CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 22 MARZO 2013.

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1 N 17/ Maggio 2013 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa nuova iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, ma pur sempre collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. L AMMINISTRATORE UNICO DI UNA S.A.S. NON PUO ESSERE CONTEMPORANEAMENTE DIPENDENTE DELLA SOCIETA. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 22 MARZO La Corte di Cassazione, sentenza n 7312 del 22 Marzo 2013, ha statuito che la carica di amministratore unico di una società a base personale è incompatibile con la posizione di lavoratore subordinato. Il caso L accomandataria di una piccola società ricorreva al Giudice del lavoro, contestando il fatto di non svolgere esclusivamente attività di direzione ed amministrazione ma, anche mansioni di concetto con specifica ed elevata capacità tecnico professionale, con autonomia di iniziativa nell ambito delle direttive generali impartite dall accomandante. L amministratrice chiedeva, pertanto, che le fossero riconosciute le differenze retributive in 1

2 applicazione del trattamento economico previsto dal CCNL Commercio per l impiegato di concetto di II livello. La domanda, accolta in primo grado, veniva poi respinta dalla Corte di Appello, per cui la socia provvedeva a ricorrere per Cassazione. Orbene, i Giudici del Palazzaccio, uniformandosi a costante giurisprudenza della stessa Corte, hanno (ri)affermato che la carica di amministratore unico di una società a base personale è incompatibile con la posizione di lavoratore subordinato della stessa, in quanto non possono, in un unico soggetto, riunirsi la qualità di esecutore subordinato della volontà sociale e quella di organo competente ad esprimere tale volontà; infatti, la costituzione e l'esecuzione del rapporto lavorativo subordinato devono essere collegabili ad una volontà della società distinta da quella dell'amministratore (cfr., ex plurimis, Cass. sent. n del 15 settembre Cass. n maggio 1975). In conclusione, gli Ermellini, con la sentenza de qua, hanno evidenziato che, in una Sas l'amministratore unico non può essere contemporaneamente dipendente della medesima, per la necessità che non si possono concentrare nella stessa persona fisica il potere di: esprimere la volontà della società; dare a essa esecuzione; effettuarne il relativo controllo. IL PROVVEDIMENTO DI ESCLUSIONE DEL LAVORATORE DAL POSSIBILE AVANZAMENTO DI CARRIERA DEVE ESSERE OPPORTUNAMENTE MOTIVATO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 5 APRILE 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 8443 del 5 Aprile 2013, ha affermato, in merito al possibile avanzamento di carriera di un dirigente, che il provvedimento di esclusione, adottato dal datore di lavoro, deve essere motivato onde consentire al lavoratore di contestare specificatamente l'atto. Nel caso in specie, un lavoratore, ingegnere dipendente delle Ferrovie delle Stato, con qualifica di ispettore capo aggiunto, lamentava di aver subito l'illegittimo arresto, ormai pluridecennale, del suo avanzamento nella carriera dirigenziale, per effetto dell'ingiustificata esclusione dalla promozione a dirigente e da ogni valutazione in ordine alla sua professionalità, benché avesse i prescritti requisiti soggettivi ed oggettivi e 2

3 ciò, anche in violazione di un accordo sindacale, con il quale erano stati concordati i criteri di accesso alla dirigenza. Il ricorrente chiedeva, pertanto, la condanna della società al risarcimento del danno da perdita di chances pari alla retribuzione tra la qualifica posseduta e quella di dirigente. La Corte d'appello di Salerno aveva constatato l assoluta mancanza, da parte dell azienda, di un provvedimento amministrativo che avesse consentito al lavoratore di contestare o controllare i criteri e le motivazioni valutative applicati, per l esclusione dell ingegnere dal novero dei lavoratori aventi diritto alla promozione. Pertanto, nel condannare l azienda ferroviaria, la Corte territoriale aveva, altresì, precisato che, trattandosi di illecito permanente, il diritto al risarcimento sorgeva in modo continuo, via via che il danno si produceva ed in modo continuo si prescriveva, se non esercitato entro cinque anni, dal momento in cui si era verificato. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso sia il lavoratore, sia la società datrice; in particolare, il lavoratore eccependo la liquidazione del danno in relazione solo all ultimo quinquennio, effettuata sull'erroneo presupposto che il comportamento datoriale fosse fonte di responsabilità extracontrattuale. I Giudici di Piazza Cavour, accertato che dagli atti di causa non risultava essere stato motivato il risultato valutativo e comparativo delle scelte aziendali, hanno confermato i motivi della sentenza dei giudici del merito. In accoglimento invece del motivo di doglianza del lavoratore (id: eccezione di prescrizione), gli Ermellini hanno, altresì, affermato che la Corte territoriale, pur correttamente qualificando il danno da fatto illecito di natura permanente, con la conseguenza che la prescrizione ricomincia a decorrere "ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta colposa", ha ritenuto, erroneamente, che la responsabilità del datore fosse riconducibile alla responsabilità precontrattuale, con conseguente applicazione della prescrizione quinquennale. Viceversa, la responsabilità della società non può essere ricondotta che alla responsabilità contrattuale, stante la sussistenza del rapporto di lavoro e gli obblighi da questo derivanti a carico del datore di lavoro, la cui inosservanza è stata denunciata dallo stesso lavoratore. 3

4 La prescrizione applicabile era quella ordinaria decennale così come richiesto dal ricorrente. La sentenza impugnata è stata perciò cassata in relazione al motivo accolto ed il giudizio rinviato alla Corte d Appello di Salerno in diversa composizione. LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO INTIMATO A SEGUITO DELLA CHIUSURA DELL UNITA PRODUTTIVA SE IL LAVORATORE RIFIUTA IL TRASFERIMENTO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DELL 11 APRILE 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 8843 dell 11 Aprile 2013, ha confermato la legittimità del licenziamento, intimato per effetto della chiusura dell unità produttiva aziendale e all esito della mancata accettazione, da parte del lavoratore, del suo trasferimento presso altra sede. La peculiarità della vicenda in esame consiste nel fatto che, al momento della intimazione del recesso, il lavoratore era assente dall'italia e non aveva avuto notizia della decisione datoriale fino al suo rientro. La Corte d Appello di Brescia aveva confermato la legittimità del provvedimento espulsivo giacché, preso atto dell'assenza del lavoratore e della data di effettiva conoscenza da parte dello stesso del licenziamento (id: momento in cui l'atto recettizio ha potuto produrre i suoi effetti), aveva dato rilievo alla circostanza, rimasta comunque incontestata, della mancata adesione del lavoratore alla proposta di prosecuzione del rapporto di lavoro in altra sede. Orbene, la Suprema Corte, investita del caso, ha ulteriormente avallato il giudicato della Corte territoriale sottolineando che, invero, il lavoratore, neppure tardivamente, al suo rientro, ha mai ritenuto, in qualunque modo, di manifestare la sua intenzione di dar seguito ed aderire alla proposta di prosecuzione del rapporto di lavoro in altra sede, come formulatagli dal datore di lavoro. In tal modo, hanno concluso gli Ermellini, non essendosi realizzato l'evento previsto dalla condizione sospensiva apposta dal datore di lavoro al recesso, il rapporto si é legittimamente risolto. 4

5 IL DATORE DI LAVORO NON E RESPONSABILE PER L INFORTUNIO ANCHE SE NON HA EFFETTUATO UN CONTINUO ED ININTERROTTO CONTROLLO DEL LAVORATORE. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DELL 11 APRILE 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 8861 dell 11 aprile 2013, ha ritenuto il datore di lavoro non responsabile dell infortunio occorso al proprio lavoratore, se l evento traumatico è ascrivibile ad imperizia abnorme ed imprevedibile di quest ultimo. Nel caso de quo, un operaio restava ferito all occhio da una scheggia di metallo nel mentre utilizzava un trapano. Nel corso del procedimento istruttorio emergeva, in maniera incontrovertibile, che il datore di lavoro aveva fornito i necessari dispositivi di protezione individuale (id: occhiali protettivi) e che gli stessi erano stati regolarmente indossati dal lavoratore ad inizio del turno lavorativo, ma erano poi stati tolti appena il capo-officina si era allontanato. Orbene gli Ermellini, nell avallare in toto il decisum di merito, hanno sottolineato come il datore di lavoro sia tenuto a vigilare sulla reale ottemperanza dei lavoratori alle prescritte indicazioni antinfortunistiche. Tale vigilanza non può però essere considerata quale continuo ed ininterrotto controllo del lavoratore dovendo, pertanto, ritenersi insussistente la responsabilità del datore, laddove il subordinato si sottoponga scientemente ad un rischio totalmente abnorme ed imprevedibile. Pertanto, atteso che nel caso de quo il lavoratore aveva tolto gli occhiali protettivi appena libero dal controllo datoriale, i Giudici di legittimità hanno confermato che non sussiste obbligo di risarcimento danni a carico del datore di lavoro. IL LAVORATORE NON PRONTAMENTE REINTEGRATO HA DIRITTO ANCHE AL RISARCIMENTO DEL DANNO NON PATRIMONIALE CONSEGUENZIALE. CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N DEL 15 APRILE 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 9073 del 15 aprile 2013, ha statuito che, in caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore ha diritto, oltre alla reintegrazione sul posto di lavoro e al pagamento della retribuzione che avrebbe percepito dal giorno del licenziamento fino a quello della sua reintegra, anche al risarcimento del danno ulteriore derivante dal ritardo nella reintegra. IL FATTO 5

6 Una struttura ospedaliera non provvedeva a reintegrare immediatamente nel posto di lavoro un lavoratore illegittimamente licenziato, nonostante le sentenze a lui favorevoli nei due gradi di giudizio di merito. La società datrice di lavoro ricorreva in Cassazione contro la decisione della Corte d Appello che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, l aveva condannata anche al pagamento di una somma di denaro a titolo di danno non patrimoniale. Orbene, i Giudici di Piazza Cavour, con la sentenza de qua, hanno ritenuto del tutto legittimo il decisum della Corte territoriale che aveva riconosciuto al lavoratore, reintegrato nel suo posto di lavoro con notevole ritardo, il diritto al risarcimento di un ulteriore danno di natura non patrimoniale, strettamente correlato ad un comportamento omissivo del datore di lavoro. Tale risarcimento ulteriore, hanno precisato i Giudici nomofilattici, non è da considerarsi come una duplicazione del risarcimento previsto dalla normativa, ossia reintegrazione nel posto di lavoro e pagamento delle retribuzioni, in quanto è finalizzato ad evitare che un comportamento illegittimo possa generare una situazione di ulteriore mortificazione e compromissione della dignità del lavoratore, che viene privato, nonostante sentenza contraria del Giudice, della possibilità di reinserirsi prontamente nel mondo lavorativo con l'evidente rischio anche di un logoramento della professionalità acquisita. LA RC AUTO COPRE ANCHE GLI INFORTUNI OCCORSI AI LAVORATORI NEL CANTIERE STRADALE. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE CIVILE SENTENZA N DEL 3 APRILE 2013 La Corte di Cassazione 3^ Sez. Civile -, sentenza n 8086 del 3 aprile 2013, ha statuito che, compete alla compagnia di assicurazioni (recte, RC auto) il risarcimento del danno subito dal lavoratore, a seguito dello schiacciamento ad opera di un automezzo, anche se l incidente è avvenuto all interno di un cantiere stradale. Nel caso de quo, un dipendente intento alla manutenzione del manto stradale rimaneva schiacciato dalla motopala condotta da un collega. I Giudici di I grado accoglievano la richiesta di risarcimento danni avanzata dai parenti del prestatore nei confronti della compagnia assicurativa. 6

7 La Corte territoriale ribaltava il deliberato. Gli eredi ricorrevano in Cassazione. Orbene, i Giudici dell organo di nomofilachia, nel ribaltare nuovamente il decisum, hanno sottolineato come il presupposto necessario, affinché operi la tutela dell assicurazione R.C. auto, è la circolazione di automezzi, senza rotaie, su strada pubblica, senza che la normativa faccia riferimento alcuno al motivo per il quale il veicolo sia in movimento. Pertanto, atteso che nel caso di specie, ricorrevano tutti i presupposti citati (id: circolazione, assenza di rotaie, strada pubblica), i Giudici del Palazzaccio hanno confermato la risarcibilità del danno a favore degli eredi del lavoratore, ritenendo irrilevanti le motivazioni che avevano spinto il veicolo al movimento e, nello specifico, che la motopala fosse al lavoro in un cantiere stradale e non in circolazione sulla viabilità ordinaria. Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! HA REDATTO QUESTO NUMERO LA COMMISSIONE COMUNICAZIONE SCIENTIFICA ED ISTITUZIONALE DEL CPO DI NAPOLI COMPOSTA DA FRANCESCO CAPACCIO, PASQUALE ASSISI, GIUSEPPE CAPPIELLO E PIETRO DI NONO. 7