LA DURABILITA' E IL DEGRADO DELLE STRUTTURE IN C.A.

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LA DURABILITA' E IL DEGRADO DELLE STRUTTURE IN C.A. La produzione attuale di calcestruzzo ha ormai raggiunto elevati livelli di resistenza con caratteristiche qualitative che però spesso non sono tenute nella giusta considerazione. Attualmente le caratteristiche prestazionali dei calcestruzzi sono regolate dalle norme UNI 9858 recentemente richiamate dal D.M. 9/1/1996. Nel seguito si farà una rapida carrellata di quelle che sono le più diffuse cause di degrado immediato e nel tempo di una struttura in calcestruzzo armato. IL CALCESTRUZZO. Composizione chimica dei cementi. La composizione chimica del cemento Portland è all'incirca la seguente: SiO 2 20 23 % Al2O 3 3 8 % FE 2 O 3 0.5 5 % CaO 64 68 % MgO SO 3 NA 2 O + K 2 O 1 3 % max tollerato 1 2.5 % max tollerato 0.5 1.5 % max tollerato Il cemento pozzolanico si ottiene macinando finemente insieme clinker e pozzolana in rapporto di 70 parti a 30. Questo cemento raggiunge, a presa avvenuta, un'elevata stabilità nei confronti delle acque marine, aggressive e solfatiche. Il cemento alluminoso, prodotto cuocendo fino a fusione una miscela di calcare e bauxite, presenta un tenore di silice ridotto ad un massimo del 9 10 % mentre l'allumina e la calce sono presenti in quantità di circa il 35 45 %. L'indurimento dei calcestruzzi confezionati con tali cementi è molto rapido e avviene con sviluppo di notevoli calori di idratazione, cosa che lo rende utile per gettate in climi freddi ma ne impedisce l'uso per gettate di notevoli dimensioni che si creperebbero vistosamente nella fase di raffreddamento. Anche questo cemento, come il precedente, ha una buona resistenza alle acque marine e solfatiche. Il cemento d'altoforno si ottiene mescolando il cemento Portland con i sottoprodotti della lavorazione della ghisa. La proporzione delle scorie varia tra il 30 e l'85 %; per la preparazione si macinano insieme in maniera molto fine ed omogenea il clinker e le scorie. L'idrato di calcio (CA(OH) 2 ) che si libera si combina con la silice e i silicati presenti nelle scorie, rendendo quasi nullo il contenuto di calce libera nel prodotto finito. La presenza di CaO così come quella di MgO è causa della formazione di microfessure e tensioni interne dovute alle lente reazioni di trasformazione dei due ossidi anzidetti nei corrispondenti idrossidi che causano aumenti di volume contrastati dalla massa di calcestruzzo già rigida. Le caratteristiche descritte conferiscono al cemento d'altoforno marcate proprietà idrauliche che unite alla notevole compattezza e all'ottima resistenza all'azione di acque corrosive e dilavanti, lo rendono ideale per la preparazione di gettate subacquee.

Composizione del calcestruzzo. Come è ben noto, normalmente un metro cubo di calcestruzzo è composto da 0.80 m3 di inerte grosso (ghiaia o pietrisco), 0.40 m3 di inerte fine (sabbia), circa 300 kg di cemento e da 120 150 litri d'acqua. In questo miscuglio gli inerti costituiscono lo scheletro portante del conglomerato, mentre il cemento, reagendo chimicamente con l'acqua, ha la funzione di legare tra loro gli altri elementi. Una caratteristica determinante per la resistenza del calcestruzzo è il suo rapporto acqua/cemento. Il valore di questo parametro è spesso tenuto a valori ben più alti del valore stechiometrico (0.28 0.30) per favorire la lavorabilità del calcestruzzo. Si utilizzano così spesso calcestruzzi con rapporti A/C superiori a 0.5 con caratteristiche di resistenza che in molti casi sono ancora accettabili benché inferiori a quelle massime raggiungibili, ma con caratteristiche di durabilità che vengono gravemente intaccaate senza che se ne tenga opportuna considerazione. Si ottengono infatti calcestruzzi con un'elevata porosità che espone i manufatti ad attacchi chimici da parte di ambienti aggressivi. Una buona lavorabilità unita ad una idratazione adeguata può essere conseguita mediante l'impiego di fluidificanti. Questi sono formati di solito da sostanze resinose che diminuiscono la tensione superficiale dell'acqua favorendo la lavorabilità e aumentano l'idratazione immediata anche con quantità d'acqua vicine ai valori stechiometrici. CAUSE PRINCIPALI DI DEGRADO. Le principali cause di degrado di strutture in calcestruzzo armato sono le seguenti (Tab. 1): Cause % Tecnologiche 42 Costruttive 22 Strutturali 12 Sovraccarichi 8 Fondazioni 7 Accidentali 4 Tra le cause indicate come tecnologiche sono comprese le azioni dovute a calcestruzzo di scadente qualità, attacco chimico del calcestruzzo, corrosione dei ferri dovuta ad inadeguata protezione da parte del conglomerato. Vediamo nel dettaglio quali sono le cause principali di degrado chimico fisico e meccanico (Tab. 2). Cause chimiche Solfati. Nelle acque ricche di solfati (SO4=), come le acque di mare, questi si combinano con gli alluminati del calcestruzzo formando un solfoalluminato di calcio idrato noto come ettringite. Questa reazione causa un aumento di volume per cui le parti corticali del calcestruzzo si gonfiano e producono fessurazioni che espongono la massa interna del calcestruzzo al degrado. In ambienti marini si rende quindi necessario l'uso di cementi pozzolanici o d'altoforno, questi infatti a causa della modesta quantità di calce libera presente, sono poco soggetti alla formazione dell'ettringite. E' inoltre opportuno realizzare in questi casi calcestruzzi poco porosi e quindi con bassi rapporti A/C.

Solfuri. I solfuri (S = ) e l'h 2 S causano attacco acido del materiale contro il quale è necessario prevedere intonaci di sostanze protettive (malte di resina epossidica). I solfuri sono presenti in terreni argillosi ricchi di pirite. Anidride carbonica. L'anidride carbonica (CO 2 ) presente in acque di montagna attacca i carbonati con formazione di bicarbonati solubili che causano il dilavamento del calcestruzzo. Anche in presenza di tali condizioni è utile ricorrere a cementi pozzolanici o d'altoforno, e comunque realizzare calcestruzzi impermeabili con il giusto rapporto A/C. La carbonatazione è un fenomeno grave e frequente caratteristico delle strutture esposte all'aria. Al contatto con l'anidride carbonica presente nell'aria, specialmente in atmosfere ricche di questo gas, la calce presente nel calcestruzzo (Ca(OH) 2 ), si trasforma in carbonato di calcio con gravi conseguenze sulle armature. Infatti il copriferro, con il suo PH elevato, esplica una funzione di protezione delle armature ossidate in superficie, che in ambiente basico mantengono una pellicola di ossido in superficie. Il fenomeno della carbonatazione causa un abbassamento del PH da circa 13 a circa 9 facendo così venire meno le condizioni per una efficace protezione delle armature che si degradano riducendo la loro sezione efficace e facendo "saltare" il copriferro così da esporre sempre di più agli attacchi esterni il calcestruzzo armato. Tali problemi sono ancora più evidenti negli elementi in c.a.p. per le elevate tensioni di lavoro utilizzate in tale materiale. Per ridurre i rischi di carbonatazione si possono impiegare appositi additivi oltre che verificare le sezioni alla fessurazione e adottare idonei spessori di copriferro. Cloruri. I cloruri (Cl ) attaccano direttamente le armature distruggendo la pellicola di ossido protettivo che le ricopre. Sono particolarmente esposti a questo agente i manufatti realizzati in ambiente marino e le travi che sorreggono ponti stradali in zone dal clima freddo per l'uso di spargere sali allo scopo di favorire lo scioglimento della neve e del ghiaccio. Alcali aggregati. Un altro attacco chimico ai danni del calcestruzzo avviene da parte degli alcali aggregati (Na+ e K+) sopratutto per calcestruzzi confezionati con aggregati silicei contenenti elevate percentuali di silice amorfa o forme criptocristalline. In questi casi è necessario verificare la compatibilità del cemento con gli inerti silicei per evitare la formazione di un silicato alcalino gelatinoso che si espande disgregando il calcestruzzo. Cause fisiche Gelo disgelo. Le variazioni di temperatura che avvengono a cavallo dello 0 C sono molto più pericolose delle altre, anche di maggiore entità, che vengono normalmente prese in considerazione durante la progettazione. Per fortuna il comportamento viscoso del calcestruzzo (per la gradualità con cui avvengono le variazioni), unito alla duttilità delle strutture (che permette deformazioni plastiche), permette di assorbire le punte di tensione che nascerebbero dai calcoli in regime perfettamente elastico delle variazioni termiche. Tali tensioni imporrebbero altrimenti onerosissimi accorgimenti.

L'unico vero accorgimento che in strutture di grande dimensione planimetrica possa ovviare all'azione delle variazioni termiche è l'inserimento di giunti di dilatazione. Variazioni termiche, specialmente se cicliche, causano stati di coazione tra gli inerti e la pasta cementizia che compongono il calcestruzzo. Infatti i coefficienti di dilatazione termica dei due materiali, pur essendo tra di loro confrontabili, non sono uguali (Tab. 3). Tab. 3 Coefficienti di dilatazione termica α( C -1 ) cemento 0.9*10-5 inerti calcarei 0.5*10-5 inerti silicei 1.0*0-5 getti vanno effettuati con la certezza che la temperatura non sia vicina allo 0 C. In tali condizioni infatti l'idratazione del cemento avviene con una eccessiva lentezza che porta a scarse resistenze meccaniche del conglomerato. Per evitare l'insorgere di questi problemi si può effettuare l'aggiunta di additivi acceleranti come il cloruro di calcio oppure provvedere alla copertura del getto ed eventualmente al suo riscaldamento per insufflaggio di aria calda. I cicli termici attorno allo 0 C sono dannosi anche per le strutture che hanno già subito la stagionatura. Infatti in tali condizioni l'acqua assorbita dal calcestruzzo per capillarità, gela aumentando di volume e causando gravi conseguenze se l'umidità del conglomerato supera un valore critico pari a circa il 92 % dei vuoti totali. Oltre questi limiti l'aumento di volume dell'acqua gelata non può essere compensato dai vuoti e causa sicuramente danni per disgregazione del calcestruzzo. Un rimedio contro questo pericolo è rappresentato dall'utilizzo di calcestruzzo con buona compattezza e quindi scarsa tendenza ad assorbire acqua. Un altro rimedio consiste nella creazione di microbolle nella massa di calcestruzzo per mezzo di additivi aeranti che agiscono per via chimica come alluminio, zinco e magnesio, o fisica come i tensioattivi. In tal modo si rende la massa di conglomerato meno conduttrice di calore e quindi meno sensibile agli effetti termici; inoltre le microbolle creano degli sfoghi per l'acqua di capillarità quando questa aumenta di volume. I volumi d'aria che si creano con questo metodo sono dell'ordine del 3 4 % e causano abbattimenti della resistenza fino al 20 %. In caso di esercizio di una struttura in condizioni di basse temperature si dovrebbe inoltre verificare la non gelività degli inerti utilizzati per la miscela. Ritiro. Avviene a causa della diminuzione per evaporazione dell'acqua interstiziale durante la presa di un calcestruzzo gettato in aria. Se l'umidità relativa ambientale al momento della gettata e della successiva presa è inferiore al 95 % se ne può tener conto in fase di progetto considerando il ritiro come se fosse dovuto ad una variazione termica.

Se l'umidità relativa ambientale supera invece il 95 % si hanno fenomeni di aumento del volume della massa di calcestruzzo, ai quali seguono con la diminuzione dell'umidità, deformazioni dovute al ritiro. In tali condizioni è utile bagnare con continuità la superficie del calcestruzzo durante la presa e la prima fase dell'indurimento per evitare che si formino fessure o, se si tratta di grosse gettate, vere e proprie crepe che possono compromettere la funzionalità della struttura esponendo inoltre il calcestruzzo armato all'attacco degli agenti esterni. Per ridurre il ritiro, soprattutto nelle opere di riparazione, si fa largo impiego di malte antiritiro o espansive. E' inoltre opportuno bagnare bene le superfici di ripresa del getto o quelle di contatto tra laterizio e calcestruzzo per evitare che si abbiano localmente delle disidratazioni del calcestruzzo. Incendio. I danni prodotti dagli incendi sono di notevole gravità. Attorno a 100 150 C la pasta cementizia subisce un primo degrado per decomposizione di alcuni componenti. A 570 C il quarzo contenuto negli inerti silicei varia il suo stato con forti dilatazioni che fanno contrasto con il ritiro dovuto alla disidratazione del cemento. In queste condizioni la resistenza del calcestruzzo si riduce fino al 20 %. Al raffreddamento si ha un'ulteriore diminuzione della resistenza dovuta a microfessure che si aprono come effetto di variazioni di volume contrastate. I calcestruzzi confezionati con inerti calcarei subiscono invece una forte riduzione di resistenza meccanica attorno ai 700 750 C per trasformazione dei calcari in calce viva. Le armature subiscono anch'esse una forte riduzione della resistenza se portate ad alte temperature. Questa riduzione rispetto alla resistenza iniziale è più marcata per gli acciai lavorati che per quelli dolci e laminati.

Fig. 1 Carico di snervamento dell'acciaio durante e dopo l'incendio. Tab. 4 tempo per il raggiungimento della temp. di 50 C (in minuti)

Spessore del copriferro (cm) con aggregati silicei con aggregati calcarei 2 50 70 3 80 110 4 120 160 5 180 240 Per proteggere le armature dal rischio di un'eccessiva temperatura in caso di incendio è necessario adottare opportuni spessori di copriferro. Aumentando questo spessore aumenta il tempo necessario perché l'armatura raggiunga temperature critiche nel modo che si vede nella tab. 4. In tale tabella si vede anche che i calcestruzzi con aggregati calcarei hanno poteri di isolamento termico delle armature più elevati. Calore di idratazione. Per calcestruzzi con elevati calori di idratazione utilizzati in getti di notevole massa la temperatura del calcestruzzo può aumentare, a causa del calore sviluppato durante le reazioni chimiche di idratazione, anche di 40 C. In seguito la parte esterna esposta all'aria si raffredda più rapidamente di quella interna causando stati di coazione con tensioni di trazione sulla massa superficiale del conglomerato. Successivamente, con il raffreddamento della massa più interna e a causa dell'aumentata rigidità, la situazione si inverte con la possibilità di formazione di lesioni interne alla massa di calcestruzzo. Cause meccaniche Urti, abrasioni. L'abrasione di superfici in calcestruzzo ha effetti tanto maggiori quanto minori sono: la durezza superficiale, l'aderenza cemento inerti, la resistenza degli inerti. Un accorgimento particolare per proteggere le pavimentazioni in calcestruzzo dall'abrasione è lo spolvero superficiale effettuato spargendo sul getto non ancora indurito, di una miscela formata da polvere cementizia, inerte siliceo al corindone e additivi appositi per l'aumento della resistenza superficiale. Le conseguenze degli urti possono essere ridotte utilizzando calcestruzzi fibrorinforzati mediante materiali polimerici o acciaio. Conclusioni. Analizzate, anche se solo in modo riassuntivo, le diverse cause di degrado delle strutture in cemento armato che non dipendono dalla resistenza meccanica dello stesso, appare evidente quanta importanza abbiano alcuni parametri che influenzano la durabilità del calcestruzzo rispetto ai più svariati tipi di attacco esterno, soprattutto chimico. In particolare è utile ricordare come un calcestruzzo con una buona compattezza e un adeguato rapporto acqua/cemento sia destinato ad una buona durabilità per la sua capacità di resistere meglio di un calcestruzzo poroso o confezionato con un eccesso d'acqua ad una gran quantità di agenti. Non è possibile in questo breve compendio esaminare gli effetti di sisma e vibrazioni sulle opere in cemento armato in quanto queste sono cause estremamente più complesse e che danno vita ad una casistica di danni molto varia che va affrontata con il dovuto rigore così come viene fatto in

numerose pubblicazioni esistenti nella letteratura tecnico scientifica relativa alle costruzioni in cemento armato. Bibliografia di approfondimento. 1. ACI 201.2r 77, Guide to Durable Concrete, 1982. 2. Boll. CEB 148, "Durability of Concrete Structures" State of the Art Report, Aprile 1982. 3. Boll. CEB 183, Design Guide "Durable Concrete Structures", 1989. 4. Borlera M. Brisi C., Lezioni di Tecnologia dei Materiali e Chimica Applicata, Levrotto e Bella, Torino, 1984. 5. CEB FIP, Model Code 1990, Final Draft, Boll. 203 204 205, 1991. 6. Collegio dei Tecnici della Industrializzazione Edilizia, Istruzioni C.T.E. 001/89: Durabilità delle strutture in cemento armato, Gennaio 1990. 7. Collepardi M., Scienza e tecnologia del calcestruzzo, Hoepli, 1992. 8. Collepardi M., Durabilità del calcestruzzo: teoria, pratica e prescrizioni di capitolato Parte I: Cause di degrado di tipo chimico, L'Industria Italiana del Cemento, 11/1992. 9. Coppola L., Durabilità del calcestruzzo: teoria pratica e prescrizioni di capitolato Parte II: Cause di degrado di tipo fisico e meccanico, L'Industria Italiana del Cemento, 3/1993. 10. ENV 206, Calcestruzzo Prestazioni, produzione, posa in opera e criteri di conformità, Febbraio 1989. 11. Massazza F., Resistenza del calcestruzzo all'acqua di mare e all'ambiente marino, Il cemento, pp. 3 26, 1/1992. 12. Pedeferri P., Corrosione e protezione delle strutture metalliche negli ambienti naturali e nel cemento armato, CLUP, 1987. 13. Pedeferri P., La corrosione delle armature nel calcestruzzo, L'Industria Italiana del Cemento, n.657 1991, n.663 1992, n.670 1993.