Delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio e rapporti tra il processo ecclesiastico e quello di separazione e di divorzio

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1 Delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio e rapporti tra il processo ecclesiastico e quello di separazione e di divorzio CASS. CIV. SEZ. I, 24 FEBBRAIO 2014, N CASS. CIV. SEZ. I, 14 MARZO 2014, N CASS. CIV. SEZ. I, 21 MARZO 2014, N Cass. civ. Sez. I, 24 febbraio 2014, n La sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio fondata sulla divergenza tra volontà dichiarata e volontà effettiva non conosciuta né conoscibile non può essere delibata perché è contraria al principio cardine del nostro ordinamento della tutela della buona fede e dell affidamento L indagine sulla conoscenza o conoscibilità dell esclusione di uno dei bona matrimonii viene svolta dal giudice della delibazione in piena autonomia ancorché sulla esclusiva base delle risultanze probatorie del giudizio ecclesiastico. La pronuncia canonica è vincolante in ordine all identificazione della causa d invalidità del matrimonio ma la declaratoria di esecutività della pronuncia ecclesiastica richiede, tuttavia, il preventivo vaglio della non contrarietà all ordine pubblico interno. La valutazione sulla riserva mentale è invece estranea ad altre cause di nullità del matrimonio quali il difetto di capacità di intendere e di volere. Cass. civ. Sez. I, 14 marzo 2014, n La declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di uno solo dei coniugi, di uno dei bona matrimonii postula che la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione sia stata manifestata all altro coniuge, ovvero che sia stata da questo in effetti conosciuta, o che non gli sia stata nota esclusivamente a causa della sua negligenza, atteso che, qualora le menzionate situazioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà all ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell affidamento incolpevole. Cass. civ. Sez. I, 21 marzo 2014, n Tra il giudizio relativo alla nullità del matrimonio civile o concordatario e quello riguardante la separazione personale tra i coniugi ovvero avente ad oggetto lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità, tale che il secondo debba essere necessariamente sospeso a causa della pendenza del primo ed in attesa della sua definizione, atteso che trattasi di procedimenti autonomi, aventi finalità e presupposti diversi e che, anche in pendenza del giudizio di nullità, i coniugi continuano ad essere trattati dalla legge come tali, seguitando il matrimonio, ancorché impugnato, a produrre i suoi effetti. I principi che la prima sezione della Cassazione afferma in queste tre decisioni confermano orientamenti che appaiono sempre più consolidati, tutti connessi in sostanza al principio generale di autonomia del giudizio civile da quello ecclesiastico. Il diritto civile tutela nei rapporti tra le persone il principio dell affidamento incolpevole mentre per il tribunale ecclesiastico l affidamento è del tutto irrilevante dal momento che ciò che conta per il diritto canonico è la sola divergenze tra volontà effettiva e volontà dichiarata. Questo il senso delle prime due sentenze (Cass. 1 Lessico di diritto di famiglia

2 4387/2014 e Cass. 6032/2014) che si conforma, come detto, ad un orientamento ormai consolidato della nostra giurisprudenza (da ultimo Cass. 6686/2010; Cass /2007). Si tratta, inoltre, ribadiscono le due decisioni, di una indagine che la Corte d appello è chiamata fare in autonomia ancorché sulla esclusiva base delle risultanze probatorie del giudizio ecclesiastico (Cass /2006). La pronuncia canonica è, infatti, vincolante in ordine all identificazione della causa d invalidità del matrimonio che è individuata dal giudice ecclesiastico in via esclusiva e non modificabile dal giudice civile, mentre la declaratoria di esecutività della pronuncia ecclesiastica richiede il preventivo vaglio da parte ella Corte d appello della non contrarietà all ordine pubblico interno. La terza decisione (Cass. 6754/2014) afferma il principio di ordine processuale secondo cui il giudizio di separazione o quello di divorzio non devono essere sospesi se è in corso il processo di nullità davanti al tribunale ecclesiastico perché fino al giudicato sulla delibazione della sentenza ecclesiastica il matrimonio è pienamente valido. Non sussiste, cioè, alcun rapporto di pregiudizialità tra il processo ecclesiastico e quello civile. I Cass. civ. Sez. I, 24 febbraio 2014, n Svolgimento del processo Nella sentenza impugnata, la Corte d Appello dell Aquila ha rigettato la domanda di declaratoria di efficacia della sentenza canonica di nullità del matrimonio contratto da M.V. e A. P.G., pronunciata il 12 dicembre 2007 dal Tribunale Ecclesiastico Regionale Abruzzese di Chieti, ratificata dal Tribunale Ecclesiastico d Appello di Benevento e resa esecutiva dal Tribunale della Segnatura Apostolica. Il Tribunale Ecclesiastico Regionale aveva dichiarato nulla l unione matrimoniale per esclusione dell indissolubilità nell uomo attore. A sostegno della decisione la Corte d Appello ha affermato: a) La delibazione delle sentenze ecclesiastiche per ogni tipo di vizio o mancanza del consenso trova ostacolo nel principio di ordine pubblico costituito dall ineludibile tutela della buona fede e dell affidamento incolpevole dell altro coniuge, in tutti i casi in cui l esclusione dei bona matrimonii o l apposizione di una condizione siano rimasti nella sfera psichica di uno dei nubendi e non siano stati conosciuti o conoscibili dall altro coniuge; b) l accertamento della conoscenza o della conoscibilità del fatto che ha determinato la mancanza o il vizio del consenso matrimoniale da parte di un coniuge è riservato al giudice della delibazione, anche se sulla esclusiva base della sentenza e degli atti del processo canonico; c) il giudice della delibazione, pur non potendo mettere in dubbio l esistenza dell esclusione o della condizione del foro interno dell attore, in quanto accertata dal giudice ecclesiastico, deve comunque accertare in modo particolarmente rigoroso che il coniuge che abbia inteso escludere uno dei bona matrimonii o subordinare a condizione il matrimonio abbia fatto partecipe in modo espresso o per fatti concludenti l altro coniuge; d) dal materiale istruttorio del processo canonico non si rinviene alcun riferimento neppure indiretto alla conoscenza o conoscibilità dell esclusione dell indissolubilità del matrimonio da parte dell A.. Tale conoscibilità non può essere desunta dalla resistenza al matrimonio del M. durante il fidanzamento, in quanto tale circostanza può evidenziare una coazione al matrimonio ma non una riserva mentale, nè possono influire le dichiarazioni del M. in quanto non suffragate da riscontri provenienti da deposizioni testimoniali. Sono irrilevanti le dichiarazioni fatte agli amici e suoi familiari in quanto non emergono elementi per ritenere che siano state conoscibili dall A.. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il M. affidandosi a tre motivi. Ha resistito con controricorso l A. che ha anche proposto ricorso incidentale affidato a due motivi. 2 Lessico di diritto di famiglia

3 Motivi della decisione Nel primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione della legge n. 121 del 1985, art. 8, comma 2 per avere la corte d Appello ignorato la ratio della norma relativa al procedimento previsto e non aver considerato, ai fini della prova, la totalità del decisum canonico. Secondo il ricorrente la Corte d Appello non ha fatto buon governo dei principi contenuti nella norma, con particolare riferimento alla limitazione del suo sindacato al foro esterno, e dei principi della giurisprudenza di legittimità in ordine all affidamento, avendo ritenuto necessaria la conoscenza effettiva delle intenzioni dei nubendi e non anche la sufficienza della riconoscibilità delle intenzioni con l ordinaria diligenza. Sia in ordine alla conoscenza che alla conoscibilità la prova deve essere rigorosa in sede di delibazione, e si deve fondare non su una nuova istruttoria civile ma su una propria lettura del giudicato canonico e degli atti che sono serviti alla dichiarazione ecclesiastica d invalidità. A tal fine deve essere presa in considerazione la totalità del decisum canonico, tenendo conto delle procedure previste da tale ordinamento. La Corte d Appello invece si è sempre e solo riferita alla sentenza di primo grado obliterando che il decisum canonico richiede una doppia conforme che rende eseguibile la sentenza in materia matrimoniale ed infine l autorevole certificazione data con il decreto della Segnatura Apostolica. Il motivo presenta un profilo d inammissibilità per difetto di specificità nella parte in cui non indica né riproduce la parte del dedotto complessivo decisum canonico che non viene considerata dalla Corte d Appello e che sarebbe decisiva al fine di accertare la conoscenza o la conoscibilità da parte dell A. della mancanza del consenso sull indissolubilità del vincolo. Risulta del tutto infondato per la parte relativa alla mancata osservanza da parte della Corte d Appello del denominato foro esterno, da identificarsi, alla luce dell esposizione del motivo, con le risultanze dell accertamento compiuto dal giudice canonico. Al riguardo, deve osservarsi che la violazione dell affidamento dell altro coniuge si fonda esclusivamente sugli atti ed i riscontri probatori derivanti da tale giudizio, e non si limita all accertamento della mancata conoscenza effettiva ma anche della conoscibilità del vizio del consenso accertato in sede di giudizio canonico (cfr. pagg. 5,6, sentenza impugnata). Tale conoscibilità, come evidenziato dalla Corte d appello, deve essere agevole e risultare da comportamenti e percezioni tendenzialmente univoche, dovendosi attribuire alla condotta prematrimoniale e alle perplessità manifestate prima dell assunzione del vincolo, un rilievo probatorio ambiguo e, comunque, non comprovante l esistenza di una riserva mentale. Nel secondo motivo viene censurato ex art. 360 n. 5 c.p.c. l omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti desumibile sia dalla sentenza del Tribunale Ecclesiastico di Chieti che dal provvedimento del Tribunale ecclesiastico d Appello di Benevento. Sostiene il ricorrente che nella sentenza impugnata non si è tenuto conto delle numerose circostanze dalle quali si sarebbe potuto desumere che la riserva mentale sull indissolubilità del matrimonio era di pubblico dominio e conseguentemente conoscibile con l ordinaria diligenza. Per quanto riguarda il giudizio ecclesiastico di primo grado risulta accertata: a) la contraddittorietà delle dichiarazioni dell A. sulla natura idilliaca della relazione sentimentale con il M. ed il fatto che le nozze furono dettate soltanto dalla gravidanza; b) l insofferenza verso un legame stabile per il M. oltre che i timori della famiglia A. dovuti alla fama di dongiovanni del nubendo e all eccessivo legame di quest ultimo con la famiglia di origine. Per quanto riguarda il giudizio ecclesiastico d appello risulta accertato che l unica ragione per cui il M. si è avvicinato al matrimonio era stata la gravidanza dell A.; che il matrimonio era durato pochi mesi e che vi era stata una coerenza di condotta del M. prima e dopo il matrimonio, non essendo in alcun modo mutato lo stile di vita da sempre condotto. Secondo la parte ricorrente la Corte d Appello dell Aquila ha ignorato queste circostanze e soprattutto quelle relative alla brevissima durata dell unione e alla considerazione che la scelta di sposarsi per il M. era dettata soltanto dall intento di riparare all errore commesso. La Corte avrebbe in particolare ignorato il dictum del Tribunale ecclesiastico d Appello soprattutto laddove quest ultimo giudice ha evidenziato che dalla contraddittorietà delle tesi sostenute dall A. nel giudizio ecclesiastico e quelle rappresentate nel giudizio separativo poteva desumersi con chiarezza la preconoscenza del rapporto patologico che legava l attore con la madre e la sorella e la mancanza di volontà di creare una affectio coniugalis. Il motivo ha ad oggetto l inammissibile richiesta di una valutazione degli elementi di fatto desumibili dal giudizio ecclesiastico diversa e sostitutiva rispetto a quella eseguita dalla Corte d Appello (S.U del 2013). Deve osservarsi al riguardo che trova applicazione il principio costantemente applicato dalla giurisprudenza di questa corte secondo il quale il giudice del merito può operare una selezione dei fatti rilevanti senza essere tenuto alla elencazione anche di quelli privi di tale qualità (Cass del 2004; 7972 del 2007). Nella specie, peraltro, sia le circostanze desunte dal giudizio ecclesiastico di primo grado che quelle relative al giudizio d impugnazione sono state prese in esame nella sentenza impugnata ancorché con una valutazione finale opposta rispetto a quella indicata nel motivo di ricorso. A tale riguardo merita menzione il fermo orientamento di questa Corte secondo il quale l indagine sulla conoscenza o conoscibilità dell esclusione di uno dei bona matrimonii viene svolta dal giudice della delibazione in piena autonomia ancorché sulla esclusiva base delle risultanze probatorie del giudizio ecclesiastico, (ex multis Cass del 2006). La pronuncia canonica è vincolante in ordine all identificazione della causa d invalidità del matrimonio, indivi- 3 Lessico di diritto di famiglia

4 duata in via esclusiva e non modificabile dal tribunale ecclesiastico. La declaratoria di esecutività della pronuncia ecclesiastica richiede, tuttavia, il preventivo vaglio della non contrarietà all ordine pubblico interno. A tal fine le circostanze di fatto emerse nel giudizio canonico, ancorché non integrabili in via istruttoria con fatti diversi o nuovi dal giudice interno, sono autonomamente valutabili. Ne consegue che, nell ipotesi in cui la nullità del matrimonio, in sede di giudizio ecclesiastico, sia stata fondata sulla divergenza unilaterale tra volontà dichiarata e volontà effettiva, poiché la tutela della buona fede e dell affidamento costituisce un principio cardine del nostro ordine pubblico (Cass del 2007; 6686 del 2010), la conoscenza o conoscibilità di tale divergenza rispetto ai bona matrimonii, nella specie ravvisata nella riserva mentale relativa all indissolubilità del vincolo, costituisce accertamento di fatto rimesso esclusivamente al giudice interno, attenendo alla conformità o contrarietà al parametro dell ordine pubblico della sentenza ecclesiastica (Cass del 2012). Ne consegue l ininfluenza dell eventuale diversa valutazione compiuta dal giudice ecclesiastico in ordine all affidamento del coniuge che non ha determinato la causa di nullità, trattandosi di profilo irrilevante per il processo canonico, in quanto del tutto estraneo all accertamento della pienezza del consenso contestata unilateralmente dall altro coniuge. Deve aggiungersi che l indagine compiuta allo specifico fine di accertare la conoscenza o la conoscibilità (o mancanza di negligenza) costituisce una valutazione incesurabilmente compiuta dal giudice di merito (Cass del 2012), ancorché da compiersi con rigore. Nella specie, il convincimento sull affidamento incolpevole dell A. risulta tratto dalle deposizioni dei testi escussi in sede di giudizio ecclesiastico e dalle dichiarazioni delle parti. La Corte d Appello ha ritenuto, con giudizio incensurabile, che tali risultanze istruttorie evidenziassero esclusivamente il profilo soggettivo e la condotta ante e post matrimonio del M. ma nulla potessero indicare in ordine alla condizione di conoscenza o conoscibilità dell altro coniuge. Sulla base della medesima consequenzialità logica, la Corte d Appello ha escluso la decisività di circostanze quali la durata del matrimonio, o lo stato di gravidanza dell A., in quanto non direttamente incidenti sull oggetto di accertamento e la dedotta contraddittorietà delle tesi difensive sostenute dall A. nel giudizio ecclesiastico e in quello di separazione. In conclusione, la Corte d Appello ha eseguito la propria indagine di merito all interno dei confini che le erano propri, limitando la propria indagine ai fatti emersi nel giudizio ecclesiastico, senza omettere o trascurare alcuna circostanza decisiva od incidente sulla valutazione della conformità o contrarietà all ordine pubblico della pronuncia ecclesiastica. Nel terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione della legge n. 218 del 1995, art. 64 lett. g; l0art. 122 del codice civile in riferimento all art. 797 c.p.c.e dell art. 2, lett. c) dell Accordo 18/2/84 ratificato con la legge n. 121 del 1985, per avere la Corte d Appello ritenuto che la declaratoria di nullità della sentenza ecclesiastica nella misura in cui prescinda dall accertamento circa la conoscenza o la conoscibilità da parte dell altro coniuge del vizio del consenso sia incompatibile con l ordine pubblico. Tale assunto secondo la parte ricorrente contrasta con un orientamento di questa Corte secondo il quale nel giudizio di delibazione si deve tenere conto della specificità dell ordinamento canonico ai fini della valutazione delle cause impeditive della delibazione ed in particolare deve ritenersi che l impedimento in questione, costituito dalla tutela dell affidamento, può ritenersi sussistente solo in caso d incompatibilità assoluta ma non invece in caso d incompatibilità relativa. Inoltre, poiché la disciplina del codice civile in tema di vizi del consenso incidenti sulla validità del matrimonio non richiede indefettibilmente come requisito essenziale la riconoscibilità dei medesimi, non può affermarsi in via generale l applicabilità del principio dell affidamento. Il motivo è infondato per le ragioni già ampiamente esposte nell esame dell univoco orientamento giurisprudenziale in ordine alla sindacabilità, sotto il profilo dell eventuale contrasto con i principi dell ordine pubblico, dell affidamento del coniuge cui non sia riferibile l esclusione di uno dei bona matrimonii (da ultimo Cass del 2012). Al riguardo deve essere osservato che la pronuncia di questa Corte n del 2012, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, non esclude il rilievo dell affidamento nelle ipotesi di riserva mentale unilaterale, ai fini della valutazione del rispetto del parametro dell ordine pubblico, richiamando orientamenti che confermano l applicazione del principio (Cass del 2003 e del 2011), ma afferma che nella diversa ipotesi della nullità del matrimonio per mancanza di discrezione nel giudizio, ovvero per difetto dell effettiva capacità d intendere il valore del matrimonio e di determinarsi di conseguenza, non debba assumere rilievo la conoscenza o conoscibilità dell altro coniuge di tale carenza radicale di volontà. Con tale affermazione la pronuncia esclude che la violazione del principio dell affidamento possa qualificarsi come causa impeditiva in via generale della esecutività della sentenza ecclesiastica, dal momento che anche la disciplina del codice civile italiano relativa ai casi di annullamento del matrimonio per vizio di formazione del consenso (artt. 120 e 122 c.c.) non contempla come elemento essenziale la riconoscibilità di tale vizio per l altra parte, ma ne conferma il rilievo in ordine alle cause di nullità conseguenti all apposizione unilaterale di condizioni vizianti il consenso manifestato. PQM La Corte, rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 novembre Depositato in Cancelleria il 24 febbraio Lessico di diritto di famiglia

5 II Cass. civ. Sez. I, 14 marzo 2014, n Svolgimento del processo e motivi della decisione 1 - M.A. ha proposto ricorso per cassazione - affidato a due motivi - contro la sentenza della Corte di appello di Perugia (depositata il ) con la quale è stata rigettata la sua domanda di delibazione di sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio contratto con Z.E.. Resiste con controricorso l intimata Secondo la Corte territoriale dalla stessa sentenza ecclesiastica emergeva che l attore non aveva mai comunicato alla propria fidanzata l intenzione di recuperare la libertà qualora il matrimonio fosse fallito, pur avendone parlato con la propria madre, la sorella e altri, mentre la Z. - secondo lo stesso attore - avrebbe potuto intuire da tutto il contesto la sua volontà.elementi giudicati insufficienti dalla corte di merito per ritenere che la convenuta potesse comprendere l intenzione dell attore posto che un infedeltà durante il fidanzamento o altre criticità del rapporto non potevano da sole far comprendere quali fossero le reali intenzioni del proprio fidanzato riguardo all indissolubilità del vincolo matrimoniale. Nè la parte attrice aveva indicato al riguardo elementi utili per una siffatta valutazione Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) anche in relazione all art. 111 Cost.. Deduce che il giudice ecclesiastico ha ritenuto provata la conoscibilità dell esclusione del bonum sacramenti da parte dell attore e tale statuizione non poteva essere oggetto di riesame da parte del giudice della delibazione. In particolare (e in estrema sintesi), il ricorrente, dopo una lunga premessa sul contenuto del vizio di cui all art. 360 c.p.c., n. 5, lamenta l omessa considerazione, da parte della Corte territoriale, delle proprie deduzioni difensive e di quelle della resistente nonché degli accertamenti contenuti nella sentenza canonica, in ordine all idoneità a provare la conoscibilità dell esclusione del bonum sacramenti: a) della circostanza relativa alla confessio simulantis da parte resistente dinanzi al giudice ecclesiastico; b) della problematicità della relazione prenuziale delle parti; c) del comportamento postnuziale (l immediato fallimento del matrimonio consentirebbe di dedurre quello antecedente o quanto meno sarebbe compatibile con esso) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell art. 8 dell Accordo di Villa Madama tra la Repubblica e la Santa Sede nonchè dei canoni e 1101, 2 CIC. Deduce che la norma richiamata attiene alla conoscibilità di un esclusione del bonum sacramenti ex parte viri, non già al contenuto specifico di detta esclusione. 3 - I due motivi del ricorso - che possono essere esaminati congiuntamente - là dove non sono inammissibili perchè veicolano censure in fatto, sono infondati Giova premettere, quanto al primo, che anche dopo la riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del applicabile ratione temporis - il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perché la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all uopo, valutarne le prove, controllarne l attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Sez. U, n. 5802/1998; Sez. U, n /1997; Sez. 1, n. 5205/2010) Ciò premesso, va ribadito che la declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di uno solo dei coniugi, di uno dei bona matrimonii postula che la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione sia stata manifestata all altro coniuge, ovvero che sia stata da questo in effetti conosciuta, o che non gli sia stata nota esclusivamente a causa della sua negligenza, atteso che, qualora le menzionate situazioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà all ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell affidamento incolpevole. In quest ambito, se, da un lato, il giudice italiano è tenuto ad accertare la conoscenza o l oggettiva conoscibilità dell esclusione anzidetta da parte dell altro coniuge con piena autonomia, trattandosi di profilo estraneo, in quanto irrilevante, al processo canonico, senza limitarsi al controllo di legittimità della pronuncia ecclesiastica di nullità, dall altro, la relativa indagine deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronuncia da delibare ed agli atti del processo medesimo eventualmente acquisiti, opportunamente riesaminati e valutati, non essendovi luogo, in fase di delibazione, ad alcuna integrazione di attività istruttoria; 5 Lessico di diritto di famiglia

6 inoltre, il convincimento espresso dal giudice di merito sulla conoscenza o conoscibilità da parte del coniuge della riserva mentale unilaterale dell altro costituisce, se motivato secondo un logico e corretto iter argomentativo, statuizione insindacabile in sede di legittimità, sebbene la prova della mancanza di negligenza debba essere particolarmente rigorosa e basarsi su circostanze oggettive e univocamente interpretabili che attestino la inconsapevole accettazione dello stato soggettivo dell altro coniuge (Sez. 1, Sentenza n del 05/03/2012). In particolare, va ricordato che il convincimento del giudice di merito ai fini della decisione ed, in particolare, l affermazione o l esclusione, ad opera di quest ultimo, che la riserva mentale di uno dei coniugi relativa ad uno dei bona matrimonii fosse conosciuta (o, comunque, conoscibile con l uso della normale diligenza) da parte dell altro, costituisce, se motivata secondo un logico e corretto iter argomentativo, statuizione insindacabile in sede di legittimità, ove non è lecito proporre, sotto il surrettizio profilo del preteso vizio di motivazione, doglianze in ordine all apprezzamento dei fatti e delle prove operato dal giudice di merito, proponendone altri, diversi ed alternativi, rispetto a quello censurato (Cass. 2 settembre 1997, n. 8386; Cass. 4 luglio 1998, n. 6551; Sez. 1, Sentenza n del 2006). La Corte di appello si è attenuta a questo criterio in quanto ha reso sul punto una motivazione congrua e logica (innanzi sintetizzata sub 1.1) incensurabile in sede di legittimità. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nella misura determinata in dispositivo. PQM La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00, per esborsi oltre accessori come per legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 gennaio Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2014 III Cass. civ. Sez. I, 21 marzo 2014, n Svolgimento del processo Con sentenza del 10 marzo 2010 la Corte di appello di Roma confermava la sentenza in data 20 luglio 2005 con la quale il Tribunale della stessa città, pronunziando la separazione personale dei coniugi D.E. e P.A., aveva determinato in Euro 800,00, a decorrere dall aprile del 2005, l assegno dovuto dal primo alla seconda. In particolare, e per quanto ancora interessa, la Corte di appello rigettava la richiesta del D. di sospendere il processo, in attesa della delibazione della sentenza ecclesiastica che aveva dichiarato la nullità del matrimonio concordatario tra le parti, affermando che non sussisteva tra le cause un rapporto di pregiudizialità, atteso che il matrimonio, ancorchè impugnato, continua a produrre i suoi effetti in pendenza del giudizio di nullità. D.E. propone ricorso per cassazione, deducendo tre motivi. P.A. non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell art. 295 c.p.c. lamentando che la Corte territoriale, innanzi alla quale pendeva oltre al giudizio di appello anche quello di delibazione della sentenza ecclesiastica, erroneamente aveva rigettato la richiesta di sospensione del primo giudizio, considerato che la sospensione, da un lato, non avrebbe sospeso le obbligazioni economiche derivanti dalla sentenza di separazione impugnata e, dall altro, avrebbe consentito di evitare una contraddizione tra la sentenza delibativa della nullità del matrimonio pronunciata dal Tribunale ecclesiastico, cui conseguiva l ablazione di ogni obbligazione maritale di ordine economico, e la sentenza impugnata, pubblicata successivamente, che aveva confermato l assegno di mantenimento a carico del marito. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell art. 143 c.c. e ss., lamentando che erroneamente la sentenza impugnata, nel motivare il rigetto della richiesta di sospensione, aveva affermato che 6 Lessico di diritto di famiglia

7 la sentenza delibativa della sentenza ecclesiastica non avrebbe esaurito i rapporti economici tra le parti, essendo necessario un ulteriore procedimento per l accertamento del venir meno, per effetto di tale declaratoria, degli obblighi di contenuto economico derivanti dalla sentenza di separazione, contraddicendo così il principio secondo cui la declaratoria di nullità del matrimonio ha una efficacia ablativa ex se dei conseguenti obblighi economici. Con il terzo motivo si deduce la contraddittorietà tra la sentenza impugnata, confermativa della misura dell assegno di mantenimento, e la sentenza delibativa del provvedimento ecclesiastico. Il primo ed il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati. La Corte di appello, rigettando la richiesta di sospensione del processo, ha esattamente applicato alla pendenza del giudizio di delibazione il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui tra il giudizio relativo alla nullità del matrimonio civile o concordatario (ovvero concernente la nullità della relativa trascrizione), e quello riguardante la separazione personale tra i coniugi (ovvero avente ad oggetto lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio) non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità, tale che il secondo debba essere necessariamente sospeso a causa della pendenza del primo ed in attesa della sua definizione, atteso che trattasi di procedimenti autonomi, aventi finalità e presupposti diversi e che, anche in pendenza del giudizio di nullità, i coniugi continuano ad essere trattati dalla legge come tali, seguitando il matrimonio, ancorchè impugnato, a produrre i suoi effetti (e plurimis Cass. s.u. 4 ottobre 1974, n. 2602; Cass. 9 giugno 2000, n. 7865; Cass. 19 settembre 2001, n ; Cass. 10 dicembre 2010, n ). Invero, tale principio spiega i suoi effetti sino al passaggio in giudicato della sentenza di delibazione; solo in tale momento, infatti, la declaratoria di nullità acquista efficacia nell ordinamento nazionale (Cass. 12 gennaio 1981, n. 259) e vengono meno gli obblighi economici a carico dei coniugi in virtù di un matrimonio che sino a quel momento continua a produrre i suoi effetti (art. 128, primo comma, e. e, in tema di matrimonio putativo, la cui disciplina è richiamata dalla L. n. 847 del 1929, art. 18). Ne consegue che la pendenza del giudizio di delibazione non è relativa, ad una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa (art. 295 c.p.c.) e che, prima del passaggio in giudicato della sentenza di delibazione della sentenza ecclesiastica che ha dichiarato la nullità del matrimonio, non sussiste alcuna possibilità di contraddizione tra detta sentenza e quella che determina l assegno di mantenimento in sede di separazione. Il secondo motivo è inammissibile in quanto non attiene al decisum e rappresenta un mero obiter dictum l affermazione della sentenza impugnata circa la necessità di altro giudizio per accertare, a seguito della delibazione della sentenza ecclesiastica, il venire meno degli obblighi di contenuto economico derivanti dalla sentenza di separazione. Nulla sulle spese. PQM rigetta il ricorso; Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 febbraio Depositato in Cancelleria il 21 marzo Lessico di diritto di famiglia

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