Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile ISSN Pubblicazione del La Nuova Procedura Civile, 1, 2017.

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1 Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile ISSN Pubblicazione del La Nuova Procedura Civile, 1, 2017 Editrice Comitato scientifico: Simone ALECCI (Magistrato) - Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza)- Mauro BOVE (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) Costanzo Mario CEA (Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) Mirella DELIA (Magistrato) - Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Consigliere presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) Francesco FIMMANO (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) Roberto MARTINO (Professore ordinario di diritto processuale civile, Preside Facoltà Giurisprudenza) Francesca PROIETTI (Magistrato) Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare presso il Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Presidente di sezione, Suprema Corte di Cassazione) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato dell Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione) Antonella STILO (Magistrato, Presidente di sezione) Antonio URICCHIO (Professore ordinario di diritto tributario, Magnifico Rettore) - Antonio VALITUTTI (Consigliere presso la Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.). Violazione della clausola contrattuale circa il preventivo obbligo di conciliazione prima di adire l'autorità giudiziaria: improcedibilità della domanda? La clausola contrattuale, con la quale le parti decidano di conferire ad un terzo il solo incarico di esperire un tentativo di conciliazione, per le eventuali controversie che insorgano, non implica rinuncia alla tutela giurisdizionale, come nel diverso caso del compromesso per arbitrato irrituale (in cui il terzo ha il compito di definire la contesa in via transattiva con effetto vincolante per i contraenti), con la conseguenza che il mancato esperimento del suddetto tentativo non è di ostacolo alla proponibilità e procedibilità dell'azione giudiziaria. Occorre peraltro considerare l'enorme discrasia che vi è tra l'obbligo contrattuale pattuito circa il preventivo obbligo di conciliazione prima di adire l'autorità giudiziaria, non contenente alcuna espressa previsione di improcedibilità, e la statuizione legale del D.Lgs. n. 28 del Quindi, la mancata sottoposizione della controversia al tentativo di conciliazione rileva soltanto sotto l'aspetto dell'adempimento contrattuale e non attiene, invece, al profilo della inammissibilità e/o improcedibilità denunciato da parte convenuta. Una cosa è la previsione di un obbligo contrattuale, suscettibile di inadempimento, altra cosa invece è la deroga pattizia alla giurisdizione. A sua volta, l'inderogabilità dell'obbligo espressamente prevista nel contratto, si riverbera sull'ampiezza della vincolatività della pattuizione, rendendola massima, ma nulla dice a proposito della sanzione dell'obbligo inderogabile. Da ciò deriva che ogni deroga all'esercizio del diritto costituzionale di agire in giudizio a tutela dei propri diritti soggettivi è insuscettibile sia di estensione analogica, sia di interpretazione estensiva, tant'è vero che persino le prescrizioni legali di obbligatorietà di un tentativo di conciliazione preventivo non danno luogo ad improcedibilità ove tale sanzione processuale non sia espressamente. Tribunale di Milano, sezione quarta, sentenza del , n. 8982

2 omissis Quindi, istruita la causa con produzioni documentali, la stessa veniva posta in decisione, decorsi i termini assegnati per il deposito delle comparsa conclusionale e delle memorie di replica, sulla base delle conclusioni precisate dalle parti all'udienza del Il Tribunale svolge le seguenti e concise riflessioni. La domanda attorea merita accoglimento nei limiti delle seguenti precisazioni. Questo Giudicante, per quanto concerne l'eccezione proposta, osserva che la clausola contrattuale prevista all'art. 14 del preliminare, la quale statuisce il preventivo obbligo di conciliazione prima di adire l'autorità giudiziaria, non contiene alcuna espressa previsione di improcedibilità. Occorre considerare, in punto di diritto, l'enorme discrasia che vi è tra l'obbligo contrattuale pattuito e la statuizione legale del D.Lgs. n. 28 del In ogni caso, una cosa è la previsione di un obbligo contrattuale, suscettibile di inadempimento, altra cosa invece è la deroga pattizia alla giurisdizione. A sua volta, l'inderogabilità dell'obbligo (e nel caso in oggetto non risulta tale inderogabilità) espressamente prevista nel contratto, si riverbera sull'ampiezza della vincolatività della pattuizione, rendendola massima, ma nulla dice a proposito della sanzione dell'obbligo inderogabile. Da ciò deriva che ogni deroga all'esercizio del diritto costituzionale di agire in giudizio a tutela dei propri diritti soggettivi è insuscettibile sia di estensione analogica, sia di interpretazione estensiva, tant'è vero che persino le prescrizioni legali di obbligatorietà di un tentativo di conciliazione preventivo non danno luogo ad improcedibilità ove tale sanzione processuale non sia espressamente prevista (Cass , n con riferimento all'art. 10 L. n. 192 del 1998; Cass , n e Cass , n con riferimento ai contratti collettivi). Con massima attinenza al caso di specie, poi, giova zzzzzz caso del compromesso per arbitrato irrituale (in cui il terzo ha il compito di definire la contesa in via transattiva con effetto vincolante per i contraenti), con la conseguenza che il mancato esperimento del suddetto tentativo non è di ostacolo alla proponibilità e procedibilità dell'azione giudiziaria" (Cass , n. 8983; Tribunale di Siena 172/2014). Ciò premesso, si ritiene, quindi, che la mancata sottoposizione della controversia intercorsa al tentativo di Conciliazione rilevi soltanto sotto l'aspetto dell'adempimento contrattuale e non attenga al profilo della inammissibilità e/o improcedibilità denunciato da parte convenuta. Ciò posto, l'attrice ha chiesto che venisse dichiarata la risoluzione del preliminare ai sensi dell'art c.c. o in subordine ex art c.c. A tal riguardo risultano chiari ed incontrovertibili i profili di inadempimento in cui è incorsa la parte convenuta. Essa, infatti, non ha soltanto mancato di stipulare il contratto definitivo di compravendita nel termine previsto dal contratto preliminare o in quello successivamente proposto nella diffida ad adempiere, ma non ha neanche versato gran parte del prezzo dovuto, pari ad

3 1.900,000,00, nonché le ulteriori spese connesse, continuando comunque a mantenere il materiale godimento degli immobili ricevuti in forza del preliminare stesso. Nel caso di specie, è pacifico zzzzzz davanti al notaio zzzzzzzzz stipula del contratto definitivo di compravendita per il successivo 30/05/2013, termine entro il quale la promissaria acquirente avrebbe dovuto pagare il saldo del prezzo pari ad 1.900,000,00 e che la convenuta non si sia presentava il giorno stabilito dal preliminare per la stipula del contratto definitivo. La convenuta, con raccomandata zz ad adempiere entro venti giorni dalla ricezione della raccomandata all'obbligazione contrattuale di stipulare il contratto definitivo di compravendita, indicando già la data del come giorno in cui recarsi dal zzzzzz la stipula del contratto definitivo di compravendita (cfr. doc. 15, fascicolo attrice). Tuttavia la convenuta né il , né entro il termine di cui alla diffida ( ) si è presentata per la stipula del contratto definitivo. D'altronde, anche a voler prescindere dalla diffida ad adempiere ex art c.c. del , si rileva che le stesse parti avevano espressamente pattuito (art. 11 del contratto) che "Qualora parte promissaria acquirente non si presentasse per la stipula dell'atto notarile o presentandosi non stipulassezzzzzz ritenere il presente contratto risolto di pieno diritto per fatto e colpa di parte promissaria acquirente ai sensi dell'art c.c... senza necessità di messa in mora o diffida". Pertanto, la missiva di cui sopra o, al più tardi, l'atto introduttivo del presente giudizio manifestano l'inequivoca intenzione dell'attrice di volere la risoluzione del contratto, essendosi comunque verificato quanto previsto anche dalla riferita clausola risolutiva espressa. Ai fini della legittimità della risoluzione, come noto, non è sufficiente l'inadempimento ma occorre anche la verifica circa la non scarsa importanza ai sensi dell'art cod. civ. (Cass. 2012, n. 409). In questo senso, si pone quel consolidato orientamento della S. zzzzz alla stregua del quale l'intimazione, da parte del creditore, della diffida ad adempiere di cui all'art c.c. e l'inutile decorso del termine fissato per l'adempimento non eliminano la necessità, ai sensi dell'art c.c., dell'accertamento giudiziale della gravità dell'inadempimento in relazione alla situazione verificatasi alla scadenza del termine, secondo un criterio che tenga conto sia dell'elemento oggettivo della mancata prestazione nel quadro dell'economia generale del negozio sia degli aspetti soggettivi rilevabili tramite un'indagine unitaria sul comportamento del debitore e sull'interesse del creditore all'esatto e tempestivo adempimento (cfr. ex multis Cass. 2007, n. 9314; Cass. 1998, n. 8910; Cass. 1994, n. 4275; Cass. 1991, n. 2979). Considerate tutte le precedenti acquisizioni, sia singolarmente che nel loro peso complessivo, il Tribunale ritiene sussistenti le componenti oggettive e soggettive, come da impostazione giurisprudenziale sopra richiamata, di un inadempimento di non scarsa importanza ex art c.c. Se le parti, in particolare l'attrice, non avessero ritenuto importanti i termini previsti nel contratto non avrebbero previsto la clausola risolutiva sopra riportata, avendo, quindi, esse già previsto che il ritardo nell'adempimento, in questo caso, superava ogni ragionevole limite di tolleranza.

4 Ancorché l'attrice abbia chiesto la risoluzione del contratto per effetto della diffida ad adempiere, occorre considerare che la facoltà di chiedere la risoluzione è insita nel contratto stesso e tale clausola non fa che rafforzare detta facoltà ed accelerare la risoluzione, avendo le parti anticipatamente valutato l'importanza di un determinato inadempimento, e quindi eliminato la necessità di un'indagine "ad hoc" avuto riguardo all'interesse dell'altra parte (Cass. civ., Sez. III,26/09/2006, n ). D'altro canto, non merita accoglimento l'eccezione di inadempimento ex art c.c. proposta da Y riguardo la presenza di gravi vizi strutturali nei locali. A tal proposito, questo Giudicante ritiene che non sia stata data idonea prova della sussistenza dei suddetti vizi, non potendo costituire prova dei vizi la sola dichiarazione del tecnico della parte convenuta e avendo la convenuta prodotto solo delle generiche comunicazioni concernenti la rottura di alcune lastre di vetro e la rottura della rete idrica dei servizi igienici (cfr. doc. 10 fascicolo convenuta). Del resto, anche ipotizzando che tali vizi fossero sussistenti e originari, la convenuta non ha manifestato di voler adempiere, chiedendo ad esempio, in questa sede, la riduzione del prezzo. Inoltre, la convenuta aveva comunicato all'attrice il sopravvenire di problemi economici che avrebbero reso problematico l'acquisto di quanto promesso, così che le parti avevano iniziato una trattativa volta sostanzialmente a diminuire l'impegno economico per la convenuta, escludendo dalla compravendita alcune unità immobiliari (doc. 9 fascicolo attrice; doc. 7 fascicolo convenuta). La convenuta, poi, ha contestato i vizi all'attrice il in risposta alla convocazione per il rogito, nell'imminenza della stipula del contratto definitivo, non risultando le missive di cui ai docc. 3 e 4 del suo fascicolo indirizzate all'attrice (doc. 6 fascicolo convenuta). La domanda di condanna al rilascio dell'immobile a favore dell'attrice è, pertanto, fondata e merita accoglimento, per gli stessi effetti restitutori della risoluzione, che prescindono dall'imputabilità dell'inadempimento, che vanno tenuti distinti dagli obblighi risarcitori, gravanti sul contraente inadempiente, i quali eventualmente si aggiungono a quelli restitutori, quale effetto sanzionatorio dell'inadempimento e non della risoluzione (cfr. verbale di consegna di cui al doc. 3 fascicolo attrice). L'attrice non ha svolto alcuna domanda tesa all'accertamento del diritto di ritenere le somme versate dalla convenuta in esecuzione del contratto e solo la convenuta ha chiesto la riduzione della penale ex art c.c., pur non svolgendo alcuna domanda restitutoria. Il già citato art. 11 del preliminare dedotto nel presente giudizio prevede, infatti, "il diritto di trattenere a titolo di penale e salvo il risarcimento dell'ulteriore danno, quanto versato a titolo di acconti, le migliorie e i beni non agevolmente rimovibili esclusa qualsiasi indennità a favore di parte promissario acquirente". Ebbene, l'inciso in questione rappresenta, a tutti gli effetti, una clausola penale.

5 Non vi sono comunque elementi, in concreto, per la riduzione della stessa, atteso che il prezzo complessivo dei beni era di e sono stati versati acconti per , mentre la convenuta non ha provato di aver effettuato spese per per ultimare i locali. La domanda dell'attrice di "condanna al pagamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo nella riconsegna dell'immobile data dalla data di risoluzione del contratto fino all'effettivo rilascio" non può essere accolta. Ancorché sia stato previsto il risarcimento dell'ulteriore danno, infatti, la parte attrice non ha provato il danno da mancato godimento del bene, avendo prodotto un documento inidoneo, quale il Bollettino della Borsa immobiliare di Milano, il quale si limita a riportare prezzi del tutto generici e, quindi, non in grado di a quantificare in sé tale domanda (doc. 19 fascicolo attrice). Manca l'interesse, da parte dell'attrice, ad ottenere la cancellazione della trascrizione del preliminare, essendo questa già divenuta inefficace ex art ter c.c.. Le spese di lite si liquidano, considerato che non tutte le domande attoree sono state accolte, in complessivi 11500, di cui per compensi ed 1500 per rimborso spese generali. pqm Il Giudice, definitivamente pronunciando nel contraddittorio tra le parti, contrariis rejectis, così provvede: accerta e dichiara risolto il contratto preliminare di vendita inter partes dedotto in giudizio, stipulato in data , ex art c.c.; condanna la zzzzzzz, a favore della parte attrice, dei locali oggetto del preliminare, siti zzzzz rigetta le altre domande proposte dalle parti; condanna la parte convenuta al pagamento in favore dell'attrice delle spese di lite, come sopra liquidate, in oltre accessori dovuti.