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Transcript:

Rapporto pari opportunità Di Saverio Nicco Consulente del Lavoro in Carcare (Sv) Il 30 di aprile scade il termine ultimo per la presentazione del rapporto periodico sulla parità di trattamento tra uomini e donne per le aziende con organico superiore alle 100 unità. Prima di entrare nel merito di tale adempimento, merita, però, ripercorrere l evoluzione normativa, sia a livello nazionale che sovranazionale. A livello sovranazionale merita riportare quanto previsto dal Trattato della Comunità europea e da alcune direttive susseguitesi nel tempo. Art. 141 TCE 1. Ciascuno Stato membro assicura l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. 2. Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo. La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica: a) che la retribuzione corrisposta per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di misura; b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per uno stesso posto di lavoro. 3. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adotta misure che assicurino l'applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ivi compreso il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. 4. Allo scopo di assicurare l'effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l'esercizio di un'attività professionale da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali. Art. 3 Direttiva 75/117 Gli Stati membri sopprimono le discriminazioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile derivanti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e contrarie al principio della parità delle retribuzioni. Art. 3 Direttiva 76/207 1. L ' applicazione del principio della parità di trattamento implica l' assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le condizioni di accesso, compresi i criteri di selezione, agli impieghi o posti di lavoro qualunque sia il settore o il ramo di attività, e a tutti i livelli della gerarchia professionale. Direttiva 2006/54 Art. 4 Per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, occorre eliminare la discriminazione diretta e indiretta basata sul sesso e concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni. In particolare, qualora si utilizzi un sistema di classificazione professionale per determinare le retribuzioni, questo deve basarsi su principi comuni per i lavoratori di sesso maschile e per quelli di sesso femminile ed essere elaborato in modo da eliminare le discriminazioni fondate sul sesso. Art.5

Fermo restando quanto disposto dall'articolo 4, nei regimi professionali di sicurezza sociale è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, specificamente per quanto riguarda: a) il campo d'applicazione di tali regimi e relative condizioni d'accesso; b) l'obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi; c) il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni. A livello nazionale, in una logica di gerarchia delle fonti, merita muovere dalla Costituzione, la quale prevede in due differenti articoli il richiamo al lavoro femminile: per l articolo 3 tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [ ]. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all organizzazione politica, economica e sociale del Paese ; per l art 37 la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore [ ]. Nella scia del dettato costituzionale si inseriscono diverse norme, susseguitesi negli anni, volte ad una reale applicazione della parità di trattamento in ambito lavoristico. Infatti, se i principi enunciati nella carta costituzionale non erano volti ad operare una reale parificazione, le norme successive operano in modo da eguagliare sul campo il lavoro femminile a quello maschile. Un primo passo si riscontra nella L. 903 del 9 dicembre 1977. L. 903/77 Art. 2 1. La lavoratrice ha diritto alla stessa retribuzione del lavoratore quando le prestazioni richieste siano uguali o di pari valore. 2. I sistemi di classificazione professionale ai fini della determinazione della retribuzione debbono adottare criteri comuni per uomini e donne. Art. 3 1. È vietata qualsiasi discriminazione fra uomini e donne per quanto riguarda l attribuzione delle qualifiche, delle mansioni e la progressione nella carriera. Nel proseguo evolutivo si innesta, poi, la L. 125/1991. Tale norma, pur se abrogata nel 2006, inserisce nel contesto italiano il concetto di azioni positive. Come ricordato dal professor Edoardo Ghera 1, rientrano in questa definizione tutti i programmi rivolti a consentire alle donne di godere effettivamente di pari opportunità (e non solo parità di trattamento in atto) rispetto agli uomini nel campo del lavoro, anche autonomo. Questi programmi indirizzati soprattutto al miglioramento della formazione professionale e scolastica delle donne e a favorire, anche attraverso modificazioni dell organizzazione e del tempo di lavoro, il riequilibrio delle responsabilità familiari e professionali tra i due sessi sono sostanzialmente finalizzati a rafforzare la presenza femminile nel mercato del lavoro soprattutto nelle posizioni di elevata professionalità. L. 125 del 10 aprile 1991 1. Le disposizioni contenute nella presente legge hanno lo scopo di favorire l'occupazione femminile e di realizzare, l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, anche mediante l'adozione di misure, 1 Edoardo Ghera, Diritto del Lavoro Compendio, Cacucci Editore, Bari 2003, pag.140.

denominate azioni positive per le donne, al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità. 2. Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare lo scopo di: a) eliminare le disparità di fatto di cui le donne sono oggetto nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa e nei periodi di mobilità; b) favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne in particolare attraverso l'orientamento scolastico e professionale e gli strumenti della formazione; favorire l'accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici; c) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti dei dipendenti con pregiudizio nella formazione, nell'avanzamento professionale e di carriera ovvero nel trattamento economico e retributivo; d) promuovere l'inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente avanzati ed ai livelli di responsabilità; e) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, delle condizioni e del tempo di lavoro, l'equilibrio tra responsabilità familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali responsabilità tra i due sessi. Nel 2006, con D.Lgs. 198 Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, il legislatore riordina completamente la materia e cerca di racchiudere in un unica fonte tutte le disposizioni volte alla parità di trattamento. Ai nostri fini merita focalizzarsi sull articolo 46 relativo al rapporto sulla situazione del personale, norma mutuata dalla sopra citata L. 125/1991 art.9. Art. 46 - Rapporto sulla situazione del personale - (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 9, commi 1, 2, 3 e 4). 1. Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta. 2. Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità. 3. Il rapporto è redatto in conformità alle indicazioni definite nell'ambito delle specificazioni di cui al comma 1 dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto. 4. Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma 1 non trasmettano il rapporto, la Direzione regionale del lavoro, previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2, invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520. Nei casi più gravi può essere disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'azienda. Il rapporto sulla situazione del personale Per le modalità di redazione del rapporto si fa riferimento al D.M. 17 luglio 1996 il quale prevede un format sviluppato in 8 differenti punti. Le aziende pubbliche e private soggette all obbligo sono quelle con organico superiore alle 100 unità a fine biennio. Ai fini della determinazione di tale limite, si dovranno computare anche i lavoratori assunti con contratto di apprendistato. Relativamente all accezione di aziende pubbliche, rientrano nel novero, oltre alle imprese a partecipazione statale, anche le aziende autonome dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali. Il rapporto deve essere riferito al complesso delle unità produttive e delle

dipendenze, nonché a ciascuna unità produttiva con più di cento dipendenti. Il biennio di riferimento non è mobile ma, bensì, fisso: si parte dal 1992-1993 e si prosegue. Ne discende che il termine di scadenza del 30 aprile prevede l invio del biennio 2010-2011. Tale rapporto dovrà essere trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali ed al consigliere regionale di parità della regione nella quale è situata la sede legale dell azienda. Scopo del rapporto è fotografare la situazione aziendale inerente l eliminazione delle discriminazioni nei confronti delle donne riguardo l accesso ai differenti ruoli aziendali ed allo svolgimento dell attività lavorativa stessa. Gli stessi dati potranno essere utilizzati ai fini statistici per programmare il finanziamento di azioni positive. Struttura del rapporto 1 - Informazioni generali sull'azienda 2 - Informazioni generali sulle unità nell'ambito comunale 3 Occupati alle dipendenze al 31.12 del primo anno del biennio e al 31.12 del secondo anno del biennio 4 - Occupati alle dipendenze al 31.12 del secondo anno del biennio per categoria professionale e livello di inquadramento: promozioni e assunzioni nell'anno 5 - Occupati al 31.12 del secondo anno del biennio per categoria professionale e tipo contratto, Cassa Integrazione e aspettativa 6 Entrate ed uscite, trasformazioni dei contratti nel secondo anno del biennio 7 - Formazione del personale svolta nel corso del secondo anno del biennio 8 - Dati retributivi relativi al secondo anno del biennio - Dati identificativi aziendali - Organico totale al 31.12 del secondo anno del biennio; - Attività economica; - Ccnl applicato/i. - Localizzazione delle unità locali; - Numero totale unità produttive presenti nel comune; - Occupati al 31.12 del secondo anno del biennio divisi in: dirigenti, quadri, impiegati e operai; - Organico al 31.12 del primo anno del biennio; - Soggetti entrati; - Soggetti usciti; - Organico al 31.12 del secondo anno del biennio. Il dato deve essere suddiviso in dirigenti, quadri, impiegati e operai. - Suddivisione per categoria professionale (dirigenti, quadri, impiegati e operai) a livello di inquadramento contrattuale. - Suddivisione per categoria professionale dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato (di cui parttime), indeterminato (di cui part-time), contratti formazione lavoro, apprendistato, solidarietà oltre ai dipendenti in Cig (a zero ore o non a zero ore) ed in aspettativa. - Suddivisione per categoria professionale in: a) entrate: da altra unità produttiva, passaggio da altra categoria, nuova assunzione; b) uscite: ad altra unità produttiva, passaggio ad altra categoria e cessazione rapporto di lavoro con specificazione della motivazione; c) trasformazione contratto: da tempo determinato a tempo indeterminato, da part-time a tempo pieno, da tempo pieno a part-time. - Suddivisione per categoria professionale: a) numero partecipanti; b) totale ore di formazione. - Monte retributivo lordo, annuo suddiviso per categoria e livello contrattuale. All interno di ogni tabella si dovrà procedere ad esporre i dati sia cumulativamente (uomini + donne) sia con riferimento alle sole donne. Sistema sanzionatorio Ai sensi del comma 4 dell art. 46, in caso di inottemperanza al dettato normativo, la Direzione Regionale del Lavoro, su segnalazione da parte del consigliere regionale di parità o delle rappresentanze sindacali aziendali, diffida l azienda a provvedere entro un termine massimo di sessanta giorni. Nel caso di successiva inottemperanza alla diffida, ai sensi dell art. 11 del D.P.R. 520/55 l azienda sarà soggetta ad una sanzione compresa tra 103 e 516 euro, ulteriormente quintuplicati ai sensi dell art. 1 c. 1177 della L. 296/2006.

Art.1 c.1177 L. 296/2006 Gli importi delle sanzioni amministrative previste per la violazione di norme in materia di lavoro, legislazione sociale, previdenza e tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro entrate in vigore prima del 1 gennaio 1999 sono quintuplicati, ad eccezione delle ipotesi di cui al comma 1178. Nei casi più gravi potrà essere prevista la sospensione per un anno di tutti i benefici contributivi cui l azienda ha diritto.