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1 15 200/16 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sig.ri Magistrati: Dott. Giovanni CANZIO Dott. Ettore BUCCIANTE Dott. Giovanni AMOROSO Dott. Maria Cristina GIANCOLA Dott. Pietro CURZIO - Primo Presidente - Presidente Sez. - Presidente Sez. - Presidente Sez. R.G. 11454/2015 Cron. /1.52Q-C) Rep. Ud. 24.5.2016 Dott. Annamaria AMBROSIO, Dott. Giacomo TRAVAGLINO Dott. Stefano PETMI Dott. Raffaele FRASCA ha pronunciato la seguente Rel. disciplinare avvocati SENTENZA rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall'avvocato Filippo Tortorici, elettivamente domiciliato presso il proprio studio in Roma, viale Mazzini n. 134; ricorrente - contro CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del controricorso, dall'avvocato Renato Tobia, presso lo studio del quale in Roma, viale Mazzini n. 11, è elettivamente domiciliato; - controricorrente - nonché nei confronti di

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI ROMA; PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE; - intimati - avverso la sentenza del Consiglio Nazionale Forense n. 14/2015, depositata il 10 marzo 2015. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 maggio 2016 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti; sentiti gli Avvocati Filippo Tortorici, per il ricorrente, e Renato Tobia, per il controricorrente; sentito il P.M., in persona del Procuratore Generale Dott. Pasquale Paolo Maria Ciccolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO L'Abogado iscritto all'ordine degli Abogados di Lucena (Spagna) dal 7 gennaio 2012, chiedeva in data 12 marzo 2012 l'iscrizione all'albo degli Avvocati stabiliti presso il Consiglio dell'ordine degli Avvocati di Roma, autocertificando l'assenza di carichi pendenti e di sentenze di condanna. In data 15 marzo 2012 il COA di Roma iscriveva l'istante all'albo degli Avvocati stabiliti e gli chiedeva di comprovare i requisiti autocertificati; cosa che l'abogado faceva depositando certificato generale del casellario e dei carichi pendenti presso il Tribunale di Alessandria. Acquisita informazione da parte della Procura di Perugia della pendenza di procedimenti penali nei confronti dello nonché di una sentenza disciplinare, comportante la cancellazione, emessa nei confronti del medesimo avvocato dal COA di Trani, il COA di Roma richiedeva ulteriori accertamenti e, all'esito, con delibera del 20 novembre 2012, revocava la sua iscrizione alla sezione speciale dell'albo degli Avvocati stabiliti di Roma. L'Abogado proponeva ricorso al CNF che veniva respinto con sentenza depositata il 10 marzo 2015.

Il CNF riteneva che la richiesta di iscrizione all'albo degli Avvocati stabiliti non facesse venire meno la necessità che il professionista fosse in possesso del requisito della condotta specchiatissima e illibata, prescritta dall'ordinamento forense (condotta irreprensibile ai sensi della legge n. 247 del 2012), anche per le sezioni speciali dell'albo degli Avvocati, non potendosi limitare la possibilità di verifica del requisito alla mera segnalazione al Consiglio dell'ordine dello Stato membro per i provvedimenti di competenza. Il CNF osservava infatti che, se così fosse, il COA nazionale non potrebbe svolgere alcun accertamento sul rispetto, da parte dell'iscritto alla sezione speciale, delle regole deontologiche. Nel merito, il CNF riteneva che i precedenti penali irrevocabili, unitamente alla falsa autocertificazione in ordine al possesso dei requisiti per la iscrizione, giustificassero la decisione assunta dal COA. Avverso questa sentenza Zaganni ha proposto ricorso sulla base di due motivi, cui ha resistito, con controricorso, il Consiglio dell'ordine degli Avvocati di Roma. Il ricorrente ha depositato istanza di sospensione della esecutorietà della decisione impugnata, che è stata rigettata con ordinanza n. 15694 del 2015, depositata il 27 luglio 2015. La trattazione del ricorso nel merito è stata quindi fissata per l'udienza pubblica del 24 maggio 2016. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - Il ricorrente sostiene che il COA sarebbe sprovvisto di ogni potere di verifica in ordine alla iscrizione nella sezione speciale degli Avvocati stabiliti e rileva che le vicende considerate dal COA di Roma per revocare l'iscrizione erano relative a periodi precedenti alla iscrizione e quindi irrilevanti a fini disciplinari. 2. - Il ricorso è infondato. Nella decisione sulla istanza di sospensione della esecuzione della sentenza, queste Sezioni Unite hanno rilevato che, a prescindere dalla questione se il - 3 -

COA possa procedere ad autonoma valutazione della sussistenza dei requisiti prescritti dalla legge nazionale per la iscrizione all'albo degli Avvocati anche con riferimento alle domande di iscrizione alla sezione speciale dell'albo degli Avvocati stabiliti, e se, per effetto di tale autonoma valutazione, possa poi procedere in autotutela alla revoca della iscrizione già disposta, asta all'accoglimento della istanza, sotto il profilo della carenza del requisito del fumus baffi iuris, il rilievo che l'iscrizione richiesta dal ricorrente all'albo degli Avvocati stabiliti appare connotata da elementi che lasciano fondatamente ipotizzare la natura abusiva della richiesta. 2.1, - In proposito - si è rilevato - dalla sentenza impugnata emerge che il ricorrente ebbe a depositare, unitamente alla richiesta di iscrizione all'albo degli Avvocati stabiliti, una autocertificazione attestante la insussistenza di carichi pendenti e di condanne penali; che la segreteria del COA di Trani ha trasmesso al COA di Roma una sentenza disciplinare del 17 novembre 1992, con la quale era stata disposta la cancellazione dell'avvocato Zagarni dal registro dei praticanti avvocati; che il sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia ha inoltrato al COA di Roma una segnalazione circa l'esistenza di numerosi precedenti penali a carico dell'abogado Tali circostanze non sono, nella loro obiettività, state contestate dal ricorrente, il quale invoca la preclusione di ogni valutazione, da parte del COA, in ordine alla sussistenza dei requisiti di onorabilità ai fini della iscrizione all'albo degli Avvocati stabiliti. 2.2. - Tale condotta, ad avviso del Collegio, appare sintomatica dell'esistenza di un abuso del diritto. Invero, se - come si è già rilevato - deve escludersi l'abusività della condotta del cittadino di uno Stato membro che si rechi in altro Stato membro al fine di acquisirvi la qualifica professionale di avvocato a seguito del superamento di esami universitari e faccia poi ritorno, anche dopo poco tempo, nello Stato membro di cui è cittadino per esercitarvi la professione di avvocato con il titolo professionale ottenuto nello Stato membro in cui tale qualifica professionale è stata acquisita (Corte di Giustizia dell'unione europea, sentenza 17 luglio 2014, resa nelle cause riunite C-58/13 e C- 59/13), è altresì vero che non viene meno la possibilità di verificare se, attraverso tale percorso, il cittadino dello Stato membro persegua la finalità - 4 -

di esercitare la professione di avvocato versando in condizioni oggettive e soggettive tali che al cittadino italiano precluderebbero comunque l'esercizio della professione stessa. E, nella specie, la verifica di tali elementi effettuata dal CNF nella sentenza impugnata evidenzia la sussistenza di entrambi gli elementi, atteso che un cittadino che si trovasse nelle medesime non contestate condizioni dell'abogado non potrebbe certamente svolgere l'attività che invece il ricorrente, con l'iscrizione nell'albo degli Avvocati stabiliti, poi revocata, avrebbe potuto svolgere; d'altra parte, emerge evidente la consapevolezza, da parte del ricorrente, della impossibilità di svolgere la professione di avvocato in Italia, se non attraverso un utilizzo improprio della normativa comunitaria e di quella nazionale di attuazione, volte a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica. In sostanza, ciò che il CNF ha ritenuto fondatamente ostativo alla iscrizione non si identifica nella esistenza di precedenti penali non dichiarati o di procedimenti penali pendenti del pari non dichiarati, quanto piuttosto nella effettuazione di una autocertificazione non veritiera. Il ricorrente, invero, non ha opposto alla richiesta del COA, di autocertificazione di elementi relativi alla sua onorabilità, la esorbitanza della richiesta dall'ambito della disciplina di cui al d.lgs. n. 96 del 2001, ma la presentazione di un'autocertificazione non veritiera: il che vale, da un lato, a legittimare la verifica da parte del COA della veridicità della dichiarazione e, dall'altro, a connotare in termini di abusività la condotta complessiva del ricorrente. 3. - Successivamente alla decisione sulla istanza di sospensione della efficacia della sentenza impugnata, queste Sezioni Unite hanno affermato il principio per cui «l'iscrizione dell'avvocato stabilito nella sezione speciale dell'albo degli avvocati è subordinata unicamente al possesso dei requisiti di cui all'art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 96 del 2001, sicché il Consiglio dell'ordine degli avvocati non può opporre la mancanza di requisiti ulteriori prescritti dall'ordinamento forense nazionale - nella specie, requisito di onorabilità -, salvo che la condotta del richiedente integri abuso del diritto» (Cass., S.U., n. 4252 del 2016).

Tale principio, tuttavia, non giova alla posizione del ricorrente, atteso che, per un verso, la verifica effettuata, nella specie, dal COA di Roma - secondo quanto ritenuto dal CNF nella sentenza qui impugnata - non si è limitata alla rilevazione della esistenza dei precedenti penali che avrebbero fatto venire meno il requisito dell'onorabilità, ma ha avuto ad oggetto la non veridicità delle circostanze autocertificate dal ricorrente stesso; per altro verso, la richiamata sentenza fa comunque salva la ipotesi - come visto ricorrente nella specie - di abuso del diritto. 4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 -quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata. PER QUESTI MOTIVI La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre agli accessori di legge e alle spese forfetarie, Ai sensi dell'art. 13, comma 1 -quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte suprema di cassazione, il 24 maggio 2016.

Il Consigliere estensore