LEZIONE SCUOLA FORENSE 07/04/2016 DEONTOLOGIA DELL' AVVOCATO DI FAMIGLIA E MINORI Art. 56 Nuovo Codice Deontologico Forense *** La lezione di oggi riguarderà l'approccio deontologico dell'avvocato che si occupa di famiglia e minori. Partirò quindi dalle novità inerenti il NUOVO CODICE DEONTOLOGICO in vigore dal 16 dicembre 2014. Tutto parte dall'introduzione della Nuova Legge Professionale Forense n. 247/2012 entrata in vigore il 02/02/2013, la cui applicazione però non è stata immediata per le norme ivi previste ma i cui principi hanno sicuramente innovato o meglio rafforzato la funzione sociale dell'avvocato nel processo e nei riguardi dei soggetti più deboli come i minori ad esempio, che spesso nel processo di famiglia sono presenti e devono necessariamente essere tutelati. Ora, bisogna partire dalla considerazione fondamentale che non dobbiamo mai perdere di vista e che non ci dobbiamo mai dimenticare, che l'avvocato quando si occupa di questioni familiari deve necessariamente porsi e proporsi con un atteggiamento diverso rispetto a quello che siamo soliti usare quando affrontiamo una controversia ordinaria. Il giusto approccio pertanto è quello in cui si cerca di mettere da parte le logiche del vincere, del prevaricare tenendo presente un unico obbiettivo che è quello del superamento della conflittualità e dello scontro. Se poi ci sono minori, quello che va preso come punto di riferimento è la loro massima tutela e il loro benessere, serenità e tranquillità, evitando di porre in essere azioni che possono ledere e recargli danno, azioni che pur potendo apparire legittime possono rivelarsi molto dannose. L'avvocato quindi in questo contesto deve cercare di tenere in considerazione non tanto l'interesse del cliente che in quel momento, alla presenza dei figli, prima di essere coniuge è padre o madre, ma piuttosto l'interesse di quest'ultimi, tentando di far capire e comprendere al proprio assistito che in quella precisa controversia gli ASSISTITI sono in primis i minori ed è necessario non porre in 1
essere quelle azioni che possono rivelarsi lesive nei loro confronti. La disciplina dell'ascolto del minore è una delle novità più importanti del C.D., proprio perché l'avvocato che opera nel settore di famiglia e in quello minorile, deve agire e tenere un approccio deontologico più rigoroso rispetto a quello imposto all'avvocato nei rapporti con soggetti adulti. L' ascolto del minore affonda le sue radici nei principi costituzionali espresso dall' art. 2 della Costituzione (sotto il profilo dell' affermazione del primato della dignità della persona) ed in quelli in tema di relazioni familiari e tutela della filazione (artt. 29 e 30 della Costituzione) Nel codice civile già con l' art. 147 c.c. e 145 comma 1 si recepiva l' importanza o meglio il dovere di tener conto dell' inclinazione dei figli minori poi, con l' introduzione degli artt. 155 sexies c.c. che ha di fatto elevato a regola l' audizione del minore nei procedimenti di separazione, nonché dell' art. 315 bis c.c. III comma dove si estende l' ascolto dei figli minori addirittura dodicenni o anche di età inferiore ove capaci di discernimento (capacità di operare delle scelte autonome senza subire l' influenza della volontà di altri soggetti) si comprende l' importanza che riveste tale ascolto. Tant'è che non si parla più di mera audizione (sentire il minore) ma di ascolto e la differenza terminologica non va trascurata in quanto ascoltare significa prestare attenzione alle esigenze del minore, alle sue idee, ai suoi desideri. La Suprema Corte con sentenza S.U. n. 22238 del 21/10/09, richiamando l' art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 1989, sia l' art. 6 della Convenzione di Strasburgo sull' esercizio dei diritti del fanciullo d el 1996, RATIFICATA con la Legge n. 77/2003 ha disposto la necessità dell'ascolto del minore ultradodicenne o infradodicenne con capacità di discernimento nei procedimenti che riguardano il loro affidamento. Ci dobbiamo allora chiedere: come si deve porsi l'avvocato che assiste i genitori nel relativo procedimento? Qui ci viene incontro l'art. 56 del nuovo C.D. - 1. L'avvocato non può procedere all'ascolto di una persona minore di età senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, sempre 2
che non sussista conflitto di interessi con gli stessi. 2. L'avvocato del genitore, nelle controversie in materia familiare o minorile, deve astenersi da ogni forma di colloquio e contatto con i figli minori sulle circostanze oggetto delle stesse. 3. L'avvocato difensore nel procedimento penale, per conferire con persona minore, assumere informazioni dalla stessa o richiederle dichiarazioni scritte, deve invitare formalmente gli esercenti la potestà genitoriale, con indicazione della facoltà di intervenire all'atto, fatto salvo l'obbligo della presenza dell'esperto nei casi previsti dalla legge e in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato. 4. La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da sei mesi a un anno. - Con questo disposto deontologico sono state disciplinate varie fattispecie: in primis la regola generale del DIVIETO ASSOLUTO fatto all' AVVOCATO di procedere all'ascolto del minore senza il previo consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale. È fatta salva l'ipotesi in cui sussista conflitto d'interessi tra i genitori ed il minore. Si pensi ad esempio alla ipotesi di violenza o di atteggiamenti pregiudizievoli di uno o entrambi i genitori, o anche più semplicemente ai conflitti di ordine patrimoniale. In questi casi viene nominato un curatore speciale che rappresenta il minore (art. 78 c.p.c.), e, se avvocato, lo difende nel processo (art. 86 c.p.c. ). Con il II comma dell'art. 56 C.D. sono regolamentate le ipotesi relative alle controversie in materia familiare o minorile (separazione, divorzio, contenzioso in famiglie di fatto, azioni ablative o sospensive della capacità genitoriale). In tali controversie è fatto DIVIETO all'avvocato di avere contatti e colloqui con i figli minori del patrocinato sulle circostanze oggetto delle stesse. Tale norma che impone all'avvocato dei genitori di non avere rapporti diretti con i figli minori, dovrebbe essere di tipo intuitivo, in quanto inerente al concetto di responsabilità, ma ciò non si è sempre verificato, tant'è che la Corte di Cassazione ha sentito l'esigenza di ribadire il concetto con 3
Sentenza S.U. n. 2637 del 04/02/2009, in cui si legge: Costituisce violazione del dovere di dignità, decoro e lealtà professionali per un avvocato, nel corso di un giudizio di separazione coniugale, intrattenere colloqui con i figli minorenni della propria assistita, all'insaputa del padre, su questioni attinenti alla causa di separazione, considerata soprattutto la tenera età dei figli e la circostanza che il giudice aveva disposto specifiche restrizioni in ordine alla frequentazione dei minori da parte di entrambi i genitori. La vicenda al centro della decisione ha portato in primo piano la problematica della deontologia professionale in materia di audizione del minore ed ha richiamato con forza l'esigenza che l'avvocatura fosse in grado di confrontarsi su questi problemi con il tema generale del rispetto dei diritti dei minori coinvolti nel procedimento. L'avvocato deve pertanto impegnarsi a non esasperare la conflittualità dei coniugi, soprattutto quando essi sono genitori, assumendo per così dire il ruolo di mediatore di affetti. Si deve poi richiamare nella cause di diritto di famiglia l'imprescindibile necessità per gli avvocati di tenere in massima considerazione i legami familiari, poiché il contenzioso si ripercuote inevitabilmente su di essi. Anche quando tali legami sono patologici, il problema è sempre quello di calibrare le scelte opportune per passare da un equilibrio all'altro senza forzature. L'obbiettivo è quello di superare i legami, non di distruggerli, in quanto la disgregazione dei legami familiari è contraria agli interessi sia del proprio assistito che dei figli. Si possono infatti alterare o disgregare i legami familiari con una falsa denuncia di abusi sessuali, con l'annientamento economico dell'altro, con comportamenti di alienazione genitoriale. Un avvocato non è mero portavoce delle affermazioni del proprio cliente. Qualora un bambino sia manipolato da un genitore, in funzione del bisogno di quest'ultimo di pareggiare i conti con il partner, si assiste all'impossibilità del figlio di dimostrare affetto e contatto nei confronti del genitore oggetto dell'attacco. Il bambino, in questi casi, si troverà ad operare una scelta tra genitore buono o genitore cattivo, non potendoli integrare entrambi e rimuovendo i suoi bisogni profondi 4
di essere figlio di ambedue. Molto delicata è pertanto la funzione dell'avvocato in tale contesto, dal momento che quando si interagisce con il diritto di famiglia, si entra nella sfera della psicologia pura e si tocca pericolosamente una materia governata dalla emozioni. Ne deriva che la famiglia è il luogo dove i diritti più difficilmente sono fatti valere perché configgono o si confondono con i sentimenti. Il III comma dell'art. 56 C.D. disciplina invece le ipotesi in cui nell'ambito del procedimento penale il minore parte offesa o testimone debba essere ascoltato o assunto come informatore dall'avvocato. È evidente come non si possa trattare l'imputato o il testimone minore come un adulto, essendo assolutamente necessario approcciarsi al suo ascolto attraverso un esperto, tenendo in debito conto che si tratta di soggetti sensibili che percepiscono forse più degli adulti l'imbarazzo, la reticenza, i timori di chi si rivolge loro. La legge e le convenzioni internazionale in ambito penale hanno evidenziato la necessità di predisporre regole uniformi in caso di ascolto che consentano di adottare un approccio protettivo nei confronti del minore, assicurando che le indagine ed i procedimenti penali non ne aggravino il trauma. È proprio a tali necessità che risponde il disposto del comma III, in considerazione del fatto che il minore, sia esso imputato, che parte offesa o teste, necessita di una particolare attenzione e l'avvocato deve assumere appieno la responsabilità della sua tutela. Con il IV comma dell'art. 56 C.D. vengono infine stabilite le sanzioni per la violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi, nella sospensione dall'esercizio della professione da 6 mesi ad 1 anno. Da taluni è stata ritenuta eccessiva la sanzione dei comportamenti tipizzati ai precedenti commi, ma la necessità di particolare tutela in favore di soggetti deboli dell'ordinamento non poteva non 5
prevedere un maggior rigore, anche nella sanzione. In questa prospettiva, l'avvocato che si occupa di diritto di famiglia deve essere non solo una guida legale ma anche umana perché negli affetti esiste una giustizia che va cercata doverosamente nelle leggi, ma anche ed in primis e soprattutto nei valori più profondi dell'umana convivenza e nei dettami della coscienza. Per concludere, poiché al di là delle regole e dei bei discorsi ascoltare un minore inambito giudizario non è assolutamente un compito facile richiedendo delle competenze specifiche per tutti gli operatori, oltre le difficoltà logistiche sia ambientali che di modalità, i Tribunale stanno istituendo dei PROTOCOLLI ed il Tribunale di Perugia all' interno del Protocollo per il Processo di Famiglia stipulato in data 25/11/2014 all' ALLEGATO B ha individuato delle LINEE GUIDA IN TEMA DI ASCOLTO DEL MINORE con il quale vengono delineate delle indicazioni alle quali l' avvocato deve cercare di attenersi. Protocollo che potete visionare sul sito dell' Ordine degli Avvocati di Perugia unitamente agli altri Protocolli in vigore, ai quali l' avvocato, come si legge all' inizio di ogni Protocollo..E' AUSPICABILE CHE... si attenga. 6