Colloqui telefonici tra detenuto e avvocato: diritto o concessione? Brevi note interpretative. Di Sergio La Montagna



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Colloqui telefonici tra detenuto e avvocato: diritto o concessione? Brevi note interpretative. Di Sergio La Montagna E prassi ampiamente consolidata in molti istituti penitenziari subordinare l effettuazione delle telefonate dei detenuti al proprio legale 1 alla preventiva autorizzazione prevista dall articolo 39 del D.P.R. 30 giugno 2000 n. 230. Tale procedura non trova legittimazione in alcuna disposizione di legge e regolamentare e costituisce se non una compressione almeno una limitazione del diritto di difesa del detenuto. La formulazione contenuta, infatti, nel succitato articolo, secondo la quale il detenuto può essere autorizzato a tenere corrispondenza telefonica con persone diverse dai congiunti o familiari, allorché ricorrano ragionevoli e verificati motivi, non è da riferirsi alle conversazioni telefoniche che il ristretto intende avere con il proprio legale di fiducia. In realtà, i colloqui telefonici con l avvocato, non differenziandosi da quelli visivi se non per le diverse modalità di comunicazione, sono assoggettabili alla medesima disciplina di questi ultimi, la cui effettuazione non è subordinata ad alcuna specifica autorizzazione né da parte dell autorità giudiziaria, né da parte del direttore dell istituto penitenziario che è chiamato a verificarne soltanto la regolarità dello svolgimento 2, senza che possa essere esercitato, peraltro, alcun potere di apprezzamento discrezionale sulla necessità e sui motivi di essi. D altro canto, una disposizione che vincolasse il diritto del detenuto di conferire con il proprio difensore alla preventiva autorizzazione da parte di terzi, oltre a porsi in contrasto con il 1 Formalmente nominato o, in mancanza designato dal pubblico ministero a norma degli articoli 97e 655 comma 5 c.p.p. 2 Il controllo è assolto dal personale del corpo di polizia penitenziaria addetto al servizio di vigilanza sui colloqui dei detenuti e internati (art. 47 D.P.R. 15 febbraio 1999 n.82 - Regolamento del Corpo di Polizia Penitenziaria). 1

dettato costituzionale, 3 confliggerebbe con i principi normativi transnazionali in materia, che tutelano in maniera ampia ed insindacabile il libero esercizio del diritto alla difesa 4. L unica eccezione in tal senso è, come noto, costituita dal dettame dell art. 104, 3 comma c.p.p., per il quale nel corso delle indagini preliminari, quando sussistono specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, il giudice su richiesta del pubblico ministero può, con decreto motivato, dilazionare, per un tempo non superiore a cinque giorni, l esercizio del diritto di conferire con il difensore. Né l articolo 104 c.p.p., né altra norma processuale o della legge penitenziaria disciplinano, invece, i colloqui del detenuto condannato definitivo con il proprio difensore. Il vuoto normativo ha per lungo tempo determinato la riconducibilità di detti colloqui nell ambito della disciplina generale di cui all art. 18 O.P., assimilandoli ai colloqui con persone diverse dai congiunti e conviventi e subordinandone pertanto l effettuazione alla preventiva 3 A norma dell art. 24, 2 comma della Costituzione La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Il principio è stato ribadito con forza dalla Corte Costituzionale (cfr. sentenze n. 18 del 1982 e n. 53 del 1968) che ha evidenziato la necessità che il diritto di difesa venga garantito nella sua effettività (cfr. sentenze n. 220 del 1994 e n. 144 del 1992). Esso comprende il diritto alla difesa tecnica (cfr. sentenze n. 125 del 1979 e n. 80 del 1984) e, dunque, anche il diritto - ad esso strumentale - di poter conferire con il difensore (cfr. sentenza n. 216 del 1996) allo scopo di predisporre la difesa e decidere le strategie difensive ed, ancor prima, allo scopo di poter conoscere i propri diritti e le possibilità offerte dall ordinamento per tutelarli e per evitare o attenuare le conseguenze pregiudizievoli cui si è esposti. 4In particolare ci si riferisce all articolo 93 delle Regole penitenziarie europee che stabilisce che Ogni detenuto deve potere, all inizio della detenzione, nominare un difensore di fiducia o chiedere la nomina di un difensore d ufficio, quando ciò sia previsto, ed incontrare il proprio avvocato per predisporre la difesa, preparare e trasmettere istruzioni confidenziali e riceverne. A sua richiesta, ogni agevolazione deve essergli accordata a questo effetto. Inoltre, a norma dell articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell uomo Ogni accusato ha diritto a ( )difendersi personalmente o ad avere l assistenza di un difensore a sua scelta. Non si può sottacere, infine, che lo Stato italiano compare tra i firmatari del Patto internazionale sui diritti civili e politici reso esecutivo in Italia con Legge 25 ottobre 1977 n.881 che, all art.14, paragrafo 3, lettera d), prevede inequivocabilmente che: ( )Ogni individuo accusato di un reato ha diritto, in posizione di piena eguaglianza ( ) a disporre del tempo e dei mezzi necessari alla preparazione della difesa ed a comunicare con un difensore di sua scelta. 2

autorizzazione del direttore 5. La vacatio è stata colmata, come noto, soltanto qualche anno fa dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato l illegittimità costituzionale dell art. 18 nella parte in cui non prevede che il detenuto condannato in via definitiva ha diritto di conferire con il difensore fin dall inizio dell esecuzione della pena 6. Se dunque la disciplina dell art. 18 dell Ordinamento penitenziario in tema di colloqui non è riferibile a quelli che il detenuto effettua con il proprio legale, non si comprende il motivo per il quale le disposizioni contenute nell art. 39 del regolamento di esecuzione relative alla corrispondenza telefonica debbano essere estese ai rapporti telefonici che il detenuto intrattiene con il proprio difensore 7. Invero, compito della direzione dell istituto di pena è, nella fattispecie, solo quello di verificare che il legale con il quale il detenuto intende effettuare il colloquio telefonico sia quello nominato 5 F. DELLA CASA, Il colloquio con il difensore in sede esecutiva: da graziosa concessione a diritto in Diritto penale e processo, IPSOA 2 (1998), p. 210 evidenzia l inadeguatezza del (vecchio n.d.r.) art. 35 R.E. che, da un lato, non detta una normativa ad hoc per i colloqui con il difensore, inopinatamente confuso con le persone diverse dai congiunti e dai conviventi, e, dall altro, lascia al direttore dell istituto un ampio margine di discrezionalità circa il rilascio della prescritta autorizzazione. L inefficacia del dettato normativo permane anche nel regolamento di esecuzione del 2000 che si occupa specificamente dei colloqui con il difensore solo per stabilire che appositi locali sono destinati a tale scopo (art. 37 comma 6). Nello stesso senso M. CANEPA- S. MERLO, Manuale di diritto penitenziario, Giuffrè, Milano, 2002, p. 75 per i quali è evi dente l esistenza di una discrezionalità dell amministrazione che può limitare l esercizio del diritto di cui all articolo 24 della Costituzione. 6 La Corte, con sentenza n. 212 del 3.7.1997, ha argomentato che il diritto di conferire con il proprio difensore non può essere compresso o condizionato dallo stato di detenzione, se non nei limiti eventualmente disposti dalla legge a tutela di altri interessi costituzionalmente garantiti, ( ) e salva evidentemente la disciplina delle modalità di esercizio del diritto, disposte in funzione delle altre esigenze connesse allo stato di detenzione medesimo: modalità che, peraltro, non possono in alcun caso trasformare il diritto in una situazione rimessa all'apprezzamento dell'autorità amministrativa, e quindi soggetta ad una vera e propria autorizzazione discrezionale. 7 Con particolare riguardo ai detenuti imputati A. GIARDA, Il regime carcerario dell imputato in custodia preventiva, in V. GREVI (a cura di), Diritti dei detenuti e trattamento penitenziario, Zanichelli, Bologna, 1981, p. 268 ritiene che non si vedono ragioni fondate che escludono di poter affermare che tra difensore ed imputato possano avvenire conversazioni telefoniche nella stessa misura, alle stesse condizioni e negli stessi limiti temporali e funzionali ammessi per i colloqui di presenza tra i medesimi soggetti 3

nelle forme di legge e di stabilire, a mezzo di personale, il contatto telefonico con le modalità tecnologiche disponibili 8. Con il regolamento interno di ciascun istituto penitenziario, a norma dell art. 36 comma 6 lettera f), sono disciplinati i tempi e le modalità particolari per i colloqui e la corrispondenza anche telefonica. L intento della legge, in questo caso, è quello di consentire, nell ambito della regolamentazione dei vari momenti che costituiscono la vita penitenziaria, la disciplina, mediante direttive interne, anche di modalità ed orari di svolgimento dei colloqui visivi e telefonici, direttive, evidentemente, alle quali i detenuti devono attenersi anche quando conferiscono con i loro difensori. Nessun altro limite può essere imposto dal regolamento interno di un istituto di pena, soprattutto di carattere quantitativo. L inviolabilità del diritto di difesa impone, infatti, che il detenuto possa conferire con il proprio legale ogni qual volta lo ritenga opportuno, senza che i colloqui telefonici siano assoggettati a limiti temporali di frequenza e di durata 9. L art. 35, comma 5 disp.att. c.p.p. prevede che quando sono autorizzati colloqui telefonici tra l imputato detenuto e il suo difensore non si applica la disposizione che prevede la facoltà, e in certi casi l obbligo, di registrare le conversazioni telefoniche 10. 8E quanto stabilito dall art. 39 comma 6 D.P.R. 30 giugno 2000 n. 230 9 Sono quelli imposti dall art. 39 reg. esec. per il quale i condannati e gli internati possono essere autorizzati dal direttore dell istituto alla corrispondenza telefonica ( ) una volta alla settimana. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei delitti previsti dal primo comma dell articolo 4-bis della legge, ( ) il numero dei colloqui telefonici non può essere superiore a due al mese. ( ) La durata massima di ciascuna conversazione telefonica è di dieci minuti. 10 Il riferimento è al testo dell art. 39, comma 7 del regolamento di esecuzione per il quale L autorità giudiziaria competente a disporre il visto di controllo sulla corrispondenza epistolare, ai sensi dell articolo 18 della legge, può disporre che le conversazioni telefoniche vengano ascoltate e registrate a mezzo di idonee apparecchiature. E sempre disposta la registrazione delle conversazioni telefoniche autorizzate su richiesta di detenuti o internati per i reati indicati nell articolo 4-bis della legge. 4

Il riferimento all autorizzazione contenuto nella norma richiamata è da intendersi a quello che più correttamente può essere considerato controllo con il quale il direttore dell istituto penitenziario valuta la rispondenza della richiesta del detenuto di conversare telefonicamente con il difensore alle direttive contenute nel regolamento interno circa tempi e modalità dei colloqui. In realtà, si ribadisce, l autorità amministrativa non esercita, nel caso di specie, alcuna funzione autorizzatoria, ma si limita a valutare la congruità della richiesta del detenuto rispetto alle prescrizioni impartite affinché i colloqui telefonici si svolgano in maniera ordinata e in orari predeterminati, sulla base delle esigenze organizzative dell istituto di pena. L art. 35 disp. att. c.p.p., riferendosi nella sua formulazione al solo imputato detenuto, sembrerebbe comprimere l ambito applicativo della disposizione legislativa contenuta nell art. 103 comma 5 c.p.p. che viceversa, nel vietare le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni con difensori, consulenti tecnici ed ausiliari, fissa una regola generale valida anche per i condannati e gli internati 11. Tuttavia, si ribadisce, questa lettura non pare condivisibile, ponendosi in aperto contrasto con i principi sanciti negli artt. 3, 24 comma 2 e 15 comma 2 Cost. e, più in generale, con le maggiori aperture alla tutela dell attività difensiva operate dal nuovo codice di procedura penale. A conferma della correttezza dell interpretazione proposta l art. 2-quater della legge 23 dicembre 2002, n. 279 di modifica agli articoli 4-bis e 41-bis della legge 26 luglio 1975 n. 354 in materia di trattamento penitenziario, prevede che le disposizioni inerenti l effettuazione dei colloqui visivi e telefonici dei detenuti sottoposti allo 11 Per G. FRIGO, in Commentario del nuovo codice di procedura penale di E. AMODIO e O. DOMINIONI, Giuffrè, Milano, 1989, p. 669, il dettame dell art. 103 comma 5 c.p.p. è da riferirsi a tutti i soggetti che possono avvalersi di un difensore. 5

speciale regime detentivo di cui all art. 41-bis O.P. non si applicano ai colloqui con i difensori. Dunque, neanche la sospensione delle regole di trattamento nei confronti di una particolare tipologia di detenuti, adottabile a salvaguardia dell ordine e della sicurezza pubblica, va ad incidere sul diritto del detenuto di conferire con il proprio legale 12. Un ulteriore conferma di quanto argomentato è fornita dalla lettera circolare ministeriale n. 503241 del 24.07.01 di chiarimento all applicazione della legge 13 febbraio 2001 n. 45 recante modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza nella parte in cui prevede che il divieto di corrispondenza epistolare, telegrafica e telefonica di cui all art. 13, comma 14, III periodo, del decreto legge 8/1991 come modificato dalla legge 45/201, non riguarda la corrispondenza con il difensore, che pertanto continuerà ad essere ricevuta e trasmessa secondo le disposizioni vigenti. La direttiva, che trova ancora una volta la sua ragion d essere nell intangibilità del diritto di difesa del detenuto, evidenzia come le comunicazioni tra detenuto e difensore non debbano essere in alcun modo compromesse dall applicazione di quelle particolari modalità di custodia e trattamento penitenziario prescritte dal legislatore allo scopo di evitare che la genuinità delle future dichiarazioni di quei 12 La circolare DAP n. 3592/6042 del 09.10.2003, nel dettare disposizioni circa l organizzazione delle sezioni detentive adibite al contenimento di detenuti sottoposti al regime detentivo speciale di cui all art. 41bis O.P, stabilisce che i detenuti potranno effettuare colloqui telefonici con il proprio legale con le stesse modalità indicate per le conversazioni con i familiari, modalità del tutto peculiari rispetto alla generalità della popolazione detenuta, in considerazione della particolare pericolosità dei soggetti e della connessa esigenza di avere certezza che il loro interlocutore telefonico rientri effettivamente tra i congiunti abilitati. Si noti ancora una volta come le prescrizioni espresse nella circolare riguardino le sole modalità di effettuazione della telefonata, non potendosi prevedere nessun altra limitazione che intervenga a ledere il diritto del detenuto di conferire con il proprio difensore. 6

soggetti che hanno manifestato la volontà di collaborare possa essere in qualche misura inquinata. Dal quadro tracciato emerge palesemente l assenza di una norma di legge che disciplini in maniera chiara ed inequivocabile i colloqui visivi, e in particolare quelli telefonici, tra detenuto e difensore, lacuna, questa, che connota in modo peculiare il nostro ordinamento rispetto ad altri 13. La prassi instauratasi in materia trae dunque origine dalle sporadiche note e circolari con le quali il D.A.P. 14, sollecitata dalle direzioni degli istituti di pena se non dalla stessa magistratura di sorveglianza, ha inteso esprimere il proprio orientamento su una questione che non può che dirsi ancora vexata. 13 Per ciò che concerne la Francia ad esempio, l art. 727 c. 4 C. pr. pen., introdotto dalla L. 29 dicembre 1972 prevede che i condannati durante la carcerazione possono continuare ad avere colloqui con l avvocato che li assiste in giudizio. 14 Leggasi in proposito la circolare D.A.P. n. 694328-2/11 dell 1.3.94 7