La saggia civetta e le sue storie

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1 Tomás v S v pidlík La saggia civetta e le sue storie 2004 Lipa Srl, Roma prima edizione: settembre 2004 disegni di Maria Stella Secchiaroli Lipa Edizioni via Paolina, Roma & fax e mail: info.lipa@lipaonline.org http: // Stampato nel settembre 2004 Impianti e stampa: Studio Lodoli Sud, Aprilia Proprietà letteraria riservata Printed in Italy ISBN Lipa

2 LA SAGGIA CIVETTA E L EMIRO DI KARKEMISH 4 Karkemish è una nota città sul fiume Eufrate. Tanto tempo fa divenne famosa perché ci viveva l emiro Ali Kefi, di cui si diceva che era il giudice più giusto di tutto l Oriente. Nei paesi vicini e lontani si ammirava la sua sapienza. Ma in che modo era arrivato a possederla? Come tanti altri, anche lui da giovane pensava che essere sapiente volesse dire sapere tante cose. Allora andò a studiare in tante scuole e lesse montagne di libri. Leggeva a lungo, anche fino a notte fonda, alla luce di una piccola lampada a olio. La lettura gli apriva la mente, ma gli affaticava la vista. Gli sembrava di avere una nuvola negli occhi. Una notte, stanco della lunga lettura, alzò lo sguardo dai libri e guardò fuori della finestra, nel buio. Ad un tratto, vide due occhi lucenti, puntati su di lui. Ma non si spaventò. Gli occhi suscitavano fiducia. L emiro chiese a bassa voce: Chi sei? Perché mi guardi così? Lo sconosciuto rispose, anche lui a voce bassa: Sono la civetta, l uccello notturno, e ho fama di essere una civetta saggia. Seguo quelli che cercano la sapienza. Per questo sono volata da te. 5

3 L emiro si rallegrò: Allora certo mi dirai come sei arrivata alla tua saggezza. Te lo dirò, rispose la civetta. Volo per il mondo e ascolto quello che la gente dice di notte, quando nessuno li vede. Gli uomini infatti non sono come si fanno vedere alla luce del sole, ma come sono in segreto. Non fidarti mai di uno che si vanta esternamente. Guarda come è nel suo cuore. E il cuore si manifesta meglio di notte che di giorno. Ma come posso arrivare a questa conoscenza?, domandò sgomento l emiro. Ti aiuterò, promise la civetta. Devi sempre chiamarmi, o con le parole, oppure anche solo con il pensiero, e sentirai di sicuro il mio consiglio. Come questo avvenne ce lo illustra il racconto che segue. Un certo uomo di nome Abdullah, servitore fedele del califfo di Bagdad, fu inviato dal suo padrone a Damasco con un messaggio importante. Sellò in fretta il suo cavallo e partì. Ma la fretta non è mai una buona consigliera. Abdullah non aveva pensato di chiedere informazioni sulla strada, e dopo pochi giorni si smarrì. Dopo tanto tempo che percorreva un sentiero senza sapere dove lo portava, in lontananza vide una città sconosciuta. Ad un viandante che 6 camminava in quella direzione chiese come si chiamava la città. È Karkemish. Ma non potresti prendermi con te sul cavallo? Vedo che è forte, e sarà uno scherzo per lui portare due uomini. Io ti condurrò diritto in città. Abdullah era buono, perciò acconsentì subito. Lo sconosciuto salì sul cavallo dietro di lui. Sembrava pacifico e pareva quasi che dormisse. Ma quando arrivarono dentro a un boschetto, l uomo colpì con un pugno Abdullah sulla testa, lo buttò a terra e scappò con il cavallo. Il povero Abdullah si rialzò a fatica. Per fortuna non era stato gravemente ferito e la città non era più tanto lontana. Si imbatté in un altro uomo, questa volta buono. Gli raccontò la sua disgrazia e questi cercò di consolarlo: Cerca di raggiungere a piedi la città! Là ci vive un emiro saggio. Presentati a lui e può darsi che ti aiuterà a trovare il ladro e il cavallo. A queste parole Abdullah si consolò un poco, e con il resto del coraggio che gli rimaneva raggiunse la città. Arrivò sulla piazza del mercato e non credeva ai suoi occhi! vide il ladro che cercava di vendere il cavallo ad un prezzo altissimo. Il cavallo era bello, e tanti erano interessati ad acquistare un animale così nobile. Abdullah s infuriò e assalì con i pugni il brigante, che rispose allo stesso modo. Vedendo una tale rissa, la gente separò i due litiganti e li condusse dall emiro Ali Kefi. 7

4 Emiro buono, aiutami!, gridò Abdullah piangendo, e raccontò la sua disgrazia. Ma il brigante era un furbacchione. Fingendosi buono e onesto, dichiarò che Abdullah era un mentitore. Secondo la sua versione, il cavallo era suo ed era lui che aveva permesso ad Abdullah di salire dietro di lui sul cavallo. Questi poi aveva cercato di derubarlo, ma per fortuna non aveva avuto abbastanza forza, e lui aveva potuto gettarlo per terra. E ora, questo sfrontato millantatore lo accusava con tali menzogne. A chi credere? Entrambi erano due forestieri sconosciuti, e i testimoni mancavano. L emiro chiese il parere ai suoi consiglieri, uomini del diritto, che discussero a lungo. Alla fine dichiararono il caso insolubile; bisognava dunque mettere tutti e due i litiganti provvisoriamente in prigione. Abdullah pianse. Il brigante, invece, chiese con arroganza che gli restituissero la libertà. L emiro non si commosse né per il pianto di Abdullah né per l arroganza del brigante. Dichiarò brevemente: Portate il cavallo nella mia stalla e i due sconosciuti in prigione. Deciderò domani. Che cosa fece l emiro? La sera si mise al tavolo e si ricordò la promessa della civetta. Vieni a darmi un consiglio!, sospirò. Presto comparvero dietro la finestra i due occhi lucenti della civetta e si fece sentire la sua voce rauca: Domani porta entrambi gli uomini dal cavallo! 8 Subito dopo gli occhi sparirono, così improvvisamente come erano apparsi. Frattanto in prigione il brigante dormiva sulla nuda terra, c era abituato. Si sentiva sicuro di vincere il processo. Abdullah invece pianse tutta la notte, che gli sembrò infinitamente lunga. La mattina, appena spuntò il sole, venne la guardia e condusse entrambi dall emiro. Appena furono in sua presenza, l emiro non disse niente, solo accennò ai due uomini di seguirlo. Arrivarono nella grande stalla dove c erano molti bei cavalli. Quello di Abdullah stava nell angolo e sembrava triste. L emiro si fermò vicino a lui e ordinò al brigante di accarezzare l animale. Appena il brigante si avvicinò, il cavallo si spaventò e provò a fuggire. Basta!, disse l emiro, e ordinò ad Abdullah di carezzare l animale. Il cavallo nitrì con gioia e leccò la mano di Abdullah. L emiro sorrise e gli disse: Prendi il cavallo e va in pace! Il ladro, invece, riconducetelo nella prigione. Vi resterà per lungo tempo. La sera l emiro sedette al tavolo con i suoi libri. Senza che l avesse chiamata, apparvero dietro la finestra i due grandi occhi della civetta e la sua voce nota sentenziò: Se uno ama gli animali buoni, questi a 9

5 loro volta lo amano. Siamo tutti insieme una sola cosa nell universo di Dio. COME LA SAGGIA CIVETTA DIVENTÒ CONSIGLIERA DEL RE DEGLI ANIMALI Era morto il vecchio leone, il re del deserto. Fu ordinato a tutti gli animali un lutto universale di trenta giorni in onore del loro monarca. Ma subito dopo si dovette procedere alla ricerca del nuovo governatore. Ci si rese subito conto che la scelta non sarebbe stata facile. Nel deserto i leoni erano ormai diventati pochi e oltremodo solitari, timidi, e odiavano ogni incontro. A che scopo avere un tale re? Ma dopo un cer-to tempo fu fi-nalmente trovato un c a n d i - d a t o idoneo. Era un leone 10 11

6 appena fuggito da un circo. A differenza degli altri leoni, si annoiava quando rimaneva solo, e amava essere circondato dagli animali sia selvaggi che domestici. Non odiava neanche gli uomini, aveva un cuore pacifico. Un re del genere piacque a tutti gli animali e fu fissata la data dell incoronazione. La festa fu preparata in un modo insolitamente solenne. Oltre ai soliti discorsi d occasione, si pensò di dare anche un concerto nella forma classica del quartetto. Si sarebbero esibiti gli animali più rinomati come suonatori: il corvo, la rana, il cane e la mucca. Un armonia di voci così diverse doveva assicurare un grande successo. Gli animali scelti fecero le prove in una radura in mezzo al silenzio dei boschi. Si disposero ai quattro angoli del prato e cominciarono coraggiosamente a produrre la 12 loro musica, ciascuno secondo il proprio talento. Gli uccelli del bosco vennero ad ascoltare. Ma appena fu eseguito il primo pezzo, la metà degli ascoltatori scappò spaventata. I musicisti si accorsero che c era qualche difetto nell esecuzione, e pensarono di correggerlo. Ci siamo disposti male, disse la mucca. Io e il cane dobbiamo stare nella parte orientale del prato, il corvo e la rana verso occidente. Si spostarono e ricominciarono il concerto. Ma questa volta fuggì anche l altra metà degli uccelli. Ci siamo di nuovo disposti male, dichiarò il corvo, io e la rana dobbiamo suonare verso nord, il cane e la mucca verso sud. A questa nuova disposizione, accorsero gli scoiattoli sui rami degli alberi e incominciarono a ridere di buon cuore. Seguirono al-tri sposta- 13

7 menti ed altre prove, finché un cinghiale non uscì dal bosco tutto arrabbiato minacciando i quattro musicanti con i suoi denti feroci. I membri del quartetto chinarono tristi le teste non sapendo che cosa fare. Quale fu allora la loro sorpresa quando videro arrivare il futuro re leone in onore del quale si preparava il concerto! Il leone aveva un aspetto bonario e sembrava quasi divertito dall insuccesso dei musicanti, che invece tremavano di paura. Disse loro: Io, di musica armonizzata non me ne intendo. Ma ho sentito dire che fra gli animali c è una civetta saggia che ha esperienza degli affari del mondo. Chiedete consiglio a lei! Non si sa come accadde, ma in quello stesso momento la civetta spuntò dal cavo di un vecchio albero e sentenziò: Non è la disposizione che guasta il concerto, ma le vostre voci. Non siate come gli uomini in parlamento, che credono di poter trovare buone leggi in grado di armonizzare le brutte parole che ognuno vi pronuncia. Imparate prima a suonare ciascuno melodiosamente la propria parte: solo dopo si può cercare l armonia con gli altri. Il futuro re leone agitò contentissimo la coda. Lui era stato ben educato nel circo ed era pienamente d accordo con la civetta. Perciò le disse: Da oggi sarai la prima fra i consiglieri della mia corte. Che 14 la saggezza abbia più peso degli schiamazzi e degli urli! E anche i miei sudditi, nei loro dubbi, ricorrano a te! Così sia!, risposero gli scoiattoli, che questa volta non ridevano più, e anche il coro degli uccelli che frattanto era ritornato e aveva intonato un inno spontaneo nel bosco. E la civetta? Chinò la testa e sussurrò: Lasciarsi consigliare, ascoltare l altro è più saggio che far risuonare la propria voce nell assemblea. 15

8 L ORO DI UN AVARO C era una volta un calzolaio di nome Isidoro. Viveva da solo, con poco. Tuttavia, nonostante non spendesse quasi niente, non era riuscito ad arrivare ad una certa agiatezza. Ma un giorno la fortuna bussò alla sua porta. Venne la notizia della morte di uno zio ricchissimo, senza altri parenti se non lui. Così tutta l eredità fu destinata al povero Isidoro. Ricevuta la notizia, per parecchie notti Isidoro non riuscì a dormire per la gioia. E quando poi ricevette il denaro, non poté dormire per la paura di essere derubato. Decise allora di investire i soldi là dove sono sicuri e producono frutto. Perché non comprare campi? La nostra terra è fertile. Detto fatto. Ci furono tante noie con l amministrazione dei campi, ma la terra produsse un abbondante raccolto per un anno, due, tre. Ma il quarto anno si annunciava una grande siccità. Per evitare il danno che ne sarebbe venuto, Isidoro vendette i campi e comprò dei boschi. Fu un buon investimento, perché il legno si vendeva a caro prezzo. Ma cominciarono ancora una volta i guai. Gli incendi nei paesetti vicini divoravano i boschi. Se il fuoco fosse arrivato anche qui? 16 17

9 Spaventato, Isidoro vendette i boschi e comprò in città una grande casa signorile. Ma questa volta si accorse di aver fatto un grande sbaglio. Per mantenere una tale casa ci volevano persone di servizio e Isidoro tremò d ira quando dovette pagare lo stipendio a persone che considerava fannulloni. Ora era ricco, ma stanco morto per le mille preoccupazioni. Sentì il bisogno di trovare una soluzione: come restare ricco senza avere tante noie per l amministrazione dei beni. Gli venne un idea che gli pareva felice. Vendette la casa e tutte le cose inutili, e con il denaro ricavato comprò tante bacchette sottili di oro purissimo. Ora tutta la sua ricchezza entrava in una scatola. Si ritirò nella sua vecchia casetta. Fissò le bacchette d oro sulla trave sotto il tetto. Lì nessuno poteva salire senza la scala che Isidoro aveva legato con una catena fuori dalla casa. Del resto, nessuno aveva sospetti che l oro si trovasse proprio sotto il tetto. La gente aveva compassione di Isidoro. Pensava che fosse divenuto ricco, ma non avesse saputo amministrare i suoi beni e ora, dopo aver perso tutto, fosse costretto a vivere modestamente come prima. Quando si mostravano dispiaciuti, lui fingeva di piangere, ma in cuor suo rideva: Sapessero! La sua risata però ebbe una fine improvvisa. Un giorno, non si sa perché, liberò la scala dalla catena e salì sotto il tetto per godere dello splendore delle sue bacchette 18 d oro. Fu un dono della misericordia divina se non cadde morto dallo spavento! L oro non c era più. Era stato rubato tutto. Per parecchi giorni il povero Isidoro non dormì e non mangiò. Pensò solo ad una cosa: chi poteva essere il ladro e come trovarlo. Tese l orecchio in tutte le direzioni, sospettando di tutti e di tutto. Intorno a lui non si muoveva niente, c era solo il silenzio. Ad un tratto sentì la strana voce di un uccello. Che c entra lui con il mio affare!, pensò Isidoro. Ma siccome l uccello volava intorno al tetto, egli corse fuori incuriosito. Improvvisamente tutto gli divenne chiaro. Era una gazza, una gazza ladra. Attraverso una finestrina era penetrata sotto il tetto e così, una per una, aveva trasportato le bacchette nel suo nido. Ma dov era il nido della gazza ladra? Isidoro lo cercò ovunque, invano. Ogni tanto sentiva dalla cima di qualche albero la voce della gazza che lo scherniva. Disperato, si chiedeva che cosa fare. Quando gli uomini sono derubati, accusano il ladro davanti al giudice. Ma come fare se il ladro è un animale? Isidoro venne a sapere che c era un re leone che parlava la lin- 19

10 gua degli uomini. Decise quindi di cercarlo per presentare il suo caso. Fu una fatica enorme trovare il re degli animali e fu anche tanto pericoloso passare accanto alle guardie della sua porta. Ma poi fu ricevuto con molta cortesia. Quando però sua maestà il leone sentì che si trattava della solita cattiveria di una gazza, brontolò: Chi mi può aiutare a prenderla? Fai meglio a chiedere alla mia dotta consigliera, la civetta saggia. Lei vola di notte, conosce tutto, ha gli occhi penetranti, può darsi che ti dirà che cosa fare. Trovare la civetta non fu difficile. Essa aveva ascoltato in qualche angolo ciò che era stato detto davanti al re e si rivolse prontamente a Isidoro: Senti, buon uomo! Va a casa e raccogli per strada qualche sasso. Mettilo nella scatola dove prima c erano le bacchette d oro. Pensa che quel sasso è oro e tutto tornerà come prima. Per un avaro infatti l oro è come qualsiasi altro sasso: gli dà soddisfazione perché è suo e ad altro non gli serve. Che cosa ci hai fatto prima con tutto l oro che avevi? Detto questo, la civetta sparì in un angolo scuro. Isidoro tornò a casa sua. Triste? Più saggio? Chi lo sa! Il cuore di un avaro non si rivela facilmente

11 LA VITA UMANA Prima di riposarsi il settimo giorno, Dio era occupato con la creazione del mondo. All inizio l opera andò facilmente. Per dividere la terra e il cielo, la terra ferma e il mare fu sufficiente un piccolo gesto della mano. Per far crescere l erba sulla terra e ornarla di fiori bastò una parola. Ma poi venne il turno della creazione di tutti gli animali e infine dell uomo. Più un animale si avvicinava alla perfezione dell uomo, più si manifestava in lui una proprietà tipicamente umana: lagnarsi e contraddire. Questo si vide già nella creazione del cane. Appena si rizzò sulle sue zampe e gli furono dati quarant anni di vita, cominciò ad abbaiare: Signore, quarant anni di vita da cane! Questo non è un dono, ma 22 una pena. Dio sorrise e disse: Va bene, allora solo venti. Poi venne il turno della scimmia. Anch essa, appena udì quarant anni, cominciò a mormorare a voce bassa e alla fine disse apertamente: Chi nel mondo potrebbe apprezzare quarant anni di azioni da scimmia! Sarei ridicola per tutti. Allora anche a lei Dio disse: Va bene, ti concedo vent anni. Venne allora il turno di qualcuno che fin dall inizio volle far vedere che è il padrone. Si trattava dell uomo. Appena sentì che anche a lui erano destinati quarant anni di vita, cominciò a protestare, ma in modo diverso 23

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