IL VIAGGIO. Da Los Angeles a San Francisco, da Washington DC a New York City



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IL VIAGGIO Da Los Angeles a San Francisco, da Washington DC a New York City Un po guida, un po diario ma soprattutto il ricordo di un esperienza meravigliosa

IL VIAGGIO Da Los Angeles a San Francisco, da Washington DC a New York City Un po guida, un po diario ma soprattutto il ricordo di un esperienza meravigliosa 2 /22 agosto 2012

Come ci è venuto in mente Idealmente è iniziato tutto ben più di un anno fa, cioè da quando, sul finire del 2011, abbiamo cominciato a muovere i primi passi concreti. Benchè l America fosse un mio sogno fin da giovanissimo, è stata mia moglie, Veruscka, a sostenere con grande determinazione il progetto: Per i nostri 40 anni faremo il viaggio in America -ha cominciato a ripetere, credo nel 2010. Vabbè, poi vedremo -è stata sempre la mia risposta, pensando a tutti i problemi che avremmo dovuto affrontare, cominciando dalle mille preoccupazioni per i bambini che poi si sono rivelate quelle più inutili in assoluto, perchè finora non ho ancora visto un posto al mondo dove la vita dei bambini sia più facile, divertente e coinvolgente che negli Usa. Almeno da turisti. La scadenza fissata si avvicinava e al rientro dalle ferie 2011, bellissime, sull isola di Minorca, all insegna della nostra ricetta classica fatta di sole, tanto mare e qualche gita esplorativa del luogo, Veruscka è tornata all attacco col suo progetto cominciando a dettare i tempi: Verso Natale bisogna cominciare a preparare il viaggio. Devo ammettere che il vedere mia moglie così convinta e determinata su questo progetto di viaggio mi ha aiutato a superare diverse perplessità residue, così ho iniziato qualche sondaggio tra amici che in America c erano già stati. Poi c è Internet, che è una risorsa infinita di notizie, suggerimenti, proposte, offerte, ma che spesso rischia di confondere notevolmente le idee arrivando a creare quasi uno stato di angoscia con la paura di sbagliare nella scelta tra migliaia di possibilità. E per questo che mi sento moralmente in dovere di ringraziare lo staff e i visitatori del sito www. vacanzeinamerica.it, del relativo forum, ed in particolare dell ideatore e coordinatore, Marco Vincenzoni, che ho contattato tramite e-mail e

Skype e ci ha seguito passo dopo passo nella costruzione del nostro viaggio, rendendosi disponibile per un paio di indicazioni, anche nel corso del viaggio stesso. Se avete in mente di affrontare per la prima volta un viaggio negli Usa, dovete assolutamente fare prima un salto su questo sito. Noi il primo salto lo abbiamo fatto, appunto, nel periodo delle vacanze di Natale 2011. Prima ci siamo dati l obiettivo minimo di questa vacanza: vedere almeno i fondamentali, partendo dal presupposto che Chissà e quando ci torneremo. Naturalmente il viaggio si è concluso con l impegno: Dobbiamo tornarci assolutamente e al più presto!. Avendo a disposizione per le vacanze esclusivamente il mese di agosto, mese dannato per chi viaggia, ormai in tutto il mondo, siamo partiti con il giusto anticipo e i benefici di questa scelta ci sono apparsi chiarissimi qualche mese dopo quando, ricontrollando per curiosità voli e hotel, ci siamo resi conto non solo che i prezzi erano aumentati sensibilmente ma che, in molti casi, non c erano più disponibilità per il mese di agosto. La prima prenotazione, quella per il viaggio aereo di andata, è stata effettuata il 5 gennaio 2012 e fissava il primo paletto della nostra avventura, ovvero data della partenza: 2 agosto 2012. Per fissare giorni e luoghi per l arrivo e la partenza negli e dagli Usa, sono iniziate le prima consultazioni via mail con Marco al quale abbiamo sottoposto alcune bozze di programma, da lui adeguatamente corrette per ottimizzare gli spostamenti e suggerire itinerari migliori. Così, dopo una serie di ritocchi e valutando anche le opportunità offerte dalle compagnie aree nostro viaggio ha cominciato a delinearsi con maggiore precisione: sarebbe iniziato il 2 agosto a Los Angeles per terminare il 21 sera a New York, con rientro su Verona, per una questione di coincidenze di voli più favorevoli rispetto a Milano. Caricando a dovere la Postepay (in attesa di procurarci una vera e propria carta di credito, indispensabile negli Usa), abbiamo dunque acquistato, nell ordine, i biglietti aerei di andata e ritorno (Air Berlin, con scalo a Dusseldorf, 1800 euro l andata, 1200 il ritorno, per tutti e 4), l assicurazione medica, importante in ogni viaggio all estero, ma assolutamente indispensabile negli Usa (Columbus direct, 280 euro) e il visto elettronico (Esta) per l ingresso negli Stati Uniti, che viene rilasciato in

tempo reale via Internet pagando 14 dollari a testa e ha validità 2 anni. Avevamo quindi l inizio e la fine del nostro viaggio, ora occorreva riempire i 20 giorni compresi tra le due date. La scelta degli alberghi è operazione tutt altro che banale, non solo perchè naturalmente si deve fare attenzione a non finire in un postaccio, con camera troppo piccola o peggio sporca o con la mancanza di servizi importanti (e tra questi oggi direi che bisogna inserire assolutamente la connessione Internet gratuita, oltre per esempio al parcheggio per l auto), ma anche per trovarli in posizione strategica sulla base del programma degli spostamenti. Bisogna infatti tenere presente un elemento fondamentale: le distanze negli Stati Uniti sono enormi. Non c è niente che sia vicino a qualcos altro. L hotel nel posto giusto consente di non perdere tempo e non affaticarsi inutilmente nei trasferimenti. Anche qui l esperienza di Marco e degli amici del Forum si è rivelata fondamentale, perchè da solo non mi sarebbe mai venuto in mente di prendere un hotel a Lone Pine e uno a Oakhrust, ma appena ci sono arrivato mi sono ben reso conto di quanto sia stato importante averli presi proprio lì e non altrove. Nel nostro viaggio abbiamo attraversato la California, compiendo il tragitto Los Angeles-San Francisco, passando prima da Las Vegas (fortissimamente sponsorizzata da Marco, anche per questo merita un grazie), poi in volo sull altra costa per visitare Washington DC e New York. Ecco come è andata.

Arrivo a Los Angeles Il nostro ingresso negli Usa Ottima la scelta di viaggiare di giorno: per quanto la compagnia area sia stata eccellente e prodiga di attenzioni, 11 ore e mezza di volo sono davvero tantissime (e non conto nemmeno l ora e mezza della tratta Milano-Dusseldorf, praticamente una passeggiata). Considerando che ci siamo svegliati alle 4,45 e che alle 6 eravamo già in aeroporto a Malpensa, siamo arrivati sfiniti, anche per via del nostro primo jet-lag: partiti alle 8,45 da Malpensa, siamo atterrati a Los Angeles alle 16,30 (ora locale) quando però il nostro orologio biologico segnava la 1,30 di notte. In una situazione del genere diventa importante raggiungere il prima possibile un letto per riuscire a dormire in orario serale ed essere così pronti per la mattina successiva. Il primo approccio con gli Usa è stato il poliziotto della dogana che, pur dispensando sorrisi e saluti simpatici ai bambini, ha voluto comunque le impronte di tutte le nostre 10 dita, una fotografia scattata al momento e la dichiarazione firmata e ripetuta a voce di essere arrivati lì per turismo e di voler tornare a casa dopo 21 giorni (oltre naturalmente a quelle di non essere terroristi e di non occuparci di traffici illeciti). Ma questo, in

un Paese serio e che sa farsi rispettare, ci sta. Questo atteggiamento non mi ha provocato fastidio, ma al contrario mi ha trasmesso un senso di sicurezza. Alla fine (20 minuti tra coda e pratiche), ci siamo salutati con sorrisi reciproci. Molto meno divertente l incontro con il noleggiatore di auto, probabilmente l unica categoria di americani veramente antipatici, magari non per colpa loro ma per il mestiere che devono fare. Dunque, bisogna tenere presente che questi tizi hanno come mission quella di riuscire a spillarvi un po quattrini in più di quelli che avete già speso effettuando la prenotazione on-line dell auto. Per prima cosa vi diranno che l auto scelta è troppo piccola e assolutamente inadatta a trasportare voi e il vostro bagaglio. Ve lo diranno comunque, anche se avete scelto un astronave per viaggiare da soli. Ma se questo primo tentativo dovesse riscontrare convinte resistenze da parte vostra, allora passeranno alla seconda fase del loro sporco lavoro, trasformandosi in veri e propri menagrami e sostenendo che al vostro contratto mancano tutta una serie di garanzie assicurative, che loro ritengono assolutamente indispensabili, tipo quella per la caduta di un meteorite e altre cose del genere. Se, come immagino, avete già ponderato accuratamente la scelta di auto, eventuali optional e coperture assicurative al momento della prenotazione da casa, magari, come nel nostro caso, tre o quattro mesi prima, bisogna riuscire ad opporsi ad ogni ostinato tentativo, rifiutando di premere il tasto I agree sul display che insistentemente vi viene messo sotto il naso, almeno fino a quando il totale richiesto non sarà uguale a 0 Usd (perchè avete già pagato tutto prima). Ottenuta finalmente la chiave dell auto (Una Ford Escape rosso metallizzato, bellissima e comodissima per viaggiare in 4 con tutti i bagagli, 441 euro per un noleggio di 9 giorni, ritiro a Los Angeles e consegna a San Francisco, con navigatore Gps e pieno carburante compresi), siamo finalmente pronti per infilarci nel traffico e raggiungere la prima meta, il Quality Inn near Walk of Fame (269 euro per due notti in 4 prima colazione inclusa). L impatto con il breve tratto di autostrada a 5 corsie per senso di marcia mette un po di panico ma, con un bel respiro profondo, si può proseguire tranquilli, tenendo sempre d occhio i limiti di velocità che negli Stati Uniti sono veramente bassi.

L hotel suggerito da Marco si distingue soprattutto per la posizione strategica, come dice il nome, a pochi passi dalla Walk of fame. L ambiente non è il massimo (alla fine risulterà il più scarso degli 8 hotel cambiati) ma c è comunque tutto quel che serve, compresa una piccola piscina, che in agosto con 35 gradi, si è fatta apprezzare. Due notti a Los Angeles mi sono sembrate la scelta giusta, con il tempo per visitare praticamente tutto il necessario. Los Angeles non ha un vero e proprio centro, almeno come lo intendiamo noi: è un agglomerato di quartieri che sembra infinito, le strade sono lunghissime, le distanze enormi. E la capitale del cinema e questa sua caratteristica è stata scaltramente sfruttata anche per finalità turistiche. Infatti, le attrazioni di questa città fanno riferimento quasi esclusivamente al mondo della produzione cinematografica, a cominciare dagli Studios, che occupano una buona fetta della periferia, tutt intorno alla collina di Hollywood. Qui hanno sedi operative le principali majors: Universal, Warner Bros, Paramount, Sony pictures, ecc. Noi abbiamo scelto di visitare gli studi della Warner Bros (145 euro in 4) perchè ci interessava più una visita all industria del cinema (ed abbiamo capito perchè si dice così) che non un parco divertimenti, come invece sono quelli della Universal, e ne siamo usciti soddisfatti. Non abbiamo effettuato la prenotazione on line, ma sfruttando al meglio il primo effetto del jet lag, che alle 5,30 ci ha visti tutti svegli, freschi e riposati, dopo una passeggiata surreale all alba per le vie attorno all hotel, osservando la città mettersi moto per un nuovo giorno, alle 8 eravamo già in auto e alle 8,30 davanti all ingresso della Warner. La visita guidata dura 2 ore e 15 minuti: a gruppi di 12 si viene accompagnati lungo i giganteschi capannoni che ospitano set cinematografici e televisivi e la grande area esterna dove sono ricostruiti spaccati di città moderne o più antiche, una giungla con tanto di lago, edifici che diventano di volta in volta luogo per scene interne o esterne che entrano a far parte di centinaia di pellicole Made in Usa. Colpisce il continuo via vai di mezzi l incessante caricare, scaricare e allestire di squadre di operai e troupe di ripresa che ci fanno cogliere il senso della definizione di industria del cinema. Durante la nostra visita sono in corso diverse riprese, sia all interno dei capannoni, sia all esterno, ma le rigide regole della Warner ci impediscono di avvicinarci almeno per riuscire a capire

di cosa si tratta. Non sapremo mai di quale puntata di una serie tv o di quale scena di film di prossima uscita siamo stati testimoni. Abbandonati gli studi della Warner Bros, per restare in tema, facciamo un giro sulle colline di Hollywood, alla ricerca della mitica scritta a caratteri cubitali bianchi, davanti alla quale scattare la foto che non può mancare nel nostro album. Attraversiamo quindi il quartiere residenziale Los Angeles - Le colline di Hollywood fatto di villette lussuose con giardino, dove risiedono attori e produttori, più o meno famosi. Tanto silenzio e pochissima gente sulle strade. Ci spingiamo quindi fino all osservatorio di Griffith, con relativo bellissimo parco, punto panoramico da cui si può osservare tutta la città rendendosi pienamente conto di quanto sia grande. Scendendo dalla collina dell osservatorio, si può restare all interno del grande parco di Griffith, con tanto verde e giardini molto ben curati. Qui sperimentiamo per la prima volta i grandi supermercati americani, che propongono sempre anche piatti pronti take away e così io provo delle mezze penne al formaggio serviti in un bicchiere di cartone che, sarà stata la fame, non so, ma vi assicuro che non erano niente male... Il giorno dopo, facciamo in auto la traversata dei quartieri in (Beverly Hills e Bel Air) per poi raggiungere le spiagge più vicine alla città.

Santa Monica è bellissima e grandissima, con piste ciclabili e pedonali che sembrano autostrade, con tanto di attraversamenti e aree di sosta attrezzate. La distesa di sabbia prima di raggiungere il mare è davvero impressionante. Non ci sono sdraio e ombrelloni (anche perchè il cielo è un po coperto) ma in compenso ci sono le torrette dei baywatchers, con tanto di fuoristrada parcheggiato davanti, come nella serie Tv. Non c è Pamela Anderson, ma il bagnino di turno, con felpa rossa e la mitica tavoletta salvavita in mano, ad un certo punto si sbraccia e fischia ripetutamente per richiamare i tanti surfisti, spiegando di avere avvistato degli squali. Contrariamente al film, non c è nessuna scena di panico, i surfisti escono un po contrariati per la fine anticipata del loro divertimento, qualcuno addirittura prova ad ignorare l invito dei lifeguard che perciò aumentano l intensità dei loro fischi e credo anche degli epiteti rivolti ai ritardatari. Lasciata la spiaggia di Santa Monica dopo una bella camminata sul lungomare, raggiungiamo la vicinissima Venice Beach, che è in pratica la continuazione della precedente. Se all inizio del secolo scorso fu creata con l intento di imitare Venezia, con tanto di canali, ponti e gondole, oggi c è rimasto pochino (pare che negli ultimi vent anni sia iniziato un progetto di recupero). Ma a incuriosire è l ambiente molto colorato e caotico, pieno di personaggi surreali. Musicisti, artisti vari, acrobati, sportivi. Ognuno cerca di conquistare i passanti mettendo in mostra le proprie qualità puntando ad ottenere qualche dollaro nel piattino. Il tempo a disposizione non è moltissimo e, dopo avere pranzato con ottimi tranci di pizza ad un prezzo irrisorio, siamo pronti a metterci in macchina in direzione Las Vegas.

Las Vegas La distanza dalla spiaggia di Venice Beach a L.V. è di 284 miglia (ovvero 454 km) e il viaggio dura 5 ore. Si attraversa il deserto e per questa ragione è indispensabile partire ben riforniti di acqua, viveri e... benzina. Le pompe per fare il pieno infatti non sono frequenti come in Italia e bisogna comunque sempre uscire dall autostrada, stando attenti ai cartelli che segnalano la presenza nei paraggi dei distributori. A questo si aggiunga che le auto negli Usa consumano molto (hanno tutte motori enormi e, soprattutto in agosto mentre si attraversa il deserto, l aria condizionata è praticamente un obbligo). Evidentemente, con la benzina a meno di 1 dollaro al litro questo per l americano medio non è un problema, anche se proprio durante il nostro soggiorno i giornali riportavano delle proteste per il recente aumento del prezzo! Durante il viaggio sull autostrada in mezzo al deserto del Mojave, fa un effetto inquietante la presenza di numerose carcasse di copertoni di camion e auto ai margini della strada... e parte del viaggio è dedicata ad affidarsi mentalmente ai santi protettori affinchè a nessuna delle nostre quattro gomme venga in mente di andare a far compagnia alle sorelle cadute. Non appena si lascia la California e si entra nello stato del Nevada, compaiono i primi centri commerciali con annesso Casinò. Anzi, per dirla giusta, si tratta di Casìnò con annessi centri commerciali; perchè a Las Vegas e dintorni tutto è un casinò, che poi può essere anche un hotel, un centro commerciale o quant altro, ma è prima di ogni altra cosa, un casinò. Lo stato del Nevada, in gran parte caratterizzato da terra arida e deserto, fonda la sua sopravvivenza economica proprio sulla presenza di case da gioco che godono di un regime fiscale super agevolato. E quindi praticamente impossibile resistere alla tentazione di giocare, anche perchè, non appena fate il check-in dell albergo, vi mettono in mano un buono da 10 dollari per provare. L importante è sapersi dare una regolata. Noi abbiamo vinto 12,40 dollari. Las Vegas, per me, è una città di matti e da matti. Gli hotel sembrano

usciti dai cartoni animati: giganteschi, sfavillanti, sorprendenti. Perchè va bene fare la torre Eiffel per l hotel Paris, va bene riprodurre in scala i grattacieli per il New York New York, va bene pure fare il campanile di San Marco, il Ponte di Rialto e i gondolieri veri per il Venetian, ma oh, per il Bellagio, questi hanno rifatto la riva del Lago di Como! Grande come quella vera! Las Vegas - The Venetian L elenco degli hotel strabilianti di Las Vegas sarebbe lunghissimo e tra l altro, noi mica siamo riusciti a vederli tutti. Ci sarebbero serviti più giorni e un po meno caldo. Gli hotel sono l unica vera attrazione di questa città, i cui consumi quotidiani di energia credo siano paragonabili a quelli di mezza Italia. A Las Vegas fa caldo, molto caldo (dopotutto siamo in mezzo al deserto) ma è un caldo diverso dal nostro, con molta meno afa. Passare dai 40 e più gradi della strada ai 18 (o poco più) dei saloni degli hotel, però non è comunque molto salutare. Noi abbiamo soggiornato al Tresaure Island, 4000 camere ma neanche uno dei più grossi (303 euro per 3 notti, più 84 euro di tasse da versare al momento del check in).

Camera spaziosa e ben attrezzata, piscina con le palme, svariati ristoranti interni, colazione esclusa. La visita di Las Vegas coincide con la visita di tutti (o del maggior numero) di hotel della Strip, la via principale della città, che pare debba il suo nome proprio al significato verbale della parola, ovvero spogliare, nel senso di lasciare in mutande, per via dei Casinò. Ciascuno di questi incredibili hotel ha i suoi allestimenti interni (zoo, giardini botanici, mostre) e i suoi spettacoli bellissimi di sera (balli, musiche, animazioni, fontane danzanti, fuochi d artificio), che compongono, appunto, le uniche (in ogni senso) attrazioni di Las Vegas. Tre giorni in questa città e si perde completamente il senso della realtà, ma almeno una volta nella vita è un esperienza da fare. Poi c è chi non riesce più a farne a meno. Dopo tre giorni passati a visitare gli hotel e a trastullarci in una piscina piena soprattutto di 50/60enni ed over che ballavano in acqua a ritmo di musica dance pop con l immancabile compagnia del bicchierone da cocktail, ci prepariamo per affrontare una nuova tappa del nostro viaggio.

La Death Valley Per rientrare bruscamente nella realtà, dopo Las Vegas, salendo verso Nord Ovest e rientrando in California, c è la Valle della morte. Noi abbiamo scelto di arrivarci percorrendo la strada 160, per un totale di 225 miglia (4 ore e mezza) fino alla destinazione Lone Pine. Anche per questa trasferta è assolutamente indispensabile partire ben riforniti di acqua (tanta acqua) e benzina per l auto. Si può fare il pieno, sia dell una che dell altra, anche lungo la strada, prima di entrare nel parco della D.V., nella cittadina di Pahrump, dove noi abbiamo trovato i prezzi alla pompa più bassi di tutto il nostro viaggio (3,29 dollari al gallone, ovvero circa 80 centesimi di euro al litro). Appena entrati nella Death valley si incontra un area di sosta con la macchinetta automatica per il pagamento del ticket da 20 dollari, da posizionare sul parasole dell auto Avvicinamento alla Death Valley in modo che sia bene in vista per eventuali controlli dei ranger lungo il tragitto. Negli Usa ogni attrazione è a pagamento, compresi i parchi naturali, come appunto la D.V.: in cambio però avrete posti puliti, servizi, assistenza. In coda per pagare alla macchinetta ho assistito ad uno scambio di battute tra un turista e una ranger. Alla domanda Perchè si deve pagare?, la risposta è stata eloquente: And why not?

La Death valley offre ai visitatori scenari incredibili e sensazioni uniche. Il deserto, le rocce che cambiano colore a seconda della posizione del sole durante il giorno, le dune di sabbia, l orizzonte che si perde nell infinito: luoghi che lasciano il segno. Attraversarla quando il termometro dell auto segna 123 F (ovvero 50,5 gradi centigradi) poi, è una sensazione ancora più particolare. Meno male che sulle auto Usa il condizionatore è probabilmente la parte più curata dell intera vettura. Nel centro visitatori di Furnace Creek c è la possibilità di mangiare in un paio di locali, con l aria condizionata e bibite ghiacciate. Oltre a svariati tipi di hamburger e bistecche, si può anche scegliere un piatto di frutta e formaggi molto ricco, saporito e ben presentato. Purtroppo noi abbiamo trovato chiusa la strada per Dante s view e ci siamo dovuti accontentare di soste panoramiche Zabriskie Point e Badwater (il punto più basso degli Usa, a -85 metri s.l.m.), riuscendo comunque ad ammirare luoghi dal fascino mozzafiato. Tra queste due tappe abbiamo incontrato un personaggio incredibile: Chris Figureida, che in sella alla propria bicicletta (inizialmente scambiato per un miraggio) stava completando il suo fantastico viaggio circolare tra il punto più basso degli Usa (Badwater, appunto) e quello più alto (il monte Mc Kinley, in Alaska, 6194 metri). Un viaggio durato 145 giorni durante i quali ha percorso oltre 10mila chilometri. Abbiamo scambiato due parole con lui, scoprendo che non è nuovo a queste imprese che realizza per sensibilizzare le persone e raccogliere fondi soprattutto per la ricerca sulle malattie dei bambini. Avendo scelto di non pernottare all interno della Death Valley, abbiamo evitato la parte nord, uscendo verso Ovest e puntando diretti verso Lone Pine, cittadina scelta per il pernottamento, grazie all ottimo suggerimento di Vacanzeinamerica.

Lone Pine Siamo arrivati in questa piccola cittadina verso le 17, al termine di una lunga giornata caratterizzata dal caldo infernale della D.V. e dalle tante miglia macinate lungo strade ricche di salite, di discese e, sul finale, anche di curve. Il Best Western Plus Frontier Motel prenotato per la sosta, si trova subito all entrata del paese, prima di attraversare il centro (se così si può dire). Si è rivelato una piacevolissima sorpresa fin dall ingresso, quando ci è comparsa davanti la piscina nella quale avremmo voluto buttarci direttamente dalla macchina. Abbiamo resistito giusto i 10 minuti necessari per il check-in e per il deposito delle valige in camera, poi eravamo in acqua. Il Frontier è il classico motel americano, tutto distribuito a piano terra, con i posti auto davanti alla porta della camera. Quest ultima era enorme, con letti giganti e comodissimi, enorme anche il bagno (l ho misurato a spanne, non meno di 15 metri quadrati). Nessuna rifinitura di lusso ma tanta comodità. Qui abbiamo trascorso una notte per 95 euro, colazione inclusa. Per cenare, come prontamente segnalato dai responsabili della reception, basta scendere in paese (un miglio di distanza) dove si possono trovare diverse opportunità, tra le quali mi sento di segnalare il Pizza factory : niente a che vedere con la vera pizza italiana, ma comunque buona, abbondante e ad un prezzo molto ragionevole. La pizza viene servita su un piedistallo posizionato al centro del tavolo, già tagliata a fette affinchè ciascuno possa prendersi le proprie porzioni. Abbiamo fatto anche il bis, complimentandoci con i ragazzi e lasciando il doveroso e meritato tip (mancia), che è un rito al quale abbiamo imparato ad adeguarci. In realtà ha una funzione ben precisa e a pensarci bene tutt altro che stupida: i lavoratori di ristoranti e fastfood hanno una paga base molto bassa ma possono arrotondare grazie alle mance, che vengono registrate ufficialmente sullo scontrino fiscale accanto al nome della persona che vi ha servito. A fine giornata quindi ciascun dipendente può incassare una parte delle mance raccolte. Questo li spinge automaticamente ad essere veloci (e quindi servire molti clienti) ma contemporaneamente anche ad essere cortesi ed efficienti (altrimenti di mance ne prendono poche). Insomma un modo indiretto e democratico per avere un buon servizio e premiare l impegno. Proprio per questo credo che difficilmente lo vedremo applicato dalle nostre parti.

Bodie e Yosemite Park L indomani, 8 agosto, partiti da Lone Pine ci siamo diretti, su suggerimento di Marco, verso la città fantasma di Bodie (148 miglia di distanza, circa 3 ore di auto, lungo la 395). La strada comincia a salire: si costeggiano, tenendoli a sinistra, il Sequoia national park, il Sierra e lo Yosemite. Il panorama è molto verde, in alcuni punti dei cartelli ci avvertono che l autostrada può essere attraversata da cervi (più che altro in primavera). Superata la cittadina di Bishop (dove nel caso si può fare rifornimento, sia per sé che per l auto) cominciano a susseguirsi le aree di sosta con punti panoramici. Per Bodie, si trova un bivio sulla destra dopo avere superato il Mono Lake. L ultimo tratto di strada è addirittura sterrato, con grosse pietre. L ingresso a Bodie (negli Usa tutto è a pagamento) costa 7 dollari per adulti e 5 dollari per bambini e, attenzione, questa è una delle poche cose che non si possono pagare con la carta di credito, quindi occorre arrivare preparati con il cash. La città fantasma è un villaggio che Bodie - La città fantasma fu realizzato nella seconda metà dell Ottocento, dopo la scoperta di un giacimento di oro, che venne sfruttato per circa 20 anni, fino a quando, nel 1879, finito l oro, gli abitanti, che arrivarono anche a 10mila, lo ab-

bandonarono in massa, anche perchè di fatto, isolato dal resto del mondo. Tutto è rimasto come lo hanno lasciato gli abitanti di quel ventennio e lo scenario mantiene un suo fascino. Completata la visita a Bodie, ci siamo rimessi in macchina per entrare ed attraversare Yosemite Park. Da Bodie si riscende lungo la 395 fino Lee Vining, volendo si può fare anche una sosta veloce al centro visitatori del Mono Lake per uno sguardo al panorama del lago. Poi si lascia la 395 per entrare nello Yosemite Park utilizzando il Tioga Pass, che in agosto si trova sicuramente aperto, mentre da fine settembre a metà giugno, a seconda dell annata e delle nevicate, poichè siamo a 3030 metri, lo troverete chiuso. Rendersi conto di avere raggiunto quell altitudine non è stato immediato: all ingresso del Tioga pass, dopo avere salutato il simpatico ranger e avere versato i canonici 20 dollari, ho notato appeso fuori dalla casetta del posto di controllo il cartello in legno con la scritta Elevation 9945 ft. Rimettendomi in marcia ho cercato di fare mente locale e, dividendo Yosemite Park - Tenaya lake

grossolanamente per tre ho esclamato: Ma siamo a più di tremila metri?. Ecco, 9945 piedi fanno esattamente 3031 metri ed arrivarci con una strada larga e comoda come quella che abbiamo percorso non mi è sembrato vero. La nostra meta di serata è Oakhrust, all uscita Sud-Est del parco: sono circa 100 miglia (160 Km), che sulle strade del parco, con i limiti del parco, fanno 3 ore e mezza buone. Ma non è proprio il caso di farle tutte di fila, anzi. Si costeggeranno prati, sentieri, rocce e laghi dove potersi fermare e dubito che si possa resistere alla tentazione di una sosta al Tenaya Lake, che offre persino la possibilità di un bagno (con acqua bella fresca) in uno scenario mozzafiato. Dopo le pause che ci volevano e che ci siamo goduti, siamo usciti dal parco attorno alle 19. Per raggiungere il nostro albergo è stata necessaria un altra mezz ora di viaggio. Poi, complice anche un po la stanchezza (e la fame), lo abbiamo superato senza vederlo (perchè dalla data della prenotazione aveva cambiato nome). Lo Yosemite Southgate (ex Shilo Inn) si trova sulla strada principale che attraversa la cittadina. Anche in questo caso la camera è spaziosissima, praticamente un monolocale, con tavolo e cucina attrezzata. Come per il precedente, niente di lussuoso ma tanta comodità. Abbiamo trascorso qui due notti con colazione inclusa, per un totale di 275 euro. A due incroci di distanza da questo hotel, oltre ad un supermercato ottimamente rifornito anche di piatti pronti, per una cena diversa da consumare in camera, si trova un punto vendita di Dollar Tree, la catena che propone oggetti di ogni tipo a 1 dollaro, che non ha niente a che vedere con i tentativi di imitazione sorti negli ultimi tempi anche in Italia con tutto a 1 euro. Provare per credere. Due notti a Oakhrust servono per poter visitare meglio Yosemite Park e infatti, il secondo giorno, si rientra nel parco per affrontare la parte Sud, dove tra l altro si trovano le maestose sequoie (Mariposa Groove). Per raggiungerle è necessario utilizzare uno degli autobus interni del parco (gratuiti), dopo avere lasciato l auto al parcheggio. Conclusa anche la seconda giornata meritatamente dedicata a Yosemite Park, ci siamo addormentati pensando al viaggio dell indomani, per tornare ad affacciarci sull Oceano Pacifico.

Da Oakhurst a Monterey Partiti da Oakhrust con una temperatura superiore ai 30 gradi, siamo entrati a Monterey, dopo 175 mi. e 3 ore e mezza di viaggio, trovando una temperatura di 16 gradi e forte vento. Lo shock termico e non solo, è stato davvero notevole. Il trasferimento durante la mattina è stato piacevole: abbiamo attraversato la parte probabilmente più genuina della California, quella dedicata alle immense coltivazioni (vigne, frutteti di vario tipo, ortaggi), vecchi passaggi a livello Monterey - Pacific Grove Inn su linee ferroviarie secondarie, i tipici ranch con steccato bianco e la ruota del carro in legno, come abbiamo visto in tanti film. Monterey è una cittadina bellissima, con la spiaggia, una grande darsena per imbarcazioni private, l imponente parco pubblico con tanto di laghetto interno navigabile in pedalò, un grande playground per i bambini e il Fishermen s wharf (villaggio di pescatori), una versione in miniatura di quello che avremmo poi trovato a San Francisco. Per il pernottamento siamo stati indirizzati sul Pacific Grove Inn, nell omonima località confinante, a 10 minuti in auto dal centro di Monterey. Si tratta di una struttura davvero molto particolare, è una casa tradizionale in legno e coi tetti a punta di inizio Novecento che offre servizio di bed and breakfast. All interno abbiamo trovato arredamento d epoca, con mobili imponenti in legno massiccio, una grande scala con corrimano lavorato, tante chicche e curiosità. Abbiamo pagato 153 dollari, per una notte con colazione inclusa. Purtroppo ci hanno dato una camera decisamente piccola anche per gli standard europei, nella quale è stato aggiunto un letto volante per i bambini che, stranamente, non risultavano indicati nella prenotazione. Di sera, mentre passeggiavamo per la cittadina, dove abbiamo mangiato in un fast food tradizionale arredato in stile Anni 60, è scesa una nebbia fitta accompagnata da freddo ed umidità che pareva di essere già a novembre e abbiamo così compreso la presenza di caminetto e piumoni nelle camere.

San Francisco Da Pacific Grove al centro di San Francisco ci sono 122 mi. che si percorrono in circa 2 ore e mezza attraversando la Silicon valley e i luoghi simbolo della rivoluzione informatica degli ultimi trent anni, da Cupertino (sede principale della Apple) a Mountain View (sede di Google) Palo Alto (Facebook), a Stanford con l omonima e celebre università, fucina degli informatici che hanno fatto la fortuna della zona. Con l arrivo a San Francisco, dove abbiamo soggiornato per 3 notti, si andava a concludere la prima parte del nostro viaggio, dedicata alla California. L accesso a questa città è spettacolare e avviene percorrendo una serie di sopraelevate. Avvicinandoci al centro della città notiamo un traffico molto intenso e tantissima gente che cammina a gruppi lungo le strade: molti indossano magliette arancioni. Ok, è sabato mezzogiorno e tra poco giocano i Giants, squadra locale di baseball, il cui stadio è proprio nella zona del porto, verso la quale stiamo andando. Dobbiamo portare pazienza, distraendoci con quello che vediamo intorno. San Francisco Abbiamo puntato subito sul porto di San Francisco per raggiungere il Pier 33, punto di partenza dei traghetti per Alcatraz, dove dobbiamo ritirare il nostro City Pass, acquistato dall Italia via Internet. E stato necessario acquistarlo con largo anticipo per potersi assicurare il posto

per l escursione ad Alcatraz, perchè il ponte di Ferragosto è alta stagione anche da queste parti. Si tratta di un carnet che propone una serie di ingressi e servizi con uno sconto del 45%. Mi sento di consigliarlo, se state come noi 4 giorni a S.F. perchè comprende tra l altro l utilizzo illimitato di tutti i mezzi pubblici della Muni (la linea di trasporto della città). Oltre al trasferimento in traghetto ad Alcatraz, il Pass comprende l accesso al Museo di arte moderna, all Acccademia delle scienze e all Exploratorium, queste ultime due particolarmente apprezzate dai bambini. Abbiamo pagato complessivamente 170 euro per 2 adulti e 2 bambini. Del ritiro sul posto si è occupata Veruscka, scendendo al volo dall auto che, con tecnica tipicamente italiana, ho accostato al marciapiede con le quattro frecce accese, sperando fino all ultimo che non si avvicinasse alcun poliziotto e pronto, al limite, a giocarmi la carta dei bambini presi da improvvisa sete. Per il soggiorno a S.F. la nostra base è stata il Cova Hotel di Hellis street, a due passi dal punto di riconsegna dell auto (comune per tutte le compagnie di autonoleggio) che si trova in O Farrell street. Il Cova è un hotel di prestigio: ben curato, stanze spaziose, pulite e ben arredate. Non all altezza però la prima colazione, sia per il luogo in cui veniva servita, sia per la scarsa varietà delle proposte. Da qui si può raggiungere a piedi in 10 minuti la Union Square. Unico problemino : la strada, non abbiamo capito perchè, è il punto di ritrovo di decine di senzatetto e disperati, che qui si riuniscono per passare la notte sui cartoni o su giacigli di fortuna. Lo scenario non è dei migliori ma sinceramente queste presenze non ci hanno mai creato problemi. Per tre notti, colazione compresa, abbiamo speso complessivamente 430 euro. La città è grande ma si gira benissimo coi mezzi: nel City Pass è compreso anche l utilizzo della mitica Cable car (quella specie di tram con unica carrozza aperta sulla quale si viaggia aggrappati al paletto e si affrontano salite e discese ripidissime), il cui costo a persona per singola tratta è di 6 dollari (mentre i bus normali costano 2 dollari). Mi sento di consigliare assolutamente anche la visita ad Alcatraz, con partenza ogni 40 minuti dal Pier 33, ma con la necessità di prenotare con un certo anticipo, soprattutto se, come nel nostro caso, la vacanza è in agosto.

Alcatraz è un luogo dal grande fascino. L isola, che si trova al centro della baia di San Francisco, è famosa soprattutto per la prigione di massima sicurezza, chiusa nel 1963 e oggi trasformata in un museo da visitare con guida in lingua attraverso cuffie che, come se ci si trovasse in un film, diffondono anche passi, rumori di fondo e grida dei detenuti. Ma è anche un luogo in cui la Natura ha potuto esprimersi al meglio, sfruttando un microclima unico, con piante ed animali rari e particolari. Purtroppo, una costante di quest isola è il forte vento, che la rende difficile da visitare con la dovuta calma e serenità (molte sono anche le limitazioni d accesso). Oltre ad Alcatraz, che ha un suo fascino del tutto particolare ed inimitabile, ci sono un sacco di altre cose belle da vedere a San Francisco, città di mare ma anche crocevia di persone e culture. E una città di mare e di pescatori, ma anche una città d affari. C è molto verde, ci sono parchi, ma anche negozi di lusso, ci sono musei interessanti, locali alla moda, i quartieri residenziali ma anche le fabbriche. Insomma è una città dalle tante facce ma che dopo un paio di giorni ti sembra già di conoscere. Impossibile non restare ammirati di fronte al Golden Gate bridge, di cui proprio nel 2012 ricorreva il 75esimo anniversario della costruzione. Lo abbiamo attraversato a piedi, almeno per un pezzo, sfidando le raffiche di vento fortissimo e la nebbia (nebbia anche a Ferragosto, perchè qui c è sempre). San Francisco è un luogo che mi ha davvero conquistato, una città di fronte alla quale non si può restare indifferenti. Alcatraz - L isola prigione

Coast to coast in volo Al termine del quarto giorno a San Francisco (ah, qui c è pure la sede centrale della Levi s, con tanto di store, anche se non l abbiamo trovato molto economico), abbiamo affrontato il trasferimento sulla East Coast, tramite volo notturno. Dopo qualche settimana di monitoraggio sui vari siti Internet, il 27 febbraio avevamo acquistato i biglietti per il volo 318 della Jetblue con partenza da Oakland alle 22,49 del 14 agosto e arrivo a Washington alle 6,47 del giorno dopo (ora locale, cioè 3 ore in più rispetto alla California), per un prezzo complessivo di 704 euro in 4, bagaglio incluso. Da tenere presente in fase di ricerca e prenotazione che, al contrario di quanto avviene in Italia, le cosiddette low cost americane (Jetblue e Airtrain le principali) comprendono sempre nel prezzo anche il bagaglio, mentre le compagnie aeree di linea (Delta, American airlines, United ecc.) lo danno come optional a pagamento. L aeroporto di Oakland si trova sulla sponda opposta della baia di San Francisco. Sono circa 20 miglia di distanza dal centro di S.F.. Ci si può arrivare utilizzando i mezzi pubblici (prendendo poi un treno della Bart) ma naturalmente il mezzo più comodo è il taxi o l auto privata con autista. Quest ultima è stata la nostra scelta, suggerita dall albergo e ci è costata 55 euro. Un autista gentilissimo, originario delle Filippine, ci ha accompagnato alla guida di una berlina di lusso, raccontandoci un po della sua vita negli Usa e dei suoi ritorni al Paese natale, affrontando 16 ore di volo, almeno una volta l anno. Giunti all aeroporto di Oakland, con il chek-in già fatto via Internet al mattino dalla camera dell albergo, la consegna dei bagagli e i controlli di polizia sono durati, in tutto, 10 minuti, lasciandoci piacevolmente sorpresi. Avevamo infatti messo in conto attese ben più lunghe e così alla fine ci sono avanzate quasi due ore per chiudere gli occhi in aeroporto.

Washington DC Il volo Jetblue è stato puntualissimo e perfetto anche nei servizi, compresa la fornitura di copertina e mascherina per provare a dormire un po, sfruttando al meglio la scelta strategica del volo notturno. Prima delle 7,30 (ora locale, quando però per il nostro corpo erano ancora le 4,30) eravamo già fuori dall aeroporto di Washington D.C., sul bus navetta che ci stava conducendo verso la sede del noleggio auto, pronti per ingaggiare un altro braccio di ferro con l addetta allo sportello che, come il collega precedente, a Los Angeles, ha cercato di piazzarci di tutto e di più. In questo caso la compagnia scelta dall Italia, era la Budget (a Los Angeles abbiamo utilizzato la Dollar, la scelta dipende solo dal prezzo migliore). Alla fine, il noleggio di una Toyota Corolla per tre giorni, con ritiro a Washington DC e riconsegna a New York Jfk, ci è costato complessivamente 220 euro, decisamente più caro in proporzione del primo noleggio. Se a questo si aggiunge che il parcheggio di 2 giorni a Washington DC ci è costato altri 70 euro, si potrebbe aprire una riflessione sulla convenienza dell avere l auto nella capitale. Sicuramente se viaggiate in 2 non conviene. Per il soggiorno nella capitale (bisogna sempre dire Washington DC, che sta per District of Columbia, per distinguerla dallo stato di Washington, che è da tutt altra parte degli Usa) abbiamo scelto l Embassy Row hotel, a ridosso di Dupont circle sulla Massachussets Avenue. E la strada, come suggerito dal nome dell albergo, delle ambasciate. Quello che abbiamo trovato è un ottimo hotel, stanza spaziosa e di buon livello, piscina (non bellissima) sulla terrazza al 10mo piano. Per due notti con colazione abbiamo speso 233 euro, ai quali vanno aggiunti, come già detto, i 70 euro per il parcheggio dell auto nel garage dell hotel, con servizio di presa e consegna da parte di un parcheggiatore. Arrivati piuttosto stravolti e affamati qualche minuto prima delle 10, dopo un paio di giri a vuoto causa mancanza di navigatore Gps e di una cartina stradale decente, dobbiamo avere impietosito la gentilissima signora della reception che ci ha amichevolmente suggerito di affrettarci a raggiungere la sala pranzo, rimandando a dopo le pratiche burocratiche,

così da approfittare della colazione anche per il primo giorno, pur non compresa nel nostro contratto. Di certo dopo una bella tazza di latte e caffè e un paio di panini burro e marmellata, si ragiona molto meglio... Lasciati i bagagli in camera siamo usciti per una prima perlustrazione dei dintorni, rendendoci conto che non eravamo affatto lontani dalla mitica White House, che avremmo potuto raggiungere tranquillamente a piedi l indomani mattina, dedicando tutta la giornata alla visita dei monumenti principali della capitale degli Stati Uniti. Nel tardo pomeriggio, raccogliendo ancora una volta il suggerimento di Marco di Vacanzeinamerica, abbiamo usato l auto per un giro a Georgetown, la parte più antica e vivace della città. Qui, viene segnalata come attrazione (e quindi visitata da tutti) la Old stone house prima casa edificata in Washington, che risale al 1765 (potete quindi ben capire quanta poca storia ci sia da queste parti, rispetto per esempio all Italia). Per il resto, una zona residenziale con case in tipico stile inglese e pareti multicolore. Il giorno successivo, come da programma, partendo dall hotel abbiamo raggiunto a piedi la Casa Bianca, dopo circa mezz ora di camminata a passo lento, osservando incuriositi palazzi e negozi. Dalla White House, che si trova al 1600 di Pensillvania Avenue, si raggiunge in pochi passi il National Mall, un corridoio verde di ben 3 km di lunghezza che collega Capitol Hill, sede del Campidoglio, ovvero delle due camere del Congresso americano, al Lincoln Memorial, il monumento dedicato al XVI presidente, quello a cui viene riconosciuto il merito di avere preservato l Unione, vincendo la guerra di secessione. Qui si trovano, l uno dopo l altro, i monumenti dedicati ai tantissimi americani morti in guerra in tutto il mondo. C è il monumento alla guerra di Corea, quello alla guerra nel Vietnam in cui fa veramente impressione leggere una sequenza apparentemente infinita di nomi di caduti incisi nel marmo. Per non dire del National World war II Memorial, il monumento ai caduti della seconda guerra mondiale: è circondato da alti pilastri di granito messi a semicerchio, ognuno dedicato ad uno degli stati americani che hanno pagato in termini di vite umane, mentre sul Freedom wall (il muro della libertà) c è una stella d oro ogni 100 militari caduti: le stelle sono in tutto 4048. Ho pensato che questo percorso, completamente immerso nel verde,

possa rappresentare per ogni cittadino americano (mi si consenta il paragone), quel che significa per un buon musulmano il pellegrinaggio alla Mecca: una sorta di obbligo morale, un dovere da compiere almeno una volta nella vita. E un percorso durante il quale gli americani si riempiono d orgoglio, ritrovano la compattezza della nazione e il sentimento patriottico e non a caso il National Mall viene scelto come Monumento ad Abraham Lincoln luogo simbolo per cerimonie ufficiali, ma anche marce di protesta. Molto significativo e toccante anche il monumento a Martin Luther King, composto dalla maestosa figura intera dell attivista che lottò per i diritti dei neri, scolpita, forse per una sorta di efficace provocazione artistica in una pietra bianchissima. Al suo fianco, realizzata nella stessa pietra, c è una montagna aperta a metà, la Montagna della disuguaglianza che, attraversata, diventa pietra di speranza. Tutt intorno, incise in enormi blocchi di marmo, le frasi celebri dell uomo politico assassinato nel 1968. Il Campidoglio, sede del Congresso americano, lo abbiamo visto da lontano, poiché la stanchezza ha cominciato ad avere il sopravvento e per la seconda serata ci siamo limitati ad una passeggiata nel quartiere degli affari, imbattendoci tra l altro, per caso, davanti alla sede del Washington Post, dopo avere fatto visita ad una chiesa protestante all interno della quale erano in corso... lezioni di ballo. La capitale degli Stati Uniti ci ha molto colpito anche per la grande presenza di verde, per i numerosi parchi, le abitazioni signorili trovate nei quartieri residenziali, il traffico intenso sì, ma mai caotico.

Da Washington a New York il 17 agosto 2012 è il giorno della nostra ultima tappa di questo viaggio indimenticabile: New York city (anche qui vale lo stesso discorso per Washington DC, aggiungere city per gli americani è importante, poiché altrimenti si parla dello stato di New York, la cui capitale, tra l altro, non è quella che tutti pensano, bensì Albany. La trasferta si preannunciava già bella lunga sulla carta (244 mi. per un totale di 4 ore e 43 minuti secondo le previsioni di Google Maps) ma, con una serie di piccoli contrattempi e sbagliando clamorosamente strada all ingresso della Grande Mela, l abbiamo resa lunghissima, impiegando alla fine quasi 7 ore. Per non ripetere i nostri stessi errori è importante ricordare che: le autostrade negli Usa sono quasi tutte gratis (almeno quelle che abbiamo fatto noi) ma si pagano i pedaggi sui ponti e purtroppo, i caselli dei pedaggi per i ponti sono, inspiegabilmente, tra i pochissimi luoghi in cui non si accetta la carta di credito. Negli Usa puoi pagare anche un dollaro al parcometro con la carta di credito, ma non il casello autostradale! Questa è una delle tante contraddizioni di questo incredibile Paese. Ma soprattutto, questo significa che dovete arrivare al casello con il denaro contante pronto (i pedaggi variano da un minimo di 3 ad un massimo di 12 dollari a passaggio). Purtroppo invece, noi abbiamo lasciato i contanti dentro una valigia nel bagagliaio, con conseguente panico di fronte alla richiesta del contante. Mentre già sbiancavo in volto, le gentili addette del casello, con un sorrisino spiegavano che avrebbero scattato la foto dell auto, lasciandoci un modulo per effettuare il pagamento entro 2 giorni lavorativi tramite telefonata e carta di credito, per evitare che dopo 14 giorni, venga recapitata una sanzione al titolare dell auto (nel nostro caso il noleggiatore, che naturalmente si sarebbe poi rivalso sulla nostra carta di credito). Ma proprio perchè gli Usa sono un Paese incredibile, il problema è stato risolto con una telefonata effettuata da un area di servizio nella quale ho dovuto sudare non poco per riuscire a spiegare tutto alla signorina dall altra parte, mentre recuperavamo i maledetti contanti dalla valigia. In ogni caso, tempo due giorni, e l estratto conto della carta di credito registrava correttamente il pagamento dei pedaggi al servizio telefonico.

All ingresso in New York, forse presi dall emozione (o dalla stanchezza), abbiamo commmesso il secondo errore clamoroso: quando si arriva da Sud, come nel nostro caso, per raggiungere l aeroporto Jfk, bisogna attraversare il ponte di Verrazzano, che è il primo che si incontra! Presi dal dubbio e, ancora una volta senza una cartina decente in mano, noi invece abbiamo proseguito dritto, senza più riuscire a cambiare direzione e percorrendo così l intero perimetro della città, salendo ad Ovest di Manhattan e scendendo ad Est, attraversando altri 4 ponti (con relative code e costi di pedaggio). Bilancio complessivo dell errore: circa 50 miglia, 1 ora e mezza e 26 dollari in più del dovuto. Ponti a NYC In compenso... abbiamo visto tutti i ponti di New York! Disguidi a parte, riconsegnata finalmente l auto all aeroporto, per raggiungere l hotel a Manhattan si può scegliere tra trenino più metro o taxi. Ovviamente la prima scelta è la meno cara, la seconda la più comoda. Abbiamo optato per la seconda: in aeroporto, come indicato da numerosi avvisi, bisogna evitare accuratamente i personaggi che si offrono per un trasporto non autorizzato e raggiungere la zona dei taxi ufficiali. Dopo circa 10 minuti di coda, un addetto ci ha indicato il nostro taxi consegnandoci un modulo prestampato con riportati già i costi fissi dei trasferimenti nei diversi quartieri della città, il codice del taxi assegnato e un numero di telefono per segnalare eventuali problemi! Questo significa avere cura dell ospite che entra in città e non lasciarlo in balìa degli approfittatori come invece purtroppo accade, a volte, in altri Paesi (e se avete pensato all Italia non è colpa mia). Il costo fisso per il viaggio in taxi da Jfk a Manhattan è di 45 dollari + toll (il pedaggio del ponte che il tassista sceglierà per raggiungere la destinazione, tra i 5 e i 7 dollari) + la mancia che, come già scritto in precedenza, negli Usa è un obbligo non scritto. Insomma, alla fine, con 55/60 dollari il taxi vi porta in albergo