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Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693 Pubblicazione del 2.02.2016 La Nuova Procedura Civile, 1, 2016 Editrice Comitato scientifico: Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) Costanzo Mario CEA (Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) Francesco FIMMANO (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) Francesca PROIETTI (Magistrato) Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare, Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato, Vice Capo dell Ufficio legislativo finanze del Ministro dell economia e delle finanze) Antonella STILO (Consigliere Corte di Appello) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.). Onere di contestazione specifica, impugnazione, fatti principali e secondari, specifiche censure Soltanto per i fatti principali, il riesame dell'accertamento risultante dalla sentenza impugnata è subordinato alla proposizione di specifiche censure, in mancanza delle quali opera la preclusione derivante dal giudicato interno, mentre per quelli secondari, utilizzati dal giudice di primo grado in funzione della prova dei fatti costitutivi della domanda, l'avvenuta impugnazione dell'accertamento riguardante questi ultimi comporta la riapertura del dibattito processuale anche in riferimento ai primi. Massime rilevanti: Soltanto in riferimento ai fatti principali trova infatti applicazione la regola stabilita dall'art. 167 c.p.c., comma 1, che, onerando il convenuto di prendere specificamente posizione in ordine alle allegazioni dell'attore, ne rende superflua la prova, imponendo al giudice di ritenerli incontroversi, laddove la mancata contestazione dei fatti secondari attribuisce al giudice soltanto il potere di utilizzarli liberamente come argomenti di prova ai sensi dell'art. 116 c.p.c. (cfr. Cass., Sez. Un., 23 gennaio 2002, n. 761; Cass., Sez. lav., 22 dicembre 2005, n. 28381; 8 agosto 2003, n. 12010).

Cassazione civile, sezione prima, sentenza del 2.10.2015, n. 19709 omissis 1. Preliminarmente, va disattesa l'eccezione d'inesistenza o nullità del ricorso, sollevata dalla difesa della controricorrente in relazione all'errata indicazione del soggetto legittimato a stare in giudizio per conto della M., la cui identificazione nel socio xxxxxxxx anzichè nei liquidatori nominati a seguito dello scioglimento della società, si tradurrebbe in un vizio della vocatio in jus, non sanabile neppure dalla costituzione dell'intimata, con la conseguente inammissibilità dell'impugnazione. Benchè lo scioglimento della xxx intervenuto in data anteriore alla notificazione del ricorso, l'individuazione del legale rappresentante della società nel socio accomandatario, anzichè nei liquidatori nominati con atto trascritto nel registro delle imprese, non comporta infatti un'incertezza assoluta nell'identificazione dell'intimata, correttamente individuabile sulla base della denominazione riportata nel ricorso, risolvendosi pertanto in una mera irregolarità, sanata ex lune dalla costituzione in giudizio della società in persona dei legali rappresentanti (cfr. Cass., Sez. 3^, 16 maggio 2008, n. 12446; Cass., Sez. 1^, 25 settembre 2007, n. 19922; Cass., Sez. lav., 6 agosto 2003, n. 11900). 2. Va altresì rigettata l'eccezione d'inammissibilità del controricorso, proposta dalla difesa del ricorrente in relazione all'inosservanza del termine fissato dall'art. 370 c.p.c., per la notificazione dell'atto: la notifica risulta infatti effettuata il 25 novembre 2008, ed ha avuto quindi ritualmente luogo entro il ventesimo giorno dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, decorrente dalla data della notificazione dell'impugnazione, effettuata a sua volta il 17 ottobre 2008. 3. Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 112, 324 e 346 c.p.c., e dell'art. 2909 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto non provate circostanze risultanti dalla sentenza di primo grado, il cui accertamento non aveva costituito oggetto di impugnazione da parte dell'appellante. Nel contestare gli elementi indiziari addotti dal Tribunale a sostegno della scientia decoctionis, xxxxxxxx non aveva infatti negato che i protesti levati nel 1997 fossero stati pubblicati in data anteriore all'instaurazione del rapporto nè che i pagamenti impugnati costituissero un adempimento parziale effettuato ad un anno di distanza dalle forniture di riferimento, ma si era limitata a sostenere che la prima circostanza non consentiva di presumere l'avvenuta consultazione del bollettino da parte di essa creditrice e l'idoneità della stessa a rivelare la conoscenza dello stato d'insolvenza, astenendosi invece dal censurare la seconda affermazione. 4. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del procedimento e della sentenza impugnata, sostenendo che la Corte di merito ha travalicato l'ambito del gravame, avendo escluso la sussistenza di circostanze dalle quali la sentenza di primo grado aveva desunto la scientia decoctionis, nonostante le stesse non avessero costituito oggetto d'impugnazione. 5. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., e della L. Fall., art. 67, comma 2, osservando che,

nel conferire rilievo all'esito tranquillizzante delle informazioni acquisite al momento dell'instaurazione del rapporto, la Corte di merito non ha tenuto conto dei protesti all'epoca già risultanti a carico del B. e del dovere della creditrice di tenersi al corrente delle condizioni economiche del debitore. Premesso inoltre che la scientia decoctionis può essere provata anche in via presuntiva, sostiene che, nell'escluderne la sussistenza, la sentenza impugnata ha trascurato elementi sintomatici rimasti incontestati e coperti da giudicato implicito, e segnatamente la notoria situazione di difficoltà delle farmacie operanti nella Regione Campania, il ritardo con cui erano intervenuti i pagamenti delle forniture, il carattere parziale di tali pagamenti e l'esistenza dei predetti protesti, nonchè d'iscrizioni e trascrizioni a carico del patrimonio immobiliare del debitore. 6. L'illustrazione delle predette doglianze si conclude con la formulazione di specifici interrogativi, con i quali il ricorrente chiede a questa Corte di stabilire, in sintesi, a) se, ai fini dell'accertamento della scientia decoctionis, il giudice d'appello possa, in mancanza di specifiche censure da parte dell'appellante, escludere la sussistenza di circostanze non contestate, che il giudice di primo grado abbia posto a base del proprio convincimento, b) se l'esclusione delle predette circostanze si traduca nella nullità della sentenza o del procedimento, per violazione del giudicato interno, c) se, ai fini dell'accertamento della scientia decoctionis, da compiersi in riferimento alla data di effettuazione dei pagamenti impugnati, costituisca violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione alla L. Fall., art. 67, comma 2, il mancato riconoscimento di efficacia indiziaria ad elementi caratterizzati da gravità, precisione e concordanza, in particolare alle risultanze del bollettino dei protesti e delle visure immobiliari, al carattere tardivo e parziale dei pagamenti effettuati dal fallito ed alla notoria situazione di difficoltà in cui versano le farmacie nella Regione Campania. Non merita pertanto accoglimento l'eccezione d'inammissibilità sollevata dalla controricorrente in riferimento all'art. 366 bis c.p.c., dovendo ritenersi osservato il requisito prescritto dal primo periodo di tale disposizione, ai fini del quale non è necessario il rispetto di forme particolari, ma risulta sufficiente che il motivo d'impugnazione sia corredato da una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta all'esame di questa Corte, funzionale all'enunciazione del principio di diritto applicabile alla fattispecie, e quindi formulata in termini tali per cui dalla risposta, negativa od affermativa, che ad esso si dia, discenda in modo univoco l'accoglimento od il rigetto dell'impugnazione (cfr. Cass., Sez. Un., 12 marzo 2008, n. 6530; 11 marzo 2008, n. 6420; 28 settembre 2007, n. 20360). 7. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti profili diversi della medesima questione, sono peraltro infondati. E' pur vero, infatti, che, nel censurare l'apprezzamento emergente dalla sentenza di primo grado in ordine alla sussistenza della scientia decoctionis, la M. non aveva contestato la duplice affermazione del Tribunale secondo cui i pagamenti effettuati dal fallito costituivano un adempimento parziale effettuato ad un anno di distanza dalle forniture, ed i protesti risultanti a carico del B. erano già stati pubblicati al momento dell'instaurazione del rapporto commerciale con la società convenuta, ma si era limitata ad insistere sulla normalità delle predette modalità di pagamento, negando la possibilità di attribuire alle stesse ed ai protesti valore sintomatico, tale da giustificare l'affermazione della conoscenza dello stato d'insolvenza da parte di essa

appellante. In quanto estranee ai fatti costitutivi della domanda, rappresentati dai pagamenti effettuati nel periodo sospetto e dalla scientia decoctionis, ed allegate esclusivamente in funzione della prova di quest'ultimo requisito, le predette circostanze non erano peraltro qualificabili come fatti principali, la cui mancata contestazione da parte dell'appellante comportasse la formazione del giudicato interno, impedendo al Giudice di secondo grado di escluderne l'esistenza, ma come fatti secondari, la cui valutazione, rientrante nel procedimento logico seguito per giungere all'accertamento del fatto costitutivo, doveva ritenersi implicitamente rimessa in discussione per effetto delle censure sollevate al riguardo dall'appellante. Tale minore grado di stabilità dell'accertamento è ricollegabile, oltre che alla diversa efficacia dei fatti rientranti in ciascuna delle predette categorie, alla portata degli oneri incombenti alle parti in riferimento agli stessi ed alle conseguenze che la legge prevede per il loro inadempimento: soltanto in riferimento ai fatti principali trova infatti applicazione la regola stabilita dall'art. 167 c.p.c., comma 1, che, onerando il convenuto di prendere specificamente posizione in ordine alle allegazioni dell'attore, ne rende superflua la prova, imponendo al giudice di ritenerli incontroversi, laddove la mancata contestazione dei fatti secondari attribuisce al giudice soltanto il potere di utilizzarli liberamente come argomenti di prova ai sensi dell'art. 116 c.p.c., (cfr. Cass., Sez. Un., 23 gennaio 2002, n. 761; Cass., Sez. lav., 22 dicembre 2005, n. 28381; 8 agosto 2003, n. 12010). Trasferendo tali principi sul piano del processo d'impugnazione, può dunque concludersi che soltanto per i fatti principali il riesame dell'accertamento risultante dalla sentenza impugnata è subordinato alla proposizione di specifiche censure, in mancanza delle quali opera la preclusione derivante dal giudicato interno, mentre per quelli secondari, utilizzati dal giudice di primo grado in funzione della prova dei fatti costitutivi della domanda, l'avvenuta impugnazione dell'accertamento riguardante questi ultimi comporta la riapertura del dibattito processuale anche in riferimento ai primi. 8. Il terzo motivo è invece inammissibile. Ai fini dell'accertamento della scientia decoctionis, la sentenza impugnata si è correttamente uniformata al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la prova della conoscenza dello stato d'insolvenza presuppone la dimostrazione della concreta situazione psicologica della parte al momento dell'atto impugnato, e non già quella della semplice conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche della controparte, e pertanto, pur potendo essere fornita in via presuntiva, richiede l'offerta di elementi indiziari tali da indurre a ritenere che il terzo, facendo uso della normale prudenza ed avvedutezza, rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonchè alle condizioni in cui si è trovato concretamente ad operare, non possa non aver percepito i sintomi rivelatori dello stato di decozione del debitore (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1^, 24 ottobre 2012, n. 18196; 18 aprile 2011, n. 8827; 4 maggio 2009, n. 10209). La sufficienza degli indizi offerti è stata esclusa nella specie sulla base di una valutazione dei singoli elementi e della fattispecie nel suo complesso, attraverso la quale la Corte di merito è pervenuta alla negazione del valore sintomatico delle circostanze addotte dalla difesa del fallimento, alla luce non solo delle specifiche caratteristiche del settore di mercato in cui operavano il fallito e la convenuta, ma anche delle concrete modalità di svolgimento del rapporto

intercorso tra le parti, ritenute idonee a giustificare la convinzione della tornitrice che il ritardo nei pagamenti del farmacista fosse imputabile alla mancata riscossione dei rimborsi dovuti dalla Regione. In quanto riflettente la valutazione dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dalla legge ai fini della valorizzazione degli elementi di fatto come fonti di presunzione, tale apprezzamento non è censurabile per violazione di legge, risolvendosi in un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità esclusivamente per vizio di motivazione, nella specie neppure prospettato dalla ricorrente (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1^, 5 luglio 2007, n. 15219; 20 dicembre 2006, n. 27284; Cass., Sez. 3^, 8 marzo 2007, n. 5332). 9. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo. p.q.m. La Corte rigetta il ricorso, e condanna il Fallimento di xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxpagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 2.700,00, ivi compresi Euro 2.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 17 marzo 2015.