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Transcript:

primo piano l intervista studi & ricerche Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER Paola Batistoni Aldo Pizzuto ENEA, Dipartimento Fusione, Tecnologie e Presidio Nucleare I paesi più industrializzati e attivi nel campo della fusione (Cina, Corea, Giappone, India Russia e Stati Uniti, più l Unione Europea) collaborano alla realizzazione di ITER, un reattore sperimentale che costituisce il passo fondamentale per la realizzazione dell energia da fusione. L Europa, e l Italia in particolare, sono fortemente impegnate in questa impresa anche con importanti progetti di accompagnamento Magnetic Fusion Energy. The ITER Project The industrialised countries most active in nuclear fusion (China, Korea, Japan, India, Russia, the United States and the European Union), are participating in the development of ITER, an experimental reactor representing a fundamental step toward nuclear fusion energy. Europe, and Italy in particular, are deeply involved in this initiative with important related projects too 24

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER Lo scorso ottobre a Ginevra, durante la 22 a conferenza IAEA sull Energia da Fusione, si sono celebrati i 50 anni dalla storica conferenza su gli Usi pacifici dell energia atomica, svoltasi nello stesso palazzo dell Organizzazione delle Nazioni Unite nel settembre del 1958, in cui furono rese pubbliche le ricerche sulla fusione nucleare. Da allora, la ricerca sulla fusione è condotta in molti paesi in un clima di aperta collaborazione e con l obiettivo di realizzare una fonte di energia praticamente inesauribile, rispettosa dell ambiente, sicura ed economicamente competitiva. L indubbio valore strategico di questa impresa risiede nei potenziali vantaggi che presenta in termini di disponibilità delle risorse, di riduzione dell uso di combustibili fossili e di sicurezza dell approvvigionamento energetico. La ricorrenza ha fornito l occasione per valutare il cammino per- 10 Q 1 0,1 0,01 0,001 0,0001 0,00001 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 Anno corso e quello che ancora resta da fare in un momento in cui le previsioni sull evoluzione del panorama energetico attuale, insieme all urgenza di adottare tecnologie energetiche a ridotte emissioni di gas serra, rafforzano l interesse sulla fusione e pongono la domanda sui tempi in cui essa potrà diventare disponibile. Lo straordinario complesso di nuove acquisizioni scientifiche, tecnologiche e sperimentali ottenute in questi 50 anni ha portato alla creazione di una nuova disciplina scientifica (la fisica del plasma) e allo sviluppo di molte nuove tecnologie che rendono possibili, oggi, la costruzione di ITER, un reattore a fusione sperimentale che produrrà 500 MW di potenza di fusione per tempi relativamente lunghi, con guadagno di potenza di un fattore da cinque a dieci. ITER fornirà la dimostrazione della fattibilità scientifica e tecnologica del- Target ITER Figura 1 I progressi ottenuti nella fusione magnetica, misurati in termini del parametro Q, definito come il rapporto tra la potenza da fusione prodotta (DT equivalente) e la potenza depositata dall esterno per scaldare il combustibile. I risultati mostrati sono stati ottenuti in vari esperimenti nel mondo. In analogia con la legge di Moore per la densità di transistor nei circuiti integrati, il parametro Q della fusione è costantemente raddoppiato ogni 1.8 anni nei 30 anni scorsi 25

Paola Batistoni, Aldo Pizzuto la fusione, tuttavia saranno necessari ancora alcuni passi fondamentali prima che si possa disporre di energia da fusione. In quanto segue verranno illustrati lo stato attuale dell impresa e la Roadmap per il raggiungimento dell obiettivo finale [1]. La fusione nucleare: il meccanismo fisico La fusione è una reazione nucleare in cui due nuclei leggeri si fondono in un nucleo più pesante con conseguente rilascio di energia. È la reazione che alimenta il sole e tutte le stelle, ed è alla base del processo di nucleosintesi che avviene all interno delle stelle, cioè della produzione degli elementi naturali a partire dall idrogeno fino alla formazione del ferro-nickel. Come mostrato in figura 2, si ha un grande rilascio di energia nella fusione di nuclei leggeri in nuclei di massa intermedia. Per nuclei ancora più pesanti, l inversione della curva descrive il rilascio di energia nel processo opposto, quello della fissione, che consiste nella rottura di nuclei pesanti in frammenti più piccoli. Mentre l attivazione del processo di fissione richiede poca energia, la fusione richiede una quantità considerevole di energia per avvicinare i due nuclei reagenti, entrambi carichi positivamente, a causa della repulsione elettrostatica. Una volta che i due nuclei si trovino a distanze dell ordine della dimensione dei nuclei stessi, la forza nucleare forte, attrattiva, rende possibile il processo di fusione. Tra le varie reazioni di fusione note, risulta che l energia da fornire è minima per la reazione che coinvolge gli isotopi pesanti dell'idroge- no, il deuterio 2 H o D, il cui nucleo è formato da un protone e da un neutrone, e il trizio 3 H o T, il cui nucleo è formato da un protone e da due neutroni (figura 3). Il nucleo dell idrogeno comune è formato da un solo protone. La reazione D+ T 4 He+n, infatti, presenta la soglia in energia più bassa (~10 kev) e la probabilità più alta. Per questi motivi, il ciclo DT è quello su cui si concentrano gli attuali modelli di reattore a fusione 1. Il modo più semplice per fornire ai nuclei l energia necessaria per innescare le reazioni consiste nel riscaldare i nuclei stessi. Infatti, la temperatura di una sostanza è una misura dell'energia cinetica media delle particelle che la compongono. Per ottenere una significativa frequenza delle reazioni D +T occorre raggiungere temperature non inferiori a kt ~ 10 kev (circa 100 milioni C). Essendo queste temperature ben al di sopra dell'energia di ionizzazione degli atomi, le reazioni di fusione avvengono in un combustibile allo stato di plasma. Il plasma può essere considerato come il quarto stato della materia, oltre agli stati solido, liquido e gassoso. Un plasma è un gas caldo (kt 0,01 kev) ionizzato, i cui atomi hanno perso in parte o del tutto i loro elettroni. È quindi costituito da elettroni e da atomi privati di uno o più elettroni (ioni positivi). L energia rilasciata nella reazione D+ T, pari a 17,6 MeV, è ripartita tra energia cinetica dei nuclei di 4 He (20%) e energia cinetica dei neutroni (80%). I nuclei di 4 He (particelle alfa), in quanto elettricamente carichi, depositano la loro energia nel plasma contribuendo a mantenerlo caldo. I neutroni escono dalla camera di reazione 1. Una reazione interessante è quella che coinvolge un nucleo di D e uno di 3 He (isotopo leggero dell elio, il cui isotopo di gran lunga più abbondante è 4 He) in quanto ha il vantaggio di non produrre neutroni: in un ciclo D 3 He, la produzione di neutroni dalle reazioni tra nuclei di deuterio presenti (D+D T+n) risulterebbe alquanto inferiore a quella che si avrebbe nel ciclo DT a parità di potenza e, quindi, risulterebbero di gran lunga ridotti gli effetti negativi dovuti alle interazioni dei neutroni con i materiali del reattore. Tuttavia, l 3 He è estremamente raro sulla terra e (contrariamente al trizio) non producibile. Inoltre, la sezione d urto D+ 3 He ha valori significativi per energie molto più grandi rispetto alla reazione D+T. Per questi motivi, sebbene vi siano studi di reattori basati sul ciclo D 3 He, esso non è ritenuto al momento praticabile. Negli esperimenti attuali si usano, per convenienza, miscele di solo deuterio. 26

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER Figura 2 Energia per unità di massa rilasciata nelle reazioni di fusione e di fissione nucleare e la loro energia può essere raccolta e trasformata in energia elettrica. Per ottenere una produzione netta di energia da fusione, occorre che la potenza prodotta dalle reazioni di fusione sia maggiore della la potenza depositata dall esterno per scaldare il plasma (il punto di pareggio è detto punto di breakeven). Quando la potenza di fusione è abbastanza grande da riscaldare il combustibile circostante tramite la potenza delle alfa e mantenere la fusione senza bisogno di fornire ulteriore potenza dall esterno, si ha l ignizione. In generale, non si richiede che il reattore raggiunga l ignizione ma che agisca da moltiplicatore di potenza con un fattore di moltiplicazione Q (guadagno, definito come il rapporto tra la potenza di fusione prodotta e quella fornita dall esterno) sufficientemente grande, dell ordine di 30-50. Si può dimostrare che per una miscela DT (50%D + 50%T) di densità n e temperatura T, si ha Q > 1 per ntτ E > ~ 10 21 m 3 kev s, con T ~20 kev, dove τ E è il cosiddetto tempo di confinamento dell energia, ovvero il tempo tipico di raffreddamento del plasma allo spegnersi della potenza esterna, nell ipotesi che questo abbia un andamento esponenziale. I valori ottenuti per ntτ E, il cosiddetto prodotto triplo di fusione, sono riportati più avanti in figura 7. Le condizioni fondamentali per la fusione sono quindi essenzialmente tre: riscaldamento del plasma fino alle temperature necessarie a produrre reazioni di fusione in misura sufficiente; contenimento del plasma ad una densità sufficientemente elevata; isolamento termico del plasma (confinamento), per minimizzare le perdite di particelle e di energia. trizio T ( 3 H) neutrone (14.1 MeV) prodotto della fissione 235 U + + neutrone neutrone + deuterio D ( 2 H) + + + elio 4 He (3.5 MeV) neutrone neutrone prodotto della fissione Figura 3 A sinistra: la reazione nucleare di fusione tra deuterio e trizio, in cui vengono prodotti un nucleo di elio ( 4 H) e un neutrone. La fusione è il processo opposto alla fissione nucleare, che consiste nella rottura di nuclei molto pesanti in frammenti più piccoli. A destra: reazione di fissione nucleare di un nucleo di uranio ( 235 U) 27

Paola Batistoni, Aldo Pizzuto Le condizioni per la fusione si verificano naturalmente nei nuclei delle stelle, dove il plasma è compresso ad alta densità sotto l azione della propria forza gravitazionale. In laboratorio, dove è necessario ricorrere ad altri meccanismi, si sono seguite principalmente due linee diverse, conosciute come confinamento inerziale e confinamento magnetico del plasma. Ci limitiamo qui a presentare lo stato e le prospettive della fusione a confinamento magnetico, notando tuttavia che vi sono importanti attività di ricerca e interessanti sviluppi anche nel campo della fusione inerziale [1]. La fusione a confinamento magnetico Il confinamento magnetico si basa sul fatto che un campo magnetico influenza il moto delle particelle cariche del plasma. Un campo di induzione magnetica B, come quello prodotto da un solenoide lineare, confina le particelle cariche nelle direzioni ortogonali alla direzione del campo stesso, costringendo gli ioni e gli elettroni Figura 4 Macchina Tokamak per il confinamento magnetico del plasma a girare intorno alle linee di campo magnetico. Tuttavia, le particelle cariche rimangono libere di muoversi parallelamente alle linee di campo magnetico, e il plasma può uscire alle estremità del solenoide. Da qui l idea di piegare il solenoide su se stesso in una configurazione toroidale, cioè a forma di ciambella. In tale operazione il campo non rimane uniforme: i gradienti del campo causano moti di deriva delle particelle che debbono essere annullati con campi correttivi. Tra le configurazioni magnetiche toroidali più studiate (Tokamak, Stellarator e Reversed Field Pinch (RFP)), la configurazione Tokamak è quella su cui sono state investite le maggiori risorse e che ha consentito i maggiori progressi dal punto di vista del contenimento e isolamento termico del plasma stesso. Un Tokamak (figura 4) è costituito da una ciambella (toro) entro cui si produce il vuoto e si inietta il combustibile a densità dell ordine di 10 20 particelle/m 3. Un insieme di bobine disposte attorno alla ciambella genera il campo magnetico toroidale che ha il compito di guidare il moto delle particelle. Un secondo solenoide posto al centro della ciambella costituisce il primario di un trasformatore che induce nel plasma (secondario) una corrente parallela al campo magnetico principale, che contribuisce al confinamento del plasma stesso e lo riscalda per effetto joule. Altre bobine esterne sono utilizzate per il controllo della posizione e della forma del plasma. Nei Tokamak attuali, la durata della configurazione di equilibrio è limitata dalla durata della corrente di plasma e quindi dal flusso magnetico disponibile nel solenoide centrale. Il funzionamento in regime stazionario, necessario per il reattore, richiede quindi l adozione di meccanismi diversi di generazione di corrente nel plasma. Inoltre, il solo effetto joule non è sufficiente a scaldare il plasma fino alle temperature richieste poiché, al crescere della tem- 28

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER peratura, la resistenza elettrica del plasma diminuisce e con essa la potenza di riscaldamento a parità di corrente, mentre aumentano le perdite per radiazione e per trasporto di calore. Perciò occorre ricorrere a sistemi di riscaldamento ausiliari, quali (i) iniezione di fasci di atomi neutri ad alta energia che penetrano entro il plasma e, cedendo la loro energia per urto, lo riscaldano; (ii) riscaldamento con onde elettromagnetiche a frequenze appropriate per un efficace interazione con il plasma. I potenziali vantaggi della fusione I potenziali vantaggi dell energia da fusione rendono conto del valore strategico di questa tecnologia energetica dal punto di vista del rispetto dell ambiente, della disponibilità del combustibile, della fattibilità economica e della sicurezza dell approvvigionamento. Il combustibile di base è praticamente illimitato e omogeneamente diffuso sulla Terra, e non da quindi luogo a problemi di approvvigionamento. La reazione non da luogo a emissioni di gas a effetto serra e non produce scorie radioattive, le centrali sono intrinsecamente sicure. Infine con un opportuna scelta dei materiali, la radioattività dei componenti a fine vita del reattore può decadere nell arco di circa un secolo, evitando quindi la necessità di depositi permanenti in sito profondo e permettendo il riciclo dei materiali. Il deuterio è presente in natura nella misura di 25,5 mg di deuterio per litro d acqua. La disponibilità di deuterio sulla terra è quindi praticamente illimitata. D altra parte, il trizio non si trova in natura poiché è un isotopo radioattivo dell idrogeno con un tempo di dimezzamento pari a Figura 5 Schema di funzionamento di un reattore a fusione a confinamento magnetico 12,32 anni. Occorre quindi produrlo, possibilmente all interno dello stesso impianto del reattore (figura 5). A tal fine si sfruttano reazioni triziogene, che sfruttano i neutroni prodotti nella stessa reazione D+T, e il litio, presente in natura con due isotopi stabili, 6 Li (7,59%) e 7 Li (92,41%): D+ T 4 He + n n + 6 Li T + 4 He In questo modo, per ogni nucleo di trizio consumato, viene generato un neutrone e da questo, tramite una reazione con il litio, un nucleo di trizio il quale viene recuperato e inviato nella camera di reazione insieme al deuterio. Ciò avviene in uno speciale componente, il mantello triziogeno, posto a circondare la camera di reazione, contenente composti del litio e materiali moltiplicatori di neutroni, quali il berillio o il piombo 2. 2. L uso di materiali moltiplicatori di neutroni si rende necessario per ottenere valori del breeding ratio T/n (definito come il rapporto tra nuclei di trizio prodotti nel mantello e neutroni emessi dal plasma, pari ai nuclei di trizio consumati), superiori all unità (T/n ~ 1.1) per assicurare l autosufficienza del reattore, compensare eventuali perdite di trizio e disporre di una scorta per avviare altri reattori. La moltiplicazione di neutroni è particolarmente efficiente in Pb e Be attraverso reazioni nucleari di tipo (n,2n). 29

Paola Batistoni, Aldo Pizzuto I combustibili sono dunque il deuterio e il litio, il prodotto finale è elio senza produzione di gas serra. Con il deuterio contenuto in 10 litri di acqua (0,255 g) e 0,765 g di 6 Li (circa 10 g di litio naturale) si ottengono circa 21.000 kwh tramite la reazione D+T (con un efficienza complessiva del reattore pari al 35%) ovvero l energia elettrica consumata da un cittadino italiano in circa 3 anni. L energia sviluppata per ogni grammo di materia reagente è equivalente a circa 5 tonnellate di petrolio. La fusione presenta vari elementi che la rendono molto interessante dal punto di vista della sicurezza e dell ambiente. Essi sono: piccola quantità di combustibile nella camera di combustione, che porta all arresto quasi immediato della generazione di potenza al momento della chiusura dell alimentazione del combustibile; prevalente produzione di isotopi a emissione gamma con tempo di decadimento relativamente breve, derivanti dall at- Rateo di dose per ingestione (Sv/h) 10 12 10 11 10 10 10 9 10 8 10 7 tivazione dei materiali del reattore indotta dai neutroni; bassa densità di potenza nel nocciolo del reattore; assenza di materiale fissile. I risultati degli studi europei su alcuni concetti di centrali a fusione [2] mostrano quanto segue: durante l operazione normale le dosi all esterno della centrale degli effluenti radioattivi atmosferici e acquosi (trizio e prodotti di attivazione) sono molto al di sotto dei livelli permessi; nel caso d incidente non c è possibilità di escursione incontrollata della potenza in quanto la reattività del plasma è limitata da processi intrinseci al sistema; le strutture interne della macchina non possono fondere anche in caso di incidente con perdita di ogni raffreddamento attivo conseguente a una perdita improvvisa di potenza (sicurezza passiva); il massimo incidente prevedibile di origine interna alla centrale condurrebbe a valori di esposizione del Fissione (PWR) Fusione (acciai a bassa attivazione) Ceneri di carbone 10 6 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 Tempo trascorso dallo spegnimento dell impianto (anni) Figura 6 Decadimento della radiotossicità per impianti a fissione (PWR) o fusione (strutture in acciaio a bassa attivazione) e raffronto con centrale a carbone, a parità di energia elettrica prodotta [3] 30

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER pubblico tali da non richiederne l evacuazione. Nelle centrali a fusione le scorie radioattive provengono dall'attivazione neutronica dei componenti del reattore e dalla presenza del trizio. La parte dominante della radioattività indotta dai neutroni è generata nei componenti che si affacciano alla camera di combustione e nel mantello. Questi componenti sono periodicamente sostituiti durante la vita della centrale mentre è previsto che altri componenti, quali la camera da vuoto e i componenti più esterni, restino per l'intero periodo operativo della centrale. Con l impiego di materiali opportuni a bassa attivazione, all'arresto della centrale a fusione la radiotossicità decade entro 100 anni a valori che sono da diecimila a centomila volte inferiori a quelli della fissione, e paragonabili a quella delle ceneri di una centrale a carbone (figura 6). Gli studi condotti su vari modelli di centrali a fusione [2] hanno mostrato che il costo diretto dell energia elettrica (quotazione 2004) varia tra 0,065 e 0,04 d/kwh, passando dai progetti di centrale più conservativi a quelli più avanzati. In tutti i casi, il costo capitale è la voce predominante, circa il 70%, cui contribuisce per circa il 40% il costo dei magneti, mentre le parti rimpiazzabili durante la vita della centrale rappresentano circa il 5%. I costi esterni dell energia da fusione sono molto bassi (0,25-0,06 dcents/kwh) e sono dominati da costi legati a parti convenzionali, in particolare a incidenti convenzionali durante la costruzione. Lo stato di avanzamento L energia da fusione ha conosciuto uno sviluppo sistematico a partire dai primi esperimenti significativi degli anni 60-70 del secolo scorso (figura 7). Il triplo prodotto ntτ E ha raggiunto il valore di 1,5 x 10 21 m 3 kevs. L operazione in DT, sperimentata nel Tokamak statunitense TFTR e in quello europeo JET, ha portato alla produzione rispettivamente di 11 MW e di 16 MW di potenza di fusione per alcuni secondi (1994, 1997). Le performance migliori sono ottenute con configurazioni magnetiche di tipo Tokamak sulla cui linea si colloca l attuale esperimento di punta, ITER. Tale sviluppo è stato reso possibile grazie ad un notevole miglioramento della comprensione della fisica del plasma e dallo sviluppo delle tecnologie. I progressi sono stati segnati in particolare da: la scoperta di regimi di plasma caratterizzati da un migliore isolamento termico grazie alla formazione di barriere al trasporto del calore al bordo del plasma (cosiddetti modi H, in cui il tempo di confinamento dell energia τ E è da due a tre volte più alto che nei regimi di plasma ottenuti precedentemente) e successivamente anche in zone più interne (regimi avanzati) (figura 8); Triplo prodotto ntτ E (m 3 s kev) 10 22 10 21 10 20 10 19 10 18 10 17 10 16 0.1 1 10 100 Temperatura degli ioni (kev) Figura 7 I valori del triplo prodotto nt E T in funzione della temperatura degli ioni ottenuti nei vari esperimenti di fusione nel mondo. La linea verde rappresenta la curva di breakeven (Q=1), e la zona gialla rappresenta la regione dei parametri del reattore 31

Paola Batistoni, Aldo Pizzuto Pressione del plasma 0 Modo H Modi avanzati Modo L Barriera al trasporto interna ELMs Raggio della colonna di plasma Barriera al trasporto al bordo Figura 8 Profili radiali della pressione di plasma nei regimi con confinamento dell energia migliorato la scoperta dei cosiddetti modi localizzati al bordo (ELMs) associati al modo H, cioè getti di particelle ed energia localizzati al bordo del plasma dovuti a processi di trasporto turbolento. Tali modi sono di particolare interesse per l operazione del reattore, perché permettono il controllo del carico della potenza che esce dal plasma sui componenti a ciò dedicati (divertore); la possibilità di generare configurazioni di plasma con una frazione molto elevata di corrente autoprodotta dal plasma stesso (fino a circa 80% della corrente totale). Tale corrente, detta di bootstrap, e apre la strada al funzionamento dei Tokamak in stato stazionario; la capacità di controllo delle performance del plasma (per es. stabilità, alta densità) attraverso l ottimizzazione della forma (tori con sezione trasversale allungata, triangolare ecc.); lo sviluppo e la prova di diversi modelli di divertori, cioè di componenti dedicati allo smaltimento delle particelle e del calore emessi dal plasma in grado di dissipare elevati flussi di potenza (dell ordine di 10 MW/m 2 in regime stazionario e fino a 20 MW/m 2 in fasi transienti in un reattore a fusione) senza perturbare il plasma, con l uso di diversi materiali per il rivestimento delle piastre (figura 9); lo sviluppo di efficienti sistemi di riscaldamento del plasma (sistemi a onde elettromagnetiche a radiofrequenza, sorgenti di ioni negativi per fasci di neutri); Figura 9 Sezione longitudinale della camera interna di un Tokamak e delle superfici magnetiche al bordo del plasma. Attraverso un opportuna configurazione del campo magnetico che separa il volume di confinamento del plasma dal volume esterno, le particelle che escono da tale volume sono convogliate su un componente dedicato, il divertore, collocato in una zona appartata della camera da vuoto, e in grado di dissipare la potenza associata alle particelle non confinate, senza perturbare il plasma 32

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER Figura 10 A sinistra: l interno di JET, con e senza plasma. A destra: Sezione di ITER con l indicazione dei materiali affacciati al plasma: berillio (Be) sulla prima parete, tungsteno (W) e compositi in fibre di carbonio (C) sul divertore. A causa dell elevata ritenzione di trizio da parte del C, quest ultimo potrebbe essere sostituito da W. In JET, la cui sezione è riportata per confronto, saranno utilizzati gli stessi materiali lo sviluppo di avanzati sistemi per il controllo in feedback delle instabilità del plasma, che consentono di raggiungere prestazioni migliorate e di terminare in modo controllato il plasma all insorgere di instabilità distruttive. Il Tokamak europeo Joint European Torus (JET), installato a Culham (Regno Unito), dove ha cominciato a funzionare nel 1983, rappresenta la facility più avanzata tra quelle attualmente disponibili. JET ha condotto esperimenti in DT e detiene il record di potenza di fusione prodotta. Attualmente sta giocando un ruolo di primaria importanza sia nella preparazione e ottimizzazione degli scenari di riferimento delle operazioni di ITER, sia per lo sviluppo dei regimi di funzionamento pienamente stazionari. Infatti il JET (figura 10), per le sue dimensioni (raggio maggiore del toro = 3 m, raggio minore = 1,2 m), per la configurazione del divertore, per la capacità di usare il trizio, per i sistemi ausiliari per il riscaldamento del plasma e la generazione di corrente, e per i sistemi di remote handling di cui è dotato, è la macchina esistente più vicina a ITER. Grazie alla flessibilità consentita dal progetto iniziale, JET è anche in grado di inglobare i più recenti sviluppi scientifici e tecnologici per sfruttare al massimo le potenzialità per il consolidamento di alcune scelte di progetto di ITER. Al di là di questi fatti particolarmente significativi, il progresso è stato segnato da un continuo miglioramento della comprensione della fisica del plasma e della capacità di modellizzazione e predizione, dalla messa a punto di metodi per il controllo della turbolenza e di vari modi di operazione ad alte performance (scenari) con l uso crescente di mezzi di controllo attivi. Tutto ciò rappresenta la base fisica su cui si è fondato il progetto di ITER e che permette di estrapolare dagli esperimenti attuali a ITER con un elevato livello di confidenza (figura 11). Sulla base del complesso delle acquisizioni fin qui ottenute a livello internazionale, i Paesi impegnati nello sviluppo della fusione hanno concordato di collaborare 33

Paola Batistoni, Aldo Pizzuto Tempo di confinamento dell energia misurato (s) 10 1 0.1 0.01 0.001 0.001 0.01 0.1 1 10 Tempo di confinamento dell energia calcolato (s) Figura 11 Il tempo di confinamento dell energia misurato in vari Tokamak, in funzione del tempo di confinamento dell energia calcolato sulla base di una legge semiempirica (ITER 89-P). Si noti l estensione dei dati sperimentali su tre decadi, e l estrapolazione di circa un fattore 3 a ITER alla costruzione di ITER: un reattore sperimentale progettato in modo da poter costituire l unico passo intermedio prima della realizzazione di un reattore dimostrativo in grado di generare energia elettrica da fusione (DEMO). La costruzione di ITER è iniziata nel corso del 2007 nel sito europeo di Cadarache (Francia). L esperimento internazionale ITER ITER (figura 12), dal latino via, è stato progettato nell ambito di una collaborazione internazionale da Europa, Giappone, Stati Uniti e Russia, a cui più recentemente hanno aderito anche Cina, India e Corea. La proposta della macchina fu avanzata nel 1985, seguita immediatamente da una attività di progettazione concettuale. A quel tempo, dopo l entrata in funzione di JET, l Europa aveva condotto con un certo impulso il proprio progetto successivo a JET (NET, Next European Torus), con gli obiettivi di realizzare un plasma prossimo all ignizione e provare mantelli triziogeni. NET era giunto ad una fase avanzata di progettazione quando l Europa aderì alla collaborazione internazionale per ITER, nel quale NET fu in buona parte traghettato. Verso la fine della fase di progettazione di dettaglio di ITER, conclusasi nel 1998, apparivano chiare le difficoltà di ottenere le risorse necessarie per procedere alla costruzione della macchina. Si avviò quindi un processo di revisione del progetto al fine di ridurre i costi ridimensionando i parametri e le performance del plasma senza tuttavia dover rinunciare agli obiettivi di fondo del progetto. Il nuovo disegno della macchina [3] fu concordato nel 2001, con i seguenti obiettivi: ottenere un guadagno di potenza Q 10 in un plasma induttivo (in cui la corrente nel plasma è indotta dal trasformatore), per tempi sufficientemente lunghi (400 s). Dimostrare Q 5 in cicli operativi lunghi fino, se possibile, all operazione stazionaria, ed esplorare le condizioni di ignizione controllata; integrare le tecnologie essenziali per il reattore a fusione (magneti superconduttori, telemanipolazione), provare componenti del reattore a fusione (divertore) e moduli di mantello triziogeno per DEMO. Nel novembre del 2006 i rappresentanti dei sette Paesi promotori e finanziatori di ITER siglarono l accordo per la costruzione della macchina, dopo una lunga fase di trattative durata quasi 6 anni. ITER ha dimensioni lineari doppie rispetto a JET (raggio maggiore = 6 m, raggio minore = 2 m), produrrà 500 MW di potenza di fusione, ed è la prima macchina avente per obiettivo la produzione di energia da fusione, in condizioni in cui predominerà il riscaldamento del plasma da parte 34

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER Figura 12 Il reattore sperimentale ITER (raggio maggiore del plasma: 6,2 m, raggio minore: 2 m). Partendo dall interno: i moduli del mantello schermante, la camera da vuoto con, in basso, il divertore, le bobine del magnete toroidale (superconduttore in Nb 3 Sn). Al centro il solenoide centrale (superconduttore in Nb- Ti). Nello spaccato, a destra, si vedono le finestre di accesso attraverso la camera da vuoto, per l alloggiamento dei sistemi di riscaldamento e di generazione della corrente, dei sistemi diagnostici e delle pompe per la creazione del vuoto. La macchina è contenuta in un criostato alto 24 m e di 28 m di diametro, e racchiusa in uno schermo biologico Il progetto di ITER si è basato sull impiego di tecnologie provate o di prototipi, in molti casi in scala reale, per i componenti con maggiore contenuto innovativo e/o critici. A questo riguardo, le sfide più importanti sono state: la realizzazione dei superconduttori in Nb 3 Sn per il magnete del campo toroidale e in NbTi per il solenoide centrale, di dimensioni e prestazioni senza precedenti. Durante la fase di R&S e progettazione di ITER, è stata sviluppata la tecnologia necessaria per la produzione dei filamenti, del cavo, del condotto, delle giunzioni, per gli avvolgimenti e per la realizzazione delle bobine. Sono stati realizzati prototipi in scala 1:3 del solenoide centrale e 1:5 della bobina del magnete del campo toroidale (figura 13), e ne sono state provate le prestazioni nei regimi richiesti per ITER (40 ka a 13 T e 80 ka a 6 T, rispettivamente). La produdei nuclei di elio prodotti dalle reazioni di fusione rispetto a quello generato dai sistemi esterni. L impianto è dimensionato per generare alcune migliaia di impulsi all anno e verificare le soluzioni oggi ritenute idonee a sperimentare le tecnologie essenziali per una centrale a fusione, in particolare l uso di superconduttori per il sistema magnetico (necessario per limitare la dissipazione di potenza), il riscaldamento del plasma e il suo controllo con potenza ausiliaria, in modo da provare condizioni per il plasma tali da realizzare cicli operativi lunghi fino, se possibile, all operazione stazionaria, lo smaltimento dell energia generata e del combustibile bruciato e il recupero del trizio, il controllo del funzionamento e la sicurezza operativa. Il programma della sperimentazione è definito per 10 anni con un estensione di altri 10 anni per l esplorazione della fase stazionaria. 35

Paola Batistoni, Aldo Pizzuto Figura 13 Prototipo della bobina del magnete del campo toroidale di ITER (scala 1:5) zione di 29 tonnellate di Nb 3 Sn ITER grade in questa fase, ha permesso di dimostrare e qualificare la capacità produttiva dell industria in vista della costruzione della macchina; la messa a punto, con la realizzazione di prototipi, della tecnologia di fabbricazione della camera da vuoto (composta da 9 settori alti 15 m e larghi 9 m) con particolare riguardo alla precisione, alle saldature e alla fattibilità delle tolleranze richieste; lo sviluppo di soluzioni per lo smaltimento di un elevato flusso di calore sulle piastre del divertore. Sono state sviluppate tecnologie ad hoc e sono stati realizzati prototipi in scala reale per le soluzioni adottate, basate sull impiego di tubi in lega di rame (scambiatori di calore) protetti da piastre di tungsteno e composti in fibra di carbone (materiali sacrificali resistenti alle alte temperature) con un buon contatto termico con il tubo stesso; la dimostrazione, con l utilizzo di prototipi, della manipolazione remota dei componenti interni alla camera da vuoto, cioè i moduli di mantello e il divertore. L intervento in caso di guasto di tali componenti (per tagli, rimozione, sostituzioni, saldature), richiede la manipolazione a distanza per via dell attivazione della macchina; lo sviluppo di sistemi di riscaldamento e di generazione di potenza con caratteristiche, imposte dai parametri di plasma di ITER, significativamente più avanzati rispetto a quelli già in uso nelle macchine esistenti. Su ITER, infatti, saranno installati due iniettori di fasci di neutri, ciascuno con potenza pari a 16,5 MW per 3.600 s, con 40 A di corrente, ed energia del fascio pari a 1 MeV, per poter depositare energia fino al centro del plasma (per confronto, gli attuali iniettori forniscono potenze di alcuni MW con energie inferiori a 500 kv e con durata di alcuni secondi). Il sistema di riscaldamento e generazione di corrente basato su onde elettromagnetiche a radiofrequenza ha richiesto lo sviluppo di sorgenti ad alta potenza (2 MW cw) ed alta frequenza (170 GHz). La definizione del progetto ITER ha catalizzato negli ultimi 15 anni l impegno di tutti i laboratori e gruppi di ricerca sulla fusione dei Paesi partner. I costi di costruzione (che richiederà circa 10 anni) sono stimati in circa 5 miliardi di d a valuta 2002. I partner contribuiranno in kind per il 90% del costo totale, cioè con la fornitura di componenti realizzati direttamente dai partner stessi. Un ulteriore 10% sarà fornito in cash e sarà gestito direttamente da ITER. L Europa, attraverso l Agenzia Fusion for Energy istituita appositamente per questo scopo, contribuirà alla realizzazione per circa il 45% del costo e, parallelamente, promuoverà e metterà in atto un pro- 36

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER gramma di ricerca sulla fisica e l ingegneria del plasma e di sviluppo tecnologico fortemente orientati al successo di ITER e ad accelerarne il risultato. L attività sperimentale sulle macchine operanti in Europa e la programmazione di aggiornamenti o costruzione di nuovi esperimenti sarà rivista ed allineata a questo obiettivo. Oltre all accordo ITER, Europa e Giappone hanno firmato un accordo bilaterale di collaborazione più ampia (Broader Approach) per lo svolgimento di attività finalizzate a preparare la costruzione del reattore dimostrativo DEMO. L avvio della costruzione di ITER costituisce un punto di svolta per il programma a livello mondiale, da un lato per l avvio della fase di realizzazione, dall altro per la definizione del nuovo Next Step, cioè DEMO. La collaborazione internazionale sviluppata per ITER continuerà sul piano della ricerca, ma è probabile che il successivo passo vedrà lo sviluppo competitivo di più macchine ad opera di alcuni dei Partner. È interessante sottolineare che recentemente la Corea, la Cina e l India hanno potenziato notevolmente i rispettivi programmi sulla fusione, e i relativi investimenti, con la costruzione di varie macchine sperimentali. Questi Paesi, che vedono una rapidissima crescita della domanda di energia, si rivolgono alla fusione con strategie di sviluppo estremamente aggressive, nell ambito delle quali la partecipazione al progetto internazionale ITER è vista come un passo fondamentale per acquisire esperienze da mettere a frutto nelle attività domestiche in vista di un rapida realizzazione dell energia da fusione. La Roadmap europea Nel 2001, su richiesta della Presidenza dell Unione Europea, un gruppo di esperti elaborò una proposta di programma verso lo sfruttamento commerciale della fusione [4] che, con successivi aggiornamenti, è divenuta la Roadmap di riferimento per l U- nione Europea (figura 14). Tale programma prevede alcuni passi fondamentali, di cui il primo è costituito dalla costruzione e l operazione del reattore sperimentale ITER che dovrà fornire in un tempo relativamente breve le risposte cruciali per la definizione dei parametri per il reattore dimostrativo DEMO. Il passo successivo, DEMO, dovrà sperimentare tutte le operazioni di una centrale di potenza a fusione, in particolare la produzione continua di energia, con conversione in elettricità, e produzione, recupero e riciclo del trizio necessario per l autosostentamento del reattore, con un funzionamento quasi-stazionario per lunghi periodi con metodi non induttivi. La realizzazione di centrali commerciali richiederà, inoltre, un attività per lo sviluppo di materiali idonei e per la relativa fabbricazione industriale. Da un lato, tali materiali debbono presentare caratteristiche di bassa attivazione indotta da neutroni in modo da non richiedere la necessità di depositi geologici permanenti in sito profondo: a questo riguardo, il programma fusione si è dato l obiettivo di realizzare e utilizzare materiali riciclabili nell arco di circa un secolo. In termini economici, gli stessi materiali debbono presentare caratteristiche di resistenza per tempi sufficientemente lunghi (almeno circa 5 anni per i mantelli triziogeni) nei flussi neutronici tipici del reattore prima di essere sostituiti, in modo da non pesare negativamente né sui costi di investimento né sulla disponibilità del reattore stesso. L Europa ha prodotto l acciaio martensitico Eurofer come materiale di riferimento per DEMO, le cui caratteristiche di bassa attivazione (figura 15) sono ottenute sostituendo gli elementi di lega ad alta attivazione, quali Ni, Mo e Nb, con W, V e Ta. Più a lungo termine, le fibre in carburo di silicio (SiC f /SiC) sono considerate il materiale più promettente per l impiego nel reattore a fusione per l elevata temperatura di lavoro (fino a 1100 C), per le caratteristiche di bassa attivazione, la 37

Paola Batistoni, Aldo Pizzuto Figura 14 Programma europeo di riferimento della fusione compatibilità con altri materiali e la resistenza a shock termico. Attualmente, questi materiali sono in fase di caratterizzazione in impianti a fissione con risultati alquanto promettenti. Tuttavia, la qualificazione dei materiali richiederà prove in una sorgente intensa di neutroni che simuli l effettivo spettro in energia dei neutroni di fusione 3. Tale impianto, chiamato IFMIF (International Fusion Material Irradiation Facility), è in corso di progettazione e la realizzazione dei prototipi dei componenti principali è prevista entro 6 anni, nel quadro dell accordo bilaterale Broader Approach fra Europa e Giappone. IFMIF produrrà oltre 10 17 neutroni/s attraverso il bombardamento di un bersaglio di litio metallico in movimento con nuclei di deuterio ad alta energia (40 MeV) accelerati in due acceleratori lineari, con 125 ma di corrente ciascuno. Nell ultimo decennio sono stati condotti vari studi per valutare gli aspetti di sicu- rezza, impatto ambientale e economicità della fusione, al fine di meglio indirizzare il programma. Il cosiddetto European Power Plant Conceptual Study (PPCS) [2], durato 3 anni e condotto con il coinvolgimento di buona parte della comunità scientifica, ha studiato quattro diversi modelli di reattori commerciali, tutti basati sul concetto Tokamak e su estrapolazioni di JET e ITER. Di questi, due richiedono sviluppi di tecnologie ed estrapolazioni dei regimi di plasma limitati rispetto a ITER e realizzabili a breve termine in DEMO, mentre gli altri si basano su concetti tecnologicamente più avanzati. I modelli a breve termine sono così caratterizzati: a. Helium Cooled Pebble Bed (HCPB) in questo concetto, il materiale triziogeno è litio ceramico (l opzione di riferimento prevede Li 4 SiO 4 ) in forma di sfere di diametro dell ordine del millimetro (pebbles), mentre il moltiplicatore neutronico è berillio, anch esso in forma di peb- 3. I neutroni prodotti nella reazione D+T hanno energia (14 MeV) significativamente più alta di quella dei neutroni da fissione (circa 1-2 MeV). Nei materiali impiegati nel reattore a fusione, i neutroni di più elevata energia danno luogo ad una produzione di gas idrogeno e elio (attraverso reazioni nucleari (n,p) e (n,α)) circa 100 volte più elevata a parità di flusso neutronico, causandone la degradazione delle proprietà fisiche e meccaniche in misura superiore rispetto al caso della fissione. 38

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER 10 5 Figura 15 Sopra: acciaio a bassa attivazione Eurofer 97 sviluppato in Europa come materiale strutturale per DEMO. A destra: il rateo dose gamma calcolato per vari acciai a bassa attivazione, risultante dall esposizione al flusso neutronico per 5 anni sulla prima parete del reattore a fusione: MA- NET ( 85, Europa), OPTIFER (1990 Europa) F82H ( 95, Giappone), Eurofer-97 (1997). La differenza tra Eurofer-97 e F82H è dovuta principalmente al contenuto di impurità di Niobio (0.001% in Eurofer-97, 0.0001% in F82H). Eurofer ref. rappresenta l obiettivo da raggiungere (Nb < 0.000001%). Rateo di dose gamma a contatto (Sv/h) 10 4 10 3 10 2 10 1 10 0 10-1 10-2 10-3 10-4 10-5 10-6 10-7 MANET OPTIFER EUROFER-97 P82H-mod EUROFER ref. Fe 10-3 10-2 10-1 10 0 10 1 10 2 10 3 10 4 10 5 10 6 Tempo trascorso dall irraggiamento (anni) 93 Nb(n,γ) 94 Nb (0.001% 93 Nb) I due concetti HCPB e HCLL (figura 16) saranno provati in ITER, insieme ad altri concetti sviluppati dagli altri partner. I moduli di prova da installare in ITER saranno realizzati incorporando le tecnologie richieste per il successivo funzionamento in DE- MO. Le prove in ITER permetteranno di verificare le performance dei mantelli e la loro operabilità in presenza di campo magnetico, di flusso di calore dalla prima parete e di instabilità di plasma. Per ciascuno dei modelli, sono stati valutati gli aspetti di sicurezza, impatto ambientale ed economicità, già riportati precedentemente, i quali dipendono prevalentemente dai materiali utilizzati e dal grado di maturità delle tecnologie adottate. Il coinvolgimento dell industria dovrebbe progressivamente crescere durante la fase di realizzazione di ITER ed IFMIF, per dibles. L estrazione del trizio generato dai letti di pebbles di litio ceramico avviene mediante purging di elio a pressione poco più che atmosferica e a portata relativamente bassa. L asportazione della potenza termica generata nel mantello ha luogo mediante elio ad alta pressione fluente attraverso piastre di refrigerazione che delimitano i letti di pebbles; b. Helium Cooled Lithium Lead (HCLL) il materiale triziogeno ed il moltiplicatore neutronico sono uniti in un unico materiale, la lega di litio-piombo in composizione eutettica (Li al 15,6% at), fusa e fluente a bassa velocità attraverso le piastre di refrigerazione in cui scorre elio, nelle stesse condizioni di pressione del concetto HCPB. L estrazione del trizio generato nella massa di metallo liquido avviene esternamente al reattore. 39

Paola Batistoni, Aldo Pizzuto Figura 16 Moduli di mantello triziogeno per DEMO (progetti europei) A sinistra: struttura comune in Eurofer che include la prima parete e la griglia per l alloggiamento delle unità triziogene. A destra, in alto: unità triziogena relativa al concetto HCPB, con i due letti di Li 4 SiO 4, immersi in berillio; in basso: unità relativa al concetto HCLL, con le piastre di refrigerazione in Eurofer lungo i quali viene fatto circolare il LiPb venire determinante nella progettazione e realizzazione di DEMO. Esso dovrebbe consentire, in una successiva fase di sfruttamento commerciale, di affrontare aspetti come affidabilità, operabilità, facilità di manutenzione, disponibilità, cioè di economicità della fusione. Il ruolo dell Italia L Associazione italiana per la fusione è rappresentata dall ENEA (Associazione Euratom ENEA sulla fusione) in qualità di coordinatore nazionale e include, oltre all ENEA, il Consorzio RFX e l Istituto di Fisica del Plasma del CNR (IFP-CNR) di Milano. Altri partner sono il Consorzio CREATE (Consorzio di Ricerca per l'energia e le Applicazioni Tecnologiche dell'elettromagnetismo), il Politecnico di Torino e le Università di Catania e Roma II Tor Vergata. L Italia conduce attività di fisica della fu- sione con due grandi impianti per la fusione a confinamento magnetico, oltre all impianto laser ABC per quella a confinamento inerziale. Altrettanto rilevante è l attività di ricerca e sviluppo delle varie tecnologie specifiche della fusione. Nel Centro dell ENEA di Frascati opera dagli inizi degli anni 90 il Tokamak denominato Frascati Tokamak Upgrade (FTU, figura 17) che consente di studiare plasmi a campi magnetici medio alti e ad alta densità, di interesse per ITER. Nella linea dei concetti alternativi, in collaborazione con l esperimento MAST della UKAEA (Regno Unito), è in via di realizzazione un esperimento (Multipinch) nell ambito del progetto del Tokamak sferico Protosphera che si propone di investigare le proprietà dei Tokamak sferici, privi di trasformatore centrale. Oltre alla sperimentazione sugli impianti e alla partecipazione all esperimento JET, si conducono attività rilevanti di studi di fisi- 40

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER getto ITER e Broader Approach. IFP-CNR a Milano è attivo nella fisica del plasma di laboratorio, in particolare per ciò che riguarda l'interazione di onde elettromagnetiche con il plasma. L IFP-CNR collabora da anni con ENEA sullo sviluppo, sperimentazione e gestione del sistema ad onde millimetriche di grande potenza usato per riscaldare e stabilizzare il plasma su FTU. Parallelamente, l Italia è stata protagonista nella partecipazione al programma tecnologico per ITER e per DEMO. Fino dagli anni 80, nei laboratori ENEA di Frascati sono state sviluppate tecnologie per la fusione, privilegiando le linee basate sulle conoscenze più consolidate all'interno dei laboratori e, al tempo stesso, passibili di un robusto coinvolgimento dell'industria nazionale anche per applicazioni più vaste di quelle specifiche della fusione. Le linee sviluppate sono state, in particolare, la superconduttività, i materiali, l ingegneria elettrica ed elettronica la manutenzione remota, le alimentazioni di potenza, la neuca teorica e simulazioni numeriche dei plasmi, con particolare riguardo alla teoria della microturbolenza nel plasma, all analisi lineare e non lineare delle fluttuazioni magneto-idrodinamiche in presenza di riscaldamento ausiliare, all analisi predittiva del trasporto del calore finalizzata all ottimizzazione della performance, all analisi dettagliata del riscaldamento con microonde e analisi degli effetti collettivi indotti dagli ioni energetici così generati. Il Consorzio RFX, con sede a Padova, costituito da ENEA, CNR, Università, Acciaierie Venete SpA, conduce l esperimento RFX (macchina toroidale con configurazione Reversed Field Pinch), e attività tecnologiche, in particolare sulle alimentazioni elettriche e gli iniettori di fasci di particelle energetiche per il riscaldamento del plasma. Recentemente, anche l INFN è entrato tra i soci del Consorzio RFX, per apportare le sue specifiche competenze nel settore degli acceleratori di particelle, in vista delle nuove realizzazioni previste dal pro- Figura 17 Il Frascati Tokamak Upgrade (FTU, raggio maggiore 0,93 cm, raggio minore 0,33 cm), operante nel Centro ENEA di Frascati, è la macchina per la fusione operante al più alto campo magnetico (8T) e consente di studiare plasmi in condizioni fisiche non realizzabili in altre macchine e di interesse per ITER 41

Paola Batistoni, Aldo Pizzuto Figura 18 Cavo di Nb 3 Sn per i magneti superconduttori di ITER sviluppato in collaborazione tra ENEA e LU- VATA di Fornaci di Barga (Lucca) Figura 19 Prototipo a media scala del pannello verticale del divertore di ITER, realizzato con tegole in tungsteno (parte piana) e composto in fibra di carbonio (parte curva) realizzato nell ambito di una collaborazione tra ENEA e ANSALDO Ricerche Genova tronica e dati nucleari, la tecnologia dei metalli liquidi, il ciclo del combustibile, la sicurezza. A partire dagli inizi degli anni 90 del secolo scorso, il coinvolgimento del Centro ENEA del Brasimone, dotato di un notevole parco di impianti e dispositivi sperimentali, ha permesso di avviare con notevole impulso attività di caratterizzazione sperimentale e supporto allo sviluppo dei mantelli triziogeni e dei componenti affacciati al plasma. La nuova fase avviata dall accordo internazionale per la realizzazione di ITER e da quello bilaterale Europa-Giappone per le attività di Broader Approach ad esso collegate, ha portato recentemente alla ridefinizione del programma italiano durante il decennio della costruzione di ITER. Tale programma prevede, in primo luogo, la partecipazione alla costruzione di ITER mediante una qualificata presenza di ricercatori e tecnici italiani nelle organizzazioni preposte alla realizzazione (ITER, Fusion for Energy), e il supporto al sistema industriale italiano per la realizzazione delle forniture ad ITER. L Italia, infatti, punta ad acquisire circa il 20% delle commesse europee, in particolare per la fornitura di magneti superconduttori, componenti esposti ad elevati flussi di calore, componenti meccanici di grandi dimensioni ad elevata precisione, sistemi per controllo e telemanipolazione, sistemi di riscaldamento ausiliari e diagnostici, elettronica di potenza. Una parte delle attività vedrà coinvolti anche i settori più tradizionali, come ad esempio l edilizia e la relativa impiantistica. I laboratori di ricerca italiani, d altra parte, contribuiranno con lo sviluppo, progettazione e realizzazione di componenti ad alto contenuto scientifico e tecnologico, quali il divertore, alcuni sistemi diagnostici e di riscaldamento del plasma, i moduli di prova di mantelli triziogeni, i sistemi di visione interna, i sistemi di controllo e di telemanipolazione. L Italia continuerà a fornire un sostanziale supporto alla realizzazione di ITER nel campo delle analisi neu- 42

Energia dalla fusione magnetica. Il progetto ITER Figura 20 FAST (Fusion Advanced Studies Torus, raggio maggiore 1,82 m, raggio minore 0,64 m) è un Tokamak proposto da ENEA e dagli enti e gruppi universitari che fanno parte dell Associazione Euratom ENEA come esperimento ad altissime prestazioni di accompagnamento a ITER blaggio del bersaglio, di sperimentazione sulla corrosione-erosione da litio dei materiali strutturali del bersaglio e del circuito che lo contiene, nonché sulle tecnologie di controllo e di monitoraggio delle impurità del litio stesso. Poiché le macchine sperimentali attualmente in operazione in Europa risulteranno obsolete al momento dell avvio della sperimentazione in ITER, si renderà necessario costruire nuove macchine con missioni complementari per il migliore sfruttamento di ITER e l'implementazione della Roadmap verso DEMO. In questo contesto si inserisce la proposta italiana di un esperimento studiato per contribuire in modo efficace a tali missioni. La macchina, denominata FAST (figura 20), proposta da tutti i gruppi di ricerca dell Associazione Euratom ENEA, rappresenterà non solo il punto di riferimento della sperimentazione per l Italia ma anche per gli atri laboratori europei. FAST si propone come esperimentroniche, elettromagnetiche e strutturali, e della sicurezza. Il Consorzio RFX dovrà realizzare il laboratorio di prova dell iniettore di fasci neutri per ITER dove verranno provati in maniera integrata componenti quali la nuova sorgente a radiofrequenza di ioni negativi, l acceleratore, il neutralizzatore e il separatore di ioni residui. Nel quadro del Broader Approach, l ENEA e il Consorzio RFX parteciperanno alla progettazione e realizzazione di parte del magnete del campo toroidale e del sistema di alimentazione del Tokamak giapponese satellite di ITER (JT-60SA). I laboratori INFN di Legnaro parteciperanno alla realizzazione dell acceleratore a radiofrequenza dell impianto IFMIF. Sempre nell ambito del progetto IFMIF, ENEA coordinerà le attività di sviluppo e progettazione di uno dei concetti di riferimento del bersaglio di litio; inoltre condurrà attività sperimentali di movimentazione remotizzata e assem- 43