Corte costituzionale, 2 febbraio 1982, n. 18

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Corte costituzionale, 2 febbraio 1982, n. 18 La inderogabile tutela dell'ordine pubblico, e cioè delle regole fondamentali poste dalla Costituzione e dalle leggi a base degli istituti giuridici in cui si articola l'ordinamento positivo nel suo perenne adeguarsi all'evoluzione della società, è imposta a presidio della sovranità dello Stato, quale affermata nel comma secondo dell'art. 1, e ribadita nel comma primo dell'art. 7 della Costituzione. Cassazione civile sez. I, 28 dicembre 2006, n. 27592 L'ordine pubblico internazionale ha la funzione di evitare l'inserimento nel diritto interno di valori giuridici in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento. Esso è formato da quell'insieme di principi, desumibili dalla Costituzione o comunque fondanti l'intero assetto ordinamentale, tali da caratterizzare l'ordinamento in un determinato momento storico e da formare il cardine della struttura etica, sociale ed economica della comunità nazionale. Cassazione civile sez. un., 1 ottobre 1982, n. 5026 A seguito della sentenza n. 18 del 1982 della Corte costituzionale la corte di appello, all'atto di rendere esecutiva la sentenza del tribunale ecclesiastico di nullità del matrimonio, deve accertare, fra l'altro, che la sentenza stessa non contenga disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano; a tal fine - poiché nei confronti dell'ordinamento canonico lo Stato si è imposto, in materia matrimoniale, un margine di disponibilità maggiore che non nei confronti degli altri ordinamenti stranieri - la dichiarazione di esecutività della sentenza canonica deve essere negata ove le disposizioni in essa contenute siano caratterizzate da una contrarietà ai canoni essenziali cui si ispira in un determinato momento storico il diritto dello Stato ed alle regole fondamentali che definiscono la struttura dell'istituto matrimoniale così accentuata da superare anche quel margine, mentre non ha portata impeditiva una pur rilevante differenza di disciplina fra le cause di nullità del matrimonio considerate nei due ordinamenti, che non superi il livello di maggiore disponibilità tipico dei rapporti fra Stato italiano e Chiesa cattolica. La sentenza ecclesiastica che dichiari la nullità del matrimonio concordatario per l'esclusione del "bonum sacramenti" da parte di uno degli sposi contiene disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano, e quindi non può essere dichiarata esecutiva ai sensi dell'art. 1 della l. 27 maggio 1929 n. 810 e dell'art. 17 della l. 27 maggio 1929 n. 847, quali risultano dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 1982, se l'esclusione sia rimasta nella sfera psichica del suo autore (riserva mentale); non contiene disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano, e quindi può essere dichiarata esecutiva, se l'esclusione sia manifestata all'altro coniuge, tanto se costui si sia limitato a prenderne atto, quanto se abbia positivamente consentito a tale difformità fra volontà e dichiarazione. Cassazione civile sez. I, 15 gennaio 2009, n. 814 La sentenza ecclesiastica che dichiara la nullità di un matrimonio concordatario per esclusione del bonum prolis, in una fattispecie in cui detta intenzione sia stata manifestata da un coniuge ed accettata dall'altro, non contiene disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano e può quindi essere dichiarata efficace nella Repubblica, sia in considerazione della diversità esistente tra i due ordinamenti sia per il fatto che l'ordinamento italiano non solo non prevede un principio essenziale

di "non procreazione", ma configura il matrimonio come fondamento della famiglia, finalizzato cioè alla promozione di una società naturale che comprende anche i figli Cassazione civile sez. I, 16 giugno 2011, n. 13240 La declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale ecclesiastico che abbia pronunciato nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di un coniuge, dell'indissolubilità del vincolo, postula che tale divergenza sia stata manifestata all'altro coniuge ovvero che questi l'abbia effettivamente conosciuta o che non l'abbia conosciuta per propria negligenza, atteso che, ove non ricorra alcuna di tali situazioni, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà con l'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole (in applicazione del suesposto principio, la Corte ha escluso la possibilità di dichiarare l'efficacia delle sentenza del tribunale ecclesiastico in ordine alla nullità di un matrimonio, atteso che dalle risultanze istruttorie era emerso che il coniuge esternò ai suoi amici e congiunti la condizione apposta al matrimonio concordatario, dunque la divergenza unilaterale fra la sua volontà e la dichiarazione resa in sede di celebrazione del matrimonio, ma non certo che tale divergenza fosse stata manifestata espressamente all'altro coniuge, né che ella l'avesse effettivamente conosciuta, tanto meno che non l'abbia conosciuta per propria negligenza Cassazione civile sez. I, 10 novembre 2006, n. 24047 La declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di uno solo dei coniugi, di uno dei bona matrimonii, postula che la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero che sia stata da questo in effetti conosciuta, o che non gli sia stata nota esclusivamente a causa della sua negligenza, atteso che, qualora le menzionate situazioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà all'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole. In quest'ambito, se, da un lato, il giudice italiano è tenuto ad accertare la conoscenza o l'oggettiva conoscibilità dell'esclusione anzidetta da parte dell'altro coniuge con piena autonomia, trattandosi di profilo estraneo, in quanto irrilevante, al processo canonico, senza limitarsi al controllo di legittimità della pronuncia ecclesiastica di nullità, dall'altro, la relativa indagine deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronuncia da delibare ed agli atti del processo medesimo eventualmente acquisiti, opportunamente riesaminati e valutati, non essendovi luogo, in fase di delibazione, ad alcuna integrazione di attività istruttoria Cassazione civile sez. I,2 agosto 2007, n. 16999 La declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale Ecclesiastico, che ha pronunciato la nullità del matrimonio concordatario, per esclusione, da parte di uno soltanto dei coniugi, di uno dei bona matrimonii, cioè la divergenza unilaterale fra volontà e dichiarazione, postula che tale divergenza sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero che questi l'abbia in concreto conosciuta, oppure che non l'abbia potuta conoscere a cagione della propria negligenza. Allorché la nullità venga fondata su una simulazione unilaterale non conosciuta né conoscibile, la delibazione della relativa pronuncia trova ostacolo nella contrarietà con l'ordine pubblico italiano, - nel cui ambito va compreso il principio della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole- ai sensi dell'art. 8, comma 2 lett. c) dell'accordo di modifica del Concordato lateranense e dell'art. 64 lett. g della legge n. 218 del 1995, avendo l'art. 2 di quest'ultima lasciato immutata l'applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l'italia.

Cassazione civile sez. I, 5 marzo 2009, n. 5292 In tema di delibazione delle sentenze ecclesiastiche dichiarative della nullità del matrimonio concordatario per esclusione - da parte di uno dei coniugi - di uno dei "bona matrimonii" il giudice italiano è tenuto ad accertare la conoscenza o la oggettiva conoscibilità di tale esclusione, da parte dell'altro coniuge, con piena autonomia di giudizio rispetto al giudice ecclesiastico. La relativa indagine, peraltro, deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronuncia delibanda e agli atti del processo canonico eventualmente acquisiti, opportunamente riesaminati e valutati, non essendovi luogo in fase delibatoria ad alcuna integrazione di attività istruttoria. Cassazione civile sez. I, 29 aprile 2004, n. 8205 In tema di delibazione di sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione da parte di uno dei coniugi del bonum fidei (obbligo di fedeltà), al fine di escludere il contrasto della sentenza con l'ordine pubblico interno, occorre che il giudice della delibazione proceda - ricavando il proprio autonomo convincimento dagli atti del processo canonico, con apprezzamento dei fatti acclarati dal giudice ecclesiastico insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente e correttamente motivato - all'accertamento della sola conoscenza o conoscibilità della suddetta riserva mentale da parte dell'altro coniuge (alla stregua dell'inderogabile principio della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole), mentre la eventuale notorietà, pubblica o privata, e la stessa sussistenza di una relazione intrattenuta dal coniuge con altra persona non è determinante, configurandosi come mero indizio - prudentemente valutabile dal giudice - della possibilità della suddetta conoscenza. Cassazione civile sez. un., 6 dicembre 1985, n. 6129 La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario, per esclusione da parte di uno soltanto dei coniugi di uno dei "bona matrimonii", può trovare ostacolo nell'ordine pubblico, nel caso in cui detta esclusione sia rimasta nella sfera psichica del suo autore, perché non manifestata, nè comunque conosciuta o conoscibile dall'altro coniuge, alla stregua dell'inderogabile principio della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole. Tale principio, peraltro, ancorché inderogabile, si ricollega ad un valore individuale che appartiene alla sfera di disponibilità del soggetto, ed è quindi rivolto a tutelare detto valore contro gli ingiusti attacchi esterni, non contro la volontà del suo titolare, al quale deve essere riconosciuto il diritto ad optare per la non conservazione di un rapporto viziato per fatto dell'altra parte. Ne deriva che l'indicato ostacolo alla delibazione non può essere ravvisato quando il coniuge (che ignorava, o non poteva conoscere, il vizio del consenso dell'altro coniuge) chieda la declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica da parte della Corte d'appello, ovvero non si opponga a tale declaratoria; sussiste, invece, nel caso di opposizione del coniuge in buona fede che ne chiede la tutela al giudice italiano. Cassazione civile sez. I, 25 giugno 2009, n. 14906 La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione da parte di uno soltanto dei coniugi di uno dei "bona matrimonii" (nella specie, obbligo di fedeltà) non può trovare ostacolo nell'ordine pubblico ove detta esclusione sia rimasta,

inespressa, nella sfera psichica del suo autore, senza essere conosciuta o conoscibile dall'altro coniuge, quando sia il coniuge che ignorava, o non poteva conoscere, il vizio del consenso dell'altro coniuge a chiedere la declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica da parte della Corte d'appello. Cassazione civile sez. I, 12 gennaio 1984, n. 243 Con riguardo alla sentenza del tribunale ecclesiastico dichiarativa della nullità del matrimonio per esclusione del "bonum prolis" derivante da mera riserva mentale di uno dei coniugi, non conosciuta dall'altro, la declaratoria di esecutività da parte della Corte d'appello, secondo la previsione degli art. 1 della l. 27 maggio 1929 n. 810 e 17 della l. 27 maggio 1929 n. 847 (nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 2 febbraio 1982), trova ostacolo nell'ordine pubblico interno, quando la relativa istanza provenga soltanto dal coniuge autore di quella riserva e che ha dato luogo a detta nullità, e non anche quando provenga dall'altro coniuge incolpevole, o trovi la sua adesione, atteso che l'irrilevanza della riserva mentale in materia negoziale integra un principio fondamentale dell'ordinamento esclusivamente in relazione all'esigenza di tutelare la buona fede e l'affidamento incolpevole di chi sia venuto in contatto con l'autore della riserva stessa. Cassazione civile sez. I, 28 marzo 2001, n. 4457 La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione da parte di uno soltanto dei coniugi di uno dei "bona matrimonii" (nella specie, esclusione dell'obbligo di fedeltà), può trovare ostacolo nell'ordine pubblico nel caso in cui detta esclusione sia rimasta, inespressa, nelle sfera psichica del suo autore, senza manifestarsi (nè comunque essere conosciuta o conoscibile) all'altro coniuge, alla stregua dell'inderogabile principio della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole. Tale principio, peraltro, ancorché inderogabile, si ricollega ad un valore individuale che appartiene alla sfera di disponibilità del soggetto, ed è, quindi, rivolto a tutelare detto valore contro ingiusti attacchi esterni, non contro la volontà del suo titolare, al quale deve essere riconosciuto il diritto di optare per la non conservazione di un rapporto viziato per fatto dell'altra parte, con la conseguenza che l'indicato ostacolo alla delibazione non può essere ravvisato quando il coniuge (che ignorava, o non poteva conoscere, il vizio del consenso dell'altro coniuge) chieda la declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica da parte della Corte d'appello, ovvero non si opponga a tale declaratoria. La non opposizione alla richiesta di delibazione dell'altro coniuge, peraltro, deve risultare da un comportamento inequivocamente diretto a tale effetto, non potendo, all'uopo, ritenersi sufficiente il semplice silenzio dell'interessato, manifestatosi (come nella specie) attraverso la contumacia nel corso del giudizio di merito (contumacia che non può assumere, di per sè stessa, alcun significato probatorio in relazione alla domanda dell'attore perché, al pari del silenzio in campo negoziale, non equivale ad alcuna manifestazione di volontà adesiva alla pretesa della controparte), e senza che assuma, ancora, rilievo la circostanza della proposizione congiunta del ricorso per cassazione avverso la sentenza di rigetto della richiesta di esecutività della pronuncia ecclesiastica, dovendo il comportamento del coniuge incolpevole essere oggetto di valutazione da parte del giudice della delibazione, e non di quello di legittimità. Cassazione civile sez. I, 13 maggio 1998, n. 4802 In sede di delibazione della sentenza del tribunale ecclesiastico dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per effetto di esclusione unilaterale di uno dei bona matrimonii,

l'accertamento rimesso al giudice italiano della conoscenza o della conoscibilità di tale esclusione da parte del coniuge non partecipe della relativa riserva deve essere condotto sul fondamento degli elementi obbiettivi di prova acquisiti nel processo ecclesiastico, essendo vincolato il giudice della delibazione dal contenuto della sentenza ecclesiastica quanto ai fatti che in essa risultano accertati, ma non in ordine ai principi applicati circa la prova della simulazione, posto che il primo giudizio è diretto ad accertare la sussistenza della voluntas simulandi di un coniuge, mentre il secondo deve verificare il profilo del tutto irrilevante nella disciplina canonica del matrimonio della conoscenza o della conoscibilità della riserva unilaterale. Cassazione civile sez. I, 20 ottobre 2005, n. 20281 Nel giudizio di delibazione della sentenza del tribunale ecclesiastico dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario, l'indagine del giudice della delibazione deve essere condotta con esclusivo riferimento alla delibanda pronuncia ed agli atti del processo canonico, restando esclusa la possibilità di una loro integrazione, non essendo ammissibile in questa fase una istruzione probatoria. Cassazione civile sez. I, 6 marzo 2003, n. 3339 La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per l'apposizione di una condizione al vincolo matrimoniale (nella specie: attinente alla determinazione della residenza familiare) viziante il relativo consenso negoziale di uno dei coniugi, trova ostacolo nel principio di ordine pubblico, costituito dalla ineludibile tutela dell'affidamento incolpevole dell'altro coniuge, allorché l'apposizione della condizione sia rimasta nella sfera psichica di uno dei nubendi, senza manifestarsi (nè comunque essere conosciuta o conoscibile) all'altro coniuge. L'accertamento della conoscenza o conoscibilità, da parte di quest'ultimo, di detta condizione deve essere compiuto dal giudice della delibazione con piena autonomia rispetto al giudice ecclesiastico (ancorché la relativa indagine si svolga con esclusivo riferimento alla pronuncia delibanda ed agli atti del processo canonico eventualmente acquisiti e non dia luogo ad alcuna integrazione di attività istruttoria) e con particolare rigore, giacché detto accertamento attiene al rispetto di un principio di ordine pubblico di speciale valenza e alla tutela di interessi della persona riguardanti la costituzione di un rapporto, quello matrimoniale, oggetto di rilievo e tutela costituzionali. Cassazione civile sez. I, 16 marzo 1999, n. 2325 Nell'ordinamento giuridico italiano, l'irrilevanza della riserva mentale si ricollega ai principi dell'affidamento e della buona fede nei rapporti giuridici, che costituiscono principi di ordine pubblico, pertanto, in sede di delibazione delle sentenze del tribunale ecclesiastico dichiarative della nullità del matrimonio concordatario per riserva mentale di uno dei due coniugi relativa ad uno dei bona matrimonii, spetta al giudice investito del giudizio di delibazione valutare la conoscenza o conoscibilità di tale riserva da parte dell'altro coniuge, attraverso un'indagine che non si risolve nel mero controllo di legittimità della sentenza ecclesiastica di nullità, ma si estende al riesame ed alla autonoma valutazione delle prove acquisite nel processo canonico, senza che, peraltro, sia ammissibile, nel giudizio di Cassazione sulla sentenza di delibazione, la richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, che si risolverebbe nella richiesta di un nuovo giudizio di merito, laddove il controllo della Cassazione è limitato alla conformità alla legge sostanziale e processuale e non si estende alla "giustizia" della decisione.

Cassazione civile sez. I, 2 settembre 1997, n. 8386 Il giudice adito per la delibazione di una sentenza dichiarativa della nullità del matrimonio in sede di giurisdizione ecclesiastica ha la facoltà di interpretare ed apprezzare i fatti e le prove emerse in detta sede onde trarne il proprio convincimento ai fini della decisione, così che la esclusione, da parte del medesimo, che la riserva unilaterale di uno dei coniugi relativa ad uno dei bona matrimoni fosse conosciuta (o, comunque, conoscibile), con l'uso della normale diligenza, da parte dell'altro coniuge, pur pervenendo a soluzione opposta rispetto a quella delle delibanda pronuncia, costituisce, se motivata secondo un logico e corretto iter argomentativo, statuizione insindacabile in sede di giudizio di legittimità, ove non è lecito proporre, sotto il surrettizio profilo del preteso vizio di motivazione, doglianze in ordine all'apprezzamento dei fatti e delle prove operato dal giudice del merito, proponendone altri, diversi ed alternativi, rispetto a quello censurato. Cassazione civile sez. I, 1 marzo 2012, n. 3227 In tema di dichiarazione di efficacia nello Stato italiano della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario, il giudice civile può ben dissentire dalla valutazione dei fatti espressa dal tribunale ecclesiastico, ma occorre dare conto delle ragioni del diverso convincimento sulla scorta degli elementi istruttori posti in evidenza nella sentenza oggetto dei riconoscimento statale.