ADOLESCENZA (DIARI) io mentre mangio di nascosto un panino con salame ungherese, durante l'ora di fisica



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Transcript:

ADOLESCENZA (DIARI) io mentre mangio di nascosto un panino con salame ungherese, durante l'ora di fisica

Io penso a quando non ero ancora io, e volevo essere io, e mi manca tanto. Il cigno era solo. Mi stava simpatico, perché stranamente non sembrava cattivo. Poi però ha preso quell'anatra per il collo. L'ha maltrattata stringendole la gola per un minuto buono. Io cercavo di colpire il cigno crudele con il pane secco, ma ci sono riuscita solamente al terzo tentativo, con una fetta di pane integrale azzurrino e ammuffito, quando l'anatra si era ormai sottratta al becco del nemico. Mi ero illusa che il sole durasse un po'. Ma forse è il lago ad essere in ombra? È colpa delle montagne? Non sopporto tutta questa gente solitaria che ha le mie stesse idee. Ci rinuncio.

Croazia. In macchina con mia mamma e mio zio. Ci siamo fermati, lui è sceso a fumare una sigaretta. Mia mamma ha detto: guarda dove si è messo.. Mio zio stava in piedi sul muretto a strapiombo, con le mani sui fianchi e la sigaretta in bocca. Il muretto era così stretto che non riuscivo a guardarlo. Sono scesa dalla macchina e mi sono avvicinata a lui, mia mamma mi ha seguito. Sotto di noi si vedeva una valle con un fiume e il cielo era bellissimo. Mio zio stava in piedi sul muretto strettissimo come se fosse la cosa più normale del mondo. Ho detto a mia mamma: e io che ho paura di andare dal dentista!. Mio zio ha capito, ha farfugliato qualcosa ed è tornato in macchina. Ho chiesto alla mamma di tradurre. Mio zio aveva detto così: HO PAURA HO PAURA DEL LUPO! HO PAURA ANCHE DEL PELO DEL LUPO... BASTA NON VOGLIO PIU' AVERE PAURA DI NIENTE.

La devo smettere con queste fantasie di autoconservazione! LA VITA È BELLISSIMA È QUESTO CHE VORREI DIRTI MA LA NOTTE STESSA POTREI UCCIDERMI C'è un pazzo qui alla stazione. Non ho potuto prendere il pullman delle quattro. Devo prendere il treno tra mezz'ora. Il pazzo parla da solo, per questo dico che è pazzo, perché è una cosa che vedendolo non ci si aspetterebbe da lui. È vestito di nero, con vestiti puliti che sembrano scelti con cognizione di causa. Ma la cosa che più colpisce sono le scarpe: degli stivali da ranger nordico, con la punta arrotondata, perfettamente puliti, pare li abbia appena comprati. Poi c'è un ragazzo delle pulizie, giovanissimo e magro.

Domani interroga in fisica. Cazzo! Non posso bigiare di nuovo o questa volta sono nella merda. Non posso sfidare di nuovo il destino. E poi se vado e mi interroga non posso prendere un'insufficienza, sarebbe terribile, non avrei mai voglia di recuperare. Oggi è San Valentino. Lo Stefano ha portato a casa i baci perugina per me e i mon Cherì per la mamma. Io ascolto Marilyn Manson e mangio questi cioccolatini anche se non mi vanno, solo per leggere il foglietto con la frase romantica. Lunedì devo andare dal dentista. Stanotte ho sognato che avevo tutti i denti marci. Adesso mangio un ultimo bacio in onore di questa agenda e attacco la frase, che come al solito sarà deludente. Anzi, la scrivo, perché attaccarla sarebbe fatale. Chi è che diceva sempre fatale? Qualcuno che evidentemente aveva la mia ammirazione. Ah, sì. Oscar Wilde. È fatale. Allora... Il Perugina dice così: ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male.

Le formiche mi percorrono le gambe. Che delusione.

Mi ricordo la scorciatoia per arrivare al cinema. Mi ricordo i bambini in sala, e l'ironia che ci mettevi nel disprezzarli. Hai detto: Se vengo io a vedere questo film, significa che non è un film per bambini.. Poi ci siamo seduti. Ti parlavo del fatto che andavo male in matematica e tu mi hai detto che non aveva senso odiare la matematica. Doveva esserci anche l'alessandra, ma non era potuta venire. Era sabato, e mi avevi chiamato dopo pranzo. Sono arrivata a Lecco in treno e mi sono seduta sui gradini della stazione ad aspettarti, leggendo un libro di magia. Sei arrivato dopo pochi minuti. Mentre camminavamo ti ho esposto una teoria sul senso della vita in relazione all'opera di Björk e tu mi hai detto che non sapevi cosa rispondermi perché non ci avevi mai pensato, allora io ti ho chiesto: Non puoi pensarci adesso? e tu mi hai risposto: no, devo prelevare i pensieri dal mio archivio di opinioni preformulate.. Mi hai chiesto se avevo una gomma, perché avevi bisogno di masticare, ma io avevo solo due peschenoci, e non le hai volute. Avevo messo la maglietta rosa sbiadito con Minnie e i Jeans aderenti con gli strappi sulle ginocchia. Avevo i capelli raccolti. Non ricordo bene come mi ero truccata, ma mi pare di avere usato l'eye liner viola. Ho il terrore di dimenticare qualcosa. Dopo la fine del film siamo usciti dal cinema. Mi hai chiesto: A che ora hai il treno?, e io: Ho appena perso quello delle sei e 18.. Siamo andati fino alla stazione. Mi hai chiesto se volevo andare a fare un giro o aspettare lì. Abbiamo aspettato in stazione perché non mancava poi molto al prossimo treno. Abbiamo parlato di molte cose, seduti sulla panchina. Del fatto che credevi di essere eccessivamente empatico, del fatto che ero affascinata dalle persone che inizialmente mi urtavano, ma che poi finiva comunque male, del fatto che non mettevo gli occhiali perché erano storti e anche i professori mi deridevano per questo, del fatto che secondo te una donna con gli occhiali fosse il sogno erotico di ogni uomo, dei tuoi calzini bianchi, dei nomi melodrammatici dei profumi, del fatto che scrivevi solo con la matita. Poi è arrivato il treno, ti ho salutato guardando il tuo maglione grigio e sono salita. Mi sono messa vicino al finestrino, ho preso una pescanoce, l'ho morsa e il treno è partito.