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Scritto da Daniela Martedì 19 Gennaio :54 - Ultimo aggiornamento Giovedì 28 Gennaio :09

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Cass. pen. Sez. III, 02.7.2010 (dep. 19.10.2010), n. 37198 (ord) REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente Dott. TERESI Alfredo - Consigliere Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso proposto da: N. (omissis); avverso l'ordinanza di convalida dell'arresto emessa il 20.7.2009 dal giudice del tribunale di Paola, sezione distaccata di Scalea; udita nella camera di consiglio del 16 marzo 2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Amedeo Franco; lette le conclusioni del Procuratore generale con le quali chiede il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Il N. venne arrestato dai carabinieri in flagranza del reato di cui all'art. 56 cod. pen. e al D.L. 6 novembre 2008, n. 172, art. 6, lett. a), convertito con L. 30 dicembre 2008, n. 210, per avere, senza la prescritta autorizzazione, tentato di scaricare in un sito rifiuti prelevati presso una privata abitazione. Con ordinanza 20.7.2009 il giudice del tribunale di Paola, sezione distaccata di Scalea, convalidò l'arresto. Osservò il giudice: - che il reato contestato, nella forma consumata, è punito con la reclusione fino a 3 anni e 6 mesi, e che quindi l'arresto facoltativo in flagranza è consentito dall'art. 381 c.p.p., comma 1; - che nella specie era stato però contestato il reato nella forma tentata, sicchè, in considerazione del richiamo operato dall'art. 379 cod. proc. pen. all'art. 278 cod. proc. pen. e dell'autonomia del reato tentato, ai fini della determinazione della pena si doveva tener conto della riduzione di un terzo ai sensi dell'art. 56 cod. pen., con la conseguenza che, essendo la pena massima per il reato tentato di anni 2 e mesi 4, ossia inferiore a 3 anni, l'arresto facoltativo in flagranza non sarebbe stato consentito; - che tuttavia al N. era stata contestata la recidiva reiterata di cui all'art. 99 c.p.p., comma 4, effettivamente esistente; - che l'art. 278 cod. proc. pen. stabilisce che, agli effetti della applicazione delle misure cautelari (e, per il richiamo dell'art. 379 cod. proc. pen., anche di quelle precautelari), si ha riguardo al massimo della pena previsto per ciascun reato consumato o tentato e che non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione, tra l'altro, delle circostanze ad effetto speciale; - che nell'ipotesi di tentativo il limite sanzionatorio va calcolato applicando la riduzione minima di 1/3 per il tentativo solo dopo aver calcolato l'aumento di pena derivante dalle aggravanti comuni o speciali; - che, per effetto della L. n. 251 del 2005, per la recidiva reiterata è previsto un aumento di pena della metà; - che la pena per il delitto consumato in questione, aumentata per la recidiva, è di mesi 63, sicchè, operata la riduzione di un terzo per il tentativo, la pena per il delitto tentato circostanziato è di mesi 42, ossia di anni 3 e mesi 6; - che quindi nella specie sussisteva il limite di pena per procedere all'arresto facoltativo in flagranza. Avverso l'ordinanza di convalida il N. propone ricorso per cassazione deducendo inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 378 c.p.p., dell'art. 381 c.p.p., comma 1, dell'art. 379 c.p.p., dell'art. 391 c.p.p., comma 4, degli artt. 56, 63, 99, 70 cod. pen., dell'art. 14 preleggi. Osserva che l'art. 278 cod. proc. pen. pone una regola generale ed indica le circostanze da prendere in considerazione, escludendo ogni rilevanza alle circostanze diverse da quelle specificamente indicate. Le eccezioni alla regola generale, come quella relativa alle circostanze ad effetto speciale, non sono estensibili ad altre ipotesi ai sensi dell'art. 14 preleggi. Il tribunale ha invece rimescolato la recidiva reiterata con il genus, del tutto differente, circostanza ad effetto speciale, ed ha applicato ex artt. 278 e 379 cod. proc. pen. l'aumento di pena previsto della metà. I precedenti citati dal tribunale non riguardano la recidiva, ma attengono al genus circostanze ad effetto speciale. La recidiva invero è una circostanza inerente alla persona del colpevole e non ad effetto speciale. L'aggravante ad effetto speciale modifica il disvalore del fatto criminoso rendendolo maggiormente

offensivo. L'art. 278 c.p.p. impone pertanto di tener conto delle circostanze di cui all'art. 63 c.p., comma 3, ma espressamente esclude invece dal conto, all'evidente scopo di evitare una lievitazione sproporzionata della pena con conseguente estensione di applicabilità delle misure, l'aumento di pena collegato a fatti accessori quale è la contestazione della continuazione o della recidiva. Il tribunale, applicando l'aumento di pena per la recidiva reiterata, ha violato la regola generale di cui all'art. 278 c.p.p., comma 1, prima parte, secondo periodo, secondo cui non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato. Il ricorso prospetta la questione se nel computo della pena edittale, ai fini della verifica della facoltatività dell'arresto in flagranza, ai sensi degli artt. 381 e 379 cod. proc. pen., e più in generale agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari, ai sensi dell'art. 278 cod. proc. pen., debba tenersi conto o meno della recidiva reiterata, nella specie contestata in imputazione al ricorrente. La sanzione per il delitto tentato ascritto al prevenuto (art. 56 c.p. e art. 110 cod. pen., comma 6, lett. a), D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito con L. 30 dicembre 2008, n. 210), infatti, raggiunge la soglia che legittima l'intervento precautelare (definita dall'art. 381 c.p.p., comma 1, nella pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni) soltanto se nel calcolo si tiene conto della recidiva reiterata, la quale - a norma dell'art. 99 c.p., comma 4, (come novellato dalla L. n. 251 del 2005) - comporta un aumento della metà della pena edittale. Nel provvedimento impugnato il predetto fattore di aumento è, appunto, considerato nel computo della pena in quanto l'art. 278 cod. proc. pen. (applicabile in tema di arresto in flagranza per il richiamo contenuto nell'art. 379) dispone che si deve tener conto delle circostanze ad effetto speciale, quale è la recidiva reiterata (perchè, ai sensi dell'art. 63 c.p., comma 3, importa una maggiorazione della pena superiore ad un terzo). Il ricorrente invece sostiene che tale aumento non è operabile agli effetti del citato art. 381, comma 1, in quanto l'art. 278 stabilisce che nella determinazione della pena edittale del reato non si tiene conto della recidiva, la quale nemmeno potrebbe rilevare come circostanza ad effetto speciale (categoria espressamente dichiarata rilevante dallo stesso art. 278 per il computo della pena edittale), trattandosi piuttosto di circostanza inerente alla persona del colpevole (art. 70 cod. pen.), della quale nessuna disposizione prevede la considerazione ai fini in parola. Rileva il Collegio che la questione prospettata dal ricorrente ha ricevuto in giurisprudenza ed è effettivamente suscettibile di ricevere due diverse soluzioni interpretative. Una prima soluzione - quella adottata dal provvedimento impugnato e condivisa dal Procuratore generale nella sua requisitoria scritta - è nel senso che nella determinazione della pena massima, ai fini della legittimità dell'arresto facoltativo in flagranza, deve tenersi conto dell'aumento di pena (della metà della pena edittale) previsto per la recidiva reiterata dall'art. 99 c.p., comma 4. E ciò perchè l'art. 278 cod. proc. pen. dispone sì che "Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato", ma fa eccezione per le "circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale", delle quali invece deve tenersi conto. E poichè la recidiva reiterata, ai sensi del nuovo testo dell'art. 99 c.p., comma 4, importa un aumento di pena della metà, e quindi costituisce una circostanza ad effetto speciale ai sensi dell'art. 63 c.p., comma 3, ne deriva che essa rientrerebbe tra le eccezioni indicate nella seconda parte dell'art. 278 cod. proc. pen. e che della stessa pertanto si dovrebbe tener conto per determinare la pena agli effetti della applicazione delle misure cautelari e precautelari. In altri termini, secondo l'orientamento in questione, la L. 5 dicembre 2005, n. 251,

art. 4 nel modificare l'art. 99 cod. pen., ed in particolare nel trasformare la recidiva reiterata in circostanza ad effetto speciale, avrebbe inciso anche sul significato e sulla portata dell'art. 278 cod. proc. pen., nel senso che ora alla recidiva speciale, per effetto della sua nuova qualificazione, non si applicherebbe più la regola generale della prima parte del secondo periodo dell'art. 278 (secondo cui non si tiene conto della recidiva) bensì la regola speciale della seconda parte del secondo periodo dell'articolo (secondo cui si tiene conto delle circostanze ad effetto speciale). Secondo il Procuratore generale, poi, questa interpretazione sarebbe confermata dalla considerazione che la distinzione tra circostanze "ad effetto speciale" e circostanze "inerenti alla persona del colpevole" è operata dal legislatore in rapporto a due distinti parametri di riferimento: da un lato, l'entità dell'aumento (o della diminuzione) della pena comminata per il reato (art. 63 c.p., comma 3), dall'altro, la natura - oggettiva o soggettiva - della circostanza (art. 70 cod. pen.). Le due qualificazioni operano quindi su piani distinti e non sono incompatibili tra loro. Sicchè la recidiva - circostanza certamente inerente alla persona del colpevole, per definizione normativa espressa -, se riguardata nella prospettiva dell'effetto modificativo della pena edittale, è pure suscettibile di classificazione tra le circostanze ad effetto speciale quando (come nel caso in esame: recidiva reiterata) determini un aumento della pena superiore a un terzo (nella specie: un mezzo). E' tuttavia ben possibile e plausibile una diversa soluzione interpretativa, nel senso che per determinare, ai sensi dell'art. 278 cod. proc. pen., la pena agli effetti della applicazione delle misure cautelari e precautelari, non si deve mai tener conto della recidiva, nemmeno qualora la stessa (come nel caso di recidiva reiterata) importi un aumento di pena superiore ad un terzo e quindi sia classificabile come circostanza ad effetto speciale. Questa interpretazione si basa, innanzitutto, sulla lettera della disposizione, la quale, nella prima parte, pone una norma di carattere generale, con la quale si stabilisce che non si deve tener conto della continuazione, delle circostanze del reato e della recidiva, senza alcuna specificazione e quindi con riferimento a tutti i tipi di recidiva previsti dall'art. 99 cod. pen. Nella seconda parte, poi, la disposizione pone una norma di carattere speciale (ma in relazione soltanto alle circostanze del reato) con la quale si fa eccezione alla regola generale disponendo che si debba invece tenere conto delle circostanze quando si tratti della circostanza aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 5, o della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 4, ovvero di una circostanza per la quale la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o di una circostanza ad effetto speciale. La norma applicabile alla recidiva (di qualsiasi tipo essa sia) è dunque la norma generale contenuta nella prima parte della disposizione e non la norma speciale contenuta nella seconda parte, che riguarda solo alcune circostanze, fra le quali non rientra la recidiva. E' infatti ragionevole pensare che se il legislatore avesse voluto che si tenesse conto della recidiva allorchè essa costituisca una circostanza ad effetto speciale, non avrebbe fatto espresso riferimento alla stessa nella prima parte della disposizione, perchè sarebbe stato sufficiente attribuirle il trattamento previsto in generale per le circostanze (con applicazione delle norma speciale che include nel computo quelle ad effetto speciale). Il fatto quindi che la norma generale di cui alla prima parte della disposizione ha contemplato espressamente anche la recidiva (a fianco della continuazione), non può avere altro significato che la volontà del legislatore di escludere in ogni caso dal computo la recidiva, quale che sia il suo tipo e quale che sia l'aumento di pena che essa comporta. Questa interpretazione appare poi confortata dalla considerazione che, costituendo la seconda parte della disposizione una regola speciale che fa eccezione alla regola generale di cui alla prima parte, la stessa, ai sensi dell'art. 14 preleggi, non può essere applicata oltre i casi in essa considerati, il che induce ad escludere, nel dubbio, anche una interpretazione estensiva. Il riferimento alle circostanze ad effetto speciale contenuto nella norma speciale, quindi, va interpretato restrittivamente, nel senso appunto che

esso riguardi le circostanze diverse dalla recidiva, che è espressamente disciplinata solo dalla norma generale. Per le stesse ragioni non potrebbe ritenersi che il significato e la portata dell'art. 278 cod. proc. pen. siano stati implicitamente modificati dalla nuova disciplina sulla recidiva introdotta dalla L. n. 251 del 2005. La nuova disciplina, infatti, ha comportato che ora, in alcune ipotesi, la recidiva può essere qualificata come circostanza ad effetto speciale, ma non vi è alcun aggancio normativo per ritenere che la modifica dell'art. 99 cod. pen. abbia determinato anche una (sostanziale) modifica dell'art. 278 cod. proc. pen., limitando l'ambito di applicazione della norma generale nella parte in cui fa riferimento alla recidiva e (stravolgendone l'originario significato) abbia addirittura comportato una nuova disciplina nel senso che della recidiva non si debba tener conto nelle ipotesi di cui ai primi due commi dell'art. 99, mentre si debba tener conto nelle ipotesi di cui all'art. 99 c.p., commi 3 e 4. In mancanza di qualsiasi espressa indicazione in tal senso nella nuova disciplina (che non porta alcuna espressa modifica all'art. 278 cod. proc. pen.), una interpretazione delle nuove norme che attribuisca alle stesse un effetto implicito di tale portata sul testo dell'art. 278 cod. proc. pen., sembrerebbe impedita dal fatto che essa sembrerebbe risolversi in una interpretazione estensiva, se non anche in una applicazione analogica, della norma eccezionale di cui alla seconda parte della disposizione, stante la conseguente riduzione della portata della norma generale di cui alla prima parte. L'interpretazione in esame, poi, potrebbe anche ritenersi confermata dalla ratio dell'art. 278 cod. proc. pen., che appare essere quella che, ai fini della applicazione delle misura cautelari e precautelari, si debba tener conto delle circostanze (in senso lato) che aggravano il disvalore del fatto criminoso in sè considerato e non anche di quelle che non incidono sulla gravità del fatto in sè, come appunto la continuazione o la recidiva, quale che sia poi l'aumento di pena determinato da quest'ultima. In questa prospettiva, appare quindi irrilevante, ai fini della questione prospettata, la circostanza che la recidiva reiterata costituisca una circostanza ad effetto speciale, oltre che una circostanza inerente alla persona del colpevole. Ugualmente irrilevante appare la giurisprudenza (richiamata dal Procuratore generale nella sua requisitoria) relativa all'art. 157 cod. pen., comma 2 che fa riferimento alle circostanze ad effetto speciale ma che non pone una specifica norma per la recidiva. Rileva il Collegio che entrambe le soluzioni interpretative dianzi prospettate sono plausibili. Sul punto appare essere in atto un contrasto di giurisprudenza e comunque la questione di diritto può dar luogo ad un contrasto di giurisprudenza all'interno di questa Corte. Appare opportuno risolvere il più presto possibile tale probabile contrasto di giurisprudenza, trattandosi di questione che può incidere sulla libertà personale degli indagati e che può determinare diversità ed incertezze operative ed interpretative. Ritiene quindi il Collegio che sia opportuno rimettere subito il ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 618 cod. proc. pen., per la soluzione della questione se, ai fini della determinazione della pena agli effetti delle misure cautelari e precautelari, debba tenersi conto della recidiva reiterata, in quanto circostanza ad effetto speciale, ai sensi dell'ultima parte dell'art. 278 cod. proc. pen., ovvero non debba tenersene conto, ai sensi della norma generale dettata dalla prima parte dell'art. 278 cod. proc. pen.. P.Q.M. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rimette il ricorso alle Sezioni Unite.