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www.expartecreditoris.it REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE di ROMA Nona sezione civile Il Giudice, in composizione monocratica, dott.ssa Stefania Garrisi, udite le conclusioni delle parti di cui al presente verbale e la discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. omissis del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2014 proposta da: MUTUATARI BANCA OGGETTO: contratto di mutuo E -attori- -convenuta- CONCLUSIONI: Come da verbale dell odierna udienza. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione regolarmente notificato MUTUATARI convenivano, innanzi a questo Tribunale, la BANCA chiedendo, previo accertamento dell applicazione da parte della convenuta di tassi di interesse usurari al contratto di mutuo ipotecario a tasso fisso indicato in atto di citazione, di: 1) dichiarare l illegittimità delle clausole relative alle pattuizioni degli interessi contenute nel contratto di mutuo e per l effetto, stante la gratuità del mutuo, rideterminare gli importi dovuti espungendo tutte le somme indebitamente percepite dalla banca a titolo di interessi; 2) condannare la Banca alla restituzione di tutte le somme eventualmente corrisposte in eccesso previa compensazione con quanto eventualmente dovuto da parte attrice; 3) effettuare la corretta segnalazione del presente procedimento in Centrale dei Rischi sotto la voce stato del rapporto come contestato, ai sensi del 13 e 14 aggiornamento della Circolare Banca d Italia 11.2.1991 n. 139 e successive modifiche ed integrazioni e di cancellare l eventuale segnalazione a sofferenza che l istituto di credito possa aver effettuato. Si costituiva in giudizio la BANCA la quale resisteva nel merito alla domanda attrice chiedendone il rigetto. Senza necessità di attività istruttoria la causa, all odierna udienza, veniva discussa dalle parti e decisa ex art. 281 sexies c.p.c. 2. Lamenta parte attrice l applicazione di interessi usurari sulla base dell inclusione del tasso moratorio nel calcolo dell usura nonché omissis dell applicazione dell ammortamento alla francese.

Dal primo punto di vista occorre considerare l irrilevanza, ai fini del superamento delle soglie fissate ai sensi della Legge n. 108/96, degli interessi moratori. Sotto questo profilo, è noto che secondo Cass. civ., 9 gennaio 2013, n. 350, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori. Siffatta pronuncia richiama espressamente quanto affermato da Corte Cost., 25 febbraio 2002, n. 29, per la quale il riferimento, contenuto nell'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli interessi "a qualunque titolo convenuti" rende plausibile... l'assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori, e si pone sulla scia dell orientamento espresso, tra le altre, da Cass.. 4 aprile 2003, n. 5324, Cass. 17 novembre 2000, n. 14899, e Cass. 22 aprile 2000, n. 5286. Tuttavia, il riferito orientamento giurisprudenziale, benché autorevole, non appare condivisibile in quanto sembra trascurare la diversa funzione assolta dagli interessi corrispettivi e dagli interessi moratori, i primi, costituenti il corrispettivo previsto per il godimento diretto di una somma di denaro, avuto riguardo alla normale produttività della moneta (cfr. Cass. 22 dicembre 2011, n. 28204), i secondi, rappresentanti una liquidazione anticipata, presuntiva e forfettaria del danno causato dall inadempimento o dal ritardato adempimento di un obbligazione pecuniaria. Difatti, il tasso di mora ha un autonoma funzione risarcitoria per il fatto, solo eventuale e imputabile al mutuatario, del mancato o del ritardato pagamento e la sua incidenza va rapportata al protrarsi ed alla gravità della inadempienza, del tutto diversa dalla funzione di remunerazione propria degli interessi corrispettivi (cfr. Trib. Milano, 22 maggio 2014; Trib. Verona, 9 aprile 2014; Trib. Brescia, 16 gennaio 2014). Sebbene la distinzione tra le due figure risultasse meno sfumata sotto il vigore dell art. 41 cod. comm., il quale ammetteva l automaticità della produzione di interessi non moratori limitatamente ai soli rapporti oggettivamente commerciali, non può per ciò solo ritenersi che l art. 1282 c.c. sia sovrapponibile all art. 1224 c.c. e che, dunque, gli interessi corrispettivi e quelli moratori possano porsi sullo stesso piano, in quanto, come evidenziato anche da autorevole dottrina, sono identificabili diverse situazioni in cui si verifica un esigibilità o un ritardo nel pagamento senza una corrispondente situazione di mora (quale, ad esempio, il caso del corrispettivo pecuniario divenuto esigibile per l appaltatore dopo la consegna e l accettazione dell opera da parte dell appaltante, esigibile anche qualora non sia decorso il termine per l adempimento), situazioni riconducibili nell alveo della prima disposizione, ma non in quello della seconda, il cui ambito di applicazione è circoscritto in quello della prima. Le due tipologie di interessi si distinguono anche sul piano della disciplina applicabile, in quanto gli interessi moratori sono dovuti, a differenza di quelli corrispettivi, dal giorno della mora e a prescindere dalla prova del danno subito, ai sensi dell art. 1224, primo comma, c.c., e vengono introdotti coattivamente ex lege, per il caso dell'inadempimento, anche in un rapporto contrattuale che non li abbia originariamente previsti, attesa la loro natura latamente punitiva (cfr. Trib. Roma, 16 settembre 2014). Inoltre, le due figure di interessi si pongono in rapporto di alternatività, in quanto la lettura congiunta degli artt. 1182, terzo comma, e 1219, secondo comma, punto terzo, c.c., porta ad affermare che qualora si tratti di obbligazioni pecuniari portables e sia scaduto il termine per l'adempimento, l'ambito di applicazione dell'art. 1282 c.c., riconducibile agli interessi corrispettivi, risulti completamente affievolito. Difatti, non appena il credito diventa liquido ed esigibile si costituiscono le condizioni ed i presupposti per l'applicazione dell'art. 1224 c.c., norma questa prevalente in base al principio di

specialità ex art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, sicché in tal caso interessi corrispettivi ed interessi moratori, in via di principio, non si cumulano, ma sono dovuti solo i secondi (cfr. ABF - Collegio di Milano, 3 giugno 2014, n. 3577; ABF - Collegio di Napoli, 20 novembre 2013, n. 5877). In considerazione della evidenziata funzione di liquidazione forfettaria e anticipata del danno da inadempimento assolta dagli interessi moratori, a questi va applicata la disciplina prevista per la clausola penale, con la conseguenza che, qualora la loro misura sia eccessiva, troverà applicazione lo strumento della riduzione giudiziale ex art. 1384 c.c., ma non potrà farsi ricorso alla loro completa eliminazione (cfr. Trib. Napoli, 12 febbraio 2014; ABF - Collegio di coordinamento, 28 marzo 2014, n. 1875; ABF Collegio di Napoli, 13 gennaio 2014, n. 125). Il disatteso orientamento seguito dalla citata Cass. n. 350/13 sembra porsi in contrasto anche con la ratio sottesa alla fattispecie delittuosa del reato di usura, che sanziona, all art. 644 c.p., la condotta di chi si fa dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari quale corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, da individuarsi, come desumibile anche dal disposto del comma terzo del medesimo articolo, nel divieto di convenire un corrispettivo sproporzionato per la concessione in godimento del denaro di altra utilità. Pertanto, assumono rilevanza ai fini dell integrazione degli estremi dell usura, solo quelle prestazioni di natura corrispettiva (siano esse interessi convenzionali, remunerazioni, commissioni o spese diverse da quelle legate ad imposte e tasse) legate alla fisiologica attuazione del programma negoziale, non essendo possibile estendere l ambito di applicazione della fattispecie in esame anche alle prestazioni riconducibili alla mora debendi (cfr. Tribunale Verona 9 aprile 2014; in materia penale, vedi Trib. Torino, GUP, 10 giugno 2014). Tale interpretazione appare suffragata dalla stessa giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che la "clausola penale" per la sua funzione (desumibile dal dettato degli artt. 1382-1386 c.c.) ex se, non può essere considerata come parte di quel "corrispettivo" che previsto dall'art. 644 c.p. può assumere carattere di illiceità, poiché sul piano giuridico l'obbligazione nascente dalla clausola penale non si pone come corrispettivo dell'obbligazione principale, ma come effetto derivante da una diversa causa che è un inadempimento, a meno che le parti non abbiano dissimulato il pagamento di un corrispettivo, attraverso un simulato e preordinato inadempimento (cfr. Cass.,Sez. II, n. 5683 del 25/10/2012 - dep. 05/02/2013). Non appare decisivo, in senso opposto, il dettato dell art. 1 comma 1, d.l. n. 394/00, convertito, con modificazioni, nella Legge n. 24/01, secondo cui ai fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale e dell'articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento, emanata al dichiarato fine di evitare effetti pregiudizievoli in ordine alla stabilità del sistema creditizio nazionale che sarebbero potuti derivare dall orientamento giurisprudenziale (v. Cass. n. 14899/00, cit.) propenso a riconoscere la sopravvenuta usurarietà dei tassi di interesse, benché legittimi al momento della conclusione del contratto di mutuo, per effetto della variazione medio tempore del c.d. tasso-soglia. Non sembra, infatti, potersi riconoscere a tale norma, in considerazione della sua natura di interpretazione autentica, carattere innovativo rispetto alla disciplina dettata dall art. 644 c.p. e, come tale, idonea ad ampliare la fattispecie delittuosa del reato di usura, includendo anche oneri non ricollegabili alla erogazione del credito. Sotto altro profilo, occorre rilevare che i decreti del Ministero dell economia e delle finanze con cui, in attuazione della l. n. 108/96, sono periodicamente individuati i tassi effettivi globali medi rilevanti ai fini dell usura non tengono in considerazione gli interessi moratori.

Sul punto, a partire dal d.m. 25 marzo 2003, si è avuto cura di precisare espressamente che i tassi effettivi globali medi non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento e che l'indagine statistica condotta a fini conoscitivi dalla Banca d'italia e dall'ufficio Italiano dei Cambi già all epoca aveva rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali. In data 3 luglio 2013, successivamente all emanazione della richiamata pronuncia della Cassazione, la Banca d Italia ha diffuso un comunicato secondo il quale gli interessi di mora, pur essendo soggetti alla normativa anti-usura, sono esclusi dal calcolo del TEG, in ragione del fatto che trattasi di oneri eventuali la cui debenza ed applicazione cadono solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente e ha conseguentemente chiarito che, in assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori, la Banca d Italia adotta, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo. Appare, pertanto, del tutto incoerente e illogico prendere in considerazione, ai fini dell accertamento dell usurarietà dei tassi di interesse - laddove si sostenga la rilevanza a tali fini anche di quelli moratori - soglie determinate con riferimento ai soli interessi corrispettivi e a tutti gli oneri connessi all erogazione del credito. Pertanto, anche l interpretazione del dato normativo condotta sotto il profilo più strettamente economico conduce alla conclusione della impossibilità di attribuire rilevanza, ai fini del superamento del tasso soglia usurario, agli interessi moratori. D altra parte, come evidenziato nella richiamata comunicazione della Banca d Italia, l esclusione degli interessi moratori dal calcolo dell usura evita di considerare nella media operazioni con andamento anomalo, per cui se si prendessero in considerazione anche tali interessi, potrebbe determinarsi un eccessivo innalzamento delle soglie, in danno della clientela, così frustrando le finalità della normativa. Sarebbe d altro canto incongruo ritenere che l usurarietà degli interessi moratori possa essere accertata sulla base di un tasso soglia stabilito senza tener conto dei maggiori costi indotti, per il creditore, dall inadempimento del debitore (ABF, Collegio di Roma, decisione n. 260 del 17 gennaio 2014, www.arbitrobancariofinanziario.it). Da ultimo, va evidenziato che, diversamente opinando, secondo quanto stabilito dalla citata Cass. n. 350/13, si dovrebbe concludere nel senso della non coerenza dei decreti ministeriali emanati in attuazione della l. n 108/96 con la stessa legge, in quanto adottati sul non corretto presupposto della non rilevanza degli interessi moratori, con conseguente inapplicabilità a questi ultimi delle soglie fissate per i soli interessi corrispettivi e gli ulteriori oneri connessi all erogazione del credito. Dunque, ai fini del verificarsi dell usura il tasso di mora dovrà essere raffrontato al tasso soglia maggiorato dei 2,1 punti percentuali rilevati dalla Banca d Italia nell ambito dei suoi controlli sulle procedure degli intermediari. Di conseguenza, nel caso di specie, neanche l interesse di mora previsto contrattualmente al 8,985% (cfr. contratto di mutuo in atti), singolarmente considerato, può essere considerato usurario, non superando il tasso soglia usura del periodo, pari allo 8,985% rilevato, secondo le modalità innanzi indicate, con riferimento all epoca della stipulazione del contratto. Quanto alla presunta illegittimità del computo degli interessi operato dalla banca attraverso piano di ammortamento degli interessi alla francese, va osservato che la caratteristica di tale piano non è

quella di operare un illecita capitalizzazione composta degli interessi, ma soltanto quella della diversa costruzione delle rate costanti in cui la quota degli interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi rispetto al capitale. Gli interessi convenzionali sono quindi calcolati sulla quota capitale ancora dovuta e per il periodo di riferimento della rata, senza capitalizzare in tutto o in parte gli interessi corrisposti nelle rate precedenti. Né può sostenere che si sia in presenza di un interesse composto per il solo fatto che il metodo di ammortamento alla francese determina inizialmente un maggior onere di interessi rispetto al piano di ammortamento all italiana che, invece, si fonda su rate a capitale costante. In realtà, il piano di ammortamento alla francese risulta più rispettoso del principio di cui all art. 1194 c.c. in quanto prevede un criterio di restituzione del debito che privilegia, sotto il profilo cronologico, l imputazione ad interessi rispetto quella al capitale. Da disattendere quindi la censura relativa al metodo del c.d. ammortamento alla francese in relazione al quale, come è stato sostenuto dalla giurisprudenza di questa stessa sezione: si deve escludere che l opzione per l ammortamento alla francese comporti per sé stessa l applicazione di interessi anatocistici, perché gli interessi che vanno a comporre la rata da pagare sono calcolati sulla sola quota di capitale, e che il tasso effettivo sia indeterminato o rimesso all arbitrio del mutuante. Infatti, anche nel metodo di capitalizzazione alla francese gli interessi vengono calcolati sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a ciascuna rata, sicchè non vi è alcuna discordanza tra il tasso pattuito e quello applicato e non vi è alcuna applicazione di interessi su interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l importo già pagato con la rata o le rate precedenti (cfr. Tribunale di Roma, 9 sezione, ordinanza collegiale del 20.4.2015). Parte attrice non ha quindi assolto il proprio onere probatorio, che neanche poteva essere assolto tramite CTU, che è stata rigettata perché ritenuta del tutto esplorativa. E appena il caso di osservare che la consulenza tecnica d'ufficio non è un mezzo istruttorio in senso stretto ma rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, cui è rimessa la facoltà di valutarne la necessità o l'opportunità ai fini della decisione, nonché l'ambito di estensione. Essa può essere disposta solo per valutare fatti di cui sia già pacifica la dimostrazione e non può essere funzionale a soddisfare finalità esclusivamente esplorative: essa non può valere a eludere l'onere di allegazione e di prova incombente sulle parti processuali per la dimostrazione dei fatti posti a base delle pretese azionate, specie in un sistema processuale, come è il nostro, caratterizzato da preclusioni istruttorie. Ne consegue che la richiesta di consulenza tecnica non è ammissibile ove la parte tenda con essa a supplire l onere di allegazione e della prova sulla stessa gravante ovvero a compiere un'indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (cfr. Cassazione civile, sez. III, 26 febbraio 2003 n. 2887). Infatti,... il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerta di prove ovvero a compiere un attività esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati... (Cass. Civ., sez. 2, 15 aprile 2002, n. 5422 nonché, ex multiis, Cass. Civ., sez. 6, ordinanza n. 3130 del 08/02/2011). Ancora, la Suprema Corte ha rilevato che La consulenza non rientra nella disponibilità delle parti ma è rimessa al potere discrezionale del giudice, il quale esattamente decide di escluderla ogni

qual volta si avveda che la richiesta della parte tende a supplire con la consulenza la deficienza della prova o a compiere un'indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provate (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 06 dicembre 2011, n. 26151). L orientamento è stato confermato dalla Corte di Cassazione, che ha previsto la possibilità di finanche al limite costituito dal divieto di compiere indagini esplorative, quando l'accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l'ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo in questo caso consentito al c.t.u. anche di acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse" (Cass., sez. 3^, 14 febbraio 2006, n. 3191, m. 590615, cfr. Cass., civ., 15/03/2016, n. 5091). Nel caso di specie parte attrice non ha neanche prodotto una consulenza di parte a sostegno delle proprie pretese con la conseguenza che, come già statuito, la richiesta di CTU è del tutto esplorativa, mirando alla ricerca di elementi di prova che dovevano essere forniti dall attore. Anche la richiesta ex art. 210 c.p.c. è stata respinta in quanto superflua, attesa la presenza in atti del contratto di mutuo, necessario per la ricostruzione delle condizioni contrattuali. In conclusione, la domanda di accertamento dell applicazione, da parte della convenuta di interessi usurari o dell illecita capitalizzazione degli interessi relativi al contratto di mutuo ipotecario risulta infondata e, pertanto, non merita accoglimento. La condanna alle spese del procedimento, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando sulla domanda in epigrafe, ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disattese, così provvede: - rigetta la domanda proposta MUTUATARI - condanna MUTATARI, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di giudizio sostenute da BANCA che liquida in complessivi 1.400,00 per compenso professionale, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Roma, all udienza del 23 novembre 2016. Il Giudice dott.ssa Stefania Garrisi *Il presente provvedimento è stato modificato nell aspetto grafico, con l eliminazione di qualsivoglia riferimento a dati personali, nel rispetto della normativa sulla Privacy