Le sette opere di misericordia corporale



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Transcript:

Le sette opere di misericordia corporale

Dar da mangiare agli affamati La fame nel mondo è ancora un emergenza gravissima. Quasi 800milioni di persone soffrono oggi la fame estrema; 2 miliardi sono le persone in condizioni di grave malnutrizione. Non è un problema lontano da noi. Sono 5 milioni e mezzo gli italiani in povertà alimentare e, di questi, 1 milione e 300mila sono minori. Vivono nelle nostre città, forse sono proprio nostri vicini di casa. Eppure in Italia, ogni anno, si getta nella spazzatura cibo per 13miliardi di euro. «Dar da mangiare agli affamati» è per noi un richiamo all attenzione nei confronti di chi manca dell essenziale, per aprirci a logiche di sobrietà e condivisione. - Destinare una parte della spesa settimanale a progetti di sostegno alimentare - Invitare alla propria tavola una persona in stato di bisogno alimentare - Aderire ad iniziative come quella del «Pane sospeso» proposto dalla Caritas Diocesana Dar da bere agli assetati L 11% della popolazione mondiale, 783 milioni di persone, non ha accesso all acqua. Il che si traduce in un dato drammatico: ogni 17 secondi un bambino nel mondo muore per le conseguenze derivanti dalla mancanza di acqua pulita. «Dar da bere agli assetati» è per noi il richiamo a riscoprire il senso e il valore di un gesto tanto semplice quanto vitale: un bicchiere d acqua è poca cosa, ma ha in sé la potenzialità di un incontro, un attenzione, una relazione essenziale e immediata. Quest opera di misericordia richiama anche la «sete di giustizia» di chi è vittima della prevaricazione dei potenti o della mancanza di rispetto per le regole del vivere civile. - Curare una capacità di attenzione a chi ci vive accanto, ma è nella solitudine. Facciamo il primo passo per accorciare le distanze e creare relazioni significative.

- Fare scelte concrete di legalità, a partire da piccoli gesti, come il mettere in regola colf e badanti. Vestire gli ignudi È il gesto del restituire dignità all uomo. Il vestito è il segno della dignità di una persona, coprendo la sua nudità e aprendolo alla relazione umana. L abito è necessario oltre che per coprirsi - per costruire le relazioni, trovare un lavoro, proporsi nella società come interlocutore meritevole di attenzione. Adamo, scoprendosi nudo, si nascose colmo di vergogna, ma Dio lo rivestì per Sua Misericordia, dandogli la possibilità di un nuovo inizio. «Vestire chi è nudo» è per noi l invito a restituire dignità all uomo sfigurato dalla povertà, dalla crisi economica, dalla migrazione, dall emarginazione. - Facendosi compagni di viaggio di famiglie che stiano vivendo gli effetti della crisi: perdita del lavoro, difficoltà economiche improvvise. - Sostenendo i servizi di distribuzione di abiti, esistenti presso le parrocchie e gli enti caritativi. Alloggiare i pellegrini L accoglienza dello straniero interpella particolarmente la nostra diocesi. Migliaia di uomini, donne e bambini transitano dalle nostre città in cerca di un futuro migliore, fuggendo da guerre, persecuzioni e miseria. Da diversi anni la presenza dello straniero è per noi una provocazione: accogliere o respingere? Fidarsi o temere? Pellegrini o invasori? Il Vangelo ci invita ad aprire il nostro cuore all altro, a farci prossimi a chi arriva da lontano e cerca pace e sicurezza, allontanando da noi la tentazione della chiusura e del rigetto del diverso. «Alloggiare i pellegrini» è per noi, per le nostre famiglie e le nostre comunità un invito all accoglienza, ma anche a purificare cuore, mente e il linguaggio da paure, pregiudizi e chiusure. - Aderendo e sostenendo il Progetto di Caritas Diocesa-

na «Rifugiato a casa mia», che consente di accogliere un rifugiato presso le nostre famiglie. - Sostenendo i progetti di accoglienza di Caritas Diocesana («Casa Rahab» e «Rifugio notturno»). - Rifuggendo qualunque forma di sfruttamento abitativo a discapito dei migranti, come il locare case fatiscenti a canoni elevati e senza un regolare contratto. Visitare gli infermi L esperienza della malattia, prima o poi, ci tocca tutti. Visitare un ammalato è un po come accettare che essa possa far parte della nostra vita, anche se preferiamo tenerla lontana da noi finché possiamo. Il Vangelo ci invita ad accogliere la malattia come un esperienza di teofania, di manifestazione di Dio che, per amore nostro, si è fatto inerme e sofferente sul legno della Croce. Gesù ci ha insegnato quale valore redentivo possa avere la malattia: proprio quando si trovava immobile, con mani e piedi inchiodati alla croce, in quel preciso momento pronunciando quel «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» - ha salvato l umanità. Visitare l ammalato è un opera di misericordia quando si porta nel cuore la consapevolezza di trovarsi davanti al Cristo sofferente che ci apre al mistero della Redenzione. - Prendendo l impegno di visitare periodicamente in casa una persona ammalata, soprattutto quella che sappiamo essere più sola. - Andando nell ospedale a noi più vicino, per portare una parola di conforto ai degenti che scopriamo essere soli e senza assistenza. Visitare i carcerati Sono quasi 55 mila i detenuti delle carceri italiane. Vivono spesso in condizioni di vita disumane, senza acqua calda, riscaldamenti e attività che ne facilitino la rieducazione. Il nostro sistema di pena formalmente finalizzato alla rieducazione e al reinserimento sociale del detenuto è invece troppo spesso improntato alla semplice privazione della libertà personale e alla mor-

tificazione della dignità dell uomo. Non tutti i detenuti sono già stati giudicati: molti sono in custodia cautelare e in attesa di un giudizio che potrebbe risolversi in un assoluzione piena. Come uscire migliori dall esperienza detentiva? «Visitare i carcerati» non è possibile a tutti, perché non tutti possono avere accesso alle strutture penitenziarie. Eppure quest opera di misericordia può essere ugualmente vissuta da tutti coloro che sapranno nel loro cuore desiderare di vivere la giustizia con la misura della misericordia e credere che anche per chi ha sbagliato possa esserci una nuova opportunità. - Visitando i carcerati e/o i detenuti agli arresti domiciliari, laddove consentito dall Autorità Giudiziaria. - Facendosi prossimi alle famiglie dei carcerati, particolarmente a quelle con bambini e anziani. - Offrendo una reale opportunità di reinserimento sociale per gli ex detenuti, dando loro lavoro e fiducia. Seppellire i morti È un azione naturale, scontata per noi: è l ultimo atto d amore che riserviamo alle persone alle quali abbiamo voluto bene. Eppure tanti oggi muoiono senza che qualcuno possa offrire loro quest ultimo gesto di misericordia. Oltre 25mila persone riposano in fondo al Mediterraneo, un numero imprecisato ha perso la vita nel deserto del Sahara o sotto le macerie procurate dalle guerre, tanti hanno lasciato questa vita a causa di catastrofi naturali: nessuno piangerà sulle loro tombe. «Seppellire i morti» è l estremo atto di quella custodia del fratello alla quale siamo chiamati dal Vangelo; un opera che ci apre alla resurrezione per la vita eterna, un banco di prova della tenuta della nostra fede. - Visitando i defunti come atto di fede nella resurrezione della carne. - Recandoci al cimitero e facendo visita alle tombe di quanti sono morti vittime dell indifferenza dell uomo (migranti, suicidi, persone sole ).

Le «Sette sorgenti di felicità» sono un percorso visivo realizzato dall Associazione Culturale Artificio e donato alla Fondazione Mondoaltro: sette pale realizzate in colori ad olio, che rappresentano una rilettura in chiave contemporanea delle Opere di Misericordia corporale. Nell intenzione degli artisti il rappresentare come le fragilità dell uomo possano divenire sorgenti di felicità per l altro se illuminate dalla capacità di donazione di sé.