sacerdote : Cari genitori, chiedendo il battesimo per i vostri figli, voi vi impegnate a educarli nella fede perché, nell osservanza dei comandamenti, imparino ad amare Dio e il prossimo, come Cristo ci ha insegnato. Siete consapevoli di questa responsabilità? Il Sì a questa domanda è un impegno che i genitori prendono davanti a Dio e davanti a tutta la Comunità. Un impegno, tra l altro, che non si prendono da soli. Infatti la domanda che segue è
E voi, padrini e madrine, siete disposti ad aiutare i genitori in questo compito? Nelle nostre catechesi battesimali si deve affrontare il tema dei padrini e delle madrine affinché non siano figure insignificanti e non siano confinate soltanto alla stretta cerchia dei parenti. Bisogna invitare i genitori a identificare come padrino e madrina una figura significativa nella maturazione umana e religiosa del figlio o della figlia, che sia loro vicina e con la quale i rapporti non siano sporadici L invito del celebrante a mantenere viva la Fede viene reso visibile dalla luce accesa dal cero pasquale. Abbiate cura che i vostri bambini, illuminati da Cristo, vivano sempre come figli della luce (consegna del cero) Siate per i vostri figli i primi testimoni della fede, con la parola e con l esempio (benedizione sul papà) Ma ancor prima della richiesta del Battesimo, la coppia si era già impegnata durante la liturgia matrimoniale Siete disposti ad accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarvi e a educarli secondo la legge di Cristo e della sua Chiesa? Ci impegniamo ad accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarci e a educarli secondo la Parola di Cristo e l'insegnamento della Chiesa. Alla scuola del Vangelo preparino i loro figli a diventare membri della tua Chiesa.
La celebrazione del Battesimo è una celebrazione comunitaria e l impegno del cammino educativo non è esclusivo dei genitori: la comunità ha il compito di accogliere la nuova famiglia accompagnandola in questo cammino. Essere educato alla Fede è un diritto del bambino. Nel bambino c è una predisposizione innata, congenita, alla spiritualità. Dio è come già iscritto, stampato, nella profondità della sua psiche. Così come c è il bisogno di amare e di creare, c è il bisogno di spiritualità. E, come un seme, ha bisogno di essere coltivato. Il significato etimologico della parola Educare deriva dal latino e-ducere che significa letteralmente condurre fuori, liberare. Educare non significa quindi immettere una propria idea o convinzione dentro il figlio, ma far uscire un qualcosa che è già dentro di lui. Voler crescere un figlio nella Fede,non è dunque trasmettere, passare o inculcare in un figlio qualcosa di tuo che passi a lui, ma aiutarlo a scoprire un valore già insito in lui, che bisogna solo imparare ad esprimere e a riscontrare nella quotidianità. Alcuni valori come l amore, il rispetto per l altro, la Fede, sono dentro ognuno di noi sin dalla nascita. Un bambino che sperimenta relazioni d amore e cresce in un clima di accettazione e accoglienza, è naturalmente portato ad avere fiducia e rispetto verso il prossimo e, più in generale, sviluppa un atteggiamento positivo nei confronti degli altri e di se stesso.
Evangelizzare i genitori significa aiutarli a scoprire ciò che essi sono diventati grazie al sacramento del matrimonio. Significa aiutarli a comprendere la realtà di grazia che è la famiglia: in se stessa, per i suoi componenti, per la comunità ecclesiale, per la realtà sociale. Questa riscoperta del valore della famiglia è più che mai necessaria in una cultura che tende a svalutarla sempre di più. Come parlare di Fede ai bambini? Con parole di bellezza, di gioia, d amore. Sembra scontato ma non lo è. E facile cadere nell errore del trascinare il figlio a messa, promettendogli un gelato se starà zitto e fermo per tutta la celebrazione. Quando si hanno figli piccoli, è importante offrire loro un idea di Fede come un qualcosa di bello, dove Gesù è un amico che ti vuole bene, piuttosto che qualcuno che è morto per te. E bello dire Dio ti ama, ma come fa un bambino a capirlo, a crederci, se non lo può vedere, o almeno percepire? In occasione della preghiera serale che spesso viene recitata insieme ai bambini senza pensare troppo al significato di quello che si sta dicendo: allora si può decidere di soffermarsi su un paio di parole che la compongono per cercare di capirne assieme il significato, trovando degli esempi concreti, riferiti magari a un episodio da lui vissuto durante la giornata, scoprendo quindi, assieme a lui, un riscontro nella vita quotidiana delle parole di Gesù.
In questo modo il bambino può vedere la Fede, capire che Gesù c è, anche se non lo può toccare, perché le sue parole trovano applicazione nei fatti da lui vissuti in famiglia, con gli amici, all asilo o a scuola. E per aiutarlo a seguire la messa, comprargli un messalino adatto alla sua età, con immagini o testi scritti in maiuscolo, e renderlo partecipe di tutti i passaggi della celebrazione, chiedendogli anche di accompagnarvi a ricevere la comunione finché non potrà riceverla lui stesso. Come si fa? La fede si trasmette non tanto con il dire e con il fare, ma soprattutto più con l essere. Il bambino sente a livello inconscio se tu, genitore, hai Dio, nel tuo inconscio, se tu lo ami nella profondità di te stesso. Dal tuo inconscio passa al suo inconscio. Se invece Dio è presente solo nella tua mente, allora non passa, e lui non lo sente Per capire quello che per te conta, per capire a che posto è Dio nella tua vita, metti a fuoco quello che ti appassiona di più. Quello che ti fa brillare gli occhi, quello che ti fa uscire la gioia da tutti i pori, quello che ti emoziona e ti sconvolge, ti prende, ti porta. Ecco, se tuo figlio vede che quando vai alla partita della squadra del cuore, ti prepari prima del tempo, ne parli con gli occhi pieni, canti, gridi, esulti, danzi per la gioia e ti arrabbi se qualcuno ne parla male, allora capisce che quella cosa è al primo posto. Se poi vede che quando vai a messa, non sei attento, non vedi l ora che finisce, parli di altro e il tuo viso non esprime emozione e gioia, allora capisce che Dio e la messa non sono importanti e anche lui le metterà al 20º posto, dopo la cioccolata e dopo il pallone. Come faccio allora? Se vuoi vivere Dio, vivere in profondità, lo devi conoscere, lo devi sperimentare in una comunità, in un cammino di fede. Ecco allora la catechesi dei genitori, un gruppo che, insieme al sacerdote e un
consacrato, cerca Dio, con il Vangelo. Con il metodo del catechismo degli adulti. ( vedi art.: La catechesi degli adulti). Per educare prima di tutto se stessi alla vita buona del Vangelo, e poi farlo anche con i propri figli. Un gruppo di genitori dei bambini di tutte le età. Quindi una formazione dei genitori dalla nascita all adolescenza. Per evitare che siano seguiti solo i genitori della comunione e della cresima. Ma non ci pensano i catechisti? I genitori sono i primi catechisti. Loro sono vicini a Dio per il bambino. Sono il riferimento, la radice, la base per un bambino. Se non lo passano loro, gli altri ci mettono solo una toppa, attaccano solo qualcosa, che alla prima occasione si stacca subito. I catechisti riescono a insegnare ai bambini, se i genitori lo hanno fatto prima loro, se il genitore veramente sostiene il loro lavoro. Se il genitore è principalmente preoccupato del sacramento come festa, se lo vive come un dovere, una regola, un uso, un consumo, un evento sociale, allora sarà così anche per il bambino. Sarà concentrato sulla festa, sui regali, sulle amicizie. Subirà la catechista, così come la subisce il genitore. Obbedirà alla catechista, così come ubbidisce il genitore. Quel sacramento sarà sempre una festa e finirà quando è finita la festa, quando le luci si sono spente e regali sono stati ricevuti. Dio non entra, Dio non passa, Dio non resta, Dio non basta. Come la insegno? Prima bisogna spiegargli chi è Dio. E Quello che è venuto prima di tutti, e di tutto. Quello che ha fatto tutto. Anche il suo papà è la sua mamma. È il Papà dei papà e delle mamme. È il Papà del cielo e della terra. È il Papà di tutte le cose. Per questo bisogna pregare. Pregare che significa? Significa parlare con Dio, il Papà di tutto. Lui ci vuole bene, ci ama, per questo ci ha fatti. Ci pensa sempre, e aspetta che anche noi lo pensiamo e gli parliamo. Pregare significa parlare con Dio, far
parlare il nostro cuore con lui. Aprirgli il cuore, farlo entrare nel cuore. Parlare e poi ascoltare, come si fa con una persona che ci vuole bene. Lasciare un momento, uno spazio per lasciar rispondere Dio. Mettersi in ascolto significa lasciare aperto il cuore a qualcosa che noi non conosciamo non sappiamo, significa accogliere qualcosa di inaspettato, di divino. - Al mattino salutare Dio. Una piccola preghiera, il primo pensiero a Lui. Con il segno della croce e parole proprie, personali, una piccola frase, scelta dal bambino, con il bambino. - Alla sera, raccontare a Dio la propria giornata. Come si fa con una persona cara. Dirgli i timori, la fatica, le pene, aprirgli il cuore. Ringraziando per la vita e per il suo amore. Chiedere perdono per qualche colpa. Fare parlare il bambino con le sue parole. Anche se è molto piccolo, anche se ne dice solo poche. Le prime parole rivolte a Dio Padre, sono stupende. Lasciamo che sia il bambino a sceglierle. Non impostiamo, imponiamo le nostre parole. Insegniamo ai bambini a parlare con il loro cuore, in modo vero, sincero, spontaneo. Perché il rapporto sia vero, fin dall inizio. - A messa. Spiegare ai bambini prima di entrare, chi c è in chiesa. È il Papà del cielo e della terra che lo aspetta. Che lo vuole incontrare. Che gli vuole parlare. E lui va lì per ascoltarlo. Insegnargli a rispettare Dio, a stare fermo, attento, composto il più possibile. Così come facciamo quando andiamo in una riunione importantissima, in cui non si può fare quello che si vuole, non si può giocare, non si può correre, non si può gridare. Diamogli lo spazio del banco, con degli oggetti di tipo religioso. Non giochi, sennò pensa che quella cosa non lo riguarda, non c entra con la sua vita, è un gioco e così rimarrà sempre impresso in lui. Dobbiamo essere autorevoli perché quello è un incontro importantissimo, centrale per noi e per lui.
Fondamentali sono i segnali, i simboli, gli oggetti concreti, le immagini concrete per i bambini. Oggetti concreti sono il segno di quello che conta. - Nella casa. È fondamentale avere al centro della casa, cucina o sala, un piccolo leggio con un libro della Bibbia sempre aperto. Se le persone lo considerano, si avvicinano, lo guardano, lo cercano, lo aprono, significa che è importante. Significa che fa parte della famiglia e verrà amato come la famiglia. La rappresenterà. - Nella sua camera. Un piccolo altarino sul suo comodino, vicino a lui. Con oggetti scelti da lui: esempio: Gesù bambino e/o una madonna, un crocifisso, Gesù risorto, il Padre, lo Spirito Santo o un santo o un angelo custode. Da piccolo lo farà la mamma e il papà, poi sarà lui che organizza, lo sistema. Rappresenta quello che conta, quello che lo sostiene, quello che lo protegge. Si sente guardato, amato, considerato, accompagnato, non si sente solo. - Un vangelo per lui. Anche se è piccolo. È la parola di Dio. È quello che il Figlio di Dio, Gesù, dice anche a lui. Un vangelo illustrato se è molto piccolo. Ogni volta sceglierlo con lui. Per lui solo. - Libri e immagini dei santi. Racconti illustrati della vita dei santi. I santi sono un modello importante concreto. Leggere la storia della loro vita. La loro vita è piena di Dio. E Dio passa. - Un rosario per lui. Per lui solo. Anche se è piccolo. Dirgli che quello è la corona della Mamma delle mamme.
- Recitare il rosario con tutta la famiglia, una volta alla settimana, quando possibile. - Andare a trovare Gesù in chiesa, fare una visita eucaristica. - Dargli l esempio nell aprirsi agli altri. Aiutare gli altri concretamente. Insegnare anche a lui a guardare, ad aiutare chi ha bisogno, sostenerlo in questo. Perché Dio è anche nel fratello che soffre. Prendersi cura di chi soffre, significa prendersi cura di Gesù. E Gesù si prenderà cura di lui.