Saffo di Lesbo John William Godward, Nel giorno di Saffo ( 1904) La vita Le notizie certe sulla vita di Saffo sono davvero poche; le testimonianze principali sulla poetessa vengono dal Marmor Parium, dal papiro di Ossirinco 1800 e dal lessico bizantino Suda del X secolo. Saffo nacque nella seconda metà del VII secolo a.c. ad Ereso (ma alcuni sostengono fosse nativa di Mitilene) nell isola di Lesbo, figlia di Scamandrònimo e di Cleide. Trascorse gran parte dell esistenza a Mitilene, la città più importante dell isola. Qui sposò un uomo ricco originario dell isola di Andros, di nome Cercilas, da cui ebbe una figlia omonima della nonna, Cleide. Proveniva da una famiglia aristocratica di Lesbo: uno dei suoi fratelli, Làrico, era coppiere nel Pritaneo di Mitilene, incarico assai prestigioso; un secondo fratello, Carasso, è nominato dalla stessa poetessa in alcuni suoi componimenti: si trattava di una ragazzo scapestrato e donnaiolo, che diede non pochi grattacapi alla famiglia; di un terzo fratello si ha notizia solo da fonti più tarde. La sua appartenenza ad una famiglia aristocratica si deduce anche dall esilio in Sicilia che Saffo subì intorno al 600 a.c.: nella sua opera e nella testimonianza degli autori antichi non vi è traccia di una partecipazione attiva della poetessa alle lotte politiche di Lesbo nel VII secolo, ma il fatto stesso di appartenere ad una famiglia nobile la metteva in condizione di subire le ritorsioni dei "nuovi ricchi" saliti al potere dopo l'avvento dei tiranni (che, come sappiamo da Alceo, a Lesbo furono due: Melancro e Mìrsilo; il terzo, Pittaco, fu più propriamente un aisymnètes). Dedicò gran parte della sua attività poetica e della sua vita al suo Tiaso, una sorta di club esclusivo di giovani donne fondato dalla stessa Saffo a Mitilene. Peraltro il suo Tiaso non era l'unico: ella stessa ne ricorda altri due, quello di Gorgò e quello di Metrodòra.
Saffo era stimata e celebre già nell antichità: il geografo Strabone la annoverò tra le personalità illustri dell isola di Lesbo. Tuttavia la sua immagine venne profondamente deformata già dalla Commedia attica del IV secolo, e questa pesante e caricaturale deformazione prese piede nei secoli successivi, dando luogo a quella che i filologi tedeschi chiamano Sapphofrage, la "questione saffica". In base a questa versione dei fatti, che non trova alcun riscontro nei versi della poetessa a noi noti, Saffo avrebbe perso la testa per amore di un barcaiolo di nome Faone, da lui non ricambiata, concludendo i suoi giorni con il suicidio dalla rupe di Leucade di cui parla anche Giacomo Leopardi ne L'ultimo canto di Saffo. Questa leggenda si diffuse largamente nel mondo antico e fu fatta propria da Ovidio nelle Eroidi, mentre Orazio al contrario ci presenta una Saffo querentem puellis de popularibus (Odi II 13), "che si lamenta delle ragazze del popolo". Tale versione dei fatti, che sembra ideata a bella posta per sminuire la dirompente portata dell'orientamento omosessuale della poetessa, nasce probabilmente dal fraintendimento (o dall'interpretazione volutamente distorta) di una poesia composta da Saffo in onore di Adone. Faone peraltro risulta essere un dèmone della vegetazione, una figura mitologica simile ad Adone, oggetto di culto non a Lesbo, bensì proprio a Leucade. Inoltre "saltare dalla rupe di Leucade" era un modo di dire che alludeva alla rinuncia alle passioni carnali. Dalla lettura dei frammenti di Saffo emerge però un quadro completamente diverso: la poetessa infatti rivolge le sue attenzioni e il suo interesse erotico non già ai maschi, ma alle ragazze del suo tiaso, in un contesto che non sembra troppo dissimile da quello dell'omosessualità iniziatica che incontriamo in Alcmane (di qui anche l'uso corrente dell'aggettivo "lesbico"). Saffo compose, nel dialetto eolico di Lesbo, liriche monodiche e corali, ma anche epigrammi, elegie e giambi. È comunque annoverata dagli alessandrini nel "canone" dei melici monodici, evidentemente perché in questo genere toccò i massimi vertici poetici. Purtroppo la sua opera, come quella di quasi tutti i lirici, andò perduta nell'incendio della biblioteca di Alessandria: la maggior parte dei suoi frammenti ci è nota attraverso la testimonianza indiretta di autori antichi che citarono a memoria nelle loro opere versi delle sue celebri poesie. La data della morte è sconosciuta, ma pare che ella abbia raggiunto un età molto avanzata. Il Tiaso Il Tiaso era una associazione di carattere religioso che aveva il suo fulcro nel culto di Afrodite, un ambiente esclusivo nel quale soggiornavano temporaneamente ragazze aristocratiche (non solo di Lesbo) che si preparavano al matrimonio. Era una sorta di circolo esoterico in cui lo stile di vita ruotava attorno alla grazia e alla raffinatezza come ideali di perfezione, con un programmatico e dichiarato rifiuto nei confronti di tutto ciò che era "maschile", dalla guerra alla violenza in genere. Saffo segue un percorso opposto a quello delle odierne femministe: anziché imitare i maschi entrando in competizione con essi, li esclude totalmente dalle sue prospettive, creando le condizioni materiali e morali per una libertà assoluta dalla dipendenza dal maschio, un vero e proprio microcosmo autonomo tutto al femminile. Saffo e le sue compagne vivevano in una dimensione psicologica fra l'estetico e l'estatico, coltivando l'ideale del bello. Recenti studi fanno pensare anche che il Tiaso fosse il corrispondente femminile dell eterìa, seppure vi siano esempi di Tiasi al maschile: in esso i legami tra le sue componenti erano talmente forti da rendere partecipe l intera comunità di ogni vicenda del gruppo. I temi L opera di Saffo rievoca spesso momenti particolari della vita nel Tiaso: la partecipazione alle cerimonie solenni, gli arrivi o le partenze delle sue allieve, che costituiscono per lei occasioni di profonda gioia o di acerbo dolore. I sentimenti sono da lei vissuti in modo intenso e passionale, con accenti che ricordano ancora la solennità dell'epos: in effetti ciò che colpisce nella poesia di Saffo, come del resto in quella di Archiloco, è l'oggettività con cui ella esprime sentimenti soggettivi, di cui, seguendo la grande lezione di Omero, non descrive i riflessi interiori, ma i sintomi concreti, fisici. Si legga a tale proposito la celebre Ode II (impropriamente detta "della gelosia"), citata dall'anonimo Del Sublime come esempio di sublimità ed imitata da Catullo nel carme 51 (dedicato a Lesbia, soprannome da lui scelto per Clodia proprio in omaggio a Saffo): "Mi sembra che sia simile ad un dio quell uomo che ti sta seduto a fronte
E che ti ascolta tanto da vicino, voce soave, riso d amore dolcesorridente. E questo mi sconvolge il cuore in petto: non appena ti guardo, sull istante manca la voce la lingua mi si spezza; per le membra fuoco sottile corre all improvviso, nulla più vedo e sento nelle orecchie rombare il sangue; freddo sudore tutta mi pervade, un tremito mi prende e più dell erba divento verde; e sento in me che sono già quasi morta; ma tutto è tollerabile, perché " Questa ode ha creato non pochi problemi di interpretazione: l uomo di cui si parla è lo sposo promesso? È definito simile agli dei perché è fortunato come un Dio, dato che sta per portare via per sempre la fanciulla amata da Saffo? Oppure perché resta imperturbabile di fronte alla bellezza della giovane, che invece suscita un violento sconvolgimento in Saffo? Oggi è stata abbandonata l ipotesi di Wilamowitz e di Snell, secondo cui l ode sarebbe stata composta in occasione delle nozze della fanciulla; molto probabilmente si tratta della visita di un giovane ad una ragazza del Tiaso, sua futura sposa. La felicità dell uomo è solo una personale opinione di Saffo; in realtà i due futuri sposi conversano rispettando i loro ruoli e l educazione impartita loro. Entrambi sanno che dovranno trascorrere l intera esistenza insieme, perché così è stato deciso dalle loro famiglie (i matrimoni fra gli aristocratici erano tutti combinati). Saffo, invece, è tormentata dal pensiero del distacco e dal tumulto di sentimenti che si agitano dentro di lei. Tuttavia tiene a freno l'emotività dell'espressione esprimendosi in modo colto ed utilizzando reminiscenze omeriche, con un registro espressivo freddo ed oggettivo che contrasta singolarmente con la devastante passionalità del contenuto. L amore in Saffo è fonte di profonda sofferenza: "Di nuovo Eros, che scioglie le membra, mi scuote, dolceamaro invincibile essere." "È tramontata la luna e le Plèiadi, la notte è a metà, l'ora trascorre e io dormo sola." È condannato, esaltato o negato, ma rimane il cemento, il fulcro della vita delle ragazze del Tiaso. La stessa poetessa ne fa una ragione di vita, una sorta di filosofia dell esistenza. L eros è però anche un codice di comportamento collettivo, che ha regole e divieti su cui veglia Afrodite e la cui violazione coincide con il rifiuto dell amore o il tradimento. Nell Ode I la dea dice a Saffo: Chi ancora devo convincere così da ricondurlo al tuo amore? Chi, o Saffo, ti fa torto? Se fugge, presto inseguirà, se doni non accetta, ne offrirà, e se non ama, presto ti amerà anche se controvoglia.
Un altro tema ricorrente in Saffo, di particolare importanza per definirne la personalità, è l immortalità dell arte: Saffo era pienamente cosciente del valore della sua opera ed era convinta che i suoi versi l avrebbero resa immortale; per questo ella parla con disprezzo delle sue rivali, incapaci di volare così alto e dedite semplicemente all'insegnamento delle arti femminili, che, alla fine, si configurano pur sempre come un servizio reso al mondo maschile e quindi non rappresentano alcun tipo di emancipazione da esso. Certo, tutta femminile è l educazione che Saffo impartiva alle sue allieve, così come profondamente femminile è la natura di lei, tutta presa da rose, viole, gioielli, vestiti e profumi. Si veda il frammento 57 in cui ella si prende elegantemente gioco di una rivale dall aspetto rozzo: Che campagnola t affascina la mente, vestita d una veste da villana, che non sa neppure sollevare i suoi straccetti sulle caviglie? Però, rispetto alle sue rivali, Saffo ha una carta importantissima in più da giocare: la dimensione artistica, la poesia, la musica (Saffo era un'eccellente musicista ed un'esperta suonatrice di magadìs, una specie di arpa orizzontale), attività che non hanno sesso e costituiscono una zona franca in cui muoversi liberamente, senza alcun rapporto con i ruoli sociali imposti. Per questo le sue alunne saranno libere, mentre le ragazze degli altri Tiasi no: una volta uscite dal nido protettivo del Tiaso, non saranno più delle persone, ma delle maschere, dei ruoli: entreranno nella parte imposta loro dalla società e la reciteranno più o meno stancamente; saranno delle signore altolocate, buone mogli e buone madri come tante altre prima e dopo di loro, di cui la Storia non conserverà alcun ricordo. Ecco perché di una delle maestre sue rivali Saffo dice con profondo disprezzo: Tu giacerai morta, né mai ricordo di te vi sarà, né rimpianto in futuro: perché non partecipi alle rose della Pieria; ma sconosciuta anche nella casa di Ade ti aggirerai tra i morti oscuri, quando sarai volata via da qui. Strettamente legata all amore è la bellezza. Nessun autore greco usa tanto la parola bello come Saffo. Peraltro il bello è soggettivamente inteso, come afferma la stessa Saffo in un suo celebre frammento: non esiste uno standard di bellezza, esiste solo ciò che a ciascuno di noi piace. Ed è questo che dà un senso alla vita. Ella arriva a dire: Chi è bello è bello solo in quanto lo si vede: chi è buono rimarrà sempre, per ciò stesso, anche bello. Per la poetessa, quindi, l'estetica è importante, ma più importante è lo spirito; questo spiega anche la pena del distacco dalle fanciulle del Tiaso. Gli Epitalami I grammatici alessandrini suddivisero l opera di Saffo in nove volumi. L ultimo di questi raccoglieva gli epitalami, liriche corali che venivano cantate durante le nozze, quasi sicuramente scritte su commissione. Anche in questo caso Saffo sa trovare accenti di particolare garbo e finezza, come quando si rivolge allo sposo tentando di rassomigliarlo a qualcuno o a qualcosa (fr. 115): A chi, o caro sposo, posso ben rassomigliarti? A un flessibile virgulto io fra tutti t assomiglio. Delizioso il fr. 105, in cui Saffo, avendo a che fare con una sposa non più giovanissima, si serve di un raffinato paragone per giustificare il ritardo delle nozze: Come un dolce pomo rosseggia sull alto del ramo, alto sul ramo più alto: l hanno dimenticato i raccoglitori? No, non l hanno dimenticato: non riuscivano a raggiungerlo. Sempre negli epitalami Saffo ci dà di sé un'immagine più intima e privata, legata non al Tiaso, ma alla sua famiglia. Si veda ad esempio la poesia dedicata alla figlia Cleide (fr. 132):
Ho una bella figlia, che a fiori d oro simile ha l aspetto, l amata Cleide: in cambio di lei né tutta la Lidia né l amabile [ ] vorrei avere. Davvero tutto in lei vive di un'atmosfera rarefatta, tutto sembra toccato apalaisi chersì ("con mani delicate").