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Intervista (seconda parte) rilasciata su videocassetta dal Sig. Bruno Simioli il 12 marzo 2003 presso la biblioteca della Scuola Media "Primo Levi" di Cascine Vica - Rivoli (Torino) Intervistatrice: Prof.ssa Marina Bellò. E di questa sua permanenza a Mauthausen, che cosa ricorda, cosa vuol raccontare, il viaggio, il lager come si è salvato, anche Di lì che siamo andati a Bolzano col treno ci hanno portato a Mauthausen. Quelli che preparavano il treno erano dei borghesi, perché lì era molto brutto Bolzano. Comunque, preparavano e mettevano lì un seghetto, un martello o qualcosa per poterti far scappare. Combinazione noi, è toccato proprio che loro l hanno saputo, i Tedeschi, per arrivare a Mauthausen non so- abbiamo impiegato due giorni, che non è lunga la strada. Ogni non so- ogni pochi chilometri fermavano e controllavano di nuovo tutto il treno così in maniera che non siamo mai riusciti a scappare. Perché era già inverno faceva già freddo, d inverno? Era ottobre. Di lì ci hanno scaricato, eravamo in 500 e più, ci hanno messi in fila da dove hanno fermato il treno siamo andati fino a Mauthausen. Ma eravate solo prigionieri politici o anche mescolati agli Ebrei? No, c erano gli Ebrei; gli Ebrei con noi; Ebrei, prigionieri politici e basta. Non c erano militari e altro. Però avevamo anche dei militari stranieri che li hanno presi. C erano dei Russi, Inglesi, insomma c erano militari Quando hanno aperto i vagoni c era molti morti perché eravamo ammassati uno sopra l altro. E c era anche le donne, tra parentesi, non solo uomini anche le donne, però loro avevano un vagone a parte. C erano le donne perché dopo là a Mathausen c era una zona delle donne e una zona per gli uomini. Quando siamo arrivati là a Mauthausen, ricordo sempre la scena, veniamo lì, non immaginavi mai anche quello che ci ha fatto andare per non fucilarmi che mi ha fatto mandare a Mauthausen, non sapeva mai com era Mauthausen, sapeva un campo di concentramento. E nessuno sapeva com era, ma proprio nessuno. E allora -cosa vuole-, quando arriviamo lì ci hanno messi nudi ad aspettare lì, ho visto in giro che giravano con delle pietre così, ma grosse, in spalla e altri le avevano così che facevano giri per penitenza di questi prigionieri. Lì ci hanno entrato, ci hanno messi nudi, ci hanno fatto tutto rasato completo dappertutto. Ricordo che avevano un rasoio e non un coso da barba ma quello che davano le pitture. Era un pennello Il pennello. Chi era lì, c erano ancora gli Spagnoli, ancora quelli della Spagna che erano con Franco, allora contro Franco e li avevano messi lì e oramai loro erano i più anziani lì e ci hanno dato i posti migliori, facevano il barbiere, facevano le pulizie; insomma avevano i posti migliori. Erano gli Spagnoli.

Di lì a sua volta, ci hanno messi in una stanza, grossa come questa, sempre sono baracche di legno intendiamoci-, tutti nudi sempre lì e dicevano che eravamo in quarantena, perché se c era uno che era malato o qualcosa, lo prendevano e lo portavano via. E quello che era lì, i Kapò, li chiamavano i Kapò, che controllavano, controllavano i prigionieri, loro erano lì perché avevano paura che se c avesse qualcuno che avesse una certa malattia che poteva appiccarla agli altri, -diciamo- infettiva, loro che cosa facevano?- allora chiudevano il blocco che era di legno e venivano lì col lanciafiamme e davano fuoco a tutto, e davano fuoco anche ai Kapò che erano lì. I kapò erano quasi tutti criminali Tedeschi e c erano dei Polacchi. Insomma i kapò. Quando c era qualcuno, questi qui che cosa facevano, che uno si lamentava, questo qui ci dava delle bastonate e lo ammazzavano, poi lo portava fuori e diceva che era morto così, in maniera che avevano paura che avesse malattie infettive, dopo perché tutte le mattine ci portavano lì e ci mettevano in fila, sempre nudi. Ricordo sempre un fatto: che c era, erano di La Spezia, erano una ventina di La Spezia che erano lì. Ricordo che c era anche un bambino che avrà avuto 10-12 anni e c era suo padre, tutti nudi. E bisognava, ti facevano chiamare per nome e bisognava dire presente o che sia. Lo dicevano in italiano. Poi non lo dicevano più in italiano, solo in Tedesco. E bisognava capirlo, poi bisognava mettersi in fila perché dicevano il numero perché avevamo già i numeri. Ricordo quel fatto lì: che questo bambino è svenuto, e il padre è logico- che era venuto per aiutarlo. Quelli delle SS non volevano e il padre doveva stare lì e allora così hanno ucciso il padre e anche il figlio, ci hanno sparato. Di lì dopo ci hanno mandato a Mauthausen dopo questa non quarantena, ma è stato una decina di giorni, perché lì quando facevano lì ci toglievano nudi, ci prendevano la roba, la mettevano da parte, chi aveva gli occhiali bisognava buttarli, chi aveva dei denti -sai che una volta usavano il dente d oro, adesso neanche più- allora c era uno con una tenaglia ce li toglieva e li metteva da parte. E anche i capelli abbiamo poi saputo in seguito- che anche i capelli li adoperavano a non so- quelli dei sommergibili, non so facevano qualcosa che insomma tutto quello che prendevano lo usavano per fare qualcosa. Quando portavano anche diciamo- al forno crematorio che portavano lì, -che poi dopo dico com era- portavano lì, ci facevano fare il bagno, che il sapone in tempo di guerra era difficile avere del sapone, questi qui ne avevano sempre un mucchio abbiamo poi saputo che lo facevano con i resti di questi perché facevano concime, sapone, e quello che serviva loro. Facevano il concime con tutti questi al forno crematorio. Di lì ci hanno portato a Gusen; Gusen era a neanche un chilometro, faceva sempre parte di Mauthausen Di lì hanno chiesto chi lavorava, dove si lavorava; io lavoravo in meccanica allora mi hanno messo in una fabbrica, tutto sotto, sotto la montagna, sotto, proprio un tunnel sotto la montagna; e altri invece che loro una parte, che c erano i contadini, c era lì, li hanno mandati diciamo- a lavorare in tutti altri mezzi diciamo. Di lì, comunque, noi si lavorava lì, ci hanno messi in reparti. Eravamo in una ventina per squadra, una ventina, una ventina per squadra; eravamo controllati: noi ci faceva fare

io ero in manutenzione, a riparare delle macchine: riparavo le macchine che dicevano loro. Certo che bisognava guai a scartare, perché quando ti alzavi in piedi se dovevi andare al gabinetto dovevi andare su, no, non c erano lì fuori, dentro c erano solo loro, fuori e c era andavi su a un tipo di collina, la facevi a un altezza di una cinquantina di metri un affare così - e andavi al gabinetto di là, gabinetto, andavi giù in un fossato, ecco, ti mettevano lì, seduto così. Comunque, lì c era, tra parentesi, lì dove c era una scalinata, la scalinata di Mauthausen, dove, quando c era qualcosa che i minatori, c era i minatori, ci facevano fare quella scalinata lì, per come si dice- per punizione, a tanti. E quando arrivavano sopra, perché la scalinata lì era a un altezza non so- ci saranno stati 500 scalini e più, proprio ripida così, quando arrivavi su, ti buttavano, tanti li ributtavano di nuovo giù dove morivano. Comunque, a lavorare, si lavorava com era lì: quando passava un tedesco o anche diciamo- un operaio, un operaio tedesco, bisognava stare lì e togliersi il cappello, c era un berretto, e fare l inchino. Se sbagliavi qualcosa, eri punito con non so- con ti mettevano lì con una due tre vergate, avevano un coso di gomma, di gomma piena, proprio così, ti mettevano lì e c era uno che contava e ti davano queste pacche così nel sedere. E c era uno che diceva: Uno (due tre quattro in tedesco) secondo fino a quindici, fino a quindici e basta. C era quello che ti condannava per tre, quattro Nota bene che queste legnate che prendevi nel sedere, te non riuscivi più a guarire perché cominciava a fare infezione, non guarivi più, ecco, non guarivi più, dovevi eri obbligato a morire. Io ho avuto la fortuna, ne ho prese solo tre, e basta; è andata bene, così. Di lì, a sua volta, finito, finito il lavoro Ah, anche volevo ancora raccontare come ci davano da mangiare. A mezzogiorno, quando il turno al mattino facevamo mezzogiorno, da mangiare ci davano una scodella, così, senza cucchiaio niente, una scodella; e passavi, ce ne davano dieci; dovevi passare con questa scodella lì, c era uno che ti dava così con il mescolo e te passavi di lì e dovevi fare in fretta a buttarla giù per darla all altro che doveva passare a prendere questo mangiare. Se te non riuscivi a farlo, questo qui saltava quel pasto lì, lo mandavano dall altra parte e lui saltava. Comunque, si riusciva a fare tutto lì. Diciamo, erano il mangiare erano le pelli di patate che loro pelavano, c era la terra dentro, c era un po di tutto ecco- per mangiare. Invece alla sera, alla sera quelli che facevano la notte, l altro turno, ti davano un pezzettino di pane non so- grosso così con un pezzettino -non so- era un tipo di formaggio, un pezzettino. Finito lì. Il tuo mangiare era quello. E pensa un po quanti chili potevi avere; te vedevi questa gente qui, -è logico, io non mi vedevo, vedevo gli altri- non so, vedevi solo uno scheletro, uno scheletro proprio, uno scheletro che camminava. Lì a fine turno -come dicevo-, a fine turno alla domenica si cambiava il turno, cosa succedeva? Ti mettevano tutti in fila perché sapevano che dovevano arrivare altri, altri a darci come si dice- altri prigionieri, e loro ti mettevano lì, e c era un tavolo da

una parte e dall altra. C era non so se erano dottori, avevano una camicia bianca, guardavano se eri abile al lavoro da una parte, se non eri abile dall altra parte. E allora, sai com era, sapevano che dovevano esserci 500 persone, dovevano far fuori 500 persone di questi qui, e tenevano solo i migliori che secondo loro... E gli altri alla camera a gas, e poi li portavamo, li portavamo noi con un carretto, là c era quei carretti con una spranga lunga, li caricavamo su come le cucine, li caricavamo tutti nudi e li portavano al crematorio dove c erano poi quelli che li selezionavano anche, al crematorio. Comunque, noi li portavamo lì e poi andavamo via. Quello era lì. Nota bene che tutte le volte, prima di andare a lavorare, ti facevano ci chiamavano non per nome, per numero per controllare se c eravamo tutti e poi ci mandavano a lavorare. Io ricordo, ci avevo un mio amico che era, era stato lì e una parte di questi che non erano all altezza di lavorare, dato che diciamo- il forno era troppo pieno, ne era troppi, che cosa hanno fatto? Li hanno messi in un recinto, tutti nudi nota che era d inverno- tutti nudi, noi ricordo che quando andavamo a lavorare che ci facevano salire su un vagone, che facevi poi un chilometro neanche, sopra il vagone tutto c era i reticolati da tutte le parti e ti mandavano a lavorare secondo dove dovevi scendere. Ricordo tutte le volte che passavo di lì, vedevi questi qui che erano lì, erano parlo così - ma alla media erano più di un centinaio, li vedevi tutti là, tutti abbracciati, tutti abbracciati così; fino a che abbiamo visto ricordo sempre- il quinto giorno ricordo sempre- il quinto giorno non ce n era più uno, erano tutti, tutti per terra. C era anche un mio amico, che poi questo mio amico l ho poi trovato alla sezione alla Liberazione; qui noi eravamo la nostra sezione dell Enel, di Mauthausen, l ho poi trovato lì. Che poi tra parentesi era un po tutto squilibrato, abitava a Venaria, ero andato anche a trovarlo alla Liberazione, ero andato a trovarlo; e sua madre mi ha detto che non andava, ed ho saputo poi dopo due giorni che si era, si era impiccato questo ragazzo qui. Comunque Noi, quando son venuti a liberarci, son venuti gli Americani da una parte, invece i Russi erano poi da un altra parte, erano anche i Russi sempre lì, sempre lì a Mauthausen, Mauthausen, sempre quella zona lì. Ricordo sempre che prima, prima di, prima che venissero lì a fine guerra -erano quindici, venti giorni prima- non ci hanno fatti più andare a lavorare, hanno cominciato a minare sia le miniere, che le fabbriche, quindi i tunnel tutti, tutti minati per farli saltare. E noi non andavamo più, però eravamo tutti lì. Quando moriva qualcuno, neanche più i forni crematori, perché le SS se ne sono andate ed hanno lasciato lì quelli della Wermacht, quelli della Wermacht non facevano niente, erano solo lì a controllare con le mitraglie e poi c era sempre il filo elettrico spinato, che tanti si sono buttati lì nei reticolati, fulminati, perché come pazzia, ecco. Ricordo sempre, sono arrivati gli Americani, noi tutti quei morti li abbiamo ammucchiati tutti nel cortile ma si parlava di un 400 e più- tutti ammucchiati lì solo in quindici, venti giorni. Sono arrivati ricordo- gli Americani con due camionette pensa due camionette- gli altri non c erano più, i tedeschi non c erano più, ricordo sempre, lì non c erano più. Che cosa hanno fatto? Quando sono entrati che hanno visto quest affare qui, -pensaqualcuno è andato lì, han girato, se ne son di nuovo andati; noi pensavamo: Adesso ci daranno da mangiare e invece loro son scappati via, e allora Però son arrivati la

Croce Rossa Internazionale e allora ho saputo che questi a vedere questa roba qui ci faceva effetto Di lì, subito dopo che ci han liberati quando ci hanno liberati lì, per esempio io di lì sono chi voleva andare, andava sai, eri libero, andavi dove volevi. Però c è stato questo: che tutti quei kapò che erano lì, che cosa è successo? Che li hanno presi, insomma li hanno ammazzati, ecco, tanti kapò. Quelli che sono riusciti a scappare, sono scappati. Te vedevi solo sangue da tutte le parti.. Ma chi li ha ammazzati? I prigionieri? I nostri prigionieri, hanno ammazzato questi kapò perché erano criminali, erano criminali come hanno fatto. Ricordo invece uno, un kapò che non aveva mai fatto niente, infatti ha girato e nessuno ci ha detto niente. E bè, quei lì è stato un affare. Solo è successo questo. Che in quel periodo lì sono andati tanti, sono andati a prendere da mangiare fuori che c erano i borghesi là, quelli che non erano militari, hanno preso questo mangiare, hanno fatto un fuoco lì, scaldare galline, quello che potevano mangiare, patate. Che cosa è successo? Che mangiando, che hanno esagerato, ma son morti ma tanti, tanti; sono cascati morti, proprio morti. Han avuto la fortuna, quelli che hanno mangiato più poco e sono riusciti. Di lì noi siamo andati io ricordo- per non stare lì, lì insieme lì alla Croce Rossa, siamo andati, eravamo in quattro o cinque, siamo andati a Innsbruk, di lì siamo andati a Innsbruk. Pensa che trovavamo ancora dei tedeschi che buttavano via, buttavano non erano ancora arresi, perché era l 8 maggio, l 8 maggio la liberazione che ci sono arrivati. Lì abbiamo poi visto a Innsbruk che c era tutte le bandiere bianche di resa, e dei militari che buttavano via il fucile, e noi non ci han detto niente. E la gente come reagiva quando vi vedeva così magri? Avevano paura, avevano paura. Ti chiamavano se volevi qualcosa che ce l avevano te la davano. Ma loro avevano paura. Ma noi -cosa vuoi fare?- alla gente non potevi fare niente. A parte che bastava che uno ci avesse dato un coso così, volavi da qui a là, non avevi forza. Ma eravamo questi. Noi siamo andati a Innsbruk, a Innsbruk, io ero con altri tre o quattro; da Innsbruk c era tutte le diciamo- i campi degli Italiani, di stranieri, dei Russi, dei Polacchi; ognuno aveva il suo e noi siamo andati in quelli con la bandiera italiana, noi siamo andati lì. Però noi eravamo tutti pieni di scabbia, la scabbia là l avevamo tutti. Difatti, noi che lavoravamo in officina, portavano del grasso delle macchine e davamo a questi qui, ci spalmavo il grasso delle macchine perché diciamofaceva questa crosta qui, la scabbia, e si induriva e te quando ti muovevi sanguinava dappertutto. Comunque, siamo arrivati lì, i militari che erano là erano tutti i militari ci hanno messi tutti da una parte e allora perché avevano paura della scabbia si capisce-. E allora ci hanno preso, c erano degli infermieri e ci hanno messo dentro a una vasca piena di zolfo, zolfo. E lì con avevano un coso lì, hanno cominciato. Te gridavi fin che volevi, e insomma ti hanno pulito con lo zolfo ricordo sempre- e ci hanno guarito la scabbia.

Di lì a sua volta, dovevano poi rimpatriarti e andare a casa; c era un treno, c era un treno dopo diversi giorni e chiamavano dov eri e allora ti mettevano da parte. Prima di arrivare a Bolzano, quelli che li dividevano, te se eri Italiano andavi fino a Bolzano perché lì c era tanti stranieri, e specialmente Spagnoli. Quelli che erano spagnoli che ho detto prima, erano ancora prigionieri della guerra di Spagna, già quando c era la guerra con Franco. Questi qui, dopo, chiamavano dove dovevano andare; c erano tutti gli Americani e gli Inglesi, ti prendevano nota, ti mettevano in fila per mandarti in quel treno lì, o c era i camion che quelli che andavano in Francia. Questi spagnoli ricordo sempre- han detto: Noi come facciamo? Andiamo là, c era ancora Franco allora, c era ancora Franco andiamo là questi qui ci fa ancora, ci fa fuori. Allora ci facevano un permesso dove volevano andare, e allora c è quelli che stavano lì in Italia, e altri che sono andati in Francia, erano più vicini ad andare in Spagna. E andavan così. Di lì, noi ci hanno caricato con un camion, non il treno il treno è andato da un altra parte- ci hanno portato a Bolzano, da Bolzano fino a Torino. Nota che questi camion qui erano tutti del Vaticano, non erano neanche nostri, erano tutti del Vaticano. E hanno preso lì. Io sono sceso in piazza Statuto, ho preso il trenino e sono andato a casa. Quando sono arrivato a casa per vedere i miei, ho saputo lì che avevano fucilato mio padre, e i fascisti avevano fucilato mio padre e dei miei amici che erano in montagna con me. E lì sai- sono stato male. Poi da mangiare anche allora, ce n era ancora poco, subito dopo la guerra; so che mia madre, perché io avevo un altro fratello più giovane che era anche lui prigioniero e non era ancora arrivato a casa. E arrivato dopo un periodo. E ricordo che noi siamo stati aiutati da qualcuno, da contadini che ci han portato della farina sai- da mangiare, patate, tutta quella roba lì, se no non avevamo niente. Lavorare, chi c era che andava a lavorare? Io non ce la facevo più, io lavoravo alla FIAT, all Aeronautica, e lì non ce la facevi a stare in piedi. Ricordo che noi ci tagliavano i capelli, ci facevano una riga qui, con il rasoio una riga, sempre pelati, ma poi con il rasoio una riga così. Ricordo che, prima che mi venissero i capelli e quella riga lì che andasse via, c è andato più di un anno, non mi crescevano i capelli. Allora, per farla breve, -diciamo- noi, la nostra associazione si sono interessati con lo Stato e ci hanno mandati a Genova, Genova in Liguria là, in quella zona lì adesso non mi ricordo più, a fare una cura perché noi eravamo proprio zero, in tutto, in tutto. So che io avevo la fidanzata e mi ha poi mollato perché non ero capace a niente, diciamo così. Sono andato e di lì con le cure sono stato sei mesi. Però dopo mia madre era a casa, da sola, nessuno lavorava, c era l altro mio fratello lavorava lì alla FILM, ma dar da mangiare a tutti E allora, io dovevo fare un anno là, ho rifiutato, son venuto a casa e sono andato a lavorare all Aeronautica, che mi han poi messo in un posto da non lavorare troppo. Mia madre e tutte anche alla Piol, tutte quelle famiglie, allora, quelle famiglie che son state vedove o cosa, che non avevano più sostegno di vita perché anche il Comune non c era più niente, al Comune era zero il comune, niente, zero; e lì hanno fatto lì al Castello, hanno messo come si dice- quei che giocano a carte, il Casinò, hanno fatto il Casinò; e allora questa gente qui, anche mia madre, la Piol e altri li hanno mandati su a

fare pulizia perché prendevano qualcosa. Ecco, nel Casinò, come si viveva dopo. Perché la tessera ha durato ancora un anno e più, la tessera per mangiare, anche dopo la Liberazione. Ecco io volevo solo raccontare questo. Altro, non so cosa potrei. E questa sua vicenda della deportazione, come ha poi influito sulla sua vita, sui suoi ricordi? Ha influito molto, perché non so- quando andavi a dormire vedevi sempre queste cose qui; t alzavi stavi sempre male. Anche là, io mi sono fatto forza perché ogni volta che arrivava qualcuno chiamavi: Dove sono gli Americani? Dove sono gli Alleati?. Sono qui da qui a una settimana, quindici giorni, pensavi sempre a quello, ecco, quello ti aiutava a sopravvivere, se no era molto triste vivere, perché c era gente che perdeva proprio la coscienza. E quanto tempo è rimasto lei nel campo? Dunque, da ottobre fino a l 8 la liberazione è l 8 maggio, la liberazione di Mauthausen. Però quando sono arrivato a casa ero molto triste, difatti abbiamo avuto molto da fare perché chi ha avuto dei familiari fucilati, c è stato delle lotte, cose.. anche dopo la liberazione. Adesso non sto a raccontare tutto perché è molto triste. Tanti dicevano, come adesso, c è quelli che dicevano: Ma voi partigiani avete continuato a uccidere gente gente anche dopo la Liberazione Sì è stato così, ma caspita, non so, se te sai che quel tizio ti ha ucciso il padre, cosa avresti fatto? E lì che bisogna guardare. Io ricordo questo tizio qui che ha fatto spia che, come ho raccontato prima, ha fatto uccidere mio padre e altri a farli fucilare. Cosa ci avresti fatto? Caspita. Bisogna pensare a quelle cose lì. Sai, non è che uno volesse Certo, adesso, dopo pochi anni è passato che diciamo- che li abbiamo perdonati. Sappiamo chi è stato più a perdonare i fascisti e tutti, è stato Togliatti, alla Liberazione Togliatti aveva fatto quella legge che tutti potevano il condono che c era i fascisti. E stato condonato. Perché cominciavano, anche a noi partigiani, cominciavano a fare dei processi contro di noi, nota bene che ho raccontato poco dell 8 settembre- ma l 8 settembre i nostri generali e tutti chi c era, in montagna e in altri posti non li abbiamo mai visti, mai. Abbiamo visto dei tenenti, tenente ma roba leggera, non roba di generali, capitani, colonnelli, niente, niente, Sono spariti tutti, sono arrivati dopo la Liberazione, sono usciti tutti, non so dov erano, sono usciti tutti e hanno ricominciato a comandare loro. Nota che noi, noi, noi partigiani ci facevano già i processi, che dicevano che noi partigiani abbiamo rubato, abbiamo ucciso, abbiamo fatto questo. Questa gente qui. Ecco, cos era dopo essere partigiano. Difatti, anche andare a lavorare, anche andare a lavorare, sapevano che eri partigiano, avevi fatto il partigiano, eri declassato diciamo- messi da parte, tanti non ti volevano a lavorare, ecco, tanti hanno dovuto emigrare, dopo la Liberazione. Guardi che è stato molto triste per noi partigiani, difatti quelli che sono scappati, che sono andati sono tornati ma dopo, dopo tanti periodi, ma noi partigiani Io ho avuto ancora quella fortuna diciamo- che sono stato ferito, che facevo parte dei mutilati, perché ero stato ferito qui e qui, la schiena e ancora adesso ho la

pensione io ho avuto quella fortuna e in più ero stato mandato lì a Mauthausen, non mi facevano niente. Però m han sempre cambiato posti di lavoro e ho tribulato molto, per dire anche dopo la Liberazione noi abbiamo avuto, i partigiani hanno avuto queste batoste. Io non voglio raccontare niente. Comunque noi oggigiorno siamo di comune accordo con tutti. Però noi partigiani non abbiamo mai disprezzato le tombe di questi caduti fascisti, mentre che loro ancora oggigiorno vanno ad imbrattare le tombe, dei monumenti, delle lapidi dei partigiani caduti. Questo ancora che non possiamo digerire, è ancora questo. E non vedo ancora diciamo-, non vedo ancora questo governo che si impegni un po a mettere un po di questo ordine, e invece è proprio tutto il contrario. E ai giovani che cosa vorrebbe dire, come messaggio da lasciare come testimonianza, come messaggio per il futuro? Noi come Associazione, come ANPI? No, quello che vuole dire ai giovani, insomma Noi ai giovani vogliamo che questi continuino, continuino quello che abbiamo fatto noi, abbiamo combattuto per avere la libertà, che oggigiorno ce l hanno loro che possono essere liberi, che continuino a fare quello che abbiamo fatto noi, continuino per avere sempre che non ci sia una dittatura perché oggigiorno, oggigiorno la dittatura prima era in una maniera, ma adesso c è delle dittatura che ti sembra che non sia dittatura, ma tante cose è una vera e propria dittatura, oggigiorno. Noi insegniamo a questi giovani, difatti noi nella nostra associazione abbiamo adesso dei giovani che sono, che vanno a scuola, che vengono lì che hanno preso la tessera dell ANPI, dei Partigiani. Questi qui la chiamiamo la Nuova Resistenza, però è sempre, è sempre stare con noi e vedere. E abbiamo sempre detto: nella nostra associazione non deve esserci uno che con il partito. La nostra associazione è apartitica, è politica, ma nessun partito deve avere; perché noi abbiamo dei democristiani, dei comunisti, abbiamo i socialisti nella nostra associazione. E noi facciamo quello. La politica ognuno la pensa come crede; abbiamo combattuto per la libertà, è giusto che sia così. Insegniamo a questi giovani che continuano così. Altro non saprei che dire. Grazie.