6^ SEZIONE: (Mc. 15,20b - 47) PRIMA PARTE 1) 20B-32: LA CROCIFISSIONE 2) 33-41: LA MORTE 3) 42-47: LA SEPOLTURA. 1) Mc. 15,20b - 32 LA CROCIFISSIONE



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6^ SEZIONE: (Mc. 15,20b - 47) PRIMA PARTE 1) 20B-32: LA CROCIFISSIONE 2) 33-41: LA MORTE 3) 42-47: LA SEPOLTURA 1) Mc. 15,20b - 32 LA CROCIFISSIONE Pilato, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo aveva consegnato perché fosse crocifisso. (v.15) Tuttavia, coloro che lo avevano preso in consegna, avevano deciso di passare un po di tempo divertendosi alle sue spalle. Ne era emerso un mimo terribile, dove la bestialità dell uomo si intrecciava strettamente con il desiderio di Dio di metterci davanti il nostro vero Re. Così, da quell episodio vergognoso ne è scaturita un importante pagina di Vangelo che ci aiuta a guardare più da vicino il nostro peccato e a ricordarci che Gesù è venuto e si è lasciato ridurre così, proprio per quel peccato. Cercare giustificazioni o prendere indebite distanze da questa pagina significherebbe smarrire Gesù! v. 20b - 21: Poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. Solo dopo questa parentesi bestiale e insieme regale conducono fuori Gesù per crocifiggerlo. Non è un caso che sia condotto fuori. La lettera agli Ebrei così commenta: infatti i corpi degli animali il cui sangue per l espiazione viene portato nel santuario dal sommo sacerdote vengono bruciati fuori dell accampamento, perciò anche Gesù per santificare il popolo con il proprio sangue patì fuori della porta della città. (13,11 ss) 1

Questo testo suggerisce che, in Gesù, si adempie la promessa fatta da Dio di salvare il Suo popolo. La Croce, nella quale ogni sacrificio si compie, sta fuori, è in disparte e nessuno, volontariamente, ci corre incontro. Gesù invece accetta di andare volontariamente incontro alla Croce, perché si è sottomesso alla volontà del Padre. Noi non saremmo mai stati capaci di scegliere questo cammino doloroso e difficile, perché andare alla croce per noi significa solo andare fuori da un tipo di vita che ci è congeniale, accettando di essere provati da paura ed angoscia, in situazioni che quasi sempre siamo costretti a subire perché vanno oltre la logica e gli schemi umani; proprio per questa ragione, ecco che, ora, ci viene regalato un esempio importante: IL CIRENEO. E venerdì sera: si chiude la settimana lavorativa, costui torna dal campo, dopo aver già fatto una giornata di lavoro. E sicuramente stanco e mentre pregusta il riposo, è costretto invece a portare la croce di Gesù. Simone, sul momento, non sarà stato certo contento o lusingato di portare la croce; anche noi, come Simone, non intravediamo il senso di doverla portare, soprattutto quando ci sembra di essere già abbastanza stanchi e provati. Normalmente crediamo che si tratti solo di un ingiustizia o di una disgrazia. Gesù, tuttavia, sottolineando che essere discepolo non è scelta nostra, ma dono di Dio, dopo il primo annuncio della Sua Passione, aveva ricordato ai Suoi: chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la croce e mi segua (8,34). Essere discepolo, come portare la Croce è risposta ad una chiamata. Porta la Croce solo chi si lascia requisire, come del resto si è lasciato requisire Gesù! Il Cireneo è stato infatti costretto (lett. angariato! Angariare significa requisire un altro utilizzando il potere e costringerlo a fare un lavoro duro); in lui ci è data la caratteristica di come si può intendere il servizio cristiano. Qui vorrei ribadire una mia convinzione (senza fare polemica). Se è vero che il servizio è un essere requisiti, il volontariato, espressione della solidarietà umana, è invece un nostro proporci: far cioè dipendere da noi il bene che possiamo fare agli altri. 2

Il volontariato, essendo dipendente dalle nostre possibilità, tiene conto, inevitabilmente, dei nostri ritmi, dei nostri impegni, dei nostri spazi di tempo. Fra noi cristiani dunque è importante riconoscere questa differenza fondamentale che, mentre il volontariato parte da chi lo fa, il servizio parte da Chi ci chiama. Il servizio è vocazione a lasciarci requisire dal Signore. Come un papà e una mamma, accogliendo un figlio, si lasciano requisire nel dare la vita per lui, così ogni battezzato, se vuole seguire l esempio del Cireneo, deve accettare di spendersi secondo i criteri di Dio e non secondo i propri. Finchè la gente o i giovani pensano di poter dare del loro tempo, e quindi vengono educati ad una mentalità da padroni, non impareranno mai a dare la vita. La croce insegna a mettersi a disposizione di Dio, non quando uno vuole, ma quando Dio vuole! E se Lui vuole che uno cambi i suoi programmi è sempre per un bene più grande! Fidiamoci! Ogni battezzato è chiamato non al volontariato, ma al dono totale di sé. Le modalità e i tempi li darà il Signore. Se impariamo a mettere davanti a noi il Cireneo, sono sicuro che, nelle nostre Comunità, ritorneranno le vocazioni. vv. 22-23: Condussero dunque Gesù al luogo del Golgota, che significa luogo del cranio, e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Gesù è stato sollevato della Croce, o meglio del patibolo. Infatti il condannato portava solo il patibolo, cioè il braccio della croce, perché il palo si trovava già piantato sul luogo del supplizio. Gesù è esausto e viene portato via quasi di peso. Vedete, in Marco, la Via Crucis è appena accennata: tre verbi: lo condussero fuori costrinsero condussero. Tutto qui. Sarà la tradizione popolare ad ampliarla, quasi a voler accompagnare passo, passo Gesù sul Golgota. Una parola sul Golgota, piccolo rilievo fuori le mura ad ovest di Gerusalemme. Secondo una antica tradizione il legno della croce viene dalla pianta che diede, in Adamo, a tutti, frutti di morte. 3

Nelle raffigurazioni tradizionali si può scorgere, ai piedi della croce, un teschio e una caverna, immagini di Adamo e dell abisso di morte in cui egli si è cacciato. Dall albero della morte fiorirà l albero della vita. In alcuni quadri si vede infatti che sul teschio di Adamo cola il sangue del nuovo Adamo che, così, gli dà nuova vita. Quando giungono sul Golgota, cercano di offrire a Gesù vino mirrato, ma Egli non ne prende. Gesù rifiuta quella bevanda che stordisce ed attutisce la sensibilità al dolore: vuole esserci fino in fondo! Così berrà tutto il calice della Passione. vv. 24-28: Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero: E l iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. Anche qui Marco è lapidario: lo crocifiggono. Ancora una volta sottolinea solo il fatto. Lo dice al presente, quasi a creare una specie di contemporaneità con coloro che in quel momento ascoltano o leggono il Vangelo. Anche noi, nel momento in cui leggiamo, avvertendo che: lo crocifiggono per noi (a causa nostra o in nostro favore; perché anche qui troviamo uniti: il nostro peccato e la Grazia di Dio) possiamo esserne profondamente coinvolti. Ai piedi della Croce poi si dividono le Sue vesti. Si avverano così le parole del salmo 21: si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte (v.19) Era l ora terza quando lo crocifissero. Da questo momento vengono scandite le ore canoniche liturgiche della preghiera: l ora terza (le nove del mattino), poi l ora sesta (mezzogiorno) e l ora nona (le tre). Sono le ore di Dio. Marco ci tiene a sottolineare che tutto accade secondo il tempo stabilito da Dio: quello che Gesù chiama la sua Ora. Inoltre non dimentichiamo che siamo nel sesto giorno, giorno che ci ricorda la creazione dell uomo (Gen. 1,26ss). Ora, nella caduta del seme, si fondano le basi della nuova creazione: la creazione dell uomo nuovo. 4

L iscrizione da apporre sulla croce, perché tutti possano leggere il motivo della condanna, nasce dalla bocca di un pagano e diviene la verità evangelica che tutti devono leggere e conoscere: Questo è il re! Il primo annuncio scritto del Vangelo è quel cartiglio! (I Vangeli infatti vengono scritti un bel po dopo). Il primo annuncio scritto del Vangelo è attaccato a quella croce, da cui pende l Innocente. La gente deve sapere che lì c è un re, non uno schiavo come sembra. Ma quale mistero? Spogliato, deriso, impotente, pieno di dolori, questo re pende dalla croce come un malfattore, tra malfattori. Si adempie così ciò che è detto del Servo di Jahvè: è stato annoverato tra i malfattori (lett. anomos, cioè senza legge ). (Is. 53,12) Gesù, che è venuto a compiere la Legge, è talmente identificato con noi (che non seguiamo la legge di Dio), che appunto appare un senza legge, un empio!. Ecco dunque quanto riferisce l evangelista Marco dello svolgimento della crocifissione. Nulla egli dice dei dolori, tormenti, sangue, ferite, chiodi. Il lettore, se vuole, può immaginarseli, ma la cosa più importante è guardare quella croce, sulla quale c è quel cartiglio che indica la regalità di Gesù e a fianco della quale ci siamo noi: i malfattori. Marco non vuole suscitare la nostra emotività, ma darci i contenuti della fede. Egli sottolinea che in quel Crocifisso si adempie la miseria del Giusto, descritta nei Salmi e la passione del Servo di Dio descritta nei Profeti. In una parola, nell evento della crocifissione, si adempiono le scritture dell Antico Testamento. vv. 29-32: I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!. Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: Ha salvato altri, non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo. E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. Ora la scena si sposta in basso. In alto abbiamo questi tre crocifissi e in basso i passanti. Costoro insultano Gesù scuotendo la testa. 5

Incarnano il testo delle Lamentazioni: quanti passano per la via scuotono il capo (2,15) Questi passanti rappresentano coloro che non sanno niente di quello che è avvenuto, eppure, forti del loro non sapere, provocano Colui che e lì proprio per salvare anche loro che passano. Costoro mi richiamano moltissimo il pensiero debole attuale: il famoso vangelo secondo me. Uno non sa niente, eppure parla di tutto. Lo fa con un autorità che gli viene dalla convinzione che ognuno, anche il più incolto, può dire la sua, senza poter essere contestato, tanto la verità non esiste! Costoro, sono anche quelli che, appena stanno male e hanno veramente bisogno, diventano religiosi o superstiziosi al punto da affidarsi a chiunque, anche al più sprovveduto. Essi sono talmente superficiali che, come si sono affidati al primo pensiero che veniva loro in mente quando stavano bene, così si affidano al primo che capita e a quel che dice, quando stanno male. In questi passanti possiamo inoltre riconoscere il nostro pensiero umano che, davanti al Mistero che lo trascende, vuol dire l ultima parola. I passanti! In questo momento, per loro, è facile insultare Gesù (lett. bestemmiare ). La bestemmia è voler staccare Gesù da quella Croce sulla quale Dio lo ha condotto. Dall alto del loro sapere essi fanno dell ironia e indicano a Gesù la via perché almeno Lui si salvi! Assieme ai passanti ritroviamo i sommi sacerdoti con gli scribi. Costoro scherzano tra di loro. Il mondo religioso rimane sempre e in ogni parte del mondo, un mondo anche pericoloso! E facile arrivare alle guerre di religione, perché la religione (da religio, cioè legame) è ciò che tenta di unire il nostro povero mondo al grande mondo di Dio. Ora questo legame ha caratteristiche umane e se non si fonda sulla verità, tende a trasformarsi in fondamentalismo, creando dei muri e delle diversità spesso inconciliabili. Non è la religione che salva; è Gesù che salva! A volte la religione può essere un alibi per rimanere nei propri pensieri, nelle proprie convinzioni, nei propri progetti di vita. 6

Così ora avviene ai piedi della Croce. Questi esperti di religione, non perdono più tempo con Gesù, ma gli basta scherzare da sapienti fra di loro. Anch essi, di fronte a Gesù in croce, sono così presi dall evidenza che dà loro ragione che dicono che solo se Gesù scendesse dalla croce, salvando se stesso a tutti i costi, sarebbero disposti a credere! Nello loro mentalità da potenti sono talmente sicuri che Lui non potrà mai farlo, perché lo vedono già vinto, che lo sfidano chiamandolo ironicamente: Il Cristo, il re d Israele. In essi continua quella sapienza che, emersa dal peccato di Adamo ed Eva, ha fatto sì che Caino, sentendosi più forte, abbia ammazzato suo fratello. La sapienza del forte diviene così tracotanza, prepotenza, offesa del debole, che non si può difendere perché è debole. Anche i concrocefissi con Gesù si sentono superiori a Lui e pur compagni di supplizio, lo insultano. In questo momento i passanti, i sommi sacerdoti con gli scribi, i concrocefissi, tutti, vogliono saperla più lunga di Dio. Dio ha portato il Suo Figlio fino a questo punto, nella logica del contadino che esce a seminare e butta il suo seme. Invece questo pensiero debole vorrebbe che questo seme non cadesse e morisse per portare frutto. Ecco la radice più terribile del peccato: contrastare la volontà di Dio. Il peccato è credere di saperla più lunga di Dio. Ricordiamo Pietro, chiamato da Gesù Satana, perché non pensava secondo Dio, ma secondo gli uomini (8,33). Il peccato è non stare al passo del Signore, non accettare i Suoi tempi. Il peccato è ritenerci tanto sapienti, da non riconoscere la sapienza di Dio. Dice San Paolo: Nessuno, dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla; se l avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. (1Co. 2,8) Dio, nella Sua sapienza ci testimonia un amore diverso da quello che gli uomini pensano amore. Per Dio Amare vuol dire morire Lui, per salvare noi e non viceversa (come chiedevano a Gesù i sommi sacerdoti). 7

Facciamo perciò questa professione di fede: noi crediamo Gesù, nostro Signore e Salvatore, proprio perché resta in croce! Accogliamo così quella sapienza divina, misteriosa che è rimasta nascosta e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria (1Co.2, 7). 8