CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N DEL 21 MARZO 2012

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1 N 21/ Maggio 2012 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa nuova iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, ma pur sempre collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. COEFFICIENTE ISTAT PER T.F.R. MESE DI APRILE 2012 E stato reso noto l indice Istat ed il coefficiente per la rivalutazione del T.F.R. relativo al mese di Aprile Il coefficiente di rivalutazione T.F.R. Aprile 2012 è pari a 1, e l indice Istat è 105,7. IL DATORE DI LAVORO NON PUO ADIBIRE IL LAVORATORE A NESSUNA MANSIONE SENZA AVERGLI FORNITO UN ADEGUATA FORMAZIONE ED INFORMAZIONE SUI RISCHI IN MATERIA DI SICUREZZA E PREVENZIONE. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N DEL 21 MARZO 2012 La Corte di Cassazione IV Sezione Penale -, sentenza n del 21 marzo 2012, ha statuito che il datore di lavoro è tenuto ad impartire al lavoratore una 1

2 formazione, in materia di sicurezza sul lavoro, consona alla mansione alla quale lo stesso è adibito. Pertanto, qualora il prestatore venga adibito, nel rispetto del c.d. ius variandi, ad una mansione diversa da quella abituale è necessario che riceva la dovuta informazione e formazione atta a prevenire il fenomeno infortunistico. Nel caso de quo un lavoratore veniva ferito mortalmente dal cassone di un autocarro nel mentre tentava, maldestramente, di ripararlo. Dagli atti istruttori emergeva che il lavoratore, sebbene assunto come impiegato di cantiere, di fatto svolgeva le più variegate mansioni tanto da poter essere definito un tuttofare. Orbene gli Ermellini, nel ribaltare il decisum dei gradi di merito, hanno sentenziato che " in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro ha l'obbligo di assicurare al lavoratore una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e salute, con specifico riguardo al posto di lavoro ed alle mansioni svolte dal subordinato, in maniera tale da renderlo edotto sui rischi inerenti ai lavori a cui è addetto evitando di consentirgli il cimentarsi nelle più svariate attività di lavoro manuale, senza avergli preventivamente fornito la specifica formazione professionale. Pertanto, anche in presenza di un comportamento imprudente del lavoratore (nel caso di specie smontaggio di un circuito idraulico a cassone alzato), il datore di lavoro rimane responsabile ex art c.c. se l imperizia del comportamento è direttamente ricollegabile alla mancata formazione ed informazione ricevuta dal dipendente. L AUTOQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO ASSUME RILIEVO SE NON E IN CONTRASTO CON LE CONCRETE MODALITA DI SVOLGIMENTO DELLA PRESTAZIONE. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 21 MARZO 2012 La Corte di Cassazione, sentenza n 4476 del 21 Marzo 2012, ha (ri)affermato che il requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato, anche ai fini distintivi con il rapporto di lavoro autonomo, è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. Nella fattispecie in esame la Corte di Appello di Roma, riformando la sentenza di primo grado, aveva accolto il ricorso di una lavoratrice ed accertato che, nonostante il 2

3 nomen juris attribuito dalle parti al rapporto (dapprima contratti di collaborazione e poi contratti a progetto, succedutisi senza soluzione di continuità per oltre sei anni), sussistevano i requisiti essenziali della subordinazione: la lavoratrice (operante in un call center ) era pienamente inserita nell'organizzazione della società ed era sottoposta ad istruzioni specifiche e non a direttive generiche. Di conseguenza, doveva ritenersi costituito un unico rapporto a tempo indeterminato sin dall'origine e la società doveva essere condannata a risarcire il danno nella misura pari alle retribuzioni spettanti dalla messa in mora. Per la cassazione della sentenza ricorreva la società sostenendo che, invero, il concreto atteggiarsi del rapporto, esaustivamente, dimostrava il carattere autonomo dello stesso. Orbene, i Giudici di Piazza Cavour, nel confermare il decisum della Corte di merito, hanno affermato che requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato - ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall'emanazione di ordini specifici, oltre che dall'esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative. L'esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo. Elemento indefettibile - quindi - del rapporto di lavoro subordinato - e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo è la subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro che stabilisce modalità, tempo e luogo della prestazione. In tal senso, non è idoneo a surrogare il criterio della subordinazione neanche il "nomen iuris" che al rapporto di lavoro sia dato dalle sue stesse parti (cosiddetta autoqualificazione"), il quale, pur costituendo un elemento dal quale non si può - in generale - prescindere, assume rilievo decisivo ove l'autoqualificazione non risulti in contrasto con le concrete modalità di svolgimento del rapporto medesimo. 3

4 IL DATORE DI LAVORO PUO LEGITTIMAMENTE LICENZIARE SIA I LAVORATORI CHE, INTENZIONALMENTE, ALTERANO LE RISULTANZE DEL SISTEMA DI RILEVAZIONE DELLE PRESENZE SIA DEI DIPENDENTI CHE BENEFICIANO DI TALE ALTERAZIONE. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 23 MARZO 2012 La Corte di Cassazione, sentenza n 4693 del 23 marzo 2012, ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato da un datore di lavoro nei confronti di alcuni dipendenti che, nell ambito di un preciso disegno criminis, ancorché assenti, risultavano essere presenti sul luogo di lavoro in quanto il loro badge era stato timbrato da un altro dipendente, anch esso legittimamente (secondo il giudizio degli Ermellini) licenziato. Secondo i Giudici nomofilattici, infatti, tale comportamento, fraudolento e premeditato, rappresenta una violazione dei doveri fondamentali del rapporto di lavoro lesiva, in modo irreparabile, del vincolo fiduciario connotante il contratto di lavoro dipendente. Nel caso esaminato, un lavoratore timbrava il badge, in uscita, per altri due lavoratori che, come emergeva in maniera inconfutabile, non erano presenti sul luogo di lavoro. Orbene i Giudici di legittimità, nel rigettare il ricorso dei tre lavoratori licenziati, hanno evidenziato come il comportamento dei dipendenti, finalizzato a registrare fittiziamente la loro presenza sul posto di lavoro nel mentre erano, di fatto, assenti dallo stabilimento per l'intera giornata lavorativa, appariva connotato da un intento fraudolento particolarmente intenso, frutto di un preventivo accordo, idoneo, finanche, ad integrare gli estremi della fattispecie di cui all'art. 640 c.p. (id: truffa). Pertanto, rilevata la lesione del vincolo fiduciario con l azienda, a seguito della violazione di doveri fondamentali da parte dei lavoratori e palesandosi seri dubbi sulla possibilità del futuro corretto adempimento degli obblighi richiesti dal rapporto di lavoro, con conseguente impossibilità di procrastinare ulteriormente la durata del contratto, i Giudici di Piazza Cavour hanno avallato la legittimità dell atto di recesso datoriale. 4

5 LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIRIGENTE CHE PRESENTA IL REQUISITO DELLA GIUSTIFICATEZZA. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 21 MARZO 2012 La Corte di Cassazione, sentenza n 4797 del 26 Marzo 2012, ha confermato la legittimità del licenziamento intimato ad un dirigente di banca che aveva rifiutato il trasferimento ad altra sede, trasferimento comprovato da effettive esigenze di riorganizzazione della struttura. Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, un dirigente bancario, vice direttore centrale, proponeva ricorso al Giudice del lavoro nei confronti del proprio istituto bancario invocando la nullità e, in via gradata, l illegittimità del licenziamento intimatogli, poiché secondo la sua prospettazione - avulso dalle esigenze di ristrutturazione motivate dalla banca ed invero, intimato quale conseguenza ritorsiva del rifiuto del dirigente al distacco presso altra sede ubicata nel nord Italia. Il Tribunale e la Corte di Appello di Roma confermavano la legittimità del licenziamento. Anche i Giudici di Piazza Cavour, investiti della questione, hanno avallato le decisioni dei precedenti gradi del giudizio ed hanno escluso che il licenziamento potesse essere stato adottato come ritorsione. La specificazione dell'esigenza di ristrutturazione aziendale - non confutata adeguatamente dal lavoratore - che era stata posta a base del licenziamento, è idonea a negare che il motivo ritorsivo costituiva l'unico determinante del recesso, così come richiede la consolidata giurisprudenza di legittimità perché possa essere configurabile il licenziamento per ritorsione (cfr, ex multis, sentenza n 17087/2011). Inoltre, gli Ermellini hanno ribadito che la disciplina limitativa del potere di licenziamento, di cui alla Legge n. 604 del 1966 e Legge n. 300 del 1970, non e' applicabile (ex art.10 L.604/66), ai dirigenti convenzionali, sia che si tratti di dirigenti apicali, che di dirigenti medi o minori, ad eccezione degli pseudo-dirigenti, vale a dire di coloro i cui compiti non sono in alcun modo riconducibili alla declaratoria contrattuale del dirigente. Ai fini della legittimità (o meno) del licenziamento deve farsi riferimento alla nozione della giustificatezza, la quale, come è noto, non si identifica con quella di 5

6 giusta causa o giustificato motivo (ex art. 1 L. 604/66), ma è molto più ampia e può fondarsi sia su ragioni soggettive ascrivibili al dirigente, sia su ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale. IL LAVORATORE CHE OSTINATAMENTE COMPIE ATTI DI INSUBORDINAZIONE E DI SFIDA NEI CONFRONTI DEL PROPRIO DATORE DI LAVORO E LEGITTIMAMENTE LICENZIABILE PER GIUSTA CAUSA. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 30 MARZO 2012 La Corte di Cassazione, sentenza n 5115 del 30 marzo 2012, ha statuito che integra gli estremi di una giusta causa di licenziamento il comportamento del lavoratore consistente in continue insubordinazioni e in atteggiamenti di sfida nei confronti del proprio datore di lavoro. Infatti, secondo i Giudici nomofilattici, il predetto comportamento, ancorché in mancanza del codice disciplinare, violando il c.d. minimo etico ed essendo contrario a norme di rilevanza penale, non consente la prosecuzione del rapporto lavorativo, nemmeno in via provvisoria. Ecco i fatti. Una lavoratrice aveva posto in essere una serie di condotte censurabili (abbandono del posto di lavoro, mancato rispetto della normativa igienico-sanitaria, utilizzo per fini personali dei beni aziendali, insubordinazioni). A nulla erano servite le sanzioni conservative inflitte, all esito dei procedimenti disciplinari. Pertanto, il datore di lavoro - valutata la vicenda nel suo complesso e ritenendo sussistente un atteggiamento di sfida nei propri confronti da parte della dipendente irrogava la sanzione espulsiva per giusta causa. Gli Ermellini nell avallare il decisum dei gradi di Merito, hanno confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa intimato dal datore a cagione dei ripetuti atteggiamenti di "sfida" della lavoratrice. Inoltre, i Giudici di legittimità hanno (ri)affermato che la giusta causa di licenziamento è nozione legale scevra dalle previsioni del contratto collettivo, e che quando vengono contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, pur dovendosi escludere che il giudice di merito possa esaminarli atomisticamente, non occorre che l esistenza della giusta causa, idonea a non consentire la prosecuzione del rapporto, sia ravvisabile esclusivamente nel complesso dei 6

7 fatti ascritti, ben potendo il giudice - nell ambito degli addebiti posti a fondamento del licenziamento dal datore di lavoro - individuare anche solo in alcuni o in uno di essi il comportamento che giustifica la sanzione espulsiva, se lo stesso presenti il carattere di gravità richiesto dall articolo 2119 c.c. Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! HA REDATTO QUESTO NUMERO LA COMMISSIONE COMUNICAZIONE SCIENTIFICA ED ISTITUZIONALE DEL CPO DI NAPOLI COMPOSTA DA FRANCESCO CAPACCIO, PASQUALE ASSISI, GIUSEPPE CAPPIELLO E PIETRO DI NONO. 7

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