«ESSERE SANTI? È IL SEGRETO DELLA FELICITÀ»

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1 «ESSERE SANTI? È IL SEGRETO DELLA FELICITÀ» IL CARDINALE COMASTRI, VICARIO DEL PAPA PER LA CITTÀ DEL VATICANO, CHE HA LAVORATO CON SAN GIOVANNI PAOLO II ED È STATO AMICO DI SANTA TERESA DI CALCUTTA, COMMENTA L ESORTAZIONE DI FRANCESCO SULLA SANTITÀ «GAUDETE ET EXSULTATE» Eminenza, il Papa ci vuole tutti santi! Non è solo una battuta, è proprio la sintesi che egli stesso fa: «Quello che vorrei ricordare con questa esortazione è soprattutto la chiamata alla santità che il Signore fa a ciascuno di noi, quella chiamata che rivolge anche a te: Siate santi, perché io sono santo». Ma davvero ciascuno di noi può essere santo? «Sì, il Papa ci vuole tutti santi. Sapete perché? Perché il Papa sa bene che la santità coincide con la felicità. Un fotografo chiese un giorno a Madre Teresa di Calcutta: Madre, mi tolga una curiosità: perché nei suoi occhi brilla tanta felicità?. La Madre con semplicità rispose: I miei occhi sono felici perché le mie mani asciugano tante lacrime!. Che meravigliosa risposta! Madre Teresa era felice perché viveva intensamente la carità: e carità e santità e felicità sono la stessa cosa. Oggi questo richiamo del Papa è particolarmente urgente, perché molti pensano che la felicità si trovi accumulando ricchezze oppure tuffandosi nei divertimenti e nell esaudimento di ogni capriccio. Illusione!». Francesco mette in guardia da due eresie contemporanee che ci sono d ostacolo sulla via della santità. Hanno due nomi difficili: gnosticismo e il pelagianesimo. In parole povere, cosa significano?

2 «Cerco di tradurre il pensiero del Papa con un linguaggio molto semplice. Tutti abbiamo ricevuto da Dio due splendidi doni: l intelligenza e la volontà. Questi doni sono buoni, ma possiamo avvelenarli quando li trasformiamo in idoli. Mi spiego. Può accadere di pensare che la perfezione (cioè la santità) venga ridotta a una montagna di scienza, di conoscenza: questo è lo gnosticismo. No! Non è così! San Paolo giustamente osserva: Se anche conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza se non ho la carità, io sono nulla! (1Corinzi 13,2). La santità e, quindi, la felicità non dipende dalla scienza, ma dalla carità vissuta fino al segno estremo. La stessa cosa vale per la volontà. È un dono di Dio, ma questo dono si avvelena quando pensiamo che, con la sola nostra volontà, possiamo scalare la montagna della santità e diventare felici: questo è il pelagianesimo. Gesù giustamente ci ha avvisati quando ha detto: Senza di me non potete fare nulla (Giovanni 15,5). La volontà e l intelligenza debbono immergersi nell umiltà; solo così ci portano tra le braccia di Dio: e Dio, che è Amore infinito, ci contagia con la sua felicità». Il Pontefice indica anche la via concreta per camminare verso la santità: sono le beatitudini... «Giustamente il Papa osserva che, nell elenco delle beatitudini tracciate da Gesù, noi possiamo sostituire la parola beato con la parola santo. I santi sono le persone più felici che esistano al mondo, mentre gli egoisti sono le persone più infelici. Madre Teresa di Calcutta (che si intendeva di santità e di felicità) un giorno disse: Sfido chiunque: non troverete mai un egoista felice. Aveva perfettamente ragione. La felicità si assapora soltanto quando, aggrappati alla mano di Dio, riusciamo a spezzare le catene del nostro egoismo». Nell esortazione il Papa indica anche alcuni tratti di santità contemporanea. Declina cioè alcuni atteggiamenti in risposta ai problemi del nostro tempo: sopportazione, pazienza e mitezza; gioia e senso dell umorismo; audacia (parresìa, parlare chiaro) e fervore; vita di

3 comunità; preghiera costante. Quali di questi tratti la colpiscono di più? «Il Papa, con lo stile concreto che lo contraddistingue, ci ricorda che la santità dobbiamo viverla nella concretezza della nostra situazione. Una mamma che sorridendo si spende per la propria famiglia, per il suo sposo e per i suoi figli realizza la santità che Dio vuole da lei. Altrettanto vale per il papà, per il lavoratore, per i nonni, per i giovani: non dobbiamo uscire dalle situazioni in cui viviamo, ma dobbiamo riempirle di amore e così sboccia la nostra santità e la nostra felicità. Bellissimo è il richiamo di papa Francesco all umorismo: a tale proposito vale la pena leggere e meditare la preghiera di san Tommaso Moro, come anche il Cantico delle creature di San Francesco d Assisi, come anche il Magnificat di Maria. Quando si percorre il sentiero della santità, il cuore trabocca di gioia!» (Intervista al cardinale Angelo Comastri di Paolo Rappellino Famiglia Cristiana) DOMENICA 28 OTTOBRE XXX DOMENICA TEMPO ORDINARIO Ger 31,7-9; Sal 125; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52 Grandi cose ha fatto il Signore per noi LUNEDÌ 29 OTTOBRE Ef 4,32-5,8; Sal 1; Lc 13,10-17 Facciamoci imitatori di Dio, quali figli carissimi MARTEDÌ 30 OTTOBRE Ef 5,21-33; Sal 127; Lc 13,18-21 Beato chi teme il Signore MERCOLEDÌ 31 OTTOBRE Ef 6,1-9; Sal 144; Lc 13,22-30 Fedele è il Signore in tutte le sue parole GIOVEDÌ 1 NOVEMBRE bianco Solennità TUTTI I SANTI Liturgia delle ore propria Ap 7, ; Sal 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore ORE 9,30 S. MESSA PRO POPULO ORE 11,30 S. MESSA IN MEMORIA DI OTTAVIA E GIUSEPPE ORE 18,30 S. MESSA IN MEMORIA DI BEPPE ORE 18,30 S. MESSA IN MEMORIA DI VETTORI TIZIANA E CARLO, LUCIA ORE 18,30 S. MESSA IN MEMORIA DI GINO, ARNALDO E DUILIO ORE 10,00 S. MESSA PRO POPULO ORE 11,30 S. MESSA IN MEMORIA DI ETTORINA, LUIGI E ETTORE

4 VENERDÌ 2 NOVEMBRE viola COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI Liturgia delle ore propria Gb 19, a; Sal 26; Rm 5,5-11; Gv 6, Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi SABATO 3 NOVEMBRE Fil 1,18b-26; Sal 41; Lc 14, L anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente DOMENICA 4 NOVEMBRE XXXI DOMENICA TEMPO ORDINARIO Liturgia delle ore terza settimana Dt 6,2-6; Sal 17; Eb 7,23-28; Mc 12,28b-34 Ti amo, Signore, mia forza ORE 18,30 S. MESSA PRO POPULO ORE 18,30 S. MESSA PRO POPULO ORE 10,00 S. MESSA PRO POPULO ORE 11,30 S. MESSA PRO POPULO DOMENICA 21 OTTOBRE SACRAMENTO DELLA CONFERMAZIONE Il Saluto delle Catechiste Cari ragazzi, anche se non ci credete ci mancherete molto. Il guerriero che è in Voi oggi vince, o almeno noi lo speriamo! Tra risate, momenti seri e urlate abbiamo cercato di seminare su un terreno che si è dimostrato molto fertile. Abbiate coraggio, aprite il Vostro cuore e senza timore siate servitori del prossimo sulla strada che Gesù ci ha indicato. Non abbiate mai

5 paura di andare controcorrente e di essere i diversi. Questa è la Vostra ricchezza, ricordatevelo. Grazie per averci seguito e averci regalato sorrisi, risate, domande imbarazzanti e nuovi occhi per leggere la proposta di Gesù. Non può mancare il nostro grazie ai Vostri genitori per il sostegno e la fiducia che ci hanno sempre dimostrato in questi anni. Questa non è la fine di un cammino ma è l inizio di una grande avventura. L invito ai Cresimati Le vostre catechiste Cristina, Francesca e Mariangela

6 BARTIMEO: DA CIECO MENDICANTE A DISCEPOLO VEDENTE 28 ottobre 2018 XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. (Mc 10,46-52) Il viaggio di Gesù verso Gerusalemme sta per concludersi. Manca solo l'ultima tappa, da Gerico alla città santa. Ed è proprio uscendo da Gerico che Gesù s'imbatte in un cieco, il cui nome, Bartimeo, è riferito dal secondo Vangelo. È il privilegio per un nome intrigante, che l'evangelista ritiene opportuno spiegare: figlio [bar] di Timeo. "Bar" è il termine aramaico per indicare il figlio, e quindi suggerisce l'appartenenza a una famiglia, a un clan e addirittura a un popolo. "Timeo" è il nome dello scritto platonico maggiormente conosciuto nel mondo greco-romano. Ma c'è ancora di più: l'evangelista Marco presenta la guarigione di Bartimeo come una vicenda che diventa paradigmatica di ogni percorso di discepolato, riguardante sia i giudei che i provenienti dalle altre culture. CAPARBIETÀ VINCENTE Bartimeo è cieco, mendicante, e seduto fuori dalla strada. Dopo l'incontro con Gesù non sarà più cieco, né accattone, né uno seduto, ma uno che segue Gesù sulla strada verso la passione. E una trasformazione radicale, che si realizza attraverso alcuni passaggi necessari alla sequela di Gesù. Innanzitutto Bartimeo non resta indifferente di fronte alla notizia che sta passando Gesù di Nazaret. Comincia a gridare, a invocarlo, a chiedere misericordia, pietà. Ma la sua

7 supplica si scontra con l'opposizione di molti, che vorrebbero tacitarlo perché infastiditi dalla sua insistenza. Tra le righe l'evangelista lascia intuire che ogni autentica ricerca del Signore deve sempre fare i conti con resistenze, opposizioni (a volte esterne, a volte interiori). Ma Bartimeo non desiste e, ancor più caparbiamente e con maggior forza, persevera nel suo grido rivolto a Gesù. Egli chiede attenzione, e Gesù gliel'accorda quando, colpito da queste grida, si ferma e lo fa chiamare. Non lo chiama direttamente, ma per interposta persona, cioè sollecitando i presenti a farsi portavoce del suo invito al cieco mendicante, e quindi a cessare di ostacolarlo. In sostanza la sua prima attenzione va proprio a costoro, tra i quali risultano ben confusi anche i suoi discepoli, che prima erano invece distinti dalla folla; è quasi già una prima guarigione, perché obbliga i presenti a diventare, da avversari, testimoni. DI CORSA DA GESÙ Quando il cieco si sente chiamato, balza in piedi e si dirige senza indugi verso Gesù. Il mantello potrebbe essergli di intralcio, per cui lo getta via, anche se rappresenta tutto il suo patrimonio. Infatti il mantello, nella legislazione biblica, non può essere dato in pegno perché è l'unica cosa con cui un povero mendicante può ripararsi dal freddo durante la notte (cfr. Es 22,25-26). Quando arriva da Gesù, si sente interpellato: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». In tal modo Bartimeo può chiarire a se stesso ciò che realmente lo ha spinto da Gesù. Avendolo invocato come figlio di Davide, ossia come "re", la cosa più ovvia sarebbe la richiesta di una donazione capace di sollevarlo dalla condizione di miseria da cui è costretto perfino a mendicare. Invece si rivolge a Gesù chiamandolo «rabbutit», cioè suo "grande maestro", indicando così come il suo più profondo desiderio sia quello di mettersi alla sua scuola. E questa volontà di essere discepolo di Gesù si esprime in quanto fa subito dopo la guarigione dalla cecità: invece di andarsene, come Gesù gli ha detto, si mette stabilmente alla sua sequela. PROFONDA TRASFORMAZIONE Il miracolo di guarigione di cui Bartimeo è stato beneficiario non è soltanto il recupero della vista, ma proprio la trasformazione profonda della sua persona. In lui è possibile ravvisare un percorso ideale per il discepolo di ogni tempo: aprirsi alla buona notizia del passaggio di Gesù nella propria vita e accoglierla in una preghiera ostinatamente fedele, superando tutto ciò che vorrebbe soffocarla. Una volta giunti alla decisione consapevole di voler seguire Gesù come il Signore della propria vita, bisogna cercare di liberarsi da ciò che è di peso a una vera sequela (vedi il mantello gettato via...).

8 Le parole finali di Gesù svelano il senso di tutta la vicenda: «Va', la tua fede ti ha salvato». Quanto Bartimeo ha fatto e ottenuto è frutto della sua fede. Egli non solo ha creduto che Gesù è l'erede delle promesse fatte a Davide, e colui che ha il potere di ridare la vista ai ciechi, ma è anche giunto ad una relazione di profonda comunione personale con Gesù, al punto di poterlo dichiarare - sebbene sia la prima volta che lo incontra - il maestro mio. La fede porta ad un'intimità del credente con il suo Signore, ed è da questa intimità che procede il coraggio della sequela, proprio quel coraggio che è mancato al giovane ricco e che manca pure ai discepoli di Gesù quando, invece di seguirlo, vorrebbero "sedersi" nella soddisfazione del successo. (II CENACOLO 7/2018) Appuntamenti della Settimana 10,00 S. Messa DOMENICA 28 OTTOBRE XXX DOMENICA TEMPO ORDINARIO LUNEDÌ 29 OTTOBRE 11,00 Incontro Gruppo di 4 a Elementare 11,30 S. Messa: Festa Comunità Peruviana Signore dei Miracoli 18,00 Ritrovo con cena insieme del Gruppo Medie 21,00 Gruppo Rinnovamento nello Spirito 7,30 10,00 La Caritas parrocchiale distribuisce alimenti MERCOLEDÌ 31 OTTOBRE 18,30 S. Messa prefestiva 19,15 Incontro Adolescenti 21,00 Prove canti Coro GIOVEDÌ 1 NOVEMBRE SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI VENERDÌ 2 NOVEMBRE COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI SABATO 3 NOVEMBRE DOMENICA 4 NOVEMBRE XXXI DOMENICA TEMPO ORDINARIO 10,00 S. Messa 11,30 S. Messa 13,15 Pranzo insieme Adolescenti 18,30: S. Messa di Commemorazione di tutti i Fedeli Defunti 18,30 S. Messa prefestiva 10,00 S. Messa 11,30 S. Messa