della Parrocchia SS. Nazaro e Celso Bresso SQUILLA Ricordando don Giuseppe Anno LXXXIII - Numero 12 - Dicembre 2012



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la Mensile della Parrocchia SS. Nazaro e Celso Bresso SQUILLA Ricordando don Giuseppe Anno LXXXIII - Numero 12 - Dicembre 2012

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la parola del parroco Benedizioni delle famiglie in un anno duro L albero di Natale del condominio Si è sempre in tempo per accendere la speranza Entro coi chierichetti nel palazzo che oggi visitiamo, portando la benedizione del Signore e gli auguri di Natale. È buio: ai primi di dicembre alle 18 è già notte. Ma don, qui non c era sempre un albero di Natale nel giardinetto di questo palazzo? : i chierichetti sono acuti osservatori. Lo noto anch io: quest anno l albero c è ancora, ma niente luci e niente decorazioni. Saliamo all ultimo piano e suoniamo il primo campanello: No, mi spiace, sono in casa da sola e non apro dice una voce femminile. Auguri lo stesso, signora!. Un secondo campanello: nessuno risponde. Eppure si sentono rumori in quella casa: Qualcuno c è, ma non apre dice il chierichetto, e lascia l immaginetta sulla porta. Al piano di sotto una signora apre con un largo sorriso. Sorrido anch io: Meno male, qualcuno c è. La signora sembra leggermi nel pensiero: Vede reverendo, troverà poca gente. Tre famiglie se ne sono andate: non riuscivano più a pagare l affitto -questo lo sussurra, come se la sentissero-. Una abitava qui di fronte, non suoni nemmeno. I più giovani invece sono al lavoro: hanno certi orari, poveretti, questi qui di sotto... Viene distratta dal chierichetto che fissa un bel piatto da centrotavola colmo di torroncini: Tè, bel fieou! e gli riempie la tasca di dolci. Si stempera il clima e si prega, fiduciosi, insieme. Piano di sotto: la giovane coppia, come annunciato, non c è. Poi, scendendo ancora, le porte si aprono più numerose; spesso sono prontamente chiuse alle nostre spalle ( Sarà perché il riscaldamento costa penso, ma senza troppa convinzione). L accento cade sul 3 lavoro che traballa o che manca, sulle scandalose diseguaglianze sociali ( Eh, don, i ricchi sono ricchi e basta! ), sulla classe politica inaffidabile; per tutti, sulla salute e sugli affetti. I più anziani ricordano con riconoscenza il nostro don Giuseppe appena scomparso. Qualcuno nota amaramente che le buste con l avviso del nostro arrivo sono state portate via dalle caselle: succede ogni tanto con la posta ed è qualcuno di qui!. In ogni casa comunque si prega, offrendo a Dio il nostro smarrimento unito alla nostra fragile speranza. E troviamo acceso il cero d Avvento, consegnato alle famiglie la prima domenica di questo tempo d attesa fiduciosa. Al piano terra una famiglia straniera apre appena uno spicchio d uscio: compare curioso anche un bambino. Non capiscono come mai un prete è lì, basta un sorriso e un ciao. Un altra famiglia apre ma dice ferma: No, non siamo interessati alla benedizione e chiude. Il chierichetto mi guarda. Uscendo penso: Quest anno, insieme alla consueta benevolenza di tanti, quanta amarezza e diffidenza! E anche più porte chiuse. Mancando la speranza, ci siamo rinchiusi, si è smorzata la solidarietà tra i vicini, la corresponsabilità sociale e la fiducia nella Provvidenza. Chi l anno scorso aveva decorato di luci l albero per tutto il caseggiato, a tutt oggi non si è sentito di farlo. Fra poco sarà Natale, il Natale di Dio con noi. Si è ancora in tempo, si è sempre in tempo per accendere la luce della speranza per tutti. Don Angelo, don Gianfranco, don Pierpaolo e il seminarista Andrea (e i chierichetti)

la nostra comunità Rinati al fonte battesimale CADEI Martina Maria PISCOZZI Sara Sposati nel Signore ------------------------ Riposano in Cristo ZILIOLI Mario di anni 79 CARUSO Salvatore di anni 83 CASSAMAGNAGHI Renata di anni 87 MANTOVANI Maura di anni 59 SALA Luigi di anni 81 DE LUCCHI Ado di anni 89 REGORDA Lucia di anni 74 STRADA Giuseppe di anni 87 CORRADO Alberto di anni 81 SALA Carlo di anni 73 MONTELEONE Francesco di anni 63 BASSI Laura di anni 78 PAGANI Andrea di anni 75 Legati del mese di dicembre 1 ore 9 Famiglie CAVENAGO e FUMAGALLI 4 ore 7 BRAMBILLA Giulio 5 ore 9 DONZELLI Alfonso e COMI Ester ore 17.30 BRAMBILLA PISONI Isa e CONTI Gianluigi 10 ore 7 MAZZOLA Silvio e Claudina 11 ore 9 CAVENAGO Giuseppina, Federico e suor Federica 12 ore 9 DONZELLI Adele e Lodovico 14 ore 9 GIUSSANI Luigi e RISI Giulia 17 ore 7 BRAMBILLA Agostino e ALZATI Giustina e Giuseppina 18 ore 7 ANNONI Paolo 21 ore 9 Famiglia BRASCA 29 ore 9 BRAMBILLA PISONI Carletto e LOVATI Giuseppina 31 ore 9 SAVINI Ambrogio e Giuseppina Legati del mese di gennaio 2 ore 9 GALIMBERTI Alice 3 ore 17.30 CAVENAGO Pia e Rosa 8 ore 7 SAVINI Luigi e ORIANI Maddalena 9 ore 9 BOTTINI Carolina e GRANELLI Carlo 11 ore 9 ROSSONI Giuseppe e COMOTTI Pierina 14 ore 7 PEDRETTI Angelo, DONZELLI Giulia, Aldo e Iride ore 9 DONZELLI Chiara e Suor Chiara 15 ore 17.30 CARROZZI Giulio e Maria Per verificare il calendario 2013 dei legati in suffragio dei defunti il Parroco chiede ai parenti - qualora non l avessero già fatto gli scorsi anni - di passare in Segreteria Parrocchiale (lun-ven h. 17.30-19). 4

notiziario La morte di don Giuseppe Huonder La notizia è giunta in parrocchia come un fulmine: Don Angelo, sono Carla, la sorella di don Huonder. Telefono per dirvi che il cuore di don Giuseppe ha ceduto. Il dolore è stato unanime tra la nostra gente: leggendo l annuncio subito esposto alle porte della chiesa, non c è stata persona che non provasse insieme un dispiacere forte e un ricordo dolce. I 21 anni passati tra noi (1984-2005) sono stati per tutti un segno della paternità di Dio per questa nostra città. Il Rosario che abbiamo pregato domenica 25 novembre, affidandolo a Dio, ha colmato la sua chiesa di gente che aveva un debito nei confronti di questo sacerdote buono e sapiente. Anche il parroco attuale, che gode i frutti della sua seminagione a Bresso, già ne era stato successore a Gorgonzola, nel cui oratorio s. Luigi entrambi avevano iniziato a camminare come preti, in tempi diversi: don Giuseppe nel 53, l attuale parroco nell 85. La parrocchia ha predisposto un pullman che si è prontamente riempito per i funerali a Lecco, lunedì 26; altri bressesi sono giunti in auto; e si sono uniti ai molti preti presenti alle esequie, ai lecchesi, e alla gente di Gorgonzola e di Cinisello (dove don Giuseppe fu parroco dal 1970 al 1984). La redazione della Squilla, da lui amata e diretta per 21 anni, si è aggiunta al cordoglio e alla riconoscenza e ha affidato a due sacerdoti che hanno accompagnato i passi bressesi di don Huonder il ricordo e la riconoscenza. Ricordandolo, pensiamo che una vita così è davvero una vita ben spesa. Dio conceda a tutti, ognuno nella propria vocazione, di spendere così la propria avventura umana. GIOVEDÌ 27 DICEMBRE NELLA S. MESSA DELLE ORE 9 RICORDEREMO I NOSTRI PARROCI DON GIUSEPPE HUONDER E DON GIUSEPPE RE DIONIGI L evento del Milano Family non si consuma: si approfondisce Un evento non si consuma: si approfondisce. E un evento come l Incontro mondiale delle famiglie merita attenzione ben oltre il suo svolgersi. Così i Gruppi famigliari delle nostre parrocchie bressesi -che si riuniscono mensilmente all oratorio- hanno voluto riprendere le parole del Papa consegnateci lo scorso giugno. Così è stata occasione di far risuonare il suo magistero dentro le nostre esperienze di famiglia: le risposte alle domande della Festa delle Testimonianze e l Omelia della Messa a Bresso e le parole alla città dette dal Papa al mondo della politica e della cultura a Milano. Molte famiglie e molti singoli si sono accostati a questi appuntamenti: nella chiesa è doveroso ascoltare il magistero per orientare la nostra fede, ma è altrettanto doveroso dialogare tra noi e ascoltare la vita dei semplici fedeli laici nelle loro varietà di storie. Non solo ci si accorge così della saggezza del magistero, ma ci si accorge della bellezza dell azione dello Spirito nella vita di molti. Un esempio di metodo che va continuato anche nel futuro. 5

notiziario Il 12 gennaio inizia il percorso VERSO LA CRESIMA PER GLI ADULTI nella Parrocchia della Madonna della Misericordia Contattare la Parrocchia della Madonna della Misericordia Il 19 gennaio inizia il percorso VERSO IL MATRIMONIO CRISTIANO nella Parrocchia dei santi Nazaro e Celso Le iscrizioni in segreteria parrocchiale (lun-ven h. 17.30-19) Con un colloquio di conoscenza reciproca col parroco SABATO 15 dicembre 2012 ore 17.30-19 presso l ORATORIO SAN GIUSEPPE Santi vicini. Mariacristina, una sposa, una madre. Mariacristina Cella Mocellin, moglie e madre di Cinisello, ha impostato la sua vita all insegna della fede e del dono. Perciò è in corso il suo processo di beatificazione Con la testimonianza di Carlo Mocellin marito di Mariacristina I partecipanti al corso verso il matrimonio cristiano dell autunno 2012. Buon cammino, ragazzi! 6

notiziario 7

notiziario 8

notiziario 3ª età Gruppo parrocchiale Terza Età Programma attività mese di Dicembre Giovedì 6: Ore 15 Festa di compleanno Sabato 8: Ore 15,30 in Chiesa: Rosario a cui seguirà l omaggio floreale alla Castela Giovedì 13: Ore 15 Ricreativo. In...canto: Auguri e canti di Natale Giovedì 20: Ore 15 Tombolata di Natale *****-------------------------------------***** A tutti l augurio di un Santo Natale di gioia e di un Nuovo Anno che porti pace nei cuori per diffonderla nel mondo. Presso le Acli: 7-8-9 MOSTRA STRAORDINARIA DI LAVORI ARTIGIANALI di maglia, taglio e cucito a cura delle nostre mamme e nonne Il nostro contributo al servizio dei più deboli 9

vira parrocchiale Il nostro don Gianfranco ricorda don Giuseppe Mi ha insegnato a gustare la bellezza di essere prete Un discepolo innamorato del Signore Gesù. Un lavoratore instancabile nella vigna del suo Signore. Un pastore buono di don Gianfranco Radice Insieme a don Giuseppe ho condiviso la vita di questa comunità parrocchiale per ben diciassette anni e quindi mi sento di dire oggi che lui è stato per me un padre, un amico e soprattutto un maestro che mi ha insegnato a gustare sempre di più la bellezza di essere prete. Per questo dono non cesserò mai di ringraziare il Signore. Che cos è stato per noi don Giuseppe? È stato un discepolo innamorato del Signore Gesù. È stato un lavoratore instancabile nella vigna del suo Signore. È stato un pastore buono sempre a disposizione delle pecorelle a lui affidate. Discepolo innamorato: bastava vederlo pregare o incontrarlo in confessionale per riconoscere in lui quella mitezza che Gesù ci ha insegnato, quella gioia di vivere che si esprimeva in entusiasmo per la vita e per tutte le cose belle. Lavoratore instancabile: riteneva che i suoi malanni fisici fossero cosa da poco a fronte dell urgenza degli impegni che gli venivano dalla sua responsabilità pastorale. Nel suo operare si ispirava alla spiritualità ignaziana e agiva come se tutto dipendesse da Dio e come se tutto dipendesse da te. Pastore buono: con semplicità e letizia (come dimenticare il suo caratteristico sorriso?) viveva, giorno dopo 10 giorno, le opere di misericordia. Basti dire che, in casa parrocchiale, telefono e citofono squillavano continuamente e che lui, come se niente fosse, era sempre disponibile per tutti. Don Giuseppe spezzava per noi il Pane della Parola dopo averla a lungo meditata e ruminata. L ha fatto senza dar mai l impressione di possedere in tasca la verità, anzi sempre pronto a cercarla insieme a tutti.

vita parrocchiale Spezzava per noi il Pane dell Eucaristia, davanti alla quale trascorreva lunghe ore in adorazione, perché diventasse nutrimento per la nostra vita. Pertanto è stato un segno di comunione viva in mezzo a noi con la sobrietà del suo stile e le scelte di ogni giorno, tenendo aperta la porta della sua casa a tutti, andando a cercare chi lo chiamava o chi sapeva trovarsi nella sofferenza; riservando a ognuno il suo tempo in ascolto autentico, e una parola che toccava il cuore. Gesù nel vangelo dice: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. Ecco in che modo siamo stati invitati a guardare alla vita e alla morte dal nostro caro don Giuseppe: con la serena certezza che ora egli è entrato per sempre nella vita di Dio. E ora, senza dubbio, gli fanno festa tutti i suoi parrocchiani che lo hanno 11 preceduto e che egli ha accompagnato in quel passaggio difficile e oscuro; quanti egli ha riconciliato con Dio, tutti quelli che sono stati da lui aiutati a seguire il Signore Gesù.

vira parrocchiale Un coadiutore ricorda il suo primo parroco Ha amato in ogni circostanza Ho sempre avuto l impressione di un uomo che non ha mai cercato nulla, ma ha obbedito sempre di don Alessandro Fusetti La memoria è come un fiume: nel suo alveo scorrono continuamente ricordi. Ci sono momenti di magra: sembra che non ci sia nulla da ricordare. Ci sono momenti di piena: i ricordi diventano come l acqua che ci invade. Ricordiamo continuamente fatti, parole, espressioni, sensazioni legati a un volto, a un momento, a una circostanza. È ciò che sta accadendo a me in queste ore segnate dalla Pasqua di don Giuseppe. Ma un fiume in piena è pericoloso: bisogna rafforzare gli argini per evitare che la gran massa d acqua diventi un onda che mette sottosopra tutto. Così i ricordi: hanno bisogno di essere interpretati correttamente e raccontati con ordine e pacatamente affinché non mettano sottosopra il cuore ma, al contrario, facciano nascere nell intimo un moto di riconoscenza e un desiderio di vivere meglio la vita terrena che ci è donata. Ma come mettere in ordine tutta la fiumana dei ricordi di queste ore? 12 Mi faccio guidare dall immaginetta commemorativa del suo cinquantesimo di ordinazione sacerdotale. Don Giuseppe aveva scelto di mettere le immagini delle chiese della sua vita: la basilica di San Nicolò di Lecco, le chiese di Gorgonzola, di Cinisello e di Bresso. Don Giuseppe nella sua vita ha amato molto. Ha amato in ogni circostanza. Questa è la prima cosa da ricordare. Non era un uomo perfetto: ha fatto sbagli, aveva difetti... ma occorre riconoscere che ha amato sempre. In don Giuseppe (anche nei suoi sbagli) non c era cattiveria. Ha amato la Chiesa ambrosiana: c è una foto in cui, sulla porta della chiesa di Bresso, accoglie il Card. Martini in visita pastorale. È impressionante vedere come don Giuseppe guarda il suo Arcivescovo: con ammirazione. Don Giuseppe conservava anche una foto simile che lo ritraeva con il Card. Montini: stesso sguardo. Don Giuseppe era un prete che ha amato la Chiesa, i suoi pastori, la sua gente. La frase messa tra quelle immagini era: Gesù mi disse: Giuseppe, va e annuncia la lieta notizia. E così ha fatto. Ha obbedito. Ritengo che il Signore mi abbia fatto un dono enorme: i miei primi sette anni di vita sacerdotale passati con un uomo che non aveva in mente onori, titoli, carriere. Ho sempre avuto l impressione di una persona che non ha mai cercato nulla, ma ha obbedito sempre. Oggi obbedienza è ritenuta da molti parola sterile, atteggiamento che non porta a nulla. Ma se osservassimo la pace, la serenità, la lucidità con cui don

vita parrocchiale Giuseppe ha vissuto gli ultimi anni e mesi della sua vita, allora dovremmo considerare che obbedire a Dio è atteggiamento promettente per la vita. E poi la preghiera che c era sul retro dell immaginetta. Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di fanciullo, puro e limpido come sorgente. Ottienimi un cuore semplice, che non si ripieghi sulle proprie tristezze; un cuore generoso nel donarsi, pieno di tenera compassione; un cuore fedele e aperto, che non dimentichi alcun bene, e non serbi rancore di alcun male. Creami un cuore dolce e umile, che ami senza esigere d essere riamato, felice di sparire in altri cuori sacrificandosi davanti al tuo Figlio divino. Un cuore grande e indomabile, che nessuna ingratitudine possa chiudere e nessuna indifferenza stancare. Un cuore tormentato dalla gloria di Gesù Cristo, con piaga che non rimargini se non in Cielo. Santa Maria. Eccolo che lo rivedo in chiesa, sulla prima panca, il pomeriggio, a dire il rosario con la sua coroncina marroncina di plastica (perché, non me ne voglia il don Giuseppe, ma non aveva uno spiccato gusto estetico). Conservami un cuore di fanciullo. Don Giuseppe era così. Capace di stupore. Il bello di don Giuseppe era che si stupiva del volto delle persone (comprese le più quotidiane). Suonavi il campanello, la porta te l apriva lui con il suo immancabile wellà (che partiva automaticamente anche per telefono). Sarà forse azzardato: ma dietro quello stile si può vedere il suo cuore. Lascio immaginare ai lettori come sarebbe 13 bello vivere ogni relazione quotidiana con questo stupore. Ottienimi un cuore semplice. Don Giuseppe non era sofisticato. Te ne accorgevi dalle cose piccole: da come vestiva, dal suo fastidio per i paludamenti liturgici (da me invece, a quei tempi, molto amati). Te ne accorgevi persino dal cibo: amava la pasta al sugo. Un giorno che l avevo accompagnato fino a Padova per organizzare un pellegrinaggio parrocchiale, in un ristorante ben fornito di pregiato menù, ha lasciato basito il cameriere dicendo: Io voglio la pastasciutta. Questa semplicità va letta bene: è il valore della sobrietà evangelica. Che non si ripieghi sulle proprie tristezze. Posso dire che don Giuseppe ha vissuto anche questo tratto lieto della vita. Io andavo a lamentarmi e lui mi diceva: Raglio d asino non sale in Cielo. Andavo a lamentarmi e lui mi parlava della Divina Provvidenza. Non serbi rancore per alcun male. Litigavamo, semplicemente perché io, da buon comasco, ero duro di testa e lui, da buon lecchese, era testardo. Ma il giorno non finiva senza l immancabile telefonata Don Giuseppe, mi scusi per oggi, Wellà, assistente (così mi chiamava), oggi ho alzato la voce. Quando domandavo scusa io, la risposta era: Andiamo avanti e quando mi chiamava lui, dicevo anch io la stessa cosa. La cosa bella di don Giuseppe era che non portava rancore. Non mi ha mai rinfacciato nulla. Il male veniva cancellato dalla misericordia. Anche questo è scritto nella preghiera: non serbi rancore di alcun male. A volte non gli sono stato grato: nella supponenza giovanile non vedevo tutto quello che faceva. E in questi casi egli viveva nei miei confronti (e nei confronti di altri che, come me, erano ciechi di fronte al bene che

vita parrocchiale faceva) quella frase che dice: un cuore che nessuna ingratitudine possa chiudere. Un cuore dolce. Don Giuseppe, quando era necessario, era dolce. Ricordo al mio terzo anno di permanenza a Bresso. Le cose, a mio giudizio, andavano male. Sentivo tante lamentele, tanto scontento. Ero intenzionato a rimettere il mio incarico, chiedere di andare via, e a lui lo avevo confidato. Sul momento non mi aveva detto nulla. Poi, qualche giorno dopo, mi ha chiamato, mi ha ricevuto nel suo studiolo (quello brutto, con gli armadi di ferro) e mi ha detto: Io ho pregato su quello che mi hai detto. Il problema è che stai pregando male. Erano le stesse cose che mi aveva detto il giorno prima il mio padre spirituale. E avevano entrambi ragione. A questo punto anche un comasco come me doveva arrendersi all evidenza: aveva parlato lo Spirito Santo. Un cuore tormentato dalla gloria di Gesù. Don Giuseppe era missionario. Aveva l asma, ma faceva ugualmente le benedizioni delle case. Una delle prime giornate a Bresso, facendo il giro dell oratorio (allora tutto sottosopra per lavori di ristrutturazione), mi ha portato nella cappellina e mi ha detto: Questo deve essere il cuore dell oratorio (indicando il tabernacolo). E ha aggiunto: L anno prossimo cento giovani (don Giuseppe a volte eccedeva nell ottimismo). Don Giuseppe, adesso preghi per me, preghi per i preti perché siano uomini come lo era Gesù. Preghi per la sua Chiesa, perché possa cercare di essere riflesso della bellezza vera di Dio che Gesù ci rivela. Preghi per la sua gente di Bresso, che ha amato fino all ultimo. L ultima volta che ci siamo visti era fine settembre. Mi ha chiesto di me, della mia parrocchia, dei miei ragazzi. Poi il discorso è andato subito a Bresso, in via Galliano: ricordava l oratorio, che amava tantissimo. Ci siamo scambiati un saluto che aveva il sapore del congedo. E così è stato. Si è congedato così: dicendo grazie a me. Adesso il grazie deve essere tutto mio nostro nei suoi confronti. 14

colori dell oratorio Oratorio e disabili Oratorio domenicale X tutti Questo è il nome della nuova avventura dell oratorio s. Giuseppe di Nicoletta Zeni Dopo le vacanze estive mio nipote Jack è venuto a passare un pomeriggio da noi, naturalmente mia figlia Milly non l ha lasciato solo neppure un istante. Dopo qualche ora Jack mi raggiunge in cucina chiedendomi: Ma zia, Milly ha degli amici?. Certo rispondo io. Ma quanti: uno o due o di più?, insiste lui. Sono circa una decina i compagni con cui gioca più volentieri e che amano stare con lei, rispondo. Rassicurato, Jack torna ai suoi giochi, lasciandomi a riflettere come è vero che siamo creati per non restare soli ed anche per un bambino di sei anni l amicizia è essenziale. Ma come fanno di solito i bambini, inseguendo i loro pensieri, più tardi ritorna alla carica: Ma zia, i suoi amici la capiscono? Perché sai io non la capisco. Certo, Milly non parla e comunica con i gesti e non è subito comprensibile e mi è tornato alla mente un episodio avvenuto la settimana precedente. Eravamo in ospedale per un controllo ed il tempo dell attesa, come spesso succede, si è protratto notevolmente, per cui Milly con il suo deambulatore scorazzava per i corridoi del reparto attratta da tutti i bambini presenti; ad un certo punto ha iniziato a giocare con due fratellini 15 seduti sullo scivolo, indicando loro alcune cose, con insistenza, finché uno dei due ha sbottato: Ma cosa vuole? Io non capisco!. Gli ho tradotto il significato dei vari gesti, ma lui ha continuato ad insistere: Non capisco!. Allora è intervenuta la mamma, ed io un poco prevenuta mi aspettavo le solite raccomandazioni fatte sottovoce ai figli che si imbattono con la disabilità, invece questa giovane donna ha detto al figlio: Non vedi? Cerca di osservare i gesti che ti fa la bambina! ma il figlio insisteva: Io non capisco!. A quel punto la mamma ha detto: Allora il problema non è lei, sei tu, sei tu che non sai osservare!. Da quel momento, cambiando lo sguardo, il bambino è stato capace di giocare. Sono rimasta stupita dalla saggezza della giovane mamma straniera, che in un modo così semplice ha saputo insegnare al figlio a relazionarsi con il diverso.

colori dell oratorio Questi due episodi apparentemente piccoli sono serviti per spiegare agli adolescenti la nuova attività caritativa che sarebbe partita in oratorio due domeniche pomeriggio al mese, cioè la possibilità anche per i bambini ed i ragazzi disabili di vivere insieme l oratorio domenicale. Il cammino che ci ha portati a questo è stato lungo. E partito dall accoglienza del don Pier in oratorio a un gruppo di mutuo-aiuto delle mamme dei ragazzi disabili, che circa due anni fa aveva bisogno di un luogo per degli incontri quindicinali. Alle mamme poi si sono uniti anche i figli, invitati (e accolti) dal don Pier così: Voglio che i vostri figli imparino a stare con i bambini dell oratorio, ed i miei bambini a stare con loro ; in questo modo mentre le mamme facevano il loro percorso, i bambini giocavano negli spazi dell oratorio con le loro educatrici. Però il desiderio era quello che l oratorio potesse diventare anche per i nostri figli disabili un luogo educativo, ma cos altro fare? Il don Pier, sempre molto disponibile, continuava a provocarci: Inventate qualche cosa!... Nel frattempo a Bresso è arrivato il Santo Padre che durante la Festa delle Testimonianze ha detto: Questo pregare non è solo dire parole, ma apre il cuore a Dio e così crea anche creatività nel trovare soluzioni. Speriamo che il Signore ci aiuti, che il Signore vi aiuti sempre!. Colpiti da queste parole (sembravano dette proprio a noi!) abbiamo iniziato a pregare per questo, chiedendo anche al don di farlo. E così, a partire dal mese di novembre, dieci ragazzi preadolescenti con sei più grandi hanno deciso di affiancare i bambini disabili e le loro mamme durante l oratorio domenicale. Questo è solo l inizio non sappiamo dove ci porterà, ma ci affidiamo alle preghiere di tutti certi che Dio non fa nulla per caso. 16

colori dell oratorio I nostri dodicenni raccontano I Duemila a Torino I preadolescenti dei tre oratori di Bresso nella città di don Bosco e dei santi della carità di Marta Ferrari Siamo partiti sabato 2 novembre, di mattina, infreddoliti e mezzo addormentati, ma via via l entusiasmo è diventato palpabile e la curiosità brillava negli occhi. Ci siamo lasciati condurre a Torino, fiduciosi anche se ignari di ciò che effettivamente ci aspettava una volta giunti nel capoluogo del Piemonte. Qui avremmo avuto la possibilità di conoscere figure quali San Giovanni Bosco e San Giovanni Benedetto Cottolengo e di visitare quella città passando per chiese, mostre e monumenti... Ma sarebbe limitante ridurre questi due giorni al semplice racconto delle cose viste, perché l esperienza più significativa rimane il toccare con mano le 17 situazioni che ci è stato donato di conoscere, aiutandoci l un l altro a gustare la bellezza di ciò che avevamo davanti. Abbiamo avuto infatti la fortuna di entrare in contatto con persone straordinariamente forti, che hanno affrontato la loro vita con coraggio nonostante le difficoltà, come Angela, un ospite della Piccola Casa della Divina Provvidenza, non vedente e sordomuta, la quale è riuscita comunque a vivere serenamente, credendo in Dio e imparando a comunicare, con i propri mezzi, con il sostegno di persone che dedicano la loro esistenza ad aiutare gli altri. È stata un esperienza toccante che ha colpito tutti. Abbiamo visto sul viso di quella donna una felicità senza paragoni, la quale fa riflettere, poiché noi, che siamo molto più fortunati, non ci rendiamo conto del bene che saremmo in grado di fare. Abbiamo vissuto due giorni intensi da protagonisti: tutti ci siamo messi in gioco, permettendo a ciò che avevamo di fronte di scombussolarci un po, facendo sorgere in noi domande, ma non sempre risposte. E sono proprio quei dubbi in sospeso che spingono a ricercare e ad approfondire, a non accontentarsi. Perché è questo che ci è stato insegnato: mai limitarsi a guardare, ma andare fino in fondo alle cose, senza mai tirarsi indietro se ci viene chiesto di agire; donare se stessi per gli altri, come don Bosco fece per i suoi ragazzi e le suore della Piccola Casa fanno per i bisognosi. Un esperienza che rimarrà nel cuore.

approfondiamo I discorsi di Benedetto XVI e la sorpresa che non c è I passi del cristianesimo sono i passi della democrazia di Giacomo Samek Lodovici 18 Per due volte nel giro di dieci giorni il Papa è intervenuto sul nesso tra cristianesimo e democrazia: «Le comunità cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi, hanno fortemente contribuito alla presa di coscienza delle persone e dei popoli circa la propria identità e dignità, nonché alla conquista di istituzioni democratiche e all affermazione dei diritti dell uomo e dei suoi corrispettivi doveri». Ad alcuni potrà sembrare un affermazione sorprendente, sia perché la Chiesa viene accusata di essere antidemocratica, sia perché la democrazia l hanno inventata i greci. Ora, è vero che la democrazia è nata nell Ellade, ma non era e non poteva essere compiuta. Infatti, una democrazia compiuta è un sistema politico in cui ogni essere umano conta quanto gli altri ed è pari agli altri in dignità, perciò nessuno è escluso dalla partecipazione al voto (purché sufficientemente maturo, con un età scelta convenzionalmente) e tutti godono degli stessi diritti. Tra gli antichi greci le cose non stavano così, perché essi riconoscevano la dignità e quindi i diritti del cittadino maschio adulto, ma li negavano alle donne, ai bambini, agli stranieri e giustificavano la schiavitù ( ). Invece, come riconoscono gli esperti di storia delle idee, l avvento del messaggio cristiano proclamato dalla Chiesa coincide con l affermazione dell uguale, intangibile e incommensurabile dignità di ogni essere umano di fronte a Dio, al punto che per ogni uomo Cristo muore sulla Croce. Lo conferma un insospettabile come Nietzsche, che fu un feroce nemico del cristianesimo, accusato di proteggere ogni uomo, anche il debole, anche il malato, anche il malriuscito, così impedendone l eliminazione, che egli considerava rigeneratrice. «Davanti a Dio scrive Nietzsche tutte le anime diventano uguali; ma questa è proprio la più pericolosa di tutte le valutazioni possibili! Se si pongono gli individui come uguali [...] si favorisce una prassi che mette capo alla rovina della specie; il cristianesimo è il principio opposto a quello della selezione. [...] Questo amore universale per gli uomini è in pratica un trattamento preferenziale per tutti i sofferenti, falliti, degenerati: esso ha in realtà abbassato la forza, la responsabilità, l alto dovere di sacrificare uomini. [ ] E questo pseudo-umanesimo che si chiama cristianesimo vuole giungere appunto a far sì che nessuno venga sacrificato». Il messaggio cristiano ha portato, nel corso dei secoli, all effettiva realizzazione della democrazia e del suffragio universale. Al riguardo potremmo moltiplicare le citazioni, ma può essere sufficiente l affermazione di un prestigioso intellettuale cinese non cristiano (citato dal sociologo delle religioni Rodney Stark) che, comprensibilmente, ha preferito rimanere anonimo: «Il cuore della vostra cultura è la vostra religione, il cristianesimo. È questa la ragione per cui l Occidente è diventato così potente. Il fondamento morale cristiano della vita sociale e culturale è il fattore che ha reso possibile [...] la transizione a una politica democratica. Non abbiamo alcun dubbio in proposito». Incredibile è che ce ne siano nel nostro spicchio di mondo. Tratto da Avvenire del 14/01/2011

civica Il Centro della Famiglia del decanato di Bresso compie vent anni Vicino alla famiglia anche in questi tempi duri Un punto di riferimento per i cittadini, una responsabilità per i cristiani delle nostre parrocchie di Elena Casati, assistente sociale Il Centro della Famiglia di Bresso ha tagliato il traguardo dei venti anni di attività dalla sua fondazione: nel lontano 1992 un gruppo di volontari dava vita a questa esperienza di aiuto e sostegno alle famiglie delle comunità del decanato di Bresso. Da allora il Centro è diventato un Consultorio Familiare accreditato dalla Regione Lombardia ed è rimasto intatto il compito di aiuto alle persone, alle coppie e alle famiglie in difficoltà. degli anni hanno collaborato con il Centro della Famiglia, delle autorità civili, di esponenti delle associazioni territoriali e di semplici cittadini. Dopo un momento iniziale di preghiera, alla presenza del Vicario Episcopale Mons. Piero Cresseri, sono giunti i saluti e i ringraziamenti da parte del presidente, don Luigi Fumagalli, e del direttore, il dottor Alfio Regis, che hanno rilevato come la celebrazione dei vent anni del Centro della Famiglia vuol essere un occasione per fare un bilancio di Abbiamo così deciso di festeggiare il 20 anniversario di fondazione sabato 13 ottobre 2012 presso la parrocchia Regina Pacis di Cusano Milanino. Il pomeriggio di festa ha visto la partecipazione dei soci fondatori (rappresentati dai parroci delle parrocchie del decanato di Bresso), dei volontari e dei professionisti che nel corso 19 quanto è stato realizzato e per rilanciare le attività del consultorio verso nuove sfide da affrontare. Ha poi preso la parola il sindaco di Bresso, Fortunato Zinni, che ha sottolineato come il Centro della Famiglia è un punto di riferimento per i cittadini, soprattutto in un momento di difficoltà come quello attuale. Era presen-

civica te anche Maria Gaetana Cannatelli, vicesindaco di Cusano Milanino, che a nome dell Amministrazione Comunale e di tutti i cittadini ha rivolto parole di appoggio e di incoraggiamento per il lavoro svolto e per gli impegni futuri. Sono quindi intervenuti alcuni operatori del Centro, che hanno presentato una panoramica delle attività di consulenza e prevenzione attivate dal consultorio: dalle consulenze psicosociali, psichiatriche e legali, ai percorsi per adolescenti e pre-adolescenti attivati nelle scuole del territorio; dai progetti di aiuto alle famiglie in difficoltà e non, ai corsi per fidanzati, fino alle attività di formazione per nonni. Al termine degli interventi è stato proiettato un filmato, realizzato dalla cooperativa sociale E.S.T.I.A., dal quale, attraverso le testimonianze di persone che si sono rivolte al Centro della Famiglia, è emerso il ruolo centrale del Consultorio nell affrontare il periodo di difficoltà che costoro stavano o stanno passando. Grazie a interviste e immagini sono state presentate le origini del consultorio e la storia attuale, terminando con gli auguri dei sacerdoti fondatori per il futuro. Il momento centrale del pomeriggio di festa ha avuto inizio con un intervento di don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile Beccaria, dal titolo La bellezza delle relazioni. Con esempi tratti dalla sua esperienza di prete e di educatore, don Rigoldi ha posto l accento sulle relazioni nella vita delle persone: 20 Il compito principale degli esseri umani, soprattutto dei cristiani, è quello di costruire relazioni. La felicità umana si basa sulla qualità dei rapporti che si hanno all interno della comunità. Per stare bene, ognuno deve sentirsi valorizzato all interno del gruppo per quello che è. La voglia di volersi bene fa cambiare le persone, le fa aprire. Ascoltare significa entrare in relazione profonda con l altro, significa considerare l altro importante, significa riconoscergli la volontà di costruire insieme un percorso di vita in cui, prima ancora che gli insegnamenti morali, valgono l amore e la solidarietà reciproci. Il pomeriggio si è poi concluso con la celebrazione eucaristica dei parroci soci, presieduta dal Vicario Episcopale insieme a Mons. Giampiero Castelli, fondatore del Centro Famiglia.