CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V sentenza 29 ottobre 2014 n. 5336

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1 CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V sentenza 29 ottobre 2014 n REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale del 2003, proposto dal Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Tarallo e Anna Pulcini, con domicilio eletto presso il signor Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18; contro La s.r.l. Immobiliare Alkaid, rappresentata e difesa dagli avvocati Gian Luca Lemmo, Dario Schettini e Gianluca Maria Esposito, con domicilio eletto presso quest ultimo, in Roma, via Antonelli, n. 47; per la riforma della sentenza del T.A.R. CAMPANIA NAPOLI, SEZIONE IV, n. 8466/2003, resa tra le parti, concernente un provvedimento di annullamento d ufficio di una concessione edilizia in sanatoria; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Vista la memoria costitutiva del Comune di Napoli; Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa; Relatore nell udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2014 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti l avvocato Pafundi, su delega dell avvocato Tarallo, e l avvocato Lemmo; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Col ricorso n del 2002, la Immobiliare Alkaid s.r.l. impugnava davanti al TAR Campania sede di Napoli gli atti con i quali il Comune di Napoli dapprima sospendeva i lavori di edificazione di due fabbricati a destinazione residenziale di sei piani fuori terra e due interrati su terreni di sua proprietà, in via Arno, precedentemente assentiti con concessione edilizia n. 245 del 25 settembre 1990 (diffida in data 3 giugno 2002, n. 3015), e quindi disponeva l annullamento in autotutela della concessione in sanatoria ex l. n. 724/1994, n. 421 del 19 dicembre 2001, nel frattempo rilasciata (determinazione dirigenziale n. 264 del 26 luglio 2002). I provvedimenti impugnati erano emanati dopo la verificazione di un crollo del solaio in corso di costruzione verificatosi a quota 103,90 metri dell immobile facente parte del lotto 11, in data 5 aprile 2002, per effetto del quale alcuni operai ivi addetti riportavano delle ferite, e dopo il successivo sequestro del cantiere, disposto dai carabinieri di Soccavo in seguito ad un successivo sopralluogo (effettuato il 30 maggio 2002). In quest ultimo, i verbalizzanti rilevavano che la società aveva falsamente attestato, nel progetto allegato all istanza di condono, l avvenuta realizzazione al 31 dicembre 1993 di opere risultate, invece, in corso di esecuzione nel 2002.

2 2. Il TAR adito accoglieva i soli motivi aggiunti proposti dalla società immobiliare contro il provvedimento di annullamento in autotutela della concessione in sanatoria, perché adottato in mancanza del previo parere della commissione edilizia comunale integrata. Secondo il giudice di primo grado, l apporto consultivo di tale organo, ordinariamente previsto per la verifica dei profili di ordine tecnico relativi alla conformità alla normativa urbanistico-edilizia delle domande volte al conseguimento di titoli ad aedificandum, doveva ritenersi necessario anche per i procedimenti di condono edilizio. 3. Nel presente appello il Comune di Napoli contesta questa statuizione. L amministrazione ha dedotto che il TAR ha infatti errato nel ritenere necessario l apporto dell organo consultivo, in una fattispecie non prevista dal regolamento edilizio comunale e nella quale non venivano in rilievo profili di valutazione della conformità urbanistica delle opere, bensì la dolosa rappresentazione dei lavori realizzati al momento della presentazione della domanda di condono. 4. Resiste all appello l Immobiliare Alkaid, riproponendo anche le censure di eccesso di potere per erroneità dei presupposti e carenza di motivazione dell annullamento d ufficio impugnato, assorbite dal giudice di primo grado. 5. All udienza dell 8 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione. DIRITTO 1. L appello del Comune di Napoli è fondato. Secondo la più recente e condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, nel procedimento di rilascio della concessione edilizia in sanatoria il parere della commissione edilizia comunale non è necessario, in assenza di una espressa previsione normativa ed in considerazione della specialità del procedimento, (Sez. IV, 9 maggio 2014, n. 2513, 2 novembre 2009, n. 6784). Pur registrandosi pronunce contrastanti, il Collegio è dell avviso che quest ultimo indirizzo sia preferibile, perché per i principi riguardanti la semplificazione procedimentale solo una espressa previsione normativa, nel caso di specie mancante, può rendere obbligatorio un apporto consultivo, dovendo altrimenti lo stesso ritenersi meramente facoltativo. 2. L obbligo di sottoporre la questione all esame dell organo consultivo non è ricavabile nemmeno dal regolamento edilizio del Comune di Napoli, atteso che come evidenzia l amministrazione appellante quest ultimo prevede che la commissione edilizia rende i propri pareri per verificare la conformità degli interventi di trasformazione del territorio con le norme urbanistiche ed edilizie vigenti, ed una valutazione dei relativi profili architettonici <<ai fini del miglioramento della qualità urbana e alla salvaguardia dei valori naturali e culturali del territorio comunale>> (art. 16). Per contro, come si evince dalla lettura del provvedimento di autotutela impugnato in primo grado, l annullamento della concessione edilizia in sanatoria è scaturito da una rilevata infedele rappresentazione della situazione dei lavori al momento della presentazione della domanda di condono, oltre che dal mancato completamento funzionale delle opere al 31 dicembre 1993, e dunque per profili estranei a quelli concernenti la compatibilità urbanistica ed il decoro architettonico e visivo dell intervento edilizio. Pertanto, nessun apporto della commissione edilizia era necessario prima di adottare l atto in autotutela impugnato innanzi al TAR. Ciò comporta che, in riforma della sentenza di primo grado, va respinto il corrispondente motivo formulato dalla società.

3 3. Devono a questo punto essere esaminati i motivi aggiunti di primo grado, riproposti dalla Immobiliare Akaid nella memoria di costituzione, depositata nel presente grado di giudizio. 4. A questo riguardo, sono fondate le censure di contraddittorietà dei presupposti e di carente motivazione del provvedimento in essi dedotte. Dalla lettura degli atti e dei documenti di causa, emerge che l annullamento d ufficio della concessione in sanatoria ha tenuto conto dalle indagini svolte dai carabinieri in seguito agli infortuni accaduti agli operai ivi addetti, a causa del crollo di un solaio in costruzione. Confrontando la documentazione progettuale allegata all istanza di condono e la situazione di fatto riscontrata in sede di accesso al cantiere, nonché assumendo informazioni ed effettuando misurazioni con i tecnici del Comune (accertamenti di cui si dà atto nella comunicazione della notizia di reato in data 31 maggio 2002), i militari hanno ritenuto che al momento dell infortunio conseguente al crollo del solaio erano in corso opere non riconducibili al mero completamento funzionale ex art. 43, comma 5, l. n. 47 del 1985, alla cui realizzazione la Alkaid era stata abilitata con la concessione in sanatoria n. 421 del 19 dicembre 2001, ma che sarebbero dovute essere già state realizzate al fine del rilascio di quest ultimo titolo, e dunque entro il 31 dicembre I carabinieri hanno dunque accertato uno sviluppo di circa mc di volumetria non assentita, attraverso la realizzazione di tre livelli seminterrati. 5. Nel provvedimento di sanatoria, ai sensi della egge n. 724 del 1994 erano invece state condonate alcune difformità rispetto al titolo originario, consistenti in modifiche di sagome e prospetti conseguenti ad un incremento dell altezza del fabbricato di 1,10 mt., e conseguente redistribuzione di superfici e volumetriche, ma comportanti, contestualmente all arretramento di un lato, un decremento finale di volumetria; su questa base veniva quindi assentito il completamento delle <<opere interne (frazionamenti) ed impiantistica generale>>, tra l altro alla quota 103,90 del lotto 11, dove è appunto avvenuto il fatto che ha dato origine agli accertamenti penali. 6. Quindi, a base dell atto di annullamento d ufficio impugnato in primo grado, il Comune di Napoli ha posto in rilievo <<la non condonabilità ( ) del volume in incremento per la maggior altezza di m ( ) e della configurazione delle unità immobiliari (frazionamento) ubicate dalla quota alla quota inclusa, così come rappresentate sui grafici di parte, perché non configurate alla data del 31/12/1993>>; e dunque perché la domanda di condono era <<dolosamente infedele>>ai sensi dell art. 40, comma 1, l. n. 47/1985 (così nel dispositivo del provvedimento). Nella relazione tecnica posta a base dell atto di autotutela (nota n. 254 del 23 luglio 2002), sono diffusamente esaminate la documentazione progettuale e le deduzioni della società e si afferma che alla data del 31 dicembre 1993 esistevano <<gli incrementi di superficie e/o volume>> del lotto 11, realizzati in difformità rispetto alla concessione n. 245/1990, e che la domanda di condono per la quota concerneva tra l altro la <<trasformazione delle tre unità immobiliari assentite in concessione 245/90 con quattro appartamenti>>. Di seguito si specifica che nel progetto originariamente assentito e poi variato questo piano avrebbe dovuto essere destinato a box, da ciò evincendosi che <<lo stato dei luoghi al 31/12/93 non risultava essere quello rappresentato sui grafici ai fini del condono>>. 7. Deve ancora darsi atto che il procedimento penale avviato in seguito alla comunicazione di notizia di reato dei carabinieri, a carico della rappresentante

4 legale della società immobiliare e del progettista [rispettivamente per i reati di cui agli artt. 44, lett. c), t.u. edilizia e 481 cod. pen.], è stato definito con l archiviazione per infondatezza della notizia di reato (decreto in data 5 dicembre 2002 del G.i.p. presso il Tribunale di Napoli). 8. Alla luce di tutte le risultanze di prova finora esaminate, il provvedimento di annullamento in autotutela impugnato risulta illegittimo (per una ragione diversa da quella rilevata dal TAR), poiché non è risultata provata l ipotesi di dolosa rappresentazione della situazione delle opere al 31 dicembre Oltre al fatto di essere stata esclusa in sede penale, avendo il G.i.p. ricondotto i lavori in corso al momento del sopralluogo dei carabinieri a quelli oggetto di concessione in sanatoria, nella stessa istruttoria condotta dall amministrazione è emerso che il progettista della società appellata aveva attestato in quella sede l incremento di altezza del fabbricato in sede di condono, risultato poi esistente al 31 dicembre 1993, e che su questa base era stato assentito il progetto di completamento funzionale ex art. 43, comma 5, l. n. 47/1985, consistente nel diverso frazionamento interno a quota 103,90. A posteriori il Comune si è avveduto che questo completamento non era condonabile, ma ciò non risulta adeguatamente ricondotto ad infedeli rappresentazioni dei lavori da parte del progettista nella motivazione del provvedimento di annullamento d ufficio qui impugnato e nella presupposta istruttoria. Infatti, sulla base di quanto rilevato dai tecnici comunali in sede di riesame della concessione in sanatoria (ed in particolare nella citata nota n. 254 del 23 luglio 2002), sono emerse difformità rispetto al titolo ad edificare originario e quindi, come sottolinea l appellata, circostanze che sono state valutate dall amministrazione per il rilascio della sanatoria e l autorizzazione al completamento funzionale dei lavori. Per quanto concerne questi ultimi, come sopra osservato, essi consistevano nel diverso frazionamento interno del piano a quota 103,90, che in base alla nota citata risultavano già all epoca della domanda di condono destinato ad alloggi. 9. Inoltre, dagli accertamenti dei carabinieri non emerge univocamente che i lavori in corso al momento del crollo del solaio riguardassero la realizzazione dell elemento costruttivo o se, come dedotto dalla società nel presente giudizio, all origine dell incidente vi sia stato un cedimento della struttura portante. Ebbene, su tale aspetto il provvedimento impugnato in primo grado non offre adeguati ragguagli, per cui non è possibile ritenere con certezza che i lavori in corso esulassero da un mero completamento funzionale ai sensi dell art. 43, comma 5, l. n. 47/1985 più volte citato. Il provvedimento impugnato in primo grado, dunque, avrebbe dovuto confrontare le risultanze del progetto assentito con la concessione in sanatoria (anche per la parte concernente l allora assentito completamento funzionale ), con quanto rilevato in loco, evidenziando con precisione quali opere siano state effettivamente realizzate, ovvero erano in corso, in eccedenza rispetto alle previsioni progettuali assentite ovvero esistenti al momento della domanda, ed evidenziando le ragioni per le quali andrebbero considerate nuove le opere che il medesimo progetto aveva invece qualificato come completamento funzionale. Risultano dunque fondate le censure di primo grado, sul difetto di istruttoria e di motivazione.

5 10. In conclusione, l appello del Comune è fondato e va accolto, così come sono fondate e vanno accolte le censure assorbite in primo grado e riproposte in questa sede dalla società appellata. Pertanto, va confermato il dispositivo di annullamento della sentenza appellata, ma va modificata la sua motivazione, In ragione della natura del vizio riscontrato nell atto comunale di annullamento, è fatto salvo il riesercizio del potere amministrativo. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate, per la complessità dei fatti controversi e per la reciproca soccombenza. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull appello n del 2003, come in epigrafe proposto, così provvede: - accoglie l appello del Comune di Napoli; - accoglie le censure del ricorso di primo grado, riproposte dall Immobiliare Akaid s.r.l.; - per l effetto, in riforma della sentenza di primo grado, conferma il suo dispositivo di annullamento del provvedimento impugnato, ma sulla base di una diversa motivazione, salvi gli ulteriori provvedimenti dell amministrazione. Compensa le spese del doppio grado di giudizio tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2014 con l intervento dei magistrati: Luigi Maruotti, Presidente Francesco Caringella, Consigliere Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere Raffaele Prosperi, Consigliere DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 29/10/2014.

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