OBIETTIVI GRANDANGOLI: MEGLIO ZOOM O FOCALE FISSA? L evoluzione tecnologica ci ha progressivamente messo a disposizione zoom grandangolari dalla focale sempre più spinta: vale ancora la pena di acquistare una focale fissa? Il chiostro dell Abbazia di Sénanque, in Provenza (Nikon F 801, AF Nikkor 18-35mm f/3.5-4.5 IF-ED, Velvia). Nella seconda metà degli anni 70 del secolo scorso è nata una tendenza che non si è più fermata, e che anzi continua tuttora. Era l aprile del 1975 quando Nikon presentò il 28-45mm f/4.5, il primo zoom grandangolare della storia della fotografia, caratterizzato da una buona qualità ottica, merito anche della ridotta escursione focale e della scarsa luminosità. Nel 1979 Nikon sostituì quell oggetto pionieristico con il 25-50mm f/4: il primo zoom grandangolare della casa di Tokyo che scendeva sotto i 28mm. Chi ha avuto la fortuna di usare quell obiettivo non lo dimenticherà mai. Senza distorsione né vignettatura, era uno zoom un po ingombrante (11cm di lunghezza per 6 etti di peso), ma capace di produrre immagini indistinguibili da quelle prodotte da equivalenti focali fisse. Ma Canon non stava certo a guardare. Nel luglio 1976 presentò l FD 28-50mm f/3.5, seguito, nel febbraio 1978, dal Canon FD 24-35mm f/3.5 L (http://www.canon.com/camera-museum/camera/lens/f_lens.html). Successivamente anche altri costruttori intrapresero questa strada. Nella prima metà degli anni 80 anche Minolta (MD 24-35mm f/3.5), Pentax (24-50mm f/4) e Tamron (SP 24-48mm f/3.5) potevano produrre zoom con focale minima inferiore ai 28mm. Ma spetta a Canon il primato per la realizzazione del primo zoom ultra-
Lo splendido ponte Don Luis I collega le sponde del Fiume Douro, nella città di Porto, in Portogallo (Nikon F 801, AF Tamron SP 20-40mm f/2.7-3.5, Manfrotto 190 con testa Foba, E 100 VS). grandangolare. Infatti, nell aprile del 1984 vide la luce il Canon FD 20-35mm f/3.5 L, venduto in Italia ad appena 1.700.000 lire (di allora!), ovvero mezzo milione in più del Nikkor 25-50mm f/4. Con 11 lenti in 11 gruppi, relativamente compatto (otto centimetri e mezzo di lunghezza per 470g di peso) quell obiettivo segnò, al pari del Nikon 28-45/4.5, una tappa importante nella storia della fotografia. Del prezzo abbiamo detto. E quel prezzo indicava chiaramente una destinazione professionale. Ma anche una elevata qualità che sembrava preannunciare la morte degli obiettivi grandangolari a focale fissa. Era vero? Forse, ma mancava ancora qualche requisito: una elevata luminosità ed un prezzo abbordabile. Ed ecco che nell ormai lontano ottobre 1989 Canon presentò, per il proprio sistema EOS, lo zoom EF 20-35mm f/2.8 L, con una luminosità di rango professionale e costante lungo l intera escursione focale. A soddisfare il secondo requisito, ovvero rendere accessibile ad un vasto pubblico grazie a un prezzo contenuto uno zoom ultragrandangolare di buone prestazioni, ci pensò Sigma l anno dopo (1990) presentando il 21-35mm f/3.5-4.2. Si trattava di uno zoom con paraluce a corolla fisso, tutt oggi ricercato nel mercato dell usato. Poi arrivò Tokina, con il suo apprezzato 20-35mm f/3.5-4.5. Nel 1993, un anno e mezzo dopo la presentazione di un ottica equivalente per la subacquea Nikonos RS, vide la luce l AF Nikkor 20-35mm f/2.8 D. La storia più recente ci narra dei 17-35mm professionali di Canon, Minolta e Nikon, a cui si affiancano zoom con focale minima pari a 20mm e di elevata luminosità, quali il Tamron SP 20-40mm f/2.7-3.5, l AF Tokina ATX 20-35mm f/2.8 Pro e il recente AF Sigma 20-40mm f/2.8 EX DG DF (http://www.sigmaphoto.com). Insomma, anche i puristi debbono oggi ammettere l esistenza di zoom capaci di sostituire tutte le focali fisse grandangolari di maggior impiego, avendo a disposizione, oltre alla versatilità, anche una elevata luminosità ed una qualità ottica di tutto rispetto. Ma l aberrazione cromatica... Le ottiche moderne, soprattutto quelle a focale variabile, sono progettate al computer per l ottimizzazione di alcune prestazioni, a discapito di altri parametri. E i parametri ottimizzati non possono essere tutti quelli richiesti da tutti gli utilizzatori finali, ovvero i fotografi. Ad esempio, il fatto di ricorrere a schemi ottici con lenti flottanti nei moderni macro comporta una riduzione della lunghezza focale alle brevi distanze e una conseguente diminuzione della distanza di lavoro, che non è sempre gradita ai fotografi naturalisti. Tornando agli zoom grandangolari, questi hanno la tendenza a soffrire di aberrazione cromatica laterale, particolarmente visibile ai bordi nelle zone fuori fuoco. Detta aberrazione (che non risente della chiusura del diaframma) produce frange colorate (color fringing, come dicono gli americani) visibili solo a forti ingrandimenti (20x). A più bassi ingrandimenti (8x), si nota comunque una perdita di nitidezza nel-
La Cattedrale di Saint-Gatien, nella città di Tours in Francia (Nikon F 801, AIS Nikkor 25-50mm f/4, Velvia). Un immagine dal basso della Basilica di San Paolo, ripresa con AF Nikkor 20-35mm f/2.8 D alla focale massima (pellicola: E 100 VS). la zona ove si estende la profondità di campo, e quindi avanti e dietro il piano focale. Ciò porterà ad una immagine con nitidezza comunque buona sul piano focale ma ad una profondità di campo inferiore a quella teorica, per effetto dell aumento delle dimensioni del cerchio di confusione. E la diminuzione di nitidezza nelle zone fuori fuoco ha effetti deleteri sulla piacevolezza di alcune immagini quali, ad esempio, quelle di paesaggio. Sulla base delle valutazioni che il fotografo norvegese Bjørn Rørslett riporta nel proprio sito (http://www.foto.no/nikon/index2_pc.html), abbiamo confrontato immagini riprese con un vecchio AI-S Nikkor 25-50mm f/4 e con un AF Nikkor 20-35mm f/2.8 D, diaframmati a f/8. Ebbene, benché il più costoso 20-35mm abbia prodotto immagini più nitide nelle zone centrali del fotogramma, il vecchio 25-50mm f/4 ha dimostrato di saper dare una maggiore nitidezza nelle zone ai bordi in cui si estende la profondità di campo, rendendo dunque più leggibili i dettagli nelle zone avanti e dietro il piano di messa a fuoco. Pertanto, il vecchio 25-50mm f/4 è sicuramente un obiettivo preferibile per la fotografia di paesaggio. In altre parole, il 25-50mm f/4 ha una migliore correzione dell aberrazione cromatica laterale, mentre il 20-35mm f/2.8 - più nitido al centro - ha una migliore correzione dell aberrazione cromatica assiale. Abbiamo anche fatto duellare il 20-35mm f/2.8 con un AI-S 28mm f/2.8, uno dei migliori grandangoli prodotti dalla casa di Tokyo. Ebbene la focale fissa e lo zoom hanno pareggiato per quanto riguarda la nitidezza sul piano focale, ma il 28mm ha riprodotto con maggior ricchezza di dettaglio le zone in cui si estende la profondità di campo. Stiamo parlando di sfumature, ma comunque già visibili con un lentino 8x da un attento osservatore. E i produttori sembrano essersi accorti dei problemi generati dall aberrazione cromatica residua. Problemi che si acutizzano quando l immagine deve formarsi sui pixel di una reflex digitale. Infatti, come già fece notare Maurizio Capobussi su queste pagine, i CCD delle macchine digitali devono essere investiti dai raggi luminosi in modo opportuno e l aberrazione cromatica residua di certo non aiuta il sensore a fornire il massimo delle prestazioni. Non a caso Nikon presentò la sua prima reflex digitale (D1) in abbinamento con l AF-S 17-35mm f/2.8 IF-ED: risultò necessario l impiego di vetri speciali a bassa dispersione (ED) per contenere le aberrazioni cromatiche. Zoom o focale fissa? I sostenitori della validità dell una o dell altra soluzione saranno sempre pronti a difendere la propria filosofia con argomenti validi. Infatti, se da un lato lo zoom presenta una maggiore versatilità e un minor ingombro in borsa (o zaino), la focale fissa ha una luminosità più elevata, una migliore correzione delle aberrazioni ottiche e una minore distanza minima di messa a fuoco. Su questo si sono versati fiumi di inchiostro (e di elettroni sul Web!). È lecito affermare che i progressi dell ottica, sia nella progettazione sia nell impiego di materiali e processi di produzione innovativi, stanno decretando la morte della focale fissa? In tutta onestà, direi di sì, in considerazione dell uso di vetri speciali, un tempo destinati solo ai lunghi teleobiettivi per correggere al meglio l aberrazione cromatica. Anche nel campo della fotografia grandangolare si è ormai raggiunto un livello qualitativo delle focali variabili che tende sempre più alla qualità di una buona focale fissa, con risultati addirittura comparabili quando si utilizzano, oltre alle lenti asferiche, anche vetri
a bassa dispersione. A me non capita più di rimpiangere di non aver con me il 20mm f/2.8 e di aver messo in borsa uno zoom grandangolare. La focale fissa rimane però insostituibile per le elevate luminosità o per le applicazioni speciali. È soprattutto la luminosità elevata delle focali fisse a decretarne la sopravvivenza. E su questo aspetto Sigma ha puntato con l introduzione dei suoi grandangoli di apertura relativa f/1.8. Infatti, oggigiorno non ha quasi più senso progettare nuovi obiettivi grandangolari di luminosità f/2.8, quando già nel lontano ottobre 1989 fu dimostrata da Canon sia la fattibilità, sia la commerciabilità di un ottica zoom ultragrandangolare di stessa apertura relativa e di qualità elevata. Quindi, se per il tipo di ripresa che dobbiamo effettuare occorre una elevata luminosità massima relativa (ad esempio per non usare tempi di scatto lenti o perché serve una elevata brillantezza dell immagine nel mirino per una accurata messa a fuoco) allora la scelta dovrà cadere necessariamente su una focale fissa di luminosità compresa tra f/1.4 e f/2. La scelta cadrà anche su un grandangolo a focale fissa per le riprese di architettura, nel qual caso opteremo però per un ottica dotata di sistema di correzione della prospettiva (PC = Perspective Control, TS = Tilt & Shift, ecc.). Appunti di viaggio Per la maggior parte di tutte le altre condizioni di ripresa, uno zoom grandangolare svolgerà egregiamente il suo compito. L Abbazia di Sénanque, in Provenza, circondata da coltivazioni di lavanda (Nikon F 801, AF Nikkor 18-35mm f/3.5-4.5 IF-ED, E 100 VS). Le rocce rosse di Arbatax (Sardegna) infuocate dal sole basso del tramonto (Nikon F 801, AF Tamron SP 20-40mm f/2.7-3.5, Provia 100). E in viaggio si dimostrerà un versatile taccuino di appunti. Ma serve davvero una luminosità f/2.8? Personalmente, preferisco portare sempre con me un treppiedi con il quale scatto nelle ore con minor luce (mattina presto e sera/notte). Durante il giorno, all aperto, la luminosità f/2.8 non serve. È sicuramente preferibile per riprese in luoghi chiusi, soprattutto per facilitare la messa a fuoco. Ma con un ottica grandangolare la messa a fuoco non è così critica come con altri obiettivi. Poi è sempre conveniente usare, in ambienti poco illuminati, un lampo di schiarita sottoesponendo leggermente (-2/3 di stop). In questo modo si riesce a scattare con tempi anche lenti (1/4s), sincronizzando di preferenza sulla seconda tendina. La luce flash congela sia le vibrazioni della mano, sia l eventuale movimento del soggetto: si ottiene un immagine mossa sovrapposta ad un immagine nitida prodotta dal breve lampo del flash. In definitiva, un colpo di flash può compensare la scarsa luminosità di uno zoom grandangolare e produrre, se op-
Un immagine ripresa al mercato centrale di Budapest ruotando la fotocamera con un tempo lungo di otturazione (2 sec) e con il flash sincronizzato sulla seconda tendina (Nikon F 801, AF Nikkor 18-35mm f/3.5-4.5 IF-ED, SB-24, Ektachrome E 200). La ridotta luminosità massima, l uso di lenti asferiche di tipo ibrido e di vetri speciali consente ormai di contenere il numero di lenti e gruppi ottici nei moderni zoom grandangolari. Il conseguente minor numero di superfici aria-vetro, in abbinamento ad un buon trattamento anti-riflessi, fa sì che siano minime le immagini fantasma, anche nelle riprese in controluce (Nikon F 801, AF Nikkor 18-35mm f/3.5-4.5 IF-ED, Velvia). portunamente dosato, immagini molto gradevoli. I nuovi flash hanno diffusori che possono coprire per intero l angolo di campo di un ultragrandangolare, e sono dunque preferibili - anche per la maggiore potenza - ai flash presenti sul pentaprisma delle reflex amatoriali. Questi ultimi coprono solo il campo inquadrato da un 28mm (65 in orizzontale e 74 sulla diagonale), ma possono essere usati regolando lo zoom sulle focali maggiori (oltre 24mm) e con il soggetto a pochi metri di distanza (con NG 12, diaframma f/5.6 e pellicola 100 ISO il flash incorporato illuminerà bene un soggetto posto entro un paio di metri da noi). In conclusione, con l esclusione di riprese particolari in cui una elevata luminosità dell ottica è d obbligo o sia necessario correggere le linee cadenti, possiamo tranquillamente affidare le nostre riprese grandangolari ad uno zoom. Vetri a bassa dispersione e lenti asferiche sono presenti su modelli ormai accessibili anche al fotoamatore, e garantiscono immagini di qualità. La tendenza verso zoom con focale minima sempre più corta, iniziata più di venticinque anni fa, è più attuale che mai, anche grazie alle richieste del mercato digitale. Riccardo Polini http://space.tin.it/arte/ripolini