Difetto di competenza e translatio iudicii: necessaria una nuova iscrizione a ruolo?

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Rivista scientifica bimestrale di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693 Pubblicazione del 23.4.2014 La Nuova Procedura Civile, 3, 2014 Comitato scientifico: Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato). Difetto di competenza e translatio iudicii: necessaria una nuova iscrizione a ruolo? Nell'ipotesi in cui il giudice adito dichiari il proprio difetto di competenza, la "translatio iudicii" davanti al giudice competente esige che le parti si costituiscano, nuovamente, in modo tempestivo e rituale, provvedendo ad una seconda iscrizione a ruolo e rispettando i termini ex artt. 165 e 166 cod. proc. civ. Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 21.2.2014, n. 4215 omissis Con il primo motivo i ricorrenti deducono ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), il vizio di erronea e falsa applicazione dell'art. 168 disp. att. c.p.c., art. 71 disp. att. c.p.c., art. 171 c.p.c., il vizio di omessa applicazione dell'art. 50 c.p.c., artt. 125 e 126 disp. att. c.p.c. nonchè il vizio di violazione dell'art. 156 c.p.c.. All'uopo adducono che "la Corte territoriale è pervenuta alla conclusione della nullità del procedimento di primo grado ritenendo applicabile la disciplina della tempestiva iscrizione a ruolo della causa successivamente all'atto di riassunzione: così erroneamente equiparando la fase riassuntiva conseguente a sentenza di incompetenza alla iniziale introduzione del giudizio con l'atto di citazione ex art. 163 c.p.c." (così ricorso, pag. 4); che "nella sua fase di

riassunzione il processo, avendo avuto già inizio con la regolare originaria iscrizione e la costituzione delle parti, prosegue unicamente per effetto dell'impulso costituito dall'atto riassuntivo. Tant'è, che nè l'art. 50 c.p.c., nè i correlativi artt. 125-126 disp. att. c.p.c. prevedono una nuova iscrizione a ruolo della causa riassunta" (così ricorso, pag. 5). Con il secondo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, il vizio di omessa applicazione dell'art. 156 c.p.c., comma 3 in relazione all'art. 171 c.p.c., comma 1, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), il vizio di omessa applicazione dell'art. 167 c.p.c., art. 157 c.p.c., comma 2, e art. 2730 c.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), il vizio di omessa e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia. All'uopo adducono che, "una volta applicato il regime della iscrizione a ruolo anche in fase di riassunzione, nonostante il pacifico raggiungimento dello scopo dell'atto riassuntivo avutosi con la conoscenza da parte avversa della iscrizione e della prosecuzione della causa, la Corte ha disatteso anche il motivo di gravame relativo all'avvenuta sanatoria ex art. 156 c.p.c., comma 3 del vizio" (così ricorso, pag. 6); che "nella motivazione addotta, pur prendendosi atto della partecipazione del convenuto personalmente alla CTU per escluderne la rilevanza senza minimamente collegarla alle altre attività processuali dello stesso resistente, non si è nè fatto richiamo, nè discusso sulla circostanza della immediata conoscenza della prosecuzione del processo ammessa dallo stesso convenuto" (così ricorso, pagg. 6-7). Con il terzo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), il vizio di omessa applicazione e violazione dell'art. 354 c.p.c., n. 4 con riferimento all'art. 356 c.p.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), il vizio di omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia. All'uopo adducono che, "nonostante non ricorressero i presupposti per la rimessione della causa al primo giudice ex art. 353 c.p.c. - ex art. 354 c.p.c., comma 1, il Collegio di appello Salentino, una volta dichiarata la nullità degli atti precedenti, in violazione della prescrizione contenuta nell'art. 354 c.p.c., n. 4 non ha disposto la prosecuzione del giudizio per la pronuncia sulle domande originariamente avanzate dallo attore e da questi ribadite anche in fase di appello" (così ricorso, pagg. 8-9); che, conseguentemente, "essendosi fatta terminare la causa con la pronuncia di nullità, sostanzialmente si è data alla controversia la medesima conclusione voluta dal primo Giudice con la declaratoria di estinzione... in aperta difformità con quanto costantemente insegnato dal Supremo Collegio, quindi, si è ritenuto di non dare applicazione nella fattispecie al principio dell'assorbimento della nullità nei motivi di gravame" (così ricorso, pag. 9). Si impone previamente la puntuale qualificazione dei motivi tutti di impugnazione. Ebbene reputa questo giudice di legittimità che ciascuna delle tre censure si specifica in rapporto alla previsione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). Invero parte ricorrente si duole, giacchè - assume - il secondo giudice avrebbe erroneamente applicato norme processuali, giacchè - assume - la statuizione della corte distrettuale sarebbe inficiata da errores in procedendo. Su tale scorta si giustifica la contestuale disamina dei motivi tutti di ricorso. Rilevasi, innanzitutto, che è fuor di contestazione una ben precisa circostanza. Ovvero che, a seguito della declaratoria di incompetenza, con sentenza del

3/13.12.1991, del pretore di Brindisi ed all'esito della riassunzione del giudizio, gli attori ebbero a costituirsi oltre il termine di dieci giorni di cui all'art. 165 c.p.c. decorrente dal di della notifica della comparsa di riassunzione ed il convenuto, a sua volta, ebbe, per giunta, a costituirsi in un momento significativamente successivo, con comparsa del 18.9.2001, con cui ebbe ad eccepire l'estinzioe del giudizio. In questo quadro si osserva che, avvenuta la translatio iudicii davanti al giudice competente con la notifica della comparsa in riassunzione, occorre senz'altro che le parti nuovamente si costituiscano e tempestivamente e ritualmente. In ordine al profilo della tempestività può proficuamente farsi riferimento all'insegnamento n. 1760 del 18.2.1987 di questa Corte, insegnamento che, quantunque espresso in relazione all'art. 307 c.p.c., comma 2 - "il processo, una volta riassunto a norma del precedente comma, si estingue se nessuna delle parti siasi costituita" - spiega, nondimeno, che l'anzidetta disposizione non va intesa nel senso che per impedire l'estinzione basta comunque costituirsi anche senza il rispetto dei termini di cui agli artt. 165 e 166 c.p.c., bensì nel senso che occorre che almeno una delle parti osservi il termine assegnatole (cfr. in tal senso Cass. 18.2.1987, n. 1760). In ordine al profilo della ritualità è imprescindibile che si attenda ex novo alla iscrizione a ruolo. Invero la nota è rivolta - unicamente - a far sì che, tramite l'ufficio di cancelleria, sia portata davanti al magistrato la causa in relazione alla quale il rapporto tra le parti si è oramai già costituito in virtù dell'atto di citazione (cfr. in tal senso Cass. 9.4.1952, n. 975), sicchè, per un verso, si svela agevolmente perchè in ipotesi di riassunzione correlata all'evenienza della translatio iudicii si prospetti la necessità di una seconda iscrizione a ruolo, per altro verso, si giustifica e si condivide l'affermazione del giudice d'appello secondo cui la peculiarità del caso di specie "è lo spostamento del processo dinanzi ad altro giudice" (così sentenza d'appello, pag. 5) e, dunque, che "nel caso che ci occupa la situazione processuale non è assimilabile ai casi in cui il processo, per una qualsiasi situazione intervenuta nel suo corso (interruzione, sospensione, etc.) necessiti di essere riassunto per poter essere proseguire" (così sentenza d'appello, pag. 5). Del resto, da un lato, è propriamente a tali ultime ipotesi che si correlano gli insegnamenti di questa Corte che opinano per la non necessità di una nuova iscrizione a ruolo (il riferimento è a Cass. 25.6.2002, n. 9247, secondo cui la riassunzione della causa cancellata dal ruolo costituisce un semplice atto di impulso processuale, che non determina l'instaurazione di un procedimento nuovo, avendo l'unico scopo di rendere possibile la prosecuzione di quello originario, e non richiede, pertanto, un nuovo mandato alle liti, nè una nuova iscrizione a ruolo, sempre che non comporti il mutamento dell'organo giudicante, ed a Cass. 10.3.1975, n. 886), dall'altro, la necessità di una nuova iscrizione a ruolo in un'ipotesi come quella per cui è contesa, è non solo espressamente ammessa dalla già menzionata pronuncia n. 9247 del 2002, ma è altresì prefigurata dagli insegnamenti n. 1718 del 17.2.1995 e n. 12917 del 4.12.1992 di questo giudice. Alla luce dei rilievi tutti testè espressi il primo motivo di ricorso è quindi destituito di fondamento. E parimenti è infondato il secondo motivo. Va in questa sede di certo ribadito che le disposizioni dell'art. 171 c.p.c. e art.

307 c.p.c., commi 1 e 2, sulla cancellazione della causa dal ruolo per la mancata costituzione delle parti, senza dubbio non si applicano se le parti, sebbene costituitesi tardivamente, dimostrino la comune volontà di dare impulso al processo, regolarizzando in tal modo la costituzione del rapporto processuale (cfr. Cass. 24.9.1994, n. 7855; Cass. 28.11.1987, n. 8878). Tuttavia, nel caso di specie, la circostanza per cui ccc xxx si sia costituito in un momento significativamente successivo alla riassunzione del giudizio, con comparsa in data 18.9.2001, allo scopo, essenzialmente, di eccepire l'estinzione del processo, denota di per sè che il medesimo attuale controricorrente non ha in alcun modo inteso palesare intendimenti idonei a dar corpo alla regolarizzazione del rapporto processuale. Al contempo, al cospetto dell'univoca valenza della dianzi menzionata circostanza svilisce in toto il significato della sua partecipazione alle operazioni di consulenza tecnica. E ciò tanto più se si tien conto che i medesimi ricorrenti riferiscono (cfr. altresì memoria ex art. 378 c.p.c., pag. 3) che cccc ebbe a rifiutare la sottoscrizione del verbale predisposto dall'ausiliario. Meritevole di accoglimento è, viceversa, il terzo motivo di ricorso. Al riguardo si premette che va sicuramente condivisa l'affermazione della corte distrettuale secondo cui il primo giudice avrebbe dovuto "disporre... la cancellazione della causa dal ruolo e non già pervenire ad una declaratoria di estinzione del processo" (così sentenza d'appello, pag. 6. D'altronde questo giudice del diritto spiega che nel caso in cui, dopo che la riassunzione davanti al tribunale competente per valore sia avvenuta entro il termine fissato con ordinanza dal pretore, adito con il procedimento di convalida di sfratto, venga ordinata la cancellazione della causa dal ruolo per mancata costituzione delle parti, non si verifica l'estinzione del processo ove la causa sia di poi riassunta tempestivamente rispetto alla cancellazione suddetta, ancorchè oltre i termini fissati dall'ordinanza pretorile: cfr. Cass. 21.12.1992, n. 13557). Tuttavia non vi è motivo alcuno che questa Corte non ribadisca quanto ha - per giunta a sezioni unite - affermato. Propriamente che, in ipotesi di nullità del giudizio di primo grado, nullità quale correlata alla circostanza che il giudizio, malgrado la tardiva costituzione dell'attore, abbia, nella contumacia del convenuto, avuto prosecuzione senza che il giudice di prime cure ne ordinasse la cancellazione dal ruolo, il giudice d'appello, innanzi al quale tale nullità sia stata dedotta, deve dichiarare la nullità degli atti del procedimento di primo grado successivi alla notifica della citazione introduttiva e, con separata ordinanza, disporre per l'ulteriore trattazione della causa dinanzi a sè in applicazione del principio dell'assorbimento delle nullità nei motivi di gravame, senza alcuna possibilità del rinvio della causa al primo giudice, attesa la tassatività e le non estensibilità, per analogia, dei casi in cui il giudice deve limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza di primo grado ed a rimettere le parti davanti al primo giudice (cfr. Cass. s. u. 3.10.1995, n. 10389). La sentenza n. 636 del 4.5/8.10.2007 della corte d'appello di Lecce va conseguentemente cassata limitatamente ed in relazione alla censura accolta. Si dispone il rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Lecce, che provvederà inoltre alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. p.q.m. La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta, rinvia ad altra sezione

della corte d'appello di Lecce anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sez. Seconda Civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 23 gennaio 2014. Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2014