OTTORINO BELOTTI. Ultimo giorno. ovvero Cupio dissolvi cosmico



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OTTORINO BELOTTI Ultimo giorno ovvero Cupio dissolvi cosmico

OTTORINO BELOTTI Ultimo giorno ovvero Cupio dissolvi cosmico

In ricordo sofferente della figlia Nadia (23/05/1978-23/03/2000) 2014, Sestante Edizioni - Bergamo www.sestanteedizioni.it ULTIMO GIORNO ovvero Cupio dissolvi cosmico di Ottorino Belotti con disegni di Rosita Berlanda p. 208 - cm 17x24 ISBN: 978-88-6642-168-9 Printed in Italy by SESTANTEinc - Bergamo È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Eventuali violazioni saranno perseguite a norma di legge.

INDICE PRIMA PREFAZIONE pag. 5 SECONDA PREFAZIONE» 7 TERZA PREFAZIONE» 9 Essere» 10 Non Essere» 11 CAPITOLO I Il romanzo nel cassetto» 13 CAPITOLO II Io non so chi è il mio Dio» 15 CAPITOLO III L attesa di mia figlia» 23 CAPITOLO IV L antifascismo di mio padre» 25 Commemorazione della sorella» 31 CAPITOLO V La filosofia al servizio di Hitler» 33 CAPITOLO VI Io scoperto comunista prima di diventare comunista» 35 3

CAPITOLO VII Il mio lavoro... amministrativo» 39 CAPITOLO VIII Il mio personale... politico» 45 CAPITOLO IX La mia militanza di movimento e di partito» 49 CAPITOLO X Il Comunismo oggi: solo ideologia o perenne utopia?» 53 CAPITOLO XI Soluzioni di libertà, non di sistema, né di populismo» 65 CAPITOLO XII Cupio dissolvi ovvero Voglia di volare via» 75 CAPITOLO XIII Prima della morte - Poesie e racconti» 77 CAPITOLO XIV In morte della figlia - Poesie» 147 CAPITOLO XV Dopo la morte - Poesie e racconti» 157 CAPITOLO XVI Estrema unzione» 201 CONCLUSIONI» 203 ULTIM ORA A RIPROVA» 205 4

PRIMA PREFAZIONE In sessant anni di militanza politica degli ottanta di vita non ho mai potuto dire e tanto meno spiegare a nessuno la mia scelta nella nuova sinistra, preoccupato in particolare all interno delle organizzazioni partecipate più che a dire le mie ragioni e le mie proposte, ad ascoltare e capire le argomentazioni degli altri anche se lunghe e ripetute specie nelle analisi; disposto così ad ascoltare per non caricare i dibattiti e i confronti e lasciar giungere al più presto a obiettivi concreti da praticare. Ora tirando le somme (supposto che la situazione consenta di tirare somme...), non spenta la passione di partecipare alla vita del mondo, se pur svanita la convinzione di poterlo correggere e nemmeno di aggiustarlo, sento il bisogno di spiegare la mia scelta politica, che ritengo valida per se stessa, ma più ancora per il pre-politico e per il post-politico che l accompagnano come presupposti culturali (tra filosofia-teologia-morale-scienza-tecnica-storia-società-cono - scenza-informazione-narrativa-estetica, ecc. ecc.), capace di dare ogni senso della realtà nascosto nella materialità degli avvenimenti percorsi; pre e post-politico (come il proverbiale prima-durante-dopo ) che appunto vanno oltre la politica, ma che la devono rendere credibile. Negli ultimi vent anni a cavallo tra la fine del secondo millennio e l inizio del terzo, la politica ha subìto un capovolgimento al peggio, fino a convincermi ai miei ottant anni a dire che la (mia) speranza è finita prima della (mia) fine, senza che ci sia pessimismo della ragione e ottimismo della volontà che possano porre rimedio, anche se non rinnegherò mai la mia scelta politica, che porterò con me nell aldilà, non tomba di morte, ma orizzonte cosmico di libertà oltre terre e cieli nuovi, poiché alla base della mia concezione della vita e del mondo c è sempre stata conoscenza e consapevolezza in quanto qualità dell anima, che corpo certo non è, ma qualcosa del corpo Aristotele e cioè spirito di scambio simbolico con la materia e quindi con la politica, anche se anima e spirito sono termini che non bastano a rendere l idea e anzi possono essere equivoci rispetto a intenti di giustizia e di pace contro la veemenza del male. Potevo limitarmi a recuperare alcuni miei saggi di poetica e di narrativa, ma non mi bastava perché riscontro che il mondo è pie- 5

no di poetica e di narrativa (anche se nessuno raggiungerà mai il colmo della passione e dei sentimenti, oltre che del pensiero dell uomo...), ma più ancora perché per farmi capire ho sentito la necessità di dire esplicitamente i contenuti dei miei versi e dei miei racconti; contenuti espliciti che la poesia e la narrativa non possono spiegare pena di perdersi e di annullarsi appunto come letteratura, che per essere tale deve stare nella realtà (politica compresa) e passare di striscio ai simboli, cioè a qualcosa di più grande della singolarità di ogni cosa reale e quindi anche della politica. Così nella prima parte di questa specie di libro scrivo una premessa di 12 capitoletti, traccianti la mia concezione culturale e il mio pensiero politico con il relativo vissuto di testimonianza, passando poi alla seconda parte del libro tracciante le emozioni vissute e la mia com-passione del mondo, cioé la mia poetica, con alcune poesie e alcuni racconti recuperati dal cassetto e esposti in tre fasi: Prima della morte In morte della figlia Dopo la morte, nel tentativo di squarciare il mio essere sempre alla ricerca dei responsabili del male a cominciare... da Dio, per finire con la responsabilità degli uomini fatti a somiglianza... di Dio, anche se il male è a campione dentro di me per esplicita consapevolezza dell anima; dentro di me fatto quello che sono, ma prima risultante quello che sono stato fatto, effetto di natura voluto dallo spirito che ha avviato l assurdo e che è ancora Dio, di cui spiego anche solo a me stesso la colpa di aver creato anche il male a corredo della creazione per dimostrare di saperlo vincere, ponendosi origine ancestrale del male, sapienza infuocata e terribile potenza contro i preordinati potenti della storia patiti di morte, come contro i superbi della vita illusi di capacità supreme intrise di vanagloria di sopraffazione. L autore 6

SECONDA PREFAZIONE Al compimento dell ottantesimo anno di età (di striscio onomatopeico con il mio nome) saluto l ULTIMO GIORNO ; mio ultimo giorno, già da molto in attesa di un tempo senza giorni; e ultimo giorno del mondo, con il futuro già finito senza soluzione. Per quanto mi riguarda, Ultimo giorno atteso perché (per essere sùbito esplicito) io sono mancato suicida o suicida pentito in ragione del fallimento della vita e della storia dovuto al fallimento della politica, con il tutto avviluppato nei gangli dell impero del male, già prima e oltre la morte di mia figlia Nadia uccisa in un incidente di autostrada a 21 anni il 23 marzo 2000. Suicida mancato, a parte il senso di responsabilità nei confronti dalla mia compagna di vita mamma di Nadia capace di accettarmi così, per non avere il coraggio (... per esempio) di Cesare Pavese e quindi costretto a vivere fin dentro il drammatico vertiginoso inizio del terzo millennio del mondo. Vivo in spirito da prima della nascita un cupio dissolvi che non è ispirazione mistica o esotica, ma è cosmica celebrazione della vita dopo aver celebrato mai niente, sempre battuto da subìti sistemi universali di violenza, di sacrificio e di morte orchestrati da culture e da politiche di indotte inclinazioni a infamie e delitti che continuano a venire senza respiro come eterno ritorno della miseria umana. Certo il male viene prima e dopo la politica come veemente insidia delle forze della natura e come caratteristica degli atti umani marcati di violenza selvaggia e mitica costituente dell origine e dell essenza del male. Ma da lì in poi il male si compie più oltre nei contesti di socialità e di storia, che sono condotti dalla politica protagonista prevalentemente di ossessive scelte del peggio e di parallele omissioni del meglio. Da qui per evitare interlocuzioni con fraintendimenti di fuga o di scusa, preciso cosa intendo per MALE: non offesa a Dio, nominandolo invano e neppure bestemmiandolo, pur restando riprovevole la bestemmia (se non altro per rispetto di chi crede); né è godimento o ripugnanza della nudità dei corpi; ecc. ecc, ad esempio rubare per fame a chi è in abbondanza, senza violenza per nessuno; non tanto i fortunosi eventi di natura con malattie, calamità, rovine e morti conseguenti; 7

ma in specie la violenza dei viventi contro i viventi, uomini contro uomini e contro animali, poi animali contro animali, come uomini e animali contro elementi e valori di natura, oltre che offese contro lo spirito dell uomo come contro la fragilità dell uomo laddove c è fragilità; il tutto in violenze individuali e interpersonali e violenze di singoli, di società, di popoli, di Stati, di storia e di sistema, quale totale e assoluta violenza caratteristica costitutiva dell uomo, che crea ultimi e esclusi abbandonandoli a sorti di infamia. Sublimando da qui il concetto del male, quale fatica, dolore e morte combinato ad umiliazione e avvilimento dell uomo nei processi dell esistenza, l essenza e la vastità del male risulta ancora più profonda e intrinseca alla natura umana, più che ancestrale, cioè incapacità dell uomo di capirsi con se stesso e di compiersi con i propri simili, oltretutto a scapito della natura e del mondo, il tutto a causa di concezioni e di scelte di sviluppo posto come pretesto di civiltà e di progresso, ma in realtà come cieca fine a se stesso e alla propria ragione. Cupio dissolvi per andare aldilà, non importa se troverò solo tracce di materia o scintille di immateriale o all estremo se troverò il caos del nulla originale dal quale tutto sarebbe venuto o il caos di un tempo eterno in continua ripetizione con se stesso; aldilà comunque dei fallimenti dei quali sono sempre stato opposizione, sempre volutamente perdente nelle stime della piatta realtà, anche se sostanzialmente vincente (non suoni presunzione il termine) rispetto ai fallimenti di sistema. Cupio dissolvi perché non mi regge più l ironia che mi ha sempre accompagnato, mascherando la mia tristezza e il mio pessimismo di natura, mentre inoltre cede la mia passione per il mondo dopo l avventura dell esistenza, anche se reggerò fino all ultimo respiro. Cupio dissolvi e riposare in pace con il rosso della mia utopia assieme alle schiere degli uccisi della storia... con mia figlia tra loro. E così sia! L autore 8

TERZA PREFAZIONE Volevo intitolare questa specie di libro Le mie prigioni, ma il plagio sarebbe stato troppo plateale, anche perché lo Spielberg non c è più, mentre il peggio continua. Bei tempi quelli... (si fa per dire!) con la speranza di fare l Italia, poi gli Italiani con i Francesi, gli Spagnoli, gli Inglesi, i Tedeschi, a parte gli Americani, ecc. ecc. e per ultimo gli Orobici legati dalla sorgente del Po alle sue foci, fino a orizzonti di gloria. Bei tempi questi... (ancora si fa per dire!). L autore 9

ESSERE, cioè LA VERITÀ EGO IO con il SUPER IO autocoscienza della mia colpa per intenti di redenzione con questa faccia alla fine degli anni 50 dopo dieci anni di studentato missionario, ridotto testimone del duello ancestrale tra la presunta innocenza del pensiero (cioè dello spirito) dell uomo con la crudezza della realtà lacerata tra violenza e sacrificio della nuda carne dell uomo. 10

NON ESSERE - IL NULLA, cioè LA VERITÀ di rovescio ALTER EGO NON IO dalla tronfia nudità dell uomo aggrappato al VUOTO e al NIENTE del trono di potenza di Dio... poi convertito a capellone i primi anni 60 per essere degno del 68, giusto in tempo per incominciare a prepararlo con il progetto di cambiare il mondo, incominciando dalla consapevolezza dello spirito, prima che dai riscontri della materia proclamata realtà. 11

CAPITOLO I Il romanzo nel cassetto Ho nel cassetto il romanzo La città distrutta come di tanti aspiranti scrittori; romanzo storico-autobiografico con protagonista un anarchico per le strade e le piazze del 68, convertito (fuori romanzo) negli anni del terrorismo in Italia al leninismo-troskista-lussemburghiano, non stalinista, pur consapevole che per liberare la Russia di allora, come già dal truce possente impero zarista, dall imperialista dittatura nazista invadente il mondo, è stata necessaria una volontà ossessiva di difesa stanti le condizioni reali di posizione. La città distrutta vissuta e scritta come autoanalisi alla ricerca del senso di sé e della trama dell esistenza sorpresa nella tragica furia degli eventi, per la mimesi della storia degli anni 70 faceva paradossalmente propria la critica di fondo con la quale si avversa ancora oggi quell epoca bollando il 68 come causa del peggio perché avrebbe voluto troppo. Certo! Il 68 ha voluto troppo, troppo poco, senza impegnarsi a cambiare sostanzialmente niente del sistema di potere aggredito e restando solo lotta culturale di ribellione, essenzialmente poetica e di mito. Con il romanzo sostenevo che c era un errore in quella rivoluzione: si volevano cancellare prepotenze, ingiustizie e infamie del potere chiedendo tutto e sùbito fino all impossibile, mentre bisognava andare oltre la stessa città conquistata dalle ardite e gloriose lotte partigiane, poi sùbito ricaduta su sé stessa tra intrighi di privilegi e interessi di parte, perpetrati dietro vaste distribuzioni di miserie. Si voleva riprendersi la città con tutti i diritti impiantati strappando il potere al potere, mentre bisognava strappare la libertà al potere, liberando la città umiliata a serva emulatrice di città capitali in agguato di dominio fra loro contro le periferie della terra. La città doveva essere distrutta per uscire liberi tutti a incontrare ogni popolo senza nessun popolo eletto, senza nessun popolo guida, per fare della terra un solo popolo. Dovevamo uscire dalla città senza poteri, senza niente, solo con la mente aperta e il cuore pronto alla passione del mondo, oltre le barriere e i confini tracciati in vincoli e codici di sistema. Distruttivismo combinato con l utopia? Erano necessarie visioni culturali e progetti politici di rivolta, di ribellione, di opposizione in opposizio- 13

ne, da comporre in un grande disegno di libertà, senza più bisogno di categorie e di sottocategorie di vittime. Questo non è stato e La città distrutta è rimasta nel cassetto (... dietro fragili insistenze e con il risparmio di inutili spese personali) messa a tacere da successivi intenti di rimediare con scritti di altre più accettabili utopie, magari passando a saggi di filosofia, di psicologia, di economia, di politica o... di scienza (no, non di scienza poiché stante la mia formazione classica e umanistica, ne sarei uscito pregiudizialmente antiscientista, ma sulla scienza) con la tecnologia spinta a oltranza a condurre ciecamente la realtà, incapace di capire dove andare a sbattere nella definizione dell uomo e del suo destino. 14

CAPITOLO II Io non so chi è il mio Dio come Nessun uomo ha mai visto Dio (Giovanni, 1-18) Prologo: la domanda perché il principio dell essere ha proceduto a originare la materia e il correlato immateriale (spirito-coscienza-anima-energia) pur consapevole del male che ne sarebbe venuto (biblicamente: perché Dio ha proceduto alla creazione pur sapendo il male che ne è venuto) ha una risposta: è stato un suo bisogno di potenza e cioè oggettivamente è stato un atto di volontà di potenza ante litteram, fatto subire alla creazione. Su Dio il discorso è più pepato. Superato come soggetto di fede, di religione, di dottrina e rivisto come essere primo della filosofia, entità primordiale precedente e contenente ogni tempo e ogni spazio, Dio non è amore, né bontà, né dono di niente a nessuno, ma è principio assoluto misto di materia e di immateriale insieme contenente ogni cosa visibile e da ogni cosa distinta, origine trascendente di tutto il reale, già prima poter essere senza limiti e cioè illimitata pre-potenza, contestualmente essere assoluto e cioè potenza in atto (atto di potenza) di per sé e tutta per se stessa; essere incondizionato a sua volta condizione di ogni possibilità come ragione suprema; essere universale che è in quanto si pone in piena autonomia e consapevolezza; ossessivo essere metafisico, unico e completo di ogni realtà, coerente e serratamente logico con se stesso; essere compiuto in volontà di potenza in quanto ineludibilmente operante per la propria piena realizzazione, libero nei suoi atti con ogni conseguenza voluta (... pena non essere Dio), sostanzialmente violenza rispetto ad ogni altro da sé, cioè ad ogni prodotto originato, con tutta la responsabilità che ne è venuta e che continua a venire nei processi del male come del bene conseguiti. * Avvertenza. Chi non vuole sapere proprio niente di Dio neanche sul piano razionale, cioè non di religione, in relazione al reale che esiste oltre la realtà, passi sùbito al capitolo successivo o se preferisce chiuda questo libro e lo passi a chi vuole. Si tratta del rilevamento di pensiero e di conoscenza e quindi di un sapere classico che nessuna rivoluzione è stata né è in grado di superare, in quanto sapere appunto del reale che è a monte della realtà, non iperuranico, né di idealismo, ma astratto-sortitorilevato dalla realtà materiale fisica e immanente risultante. 15

Per evitare equivoci stacco sùbito la sublime figura del Cristo, il Nazareno, che, a parte appunto il problema della redenzione, nella sua opera ha fatto e detto di tutto, anima e corpo, contro la vastità del male e in particolare contro il male di potenza, cioè contro il male della politica, diventando consapevolmente vittima e olocausto del potere dei suoi sacerdoti e degli anziani del suo popolo, prima che dell impero romano imperialista venuto a calpestare la sua terra. Proprio come tanti altri prima e dopo di lui, consapevolmente vittime di sé per la libertà degli altri, ad esempio per i nostri tempi Che Guevara, al di là di ogni valutazione e di ogni opinione di valore. Tutto questo per mostrare esplicitamente che il male è il potere e ribaltando i termini che il potere è il male, germe costitutivo e intrinseco dell uomo esploso nella storia, capace di diventare distruzione dell uomo stesso e rovina del mondo, camuffato all occorrenza nelle vesti paludate di sempre, di epoca in epoca simboli e maschere di ogni potenza. Sulla relazione tra potere e redenzione, occorrerebbe abbozzare un ipotesi estrema: il Nazareno vittima del potere religioso-politico del suo tempo, è stato a monte vittima del padre, secondo un passo testamentale. Che padre? Il padre che il Nazareno stesso ha chiamato nel momento estremo del suplizio della croce, gridando: Padre, perché mi hai abbandonato? Con ciò dimostrando di subire tragicamente anche lui come ogni vivente, figura campione del processo creativo fatto processo storico, il progetto (di potenza) del padre. Torniamo a Dio in quanto tale. Innanzitutto chi ha detto che Dio esiste? Se la mettiamo su questo tono, c è proprio bisogno di andare a vedere chi ha detto che Dio non esiste. Procediamo per fatti di vita. Già a 13 anni studente di Istituto missionario dei Monfortani in Italia, terminati il ginnasio e il liceo classico appassionato degli studi della matematica e della filosofia, giunto alla soglia della teologia intuita radicalmente come sapere chiuso, definito e dottrinale, gonfio di Dio sono fuggito. Da qui ho incontrato la storia reale, con le condizioni aberranti della realtà riscontrate sùbito come condizioni della vita, anzi del senso della vita e ancor peggio del senso della verità, prima astrattamente percepita. Così incamminandomi tra i delitti e le rovine del mondo, presto mi sono imbattuto nell eccelso paradossale assioma: lo sono ateo grazie a Dio (conosciuto oggi anche dai bambini), a parte... la sua morte intercorsa! Paradossale assioma che ho trovato recentemente reinterpretato stupendamente in un pensiero latino-americano capace di fare a brandelli ogni dottrina, recuperando verità e passione in termini di umanità sempre sublime nella sofferenza: Dio non esiste e Maria è sua madre! Cosa si vuole di più dalla dialettica del cristianesimo? Qui impallidisce il colpo di genio del cristianesismo stesso rilevato dalla critica di Nietzsche: Dio avrebbe fatto dono di sé agli uomini fino al sacrificio più atroce del tempo, per essere compensato del peccato degli uomini incapaci di compensarlo da se stessi, rilevandosi egli così amo- 16

re e bontà per gli uomini. Intanto io ho rovesciato astutamente l assioma a mio vantaggio: Io non sono ateo per disgrazia di Dio! E qual è questa roboante disgrazia? Dopo l atomo filosofico e non ancora scientifico di Democrito e dopo le rovinose ragioni del cuore trovate nell iperuranio di Platone, io sono stato e continuo a essere aristotelista. Che vuol dire? Vuol dire il tutto riconosciuto proveniente da un principio primo assoluto indimostrabile di per sé, preesistente ad ogni realtà, primordiale essere dell essere, non biblicamente Colui che è, ma filosoficamente causa delle cause, motore immobile, pensiero del pensiero, atto eterno in se stesso, che Aristotele non ha chiamato Dio conosciuto o sconosciuto che sia, per non finire anche lui a dover bere la cicuta come Socrate sempre a causa dell imbecillità dei potenti. E dunque questo principio primo della realtà essere dell essere, potenza di ogni potenza, cioè onnipotenza, è Dio, oltremodo parallelamente conoscenza piena e sapienza infinita, come tale facoltà di dominio su tutto in un tempo unito tutto presente e in un unico spazio; Dio sùbito logos, verbo e parola copiata dal processo mentale dell intelletto umano. A questo punto la questione cade sulla realtà originata, essere ontologico contemporaneamente materia, che nell astrazione operata dalla mente, diventa immateriale, gnoseologicamente idea-concetto, concretamente materia e immateriale insieme (cose visibili e invisibili), così realtà originata, che da se stessa è prova del principio postulato, creatore per chi lo vuoi intendere tale o più semplicemente e razionalmente origine. Fesserie? Pattume metafisico, nostalgia ideologica del trascendente, dell astratto, dell universale, dell assoluto?... Bene!... E se aggiungessimo che questo essere ontologico diventato essenza nella filosofia tomista e nella Scolastica, passato poi ancora da lontano nell incauta soggettiva personificazione del cogito, ergo sum e consimili, fino a diventare esserci per ultimo nello sviluppo del pensiero filosofico occidentale; esserci, cioè essere nella vita e nella storia, volto in definitiva nel plurisillabico: essere-per-la-morte della fenomenologia, precipitato nel vuoto e nel nulla del culminante esistenzialismo contemporaneo, come la mettiamo? Navigare nell esserci senza l essere è naufragare in un mare perduto soffocati nell immanenza, prima ancora di arrivare al nulla, se il nulla è l orizzonte. Diversamente non resta che la strada della religione rovesciata dell ateismo (che è una fede in quanto afferma la propria posizione senza prove possibili) o della scienza o meglio dello scientismo che più o meno convinto ribattendo che la materia non è originata perché non c è principio che tenga, afferma qualcosa che non può dimostrare, contro il proprio stesso principio di dimostrazione. Se poi la materia non è originata ed è origine e principio da se stessa (paradossalmente ripetizione per opposto del principio aristotelico), siamo al colmo della verità: la materia è Dio Dio è materia! Meno drasticamente non si può civettare sull antimateria, sulla materia oscura, sui buchi neri del cosmo e... sui bosoni lasciati chiamare strumen- 17

talmente particelle di Dio; né peggio si può barcollare sull inconfutabile immateriale palesemente costitutivo anche dell uomo (il pensiero l idea astrazione della realtà la logica la ragione e insieme la passione l etica l estetica, ecc.), fino a confondere il cervello con la mente e viceversa. E tantomeno si può dimostrare che l immateriale è semplicemente naturale evoluzione della materia nel suo sviluppo senza fine, che è un po come la promessa del paradiso in terra. A proposito di evoluzionismo cadiamo a fagiolo e c è qualcosa da chiarire. L evoluzionismo ha detto e dice come e perché la specie umana è passata da una forma a un altra. Niente di più ed è puerile il confronto-scontro con il creazionismo, che è concezione dell origine del tutto, compreso l uomo nella sua forma organica e nelle sue fattezze, dalle mutazioni genetiche alle somiglianze e dissomiglianze anatomiche, che non dicono niente in assoluto sull origine della vita e del vivente. Se poi la scienza ( scientista) insiste da un bel po a voler tracciare un senso iniziale e finale della realtà, trascina nella dispersione la stessa filosofia già in crisi da se stessa. Torniamo un altra volta a Dio soggetto, principio della materia e dell immateriale descritto, che sono l oggetto; Dio che (salvo fede, religione o dottrina) nessuno sa chi è, ipoteticamente non persona, ma energia cosmica, soffio universale, spirito della vita, respiro della materia, coscienza di infinito e di immenso senza soluzione o all estremo è lo stesso nulla biblico dal quale sarebbe stato tratto tutto, oppure il nulla del caos greco, consumata origine antecedente il mito, o meglio ancora (cioè peggio ancora) il vuoto e il nulla, estremo del pensiero filosofico contemporaneo, dichiarato senso di fallimento dell avventura di tutta la realtà culminante nel fallimento della stessa avventura umana. Da qui abbozziamo la seguente formulazione: Dio è il nulla e invertendo i termini il nulla è Dio, con buona pace delle contemplazioni animiste delle culture orientali, dove Dio è il contrario del nulla, cioè è tutto, poeticamente e misticamente natura, incapace come sembra anche lui di spiegare e di salvare il mondo, dopo avergli trovato un senso, diciamo, di accomodamento. Così Dio esiste, chiamato tale per convenzione persino da chi lo nega; per la filosofia non biblico, non cristiano, non islamico, ma Dio della ragione (che è altra della ragione illuminista) e della logica, processo mentale di conoscenza dell uomo. Esiste senza bisogno di prove, perché la prova è l evidente esistenza stessa della materia, che bellezza o orrore che sia, non può trovare da sé spiegazione di se stessa. Precisato quoad esse (essere dell essere), Dio è soggetto nascosto (absconditus) e senza volto con le qualità e le caratteristiche e i titoli, che non possono essere altri e diversi dai titoli ontologici attribuiti già nel contesto di questo capitolo. Se non sappiamo chi è, dopo essere giunti a dire che è e quindi che c è, definire Dio amore, bontà, misericordia, ecc. è palese giudizio gratuito di comodo e di autoinganno dovuto alla tensione umana sempre spinta al meglio che non 18

c è, per fuggire dal male; tensione umana sempre supinamente posta e continuamente equivocata tra bene e male reciproco fra gli uomini, che hanno bisogno di nascondersi e di cullarsi in un modello perfetto disponibile e rassicurante, sempre pronto a proprio singolo uso e consumo, come per gli uccellacci e gli uccellini del trascendentale film di Pasolini; tensione umana alla spasmodica ricerca di un rifugio all insaziabile sete di infinito e per rovescio alla paura del vuoto (horror vacui) e della morte; tensione umana consapevole che l amore è il meglio del bene e che inventando l amore di Dio per ogni adeguamento possibile, è giunta al colmo e all acutizzazione dell antropomorfismo di fondo che ha fatto Dio persona a misura dell uomo, come è stato per gli dei falsi e bugiardi. Il tutto, a parte l amore concreto del Cristo il Nazareno trucidato dalla storia, come tanti altri profeti di pace, vittime di onnipotenza superiore combinata con domini di potenza umana. Come pure definire Dio amore per le bellezze e per la grandezza dell universo è allucinazione che nasconde l incapacità dell uomo di capirsi e di compiersi in se stesso e poi con la natura; incapacità che diventa sùbito violenza reciproca, per rifarsi contemplando la bellezza di un fiore o di una spiga di grano o l immenso di un orizzonte di mare, oppure finendo ad accarezzare un musetto incantato di gattina, con tutto il rispetto per le gattine del mondo, specie se umane. Definire Dio amore è un trucco per renderci capaci di accettare la vita qual è, lotta di sopravvivenza, reciproca violenza continua e rincorsa ossessiva a salvarsi o peggio a emergere gli uni sugli altri, con pochi attimi di silenzio autentico, di quiete e di armonia, giusto per tollerare la vita e continuare a vivere senza esplodere o implodere prima ancora di nascere. A confronto poniamo una questione interlocutoria: l aristotelico ens est unum, verum, bonum (l essere è unità, verità, bontà) divenuto melius esse quam non esse (meglio esistere che non esistere) non richiama l amore di Dio? Per niente, perché l assunto filosofico è valido solo sul piano metafisico, non rispetto alla fisicità e alla concretezza della realtà contrastante con se stessa, paradossalmente raggiunta da il reale è razionale dell idealismo esasperato di Hegel, che ha portato alla catastrofe la mente umana, prima che alla catastrofe della storia. Torniamo per estremo alle qualità ontologiche di Dio essere necessario per se stesso e principio di tutta la realtà di natura, materia e vita, combinazione di bene e di male non metafisicamente, ma in concreto, vitalisticamente, nella carne e nello spirito di ogni vivente venuto dal principio preesistente; principio che ha operato liberamente e volontariamente (pena non essere Dio o paradossalmente postulare un essere superiore a Dio...) e che da potenza si è manifestato volontà di potenza, campione della volontà di potenza del superuomo, piena realizzazione dell assoluto come violenza sulla fragilità dell uomo presupposto degli esiti cruenti della storia; volontà di potenza, che sapeva e non poteva non sapere cosa sarebbe avvenuto dal- 19

la sua opera (altrimenti parliamo di un assoluto che avrebbe acquisito conoscenza nello sviluppo del tempo); che sapeva il male come il bene prima di ogni compimento. E se sapeva, come possiamo dire che non ne è stato e non ne è responsabile? Cioè, perché Dio ha proceduto a creare o (per chi non piace il termine biblico) perché ha proceduto a produrre la realtà, sapendo la vastità e l orrore del male che era preparato? Responsabile a monte e prima delle atrocità dei delitti del libero arbitrio e delle singole libertà dell uomo. L obiezione che una simile visione equivale ad aver voluto e a volere la dittatura del bene, non regge e ha risposta: anche la dittatura del bene si poteva evitare scegliendo di fare proprio niente, cioè scegliendo di non fare necessariamente qualcosa. Nichilismo?... Essere nichilista non è violenza verso nessuno e verso niente e anzi il nichilismo sfiora la passione del mondo; sfiora (non suoni bestemmia) ho pietà di questa folla del Nazareno, che è giunto a piangere su Gerusalemme, la sua città, che ha trucidato profeti e lui stesso, senza capire il tempo e i messaggi della propria liberazione. Se poi il nichilismo è male contro Dio, il problema è di Dio geloso di sé fino ad aver paura della propria onnipotenza. Passato a concepire Dio non amore ma potenza, la punizione che dovrò subire sarà un altra prova della sua prepotenza. Subirò la condanna della mia seconda morte eterna come ho subìto l esistenza da un suo ardore di dominio e sarà sempre il mio Dio reinterpretato di ragione responsabile del male; Dio che non condannerò perché Dio non si condanna né si bestemmia, ma si tollera e si subisce. Così da me non mi sento apostata perché all estremo non mi interessa più un Dio persona (unico o triplo che sia), ma l epiteto apostata non mi convince e per di più non mi piace in quanto fa rima sdrucciola con prostata, basso e viscido organo del corpo umano. Certo poi non passerò la mia condanna su mio padre e mia madre, loro sì libera intesa di natura e vero atto di amore, inconsapevole imitazione della potenza di Dio, ma in sé non volontà di potenza, anzi volontà di liberazione e di riscatto proprio attraverso la mia nascita, che li spingeva nel futuro con la speranza della fine del male, della fine della fatica di vivere, della fine della povertà causata dalla ricchezza altrui, della fine della paura della guerra e delle guerre sempre incombenti, delle quali si parlava. Era il marzo del 34, giusto appunto 80 anni fa, XII dell era fascista (spero di non sbagliare l aggettivo cardinale di numerazione), baluardo di Roma e retaggio del Sacro romano impero d occidente finito avventura a oriente. All inizio del nono mese dal mio concepimento, in spirito chiesi a mia madre di aspettare a farmi nascere e di attendere il futuro, ma rispose che non era possibile, ripetendo convinta che era venuto il mese giusto e che bisognava nascere. Piansi di pianto vero 13 mesi, giorno e notte continuativamente (ripeto perché incredibile: 13 mesi, giorno e notte) senza che i medici consultati potessero riscontrare patologie o anomalie organiche di sorta. A piangere era lo spirito del mondo incarnato in me avvilito dal male già consumato e an- 20