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Transcript:

IL ROMANZO Sette autrici e autori si sono dati appuntamento attorno a un unica frase da cui partire per raccontare storie accomunate soltanto dal fatto di svolgersi in un unica, limpida, giornata di sole. Ciascuno, con la propria sensibilità e lo stile che lo caratterizza, si è avventurato lungo i sentieri narrativi che ha ritenuto più congeniali per raccontare l intera vita o un istante dell esistenza di una umanità variopinta, che nell arco di un solo giorno può cadere o redimersi e passare dalla disperazione più cupa alla gioia più grande. GLI AUTORI Paola Alliney, autrice di Il Sigillo dell Ultimo Imperatore Monica Bauletti, autrice di Attacco agli Illuminati e L amica più preziosa Elena Cerutti, autrice di Lo sconosciuto Maurizio Foddai, autore di Un testimone pericoloso e Il manoscritto rubato Irene Grazzini, autrice di I Signori dei Cavalli Antonia Serranò, autrice di L Undicesimo Maestro Daniele Titta, autore di Tracce di Memoria

Una splendida giornata di sole Sette racconti per un giorno

2015 Libromania S.r.l. Via Giovanni da Verrazzano 15, 28100 Novara (NO) www.libromania.net ISBN 978-88-98562-68-8 Prima edizione ebook febbraio 2015 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma o con alcun mezzo elettronico, meccanico, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio, televisione, senza autorizzazione scritta dell Editore. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail info@clearedi.org e sito web www.clearedi.org L Editore dichiara la propria disponibilità a regolarizzare eventuali omissioni o errori di attribuzione. Progetto grafico di copertina e realizzazione digitale NetPhilo S.r.l. La storia, le vicende, i luoghi e i personaggi sono frutto di pura fantasia. Eventuali riferimenti a fatti realmente accaduti e a persone realmente esistenti sono da ritenersi puramente casuali.

Una splendida giornata di sole Sette racconti per un giorno

A pesca con papà di Antonia Serranò Non è detto che una limpida giornata di sole sia per forza una bella giornata. In particolar modo sotto il cielo incerto di una primavera che tarda ad arrivare non è difficile che si scateni un temporale e io non voglio che accada oggi. Non m importa nulla del sole o del cielo limpido, del freddo o del caldo: a me interessa soltanto che non piova e che non ci sia forte vento. E m interessa della luna. M interessa del mare che ascolto da quando son nato ogni istante del giorno e della notte. Anche quando dormo sento il mare che s infrange sulla spiaggia a un centinaio di metri da casa mia. M interessa anche che il mare non sia troppo agitato. Oggi ho compiuto dodici anni e da oggi il rais di mio padre mi permette di andare in barca con lui. Sono giorni che conto i secondi che mi separano dalla mia prima volta sulla barca. Non m interessavano i regali, la festa o la torta: non vedevo l ora

che tutto finisse, che tutti andassero via. Ho preso le buste con i soldi che mi regalavano zii e compari, ho ringraziato, ma non ho nemmeno contato quanti soldi ho ricevuto. Ci penserò domani. Le ho solo guardate e posate. C erano quelle spiegazzate e sudate che gli zii maschi tenevano nel taschino e quelle lisce e profumate, custodite dalle zie nelle loro borsette. Solo lo zio Pietro mi ha allungato la sua dicendomi quanto conteneva. Mi ha spiegato che prima i soldi erano di più, poi per strada ha voluto un gelato, era senza portafogli e i soldi son diventati di meno. Ho sorriso. Non importa. Lui è così. Ha sempre lo sguardo perso. Cammina tra la gente, ma è come se camminasse da solo. Quando c era zia Lisa, lei lo guidava. Ora è perso. Tanti lo guardano e provano pena. Pochi lo aiutano. Provar pena non serve. Parlare della sua sfortuna non serve. Non serve sembrare buoni. A lui serve altro. Comunque, mi è simpatico. Gli ho stretto forte la mano e l ho ringraziato. Ero sincero. Anche i suoi spiccioli vogliono dire tanto. Ogni moneta serve per quello che voglio io e la metto da parte. Durante la festa pensavo solo alla barca blu con la striscia bianca in alto e il nome Lucia, il nome di mamma, scritto in rosso sulla fiancata destra. È bellissima e fila a pelo d acqua veloce come un pescespada. La riconosco quando è ancora un puntolino nell orizzonte. Lucia è anche mia, sarà mia il giorno in cui potrò iniziare a lavorare sotto al rais di mio padre. Fino ad allora andrò in barca per imparare bene il mestiere. Pesco con la lenza o con la canna da quando mi ricordo; preparo l esca, sistemo reti e faccio bene qualsiasi altra cosa riguardi la pesca. Per me non esiste altro. Spesso non penso ad altro.

Il mio compleanno significava realizzare il mio più grande sogno. Agitato e ansioso per la nottata imminente, ho dormito solo per non addormentarmi durante la pesca. La sveglia ha suonato alle tre. Mi sono alzato sapendo che il tempo e il mare non mi avevano tradito. La limpida giornata di sole si era trasformata nella notte più splendida della mia vita. Mi vesto di corsa e raggiungo papà. Prepariamo tutto con cura perché non ci si può far prendere alla sprovvista dal mare, prepariamo tutto in silenzio perché mamma ancora dorme e usciamo da casa, attraversando il piccolo orto che papà non riesce a coltivare: sembra che si porti il sale dal mare e alla terra non piace il sale. Chiudiamo il cancello di ferro, corroso dalla salsedine, ed entriamo nella vecchia Punto dove l odore dell esca fresca si mescola con quello di sangue del pesce strappato notte dopo notte dal mare. Un odore che è entrato nei sedili e che non c è modo di mandar via. A molti non piace. Mia cugina arriccia il naso, ma lei di queste cose non capisce. È un odore cui sono già abituato, è parte del lavoro del pescatore, è parte del mio futuro. Ho imparato anche che più papà carica la macchina di pesce più soldi porta a casa. L ho anche visto intascare le banconote grandi perché ogni tanto lo raggiungo in pescheria per aiutarlo a scaricare. Rimango sempre male quando vedo come lo considerano le signore eleganti che vengono a comprare l oro del mare per i loro bambini. Quelle signore profumate guardano con schifo gli stivaloni di gomma verdi di papà che arrivano fino a metà coscia e le macchie di sangue e salsedine. Poi osservano con aria critica le cassette che porta sulle spalle, valutando cosa possono comprare, quale sia il pezzo

migliore e quanto si manterrà fresco. Mai nessuna che osservi il mio papà, che noti la sua stanchezza. Lui dice che è normale: il suo non è un lavoro di quelli che si fanno in giacca e cravatta e così la gente non lo considera come un buon lavoro perché solo i lavori in giacca e cravatta contano. Lui vorrebbe che io mi trovassi un lavoro così, ma la scuola non è adatta a me: non mi entrano in testa tutte le cose che mi dicono gli insegnanti. Ci provo, ma nulla. Mi piace solo la geografia. Sono il più bravo della classe in geografia. Non sono come i miei fratelli maggiori: loro hanno già lasciato casa per il Nord. Uno lavora come ragioniere in una ditta di trasporti, l altro ha vinto il concorso per geometra in un piccolo comune. La gente ha mormorato per quei bei posti. Papà e mamma hanno giurato in tutti i modi conosciuti di non averlo raccomandato per un solo posto, ma nessuno gli ha creduto. Il lavoro più invidiato è quello di geometra. Papà dice che anche questo è normale: un posto pubblico da noi significa una raccomandazione dietro. Io sono il più piccolo, sono nato dopo tanto dagli altri e tutti pensano che il mio cammino sia fatto, sia già pronto dietro uno dei fratelli. Non voglio un lavoro in giacca e cravatta. Se vivo sotto il sole e a due passi dal mare, il mio lavoro deve essere di sole e mare. Sorpassiamo la macchinetta scassata di mamma. La sua profuma di tinte e lacca per capelli. Ha fatto un corso per parrucchiera, ma non è brava a tagliare i capelli e così gira per le case delle signore ricche a fare acconciature a altre piccole cose da donne. Ma ora devo pensare alla pesca. Non abbiamo fatto molta strada visto che abitiamo vicino al mare:

la macchina serve per portare l attrezzatura e per poi caricare il pesce da vendere nella pescheria che è lontana. Scendiamo sulla spiaggia che è ancora buio, ma le lampare servono a questo. Non siamo gli unici: altri pescatori caricano le loro barche. Le barche sono raccolte sulla spiaggia in gruppi come le pecore quando dormono. A ogni gregge corrisponde un rais. Più il rais è bravo e potente, più barche ha. Quello di mio papà è il migliore, ma non è una brava persona perché spreme i suoi pescatori come limoni per ottenere una lira in più degli altri rais. In quel momento c era tanto da fare: bisognava stare attenti ed essere ordinati, lo sapevo e sapevo come muovermi perché già altre volte avevo aiutato mio padre, ma quella notte era diversa. Sentivo la sabbia fredda sotto i miei piedi mentre indossavo gli stivaloni di gomma verdi vecchi, quelli che i miei fratelli avevano lasciato quando avevano deciso che non volevano fare i pescatori, ma sarebbe bastato affondare un po il piede per trovare il calore lasciato dal sole. Appena pronti, si avvicinò il rais che era venuto a controllare come faceva tutte le notti anche se non andava più per mare. Era così scuro di pelle che sembrava avere il sole in casa anche quando dormiva. Era basso, ma si faceva sentire con un vocione che non era fatto per quel corpo così piccolo. Da un po di tempo si faceva accompagnare da un tipo lungo che aveva la faccia di chi aveva vissuto una vita sotto a chi deve essere rispettato. Sentiva e obbediva solo al rais; tutti gli altri erano merda. Mio padre fece un cenno al rais e gli ricordò che stavo lì perché ora avevo l età e lui mi guardò per vedere se ero valido. Mi disse di comportarmi bene e di non rovinare il lavoro di

nessuno. Io promisi che avrei saputo fare le cose a dovere. Disse poi a mio padre a agli altri pescatori che avrebbero ricevuto la visita di alcuni amici in mare che dovevano consegnargli delle cassette di pesce speciale. Qualcuno si agitò, qualcuno mormorò, ma nessuno disse nulla contro quell ordine. Il rais si portò l indice alle labbra per ricordare a tutti che il silenzio è una gran cosa. I pesci insegnano il silenzio. È una lezione che si deve imparare fin da piccoli o si corre il rischio di fare ripetizioni in fondo al mare. Il rais di papà si occupava di contrabbando, era anche stato in galera per quel motivo. Al fresco aveva fatto amicizie buone. Sapevo che, prima della mia nascita, era molto diffuso il contrabbando del sale. Ora c era quello delle sigarette. A papà non piaceva molto quella storia, ma si era adattato per poter continuare a lavorare. In fondo non faceva male a nessuno, solo alle tasche di quello Stato che si ricordava di noi per prenderci i soldi e mai per aiutarci. Il rais se ne andò e il mare ci aspettava. Ero emozionato mentre la barca filava verso il largo in cerca della posizione migliore. Appena arrivati, la luce della lampara iniziò a richiamare i pesci al posto della luna che, essendo nuova, non brillava abbastanza. I pesci si comportavano come le falene. Era bello sentirli guizzare nella rete, combattere per trattenerli. Erano freddi come il mare al largo di notte, erano freddi e vivi. Mentre il sale del mio sudore si mescolava con quello del mare, sentivo che quello era il mio posto. Ero nato per fare il pescatore. Non c era altro. Ero ormai certo di non volere un lavoro in giacca e

cravatta. In un momento di pausa guardai verso l Etna che da giorni eruttava. Era così vicino che potevo vedere la lava zampillare dal cratere come l acqua dalla sorgente. Lingue di fuoco si disegnavano nel cielo notturno prima di ricadere sul vulcano. Mi ricordai del prete che parlava dei demoni che si dimenavano per liberarsi da Dio, ma che erano costretti a stare sotto al volere divino. Anche la lava si alzava verso il cielo, ma non poteva diventare cielo perché era terra e a terra ricadeva. Nell aria fresca di quella notte non sembrava reale il calore della lava. Nell aria fresca della notte uno spicchio di luna mi guardava. Un po mi dispiaceva per quei pesci che morivano. Ero io che li portavo a morire. Cacciai anche qualche lacrima, ma era così che doveva essere. Papà diceva che anche così si cresce. Si cresce quando altre creature muoiono. Mentre l alba segnava la fine della fase della pesca con le lampare, un piccolo peschereccio ci avvicinò. Un uomo dalla faccia scura e con mille rughe disegnate dal sole passò a mio padre un paio di casse cariche di pesci di poco valore. Tutti sapevamo che nascondevano altro e nessuno parlò. Il peschereccio si allontanò. Volevamo far finta di non esserci fermati. Ricominciammo in silenzio il nostro vero lavoro. Era bello e faticoso. Continuammo fino alle otto del mattino. L alba sul mare profumava di salsedine e fresco. L acqua si illuminava e si vedevano i pesci nuotare. Il riflesso del sole accecava. Tenevo gli occhi stretti, ma serviva a poco. Papà diceva che non serviva nulla, solo l abitudine. Quando vide le casse piene, imbarcammo reti e esche. Eravamo carichi e soddisfatti. Peccato per quelle due casse.