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N. 266/2017 R.G.L. Tribunale Ordinario di Milano Sezione Lavoro ORDINANZA ex art. 28 d.lgs. n. 150/2011 Il Giudice Dr.ssa Eleonora De Carlo, letti gli atti e i documenti della causa iscritta al n. 266/2017 RGL pendente tra OUADIH Soukaina, KALUPAHANA MESTHRIGE Lalith Isuru Udayanga, HALIM Mariam Raouf Lamey, BENSAMDI Adil e DISHA Ahmet, con gli avv. Guariso Alberto e Silvia Balestro e I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, con l'avv. Carla Maria Omodei Zorini sentiti i procuratori delle parti, sciogliendo la riserva assunta, così provvede; FATTO E DIRITTO I ricorrenti proponevano ricorso ex art. 28 D.lgs. 150/11 e 44 TU immigrazione, avverso I.N.P.S., chiedendo al Giudice, previa eventuale rimessione degli atti alla CGUE per l esame della questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE inerente il prospettato contrasto con l art. 12 Direttiva 2011/98, nonché previa eventuale rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per il giudizio di costituzionalità sull art. 1, comma 125, L. n. 190/2014, per contrasto con gli artt. 3, 31 e 117, comma 1 Cost., di a) accertare il carattere discriminatorio della condotta tenuta dall INPS consistente nell aver negato ai ricorrenti l assegno di natalità di cui all art. 1, comma 125, della L. 190/2015; b) ordinare all INPS di cessare immediatamente la condotta discriminatoria di cui sopra e conseguentemente di riconoscere ai ricorrenti l assegno di natalità alle medesime condizioni previste per i cittadini italiani; c) condannare l INPS a pagare ai ricorrenti, a titolo di assegno di natalità, Pagina 1

rispettivamente le seguenti somme, come maturate al 31.12.2016, nonché le ulteriori quote mensili, fino a che ne permangano le condizioni di reddito, oltre interessi: - OUADIH Soukaina: 480,00, - KALUPAHANA MESTHRIGE Lalith Isuru Udayanga: 1.120,00, - HALIM Mariam Raouf Lamey: 800,00, - DISHA Ahmet la somma di 1.920,00, - BENSAMDI Adil: 1.440,00 d) adottare, ai sensi dell art. 28 Dlgs 150/2011, ogni ulteriore provvedimento utile ad evitare il reiterarsi della discriminazione; con vittoria di spese da distrarsi. I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE si costituiva in giudizio, contestando gli assunti avversari e domandando il rigetto del ricorso per la sua infondatezza, previa tra l altro eccezione di inammissibilità, anche per la proposizione del ricorso cumulativamente da parte di più persone, deducendo l insussistenza della condotta discriminatoria; con vittoria di spese. All udienza scorsa i procuratori discutevano la causa e concludevano come in atti. Premesso quanto sopra con riguardo alle domande e alle eccezioni delle parti, il ricorso deve essere accolto per i seguenti motivi. Preliminarmente è infondata l eccezione di inammissibilità del ricorso per essere stato proposto cumulativamente da più ricorrenti, in considerazione del fatto che il petitum che accomuna tutte le pretese è il medesimo. Inoltre, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere per ADIL BENSAMDI e per AHMET DISHA, come da conforme istanza di cui al verbale della scorsa udienza. Infatti, per ADIL BENSAMDI è stata documentata l avvenuta liquidazione da parte di I.N.P.S. della pretesa oggetto di causa. Con riguardo alla posizione di AHMET DISHA, parte convenuta dichiarava, come risulta dal verbale di udienza, che, per tale ricorrente, gli uffici hanno verificato l esistenza del diritto alla prestazione per il periodo richiesto e tuttavia sussistono problemi tecnici in procedura ai fini della liquidazione, sussistendo la domanda del coniuge per il periodo successivo in relazione al medesimo minore. I procuratori delle parti chiedevano quindi la dichiarazione di cessazione della materia del contendere per tale ricorrente con riferimento alla sussistenza del diritto alla prestazione con il conseguente obbligo di I.N.P.S. di provvedere al pagamento. Statuito quanto sopra, deve essere delibato il merito del ricorso. I fatti di causa sono documentali, vertendo la causa solo su questioni di diritto. In fatto si osserva che i ricorrenti sono cittadini non comunitari, accomunati Pagina 2

dall essere sforniti del permesso di lungo soggiorno. Parte convenuta sostiene quindi la carenza in capo a loro di uno dei requisiti prescritti per la concessione dell assegno di natalità di cui all art. 1, comma 25, legge 23 dicembre 2014 n. 190. In diritto, occorre richiamare il dettato dell art. 1, comma 125, della legge 23 dicembre 2014 n. 190, secondo cui al fine di incentivare la natalità e contribuire alle spese per il suo sostegno, per ogni figlio nato o adottato tra il 1 gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017 è riconosciuto un assegno di importo pari a 960 euro annui erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione. L'assegno, che non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all'articolo 8 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è corrisposto fino al compimento del terzo anno di età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione, per i figli di cittadini italiani o di uno Stato membro dell'unione europea o di cittadini di Stati extracomunitari con permesso di soggiorno di cui all'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, residenti in Italia e a condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), stabilito ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, non superiore a 25.000 euro annui. L'assegno di cui al presente comma è corrisposto, a domanda, dall'inps, che provvede alle relative attività, nonché' a quelle del comma 127, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'isee, stabilito ai sensi del citato regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, non superiore a 7.000 euro annui, l'importo dell'assegno di cui al primo periodo del presente comma è raddoppiato. Osservato che i ricorrenti non dispongono del permesso di soggiorno di cui all'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la presente controversia impone il vaglio della compatibilità di tale disposizione con l ordinamento comunitario. Nel caso di specie, occorre prendere le mosse dal dettato dell art 12 della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2011/98/UE del 13 dicembre 2011, relativa a una Pagina 3

procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro. In particolare, l articolo menzionato, rubricato Diritto alla parità di trattamento stabilisce che: I lavoratori dei paesi terzi di cui all articolo 3, paragrafo 1, lettere b e c), beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne: ( ) e) i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004. L esegesi della locuzione i lavoratori dei paesi terzi di cui all articolo 3, paragrafo 1, lettere b e c) impone di richiamare appunto l articolo 3 della citata Direttiva, rubricato Ambito di applicazione, secondo cui 1. La presente direttiva si applica: ( ) b) ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini diversi dall attività lavorativa a norma del diritto dell Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002; e c) ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a norma del diritto dell Unione o nazionale. Nel caso di specie, le disposizioni della Direttiva in esame sono quindi applicabili ai ricorrenti, rientrando questi ultimi nella fattispecie di cui alla lettera b) che precede, in quanto cittadini non comunitari, titolari di permesso di soggiorno per motivi di lavoro o familiari, che vale anche comunque quale permesso unico lavoro. Peraltro, il considerando n. 20 della Direttiva conferma che il diritto alla parità di trattamento spetta anche agli stranieri che abbiano fatto ingresso nel territorio a seguito di ricongiungimento familiare. Si legge infatti che Tutti i cittadini di paesi terzi che soggiornano e lavorano regolarmente negli Stati membri dovrebbero beneficiare quanto meno di uno stesso insieme comune di diritti, basato sulla parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro ospitante, a prescindere dal fine iniziale o dal motivo dell ammissione. Il diritto alla parità di trattamento nei settori specificati dalla presente direttiva dovrebbe essere riconosciuto non solo ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi, ma anche a coloro che sono stati ammessi per altri motivi e che hanno ottenuto l accesso al mercato del lavoro di quello Stato membro in conformità di altre disposizioni del diritto dell Unione o nazionale, compresi i familiari di un lavoratore di un paese terzo che sono ammessi nello Stato membro in conformità della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, i cittadini di paesi terzi che Pagina 4

sono ammessi nel territorio di uno Stato membro in conformità della direttiva 2004/114/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004 ( ). Da quanto precede discende che i ricorrenti hanno diritto alla parità di trattamento, di cui al citato art. 12 della Direttiva in esame, dovendo beneficiare dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne: ( ) e) i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004. Si impone quindi il vaglio della riconducibilità dell assegno di cui all art. 1, comma 125, della legge 23 dicembre 2014 n. 190, negato da I.N.P.S., nella fattispecie delineata dalla lettera e) e quindi nei settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004, ossia il Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio datato 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. L art. 3, Ambito d applicazione ratione materiae, del citato Regolamento (CE) N. 883/2004, stabilisce che 1. Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti: ( ) b) le prestazioni di maternità e di paternità assimilate; ( ) j) le prestazioni familiari. 2. Fatte salve le disposizioni dell'allegato XI, il presente regolamento si applica ai regimi di sicurezza sociale generali e speciali, contributivi o non contributivi, nonché ai regimi relativi agli obblighi del datore di lavoro o dell'armatore. ( ). La nozione di prestazione familiare" è fornita dallo stesso Regolamento N. 883/2004, che alla lettera z) dell art 1 le definisce come tutte le prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari, ad esclusione degli anticipi sugli assegni alimentari e degli assegni speciali di nascita o di adozione menzionati nell'allegato I. Tale allegato I, nell individuare gli Assegni speciali di nascita e di adozione, non contiene alcuna previsione limitativa relativamente all Italia. Inoltre, il legislatore italiano, all art. 1, comma 125, della legge 23 dicembre 2014 n. 190, ha espressamente indicato lo scopo della previsione dell assegno oggetto di causa, ossia al fine di incentivare la natalità e contribuire alle spese per il suo sostegno : tale ultima locuzione ricalca quindi la nozione di prestazione familiare che è, come sopra riportato volta a compensare i carichi familiari. Inoltre, deve osservarsi che l assegno oggetto di causa, pacificamente non contributivo, rientra comunque nel dettato dell art. 3, comma 2, che espressamente menziona anche questa ipotesi. Da quanto precede discende che sussiste un contrasto tra l art. 12 della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2011/98/UE ed il disposto dell art. 1, comma 125, della legge 23 dicembre 2014 n. 190, nella parte in cui quest'ultima disposizione Pagina 5

circoscrive l ambito di applicazione ai soli cittadini di Stati extracomunitari con permesso di soggiorno di cui all'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Dato atto della sussistenza di tale contrasto tra ordinamento interno e previsione comunitaria, deve osservarsi che l art. 12 citato è norma comunitaria direttamente applicabile nell ordinamento nazionale, nonostante la sua attuale mancata attuazione, ormai spirato il termine concesso dall articolo 16, rubricato Recepimento. Tale art. 16 della citata Direttiva assegnava agli Stati membri il termine del 25 12 13, per mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Infatti, l art. 12, sopra citato, è di norma direttamente e immediatamente applicabile nell'ordinamento nazionale, avendo un contenuto chiaro, preciso e incondizionato, non richiedendosi infatti alcuna specifica attività da parte dello Stato per l adeguamento dell'ordinamento interno alla normativa comunitaria. Dalla diretta applicabilità dell art. 12 e dal contrasto con la previsione interna che limita il diritto all assegno ai soli stranieri con permesso di lungo soggiorno, discende la necessaria disapplicazione di quest'ultima in quanto il diritto comunitario è sovraordinato rispetto all ordinamento nazionale. Sul punto, infatti, la giurisprudenza ha ripetutamente affermato il principio secondo cui Il giudice nazionale e la pubblica amministrazione sono obbligati a non applicare la normativa interna contrastante con una direttiva che non richieda alcuna attività di adeguamento del diritto interno a quello comunitario perché del tutto incondizionata e precisa (Cassazione, sez. trib., 17/06/2011, n. 13329). Il diniego, quindi, ai ricorrenti dell assegno di natalità integra una discriminazione oggettiva in loro danno, con la conseguente necessità di accogliere il ricorso, risultando quindi anche infondata l eccezione sollevata da I.N.P.S. di inammissibilità del ricorso perché proposto ai sensi dell art. 44 del TU 286/98. Deve essere quindi dichiarato il carattere discriminatorio della condotta posta in essere dall I.N.P.S., consistente nel diniego dell assegno di natalità di cui all art. 1, comma 25, legge 23 dicembre 2014 n. 190, con conseguente ordine a I.N.P.S. di cessare la condotta discriminatoria e di rimuoverne gli effetti, riconoscendo a OUADIH Soukaina la somma di 480,00, a KALUPAHANA MESTHRIGE Lalith Isuru Udayanga la somma di 1.120,00, a HALIM Mariam Raouf Lamey la somma di 800,00, Pagina 6

a titolo di assegno di cui all art. 1, comma 25, legge 23 dicembre 2014 n. 190, come maturato sino alla data di deposito del ricorso, nonché le ulteriori quote mensili, fino a che permangano le condizioni reddituali, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo. Da ultimo, deve osservarsi che, con riferimento alla sussistenza del requisito di reddito, che tale circostanza non ha determinato il diniego di I.N.P.S., con la conseguente irrilevanza dell istanza istruttoria in tal senso formulata da I.N.P.S. Tenuto conto nel loro complesso della cessazione della materia del contendere per due ricorrenti ADIL BENSAMDI e AHMET DISHA, considerato anche il comportamento processuale di I.N.P.S., tenuto conto della novità e della complessità delle questioni oggetto di causa, oltre che della sussistenza di un orientamento non univoco, le spese di lite devono essere compensate per un mezzo nei rapporti tra le parti, con la condanna di I.N.P.S. al pagamento delle spese di lite residue, già operata la compensazione per un mezzo, liquidate in 800,00 oltre spese generali 15% e accessori di legge, con distrazione in favore degli avv.ti Guariso Alberto e Balestro Silvia, dichiaratisi antistatari. PQM DICHIARA la cessazione della materia del contendere per ADIL BENSAMDI e per AHMET DISHA; DICHIARA il carattere discriminatorio della condotta posta in essere dall I.N.P.S., consistente nel diniego dell assegno di natalità di cui all art. 1, comma 25, legge 23 dicembre 2014 n. 190 a OUADIH Soukaina, a KALUPAHANA MESTHRIGE Lalith Isuru Udayanga e a HALIM Mariam Raouf Lamey e, per l effetto, ORDINA a I.N.P.S. di cessare la condotta discriminatoria e di rimuoverne gli effetti, riconoscendo a OUADIH Soukaina la somma di 480,00, a KALUPAHANA MESTHRIGE Lalith Isuru Udayanga la somma di 1.120,00, a HALIM Mariam Raouf Lamey la somma di 800,00, a titolo di assegno di cui all art. 1, comma 25, legge 23 dicembre 2014 n. 190, come maturato sino alla data di deposito del ricorso, nonché le ulteriori quote mensili, fino Pagina 7

a che permangano le condizioni reddituali, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo; CONDANNA I.N.P.S. al pagamento delle spese di lite, liquidate, già operata la compensazione per un mezzo, in 800,00 oltre spese generali 15% e accessori di legge, con distrazione in favore degli avv.ti Guariso Alberto e Balestro Silvia. MANDA la cancelleria per le comunicazioni alle parti costituite. Milano, 13/04/2017 Il Giudice Dr.ssa Eleonora De Carlo Pagina 8