Annabel Blasi CHOOSE YOUR DESTINY
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- Martino Bruno Riccio
- 8 anni fa
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1 Choose your destiny
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3 Annabel Blasi CHOOSE YOUR DESTINY racconto
4 Copyright 2012 Annabel Blasi Tutti i diritti riservati
5 Alla mia famiglia
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7 Prima parte
8
9 1 Freddo. Sentivo un freddo insopportabile che mi invadeva per tutto il corpo. Con una mano cercavo qualcosa con cui coprirmi, ma appena mi girai caddi a terra. Sbattei la testa e mi alzai a fatica cercando di focalizzare dove mi trovassi. Non è possibile! Mi ero addormentata di nuovo su uno dei tavoli del locale in cui lavoravo. E questa è già la decima volta! Avrebbero almeno potuto chiamarmi prima di andarsene. E che caspita! Non è possibile che.. Mi bloccai subito quando mi accorsi che stavo parlando da sola. Mi portai la mano alla testa. Faceva male, ma sarei sopravvissuta. Presi la borsa ancora infastidita per quello che era successo. Uscii dalla porta sul retro e la chiusi a chiave, anche se, tra meno di mezzora, sarebbe venuta la donna delle pulizie. Questo lavoro mi piaceva sempre meno. Cosa ci si trovava di bello a lavorare in un locale notturno dove ti pagavano anche poco?! Ma purtroppo era l unico lavoro che avevo trovato. Non era facile lavorare per una ragazza di sedici anni. Nessuno ormai ti prendeva se non avevi una laurea e soprattutto se eri ancora minorenne. Nessuno voleva prendersi responsabilità. Credevano che non andassi a scuola perché ero svogliata o perché non mi piaceva e quindi non volevano fare affidamento su di me, ma a me sarebbe piaciuto tanto tornarci. L avevo lasciata giusto un anno prima quando mi ero resa conto che mio fratello non poteva mantenerci entrambi. Noi infatti non avevamo i genitori. Mio fratello, Tomas, mi aveva raccontato che erano morti entrambi in un incidente stradale quando io ero molto piccola. Lui aveva solo 9
10 cinque anni quando successe. Ci avevano mandato in un orfanotrofio ma, appena compiuti diciotto anni, Tomas se ne era andato e mi aveva portato con sé. Non mi aveva mai fatto mancare niente e per lui era molto importante che io andassi a scuola; non solo per me stessa, ma anche perché era stato un suo sogno andare all università. Così quando gli avevo detto che lasciavo la scuola, si era infuriato e si era rifiutato di parlarmi e ascoltarmi per giorni. Poi però l avevo messo di fronte all evidenza di quello che stava accadendo: non riusciva a pagare l affitto, era stato licenziato già da parecchi lavori perché non rispettava gli orari dovendomi accompagnare e venendomi a prendere a scuola, e soprattutto, da un po di tempo, non dormiva quasi mai. Lui allora si era arreso ed a- veva acconsentito alla mia richiesta. Nonostante tutto però, continuava a mettere soldi da parte per comprarmi libri di ogni genere, per continuare la mia educazione. Mi piaceva tanto leggere e speravo un giorno di scrivere un libro tutto mio. Sarebbe stato bello guadagnare tanti soldi, così io sarei tornata a scuola e Tomas avrebbe realizzato il suo sogno. Spesso ne avevo parlato con lui, ma mi ripeteva sempre che non dovevo illudermi, che non era una cosa facile realizzare i propri sogni in quest epoca. Io però non smettevo di pensarci e così un giorno avevo iniziato a scrivere una storia. Non mi sembrava granchè, ma era sempre meglio di niente per cominciare. Arrivai davanti casa, frugai nella borsa, ma come al solito mi ero dimenticata di nuovo le chiavi. Suonai sicura che Tomas non ci fosse, infatti fu così. Andai sul retro del grande palazzo in cui vivevamo e, con la solita agilità, mi arrampicai fino al secondo piano, trovando la finestra della mia camera socchiusa per i casi di emergenza come quello. Spesso Tomas mi aveva scoperta a compiere quell impresa pericolosa e, ogni volta, mi faceva la predica, ma non gli avevo dato mai retta. Ero sicura che non sarei mai caduta: mi fidavo ciecamente delle mie abilità. Fin da piccola mi arrampicavo facilmente dappertutto, infatti Tomas mi aveva soprannominata scimmietta. Entrai in camera e mi fiondai nel bagno per fare una doccia 10
11 calda. Prima però accesi l ipod e lo collegai alle piccole casse che mi aveva regalato Tomas per il mio compleanno. Gli avevo sempre raccomandato di non farmi regali perché non potevamo spendere i pochi soldi che avevamo, in queste cose così futili ma, ogni volta che mi sentiva dire queste parole, scoppiava sempre a ridere dicendo che non mi dovevo preoccupare. Alla fine mi ritrovavo con regali sempre più costosi. Arrivai ad un certo punto a non parlargli più di queste cose. Se ogni volta che dicevo qualcosa, i regali aumentavano di prezzo, forse se non dicevo proprio niente se ne sarebbe completamente dimenticato. Invece no! Non ci fu niente da fare, i regali c erano sempre. Uscii dalla doccia e mi buttai sul letto con l accappatoio e con i capelli ancora bagnati avvolti in un asciugamano. Guardai il soffitto e immaginai una vita differente da quella che vivevo. Mi capitava spesso ma,ogni volta, pensavo che era perfetta così, nonostante tutto. Alzai il braccio e mi rigirai tra le dita il bracciale che avevo al polso. Era molto bello e soprattutto molto costoso. Avevo cercato di venderlo per guadagnare un po di soldi, ma Tomas non voleva. Era un ricordo di famiglia, l unico che ancora avessimo. Ricordo chiaramente quando me lo diede. Era una sera come le altre, ma importante per noi: era il compleanno di nostra madre. Anche se mamma e papà non c erano più, avevamo continuato a festeggiare i loro compleanni. Ogni volta Tomas ed io facevamo una torta e spegnevamo insieme le candeline. Quella sera, prima di andare a dormire, Tomas venne nella mia stanza per darmi il bacio della buonanotte. In mano però nascondeva una scatola. L avevo vista, ma non gli dissi niente. Era come se fosse indeciso se darmela o meno. Alla fine me la porse. Questo era della mamma mi disse è stato della nonna prima che lo avesse lei. Mi raccontava spesso di questo bracciale. Nemmeno lei ricordava da quanto tempo era stato della sua famiglia. Era un oggetto che si passava di generazione in generazione. Ascoltavo senza interromperlo; mi piaceva quando mi parlava della mamma. Lui ne aveva un ricordo molto sfocato ma comunque me ne parlava qualche volta. Mi disse che un giorno lo avrebbe dato a te quando saresti stata abba- 11
12 stanza grande da portarlo. Purtroppo lei non te lo ha potuto dare di persona, e inoltre sperava di dartelo in un età più matura. Credo però che tu adesso sia in grado di proteggerlo. Non capii mai cosa significava proteggerlo, ma non glielo chiesi per non riportare alla mente quel triste ricordo. Da allora non l avevo mai tolto. Spesso lo osservavo cercando di capire cosa significassero quei segni incisi sull oro. Avevo provato a cercarli sui libri o sul computer della biblioteca, ma non avevo trovato nulla. Poi c erano quelle sei piccole pietre che si trovavano ad un uguale distanza tra loro. Le avevo fatte vedere ad un gioielliere che mi aveva detto che si trattava di pietre molto preziose che ormai non esistevano da molto tempo. Mi aveva detto che lui le aveva viste solo sui libri, ma non gli era mai capitato qualcuno che le avesse. Aveva provato a convincermi a vendergliele, ma non gli avevo dato retta. Dopo quelle parole avevo capito che quel bracciale doveva a- vere moltissimi anni e non lo lasciai mai più. Non lo toglievo nemmeno quando facevo la doccia o andavo a dormire; era troppo prezioso per rischiare di perderlo. Ricordavo anche che, quella stessa notte, sognai mia madre o almeno lo spettro di quello che un tempo era stata. In realtà non sapevo se fosse lei perché non l avevo mai vista, ma era come se me lo sentivo da dentro, come se il mio subconscio me lo suggerisse. Era una sensazione strana che però accettai senza rifiutare. Mi abbracciò e mi parlò. scegli il tuo destino ricordo che mi sussurrava. Non capii quelle parole, ma mi furono come di conforto. Da allora non era più capitato. Spesso mi ero addormentata con la speranza di vederla di nuovo, ma ne rimanevo sempre delusa. La stanchezza di quella notte si faceva sentire, gli occhi si chiudevano e, senza nemmeno accorgermene, mi addormentai. Elanya.Elanya Qualcuno mi stava chiamando ma non vedevo chi fosse. In un primo momento pensai fosse la mamma, ma la voce era diversa, più rauca, come quella di un anziana signora. La sensazione che sentivo non era per niente gradevole: forti nausee e giramenti di testa si alternavano. Una nebbia grigia mi stava 12
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