Servizio di documentazione tributaria
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- Annibale Valentini
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1 Corte di Cassazione Sentenza del 07/02/2008 n Intitolazione: Imposte sui redditi - IVA - Redditi d'impresa - Accertamento - Competenze e poteri degli uffici finanziari - Acquisizione di movimenti di un conto corrente bancario riconducibile all'attivita' d'impresa - Deduzione presuntiva di oneri e costi deducibili - Esclusione. Massima: Le disposizioni che disciplinano l'accertamento in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto, con specifico riferimento all'acquisizione dei movimenti di un conto corrente bancario riconducibili ad un' attivita' d' impresa, prevedono che debbano essere considerati ricavi sia le operazioni attive che quelle passive, senza che si debba procedere alla deduzione presuntiva di oneri e costi deducibili, essendo posto a carico del contribuente l'onere di indicare e provare eventuali specifici costi deducibili atteso che, con tali disposizioni, il legislatore non ritiene che il contribuente evasore occulti in pari misura i ricavi ed i costi; anzi, la normativa muove dal presupposto che il contribuente tenda ad occultare i ricavi, ma non i costi. Ne' appare lecito presumere che in ogni caso a ricavi occulti necessariamente corrispondano costi occulti. *Massima redatta dal Servizio di documentazione Economica e Tributaria Testo: Svolgimento del processo Con ricorso notificato alla srl C.P. il 28 febbraio 2000 (depositato il 18 marzo 2000) il Ministero delle finanze - premesso che il 16 giugno 1996 il competente Ufficio IVA aveva notificato alla predetta societa' "avvisi di rettifica parziale... relativamente ai periodi d' imposta 1991 e 1992" contestando l'"effettuazione di acquisti e vendite senza emissione di fattura" desunta dalle "indagini bancarie" esperite dal Nucleo Regionale di Polizia Tributaria, ma senza irrogazione di sanzione avendo la societa' definito le stesse ai sensi dell'art. 58, quarto comma, DPR n. 633 del , in forza di un solo motivo chiedeva di cassare ("con ogni consequenziale statuizione... anche in ordine alle spese") la sentenza n. 141/51/99 depositata il 13 ottobre 1999 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia la quale aveva respinto sia quello della contribuente che l'appello dell'ufficio avverso la decisione (45/04/97) con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo, in parziale accoglimento dei ricorsi della societa', aveva determinato l'imponibile nella "differenza tra le operazioni bancarie attive e passive effettuate". Nel controricorso notificato il 6 aprile 2000 (depositato il 20 aprile 2000), l'intimata - riprodotta la sentenza di appello -, "con il favore delle spese", instava per il rigetto dell' avversa impugnazione e per l'accoglimento di quella incidentale che fondava su due motivi. Motivi della decisione 1. In via preliminare, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., va disposta la riunione di quello incidentale della contribuente all'anteriore ricorso del Ministero avendo le due impugnazioni ad oggetto la medesima decisione. 2. Con questa la Commissione Tributaria Regionale - premesso che: 1) gli accertamenti erano stati "motivati con riferimento al P.V. redatto dalla Guardia di Finanza a seguito di indagini bancarie relative alle Pagina 1
2 movimentazioni dei c/c bancari" della societa'; 2) "i giudici di primo grado" avevano determinato "l'imponibile... nella differenza fra l'ammontare dei versamenti al netto dei prelievi... per entrambi gli anni"; 3) l' Ufficio aveva posto in rilievo che la parte aveva effettuato "per ogni anno due violazioni distinte: omissione di fatturazione per le vendite e acquisti di merce senza fatture" e 4) la contribuente aveva contestato "la mancata delibera dei primi giudici in ordine al petitum in via principale" - ha respinto "entrambi gli appelli" affermando: - "equa appare la determinazione della base imponibile... quale differenza tra i ricavi (... accreditamenti...) ed i costi (... prelevamenti...)" perche' "diversamente operando si produrrebbe una ingiusta duplicazione d'imposta"; - "relativamente al difetto di contraddittorio... ed al mancato rispetto degli adempimenti previsti dall'art. 51 secondo comma punto 2 e art. 35 vigente prima dell'entrata in vigore della L. 413/91 relativamente alla frazione dell'anno 1991 si condividono le conclusioni dei primi giudici" atteso che "il n. 7 II comma dell'art. 51 consente agli Uffici, adottando precise misure procedurale, di acquisire copia dei conti intrattenuti con gli istituti bancari e cio' si ritiene anche per l'anno 1991 nel rispetto della normativa disciplinata nell'art. 52 DPR 633/72 e 33 DPR 600/73". 3. In via logica, attesa la sua idoneita' a definire altrimenti la controversia, il primo motivo del ricorso incidentale della contribuente deve essere scrutinato prima del ricorso principale del Ministero. Con tale motivo la societa' - ricordato che nel caso "il contraddittorio e' stato instaurato da parte della Guardia di Finanza... e non da parte dell'ufficio IVA" - denunzia "violazione degli artt. 51, secondo comma, e 54 DPR 633/72, degli artt e 2729 cod. civ., e dell'art. 39 del DPR 600/73" oltre che "omessa o comunque insufficiente motivazione su punti decisivi della vertenza" adducendo che: - "la possibilita'" enunciata nell' art. 51 detto (secondo cui "gli uffici possono facendo seguire sette modalita' procedurali distinte, tra di loro alternative e coordinabili") "non puo' avere letterale riferimento all'alternativa tra le modalita' successivamente indicate che l'ufficio puo' scegliere per la piu' adeguata esplicazione dell'attivita' di indagine, essendo peraltro ciascuna modalita' procedurale regolata dalla specifica disciplina sua propria indicata sotto ogni singolo numero"; - "la legge prevede espressamente che l'ufficio puo' porre a base degli accertamenti i dati risultanti dai conti correnti bancari solo quando il contribuente non dia dimostrazione contraria" ("con cio' sancendo" il "principio preciso" che "le modalita' procedurali previste espressamente con la convocazione personale del contribuente, e volte a consentire a lui la dimostrazione necessaria, costituiscono un presupposto dell'accertamento che voglia fondarsi sui dati bancari") per cui, "secondo il sistema della legge", "il contraddittorio personale del contribuente con l'ufficio costituisce un presupposto dell'accertamento che intenda fondarsi sui dati risultanti dai conti bancari"; - poiche' la legge "radica una presunzione di ricavo" ("particolarmente gravosa se si cumula la presunzione di reddito relativa sia ai versamenti che ai prelevamenti") "sia sui versamenti che sul prelevamenti sui conti bancari", "l'instaurazione del contraddittorio tra ufficio e contribuente e'.., l'unica modalita'... perche' l'ufficio possa avvalersi delle presunzioni legali che emergono dai dati dei conti bancari" e le "relative modalita' non sono disponibili da parte dell'amministrazione finanziaria" perche' poste "a tutela dei diritti di una delle parti del rapporto di imposta"; - "la necessita' di sentire previamente il contribuente, consentendogli di fornire la prova contraria, e' un contrappeso della presunzione legale relativa di imponibilita' dei movimenti bancari". Secondo la contribuente, poi, "una volta emesso, in difetto di instaurazione del contraddittorio, l'atto impositivo soggiacera' alle regole ordinarie e sara' l'ufficio a dover fornire, sia pure utilizzando le norme sul valore probatorio di versamenti e prelevamenti, la prova della gravita', precisione e concordanza degli elementi ricavati dall'esame dei conti": nel caso "la decisione" impugnata e' "palesemente carente di motivazione, non avendo chiarito in che modo l'ufficio abbia, se mai lo abbia, assolto all' onere della prova al medesimo incombente". Pagina 2
3 La societa', inoltre, sostiene che la norma dettata dall'art. 52, secondo comma, n. 2, DPR n. 633 del 1972 "trova fondamento su una presunzione semplice" per cui l'amministrazione "resta comunque tenuta a provare... che le movimentazioni bancarie per le quali il contribuente non e' stato in grado di fornire giustificazioni individuano realmente delle operazioni non contabilizzate". La srl C. P. aggiunge che "la presunzione contenuta nella norma... appare in contrasto con vari principi costituzionali, primi fra tutti quello di capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost. in quanto non si puo' certo riconoscere una maggiore capacita' contributiva a chi effettui prelevamenti dal proprio conto corrente" perche' "il prelevamento dimostra... l'inverso, ovvero l'esistenza di un costo" nonche' con quelle "regolanti l'istituto giuridico delle presunzioni (artt e 2729 del codice civile, art. 39 del DPR 600/73 e 54 DPR 633/72) in quanto dal fatto noto dei prelevamenti bancari, non si puo' certo far discendere il fatto ignoto della omessa contabilizzazione di ricavi per l'ammontare corrispondente, in quanto tale presunzione non risponderebbe al criterio di probabilita', secondo il principio dell'id quod plerumque accidit". La doglianza e' priva di pregio. In ordine alla questione posta con il motivo, invero, questa Corte ha gia' avuto modo di ripetutamente affermare (Cass., trib., 23 giugno 2006 n , cit.; 27 giugno 2005 n ; 17 maggio 2002 n. 7267; 29 marzo 2002 n. 4601; 26 febbraio 2002 n. 2814; 18 gennaio 2002 n. 518, tra le recenti) il principio - che va confermato in quanto nelle esposte argomentazioni della contribuente non si ravvisano convincenti argomentazioni per discostarsi dallo stesso - per il quale la legittimita' della utilizzazione, da parte dell'amministrazione Finanziaria, dei movimenti dei conti correnti bancari non e' condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell'accertamento, atteso che l'art. 32 DPR 29 settembre 1973 n. 600, invocato dalla contribuente, prevede il contraddittorio come oggetto di una mera facolta' dell' amministrazione tributaria e non gia' di un obbligo per la stessa. 4. Con il proprio ricorso il Ministero delle Finanze - evidenziato aver la Commissione Tributaria Provinciale sostenuto (a) che ""la parte non ha contestato le movimentazioni bancarie operate sui c/c della societa'"" e (b) che ""tutti i prelevamenti ed accreditamenti fatti sui c/c della societa' non possono altro che essere stati fatti a fronte di transazioni commerciali"" - denunzia "violazione o falsa applicazione dell'art. 21 DPR 633/72" adducendo che: - "l'acquisto di merci senza fatture e la vendita di merci senza fatture costituiscono due distinte violazioni, altrettanto distintamente sanzionate" ai sensi di detto art. 21; - "accertata l'esistenza di transazioni commerciali effettuate senza emissione di fattura, limitare la base imponibile, compensandola nella misura della mera somma algebrica fra operazioni attive e passive, significa... legalizzare, in palese violazione di legge..., la restante parte di acquisti senza fattura e la successiva vendita senza fattura"; - avendo la stessa Commissione Tributaria Regionale ritenuto "valida" la presunzione "ex art. 51, settimo comma, del DPR n. 633/72" (secondo la quale "i prelevamenti ed gli accreditamenti bancari, di cui la parte non ha fornito alcuna documentazione giustificativa, debbano qualificarsi rispettivamente come acquisti senza fattura e operazioni imponibili attive senza fattura"), "la pretesa erariale e', nel caso..., pienamente legittima... perche' a fronte della violazione consistente nell'omessa fatturazione di acquisti, commessa nel vigore dell'art. 41, comma sesto, DPR 633/72, l'obbligo di pagamento del relativo tributo sussiste indipendentemente dall'obbligo di pagamento dell' imposta eventualmente dovuta per le operazioni imponibili effettuate" non potendo trovare "applicazione", "con riferimento all'obbligo di pagamento del relativo tributo", "il principio del favor rei introdotto dall'art. 3 del DL (recte: D.Lgs.) n. 472/97". Il ricorso deve essere accolto perche' fondato. Il n. 7 dell'art. 32 DPR 29 settembre 1973 n. 600 (nel testo, applicabile alla specie ratione temporis, sostituito dall'art. 18 della legge 30 dicembre 1991 n. 413 ed anteriore alle successive modificazioni apportate dall'art. 1, comma 402, della legge 30 dicembre 2004 n. 311) ed il corrispondente dell'art. 51 DPR 26 ottobre 1972 n. 633, come noto, Pagina 3
4 consentiva agli (allora operanti) uffici delle imposte sui redditi ovvero del valore aggiunto (IVA) di "richiedere", "per adempimento dei loro compiti", alle imprese ivi indicate "dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonche' alle garanzie prestate da terzi". Per il n. 2 delle stesse norme, poi, (a) "dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati... a norma del numero 7)... sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli arti. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine", e (b) "alle stesse condizioni sono altresi' posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreche' non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni". In base a tali disposizioni questa sezione (sentenze 23 giugno 2006 n e 5 luglio 2001 n. 9103), con specifico riferimento all'acquisizione dei movimenti di un conto corrente bancario riconducibili ad un' attivita' d' impresa, ha gia' statuito che debbono essere considerati ricavi sia le operazioni attive che quelle passive, senza che si debba procedere alla deduzione presuntiva di oneri e costi deducibili, essendo posto a carico del contribuente l'onere di indicare e provare eventuali specifici costi deducibili atteso che, come osservato da Cass., trib., 9 settembre 2005 n , con le riprodotte disposizioni "il legislatore... non ritiene che il contribuente evasore occulti in pari misura i ricavi ed i costi; anzi, la norma muove dal presupposto che il contribuente tenda ad occultare i ricavi, ma non i costi. Ne' appare lecito presumere che in ogni caso a ricavi occulti necessariamente corrispondano costi occulti". 5. Con il secondo (ed ultimo) motivo del proprio ricorso incidentale la societa' - ricordato che i "rilievi trovano fondamento nel disposto delle norme dell'art. 32 I comma n. 2 del DPR 600/73 e dell'art. 51 comma n. 2 del DPR 633/72" - lamenta "violazione dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, degli artt. 51 e 51 bis DPR 633/72, e dell'art. 18 della legge 413/91" nonche' "omessa o comunque insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia" adducendo che essendo state "le disposizioni" degli artt. 32 e 51 dette "modificate e profondamente innovate dalla legge n. 413 del 1991, che ha abrogato gli artt. 35 del DPR 600/73 e 51-bis del DPR 633/72" e disponendo l'art. 81 della legge n. 413 del 1991 espressamente che "le disposizioni in commento hanno effetto dal primo gennaio 1992", "tale espressa disposizione impedisce di applicare retroattivamente l'art. 18, attesa la sua natura oggettivamente innovativa": alla "norma in oggetto", "di abrogazione del segreto bancario", "non e' possibile... attribuire contenuto e natura.., esclusivamente processuale" perche' essa "incide direttamente su una situazione giuridica soggettiva che deve essere tenuta distinta dai procedimenti che disciplinano l'attivita' istruttoria dell'amministrazione finanziaria, proprio perche' attiene a diritti soggettivi". L'"opposta conclusione", per la ricorrente, incontra "un duplice ostacolo", l'uno dato dalla "necessita' di rispettare l'equita' e la parita' dei rapporti fra le parti sia nel processo e sia... nel procedimento di accertamento" (per cui "il contribuente deve essere posto in condizione di conoscere l'ampiezza della prova di cui l'amministrazione finanziaria puo' in ogni determinato momento, seppure anche astrattamente, disporre" in quanto "solo in questo modo e' garantito il suo diritto di difesa"), l'altro costituito dalla "necessita' di usare il criterio della ragionevolezza" atteso che "l'applicazione retroattiva costringe.., il contribuente ad un notevole sforzo di ricostruzione" tenuto conto che lo stesso, "nel periodo di imposta oggetto del controllo", "non aveva alcun obbligo, sul piano fiscale, di conservare la documentazione relativa ai movimenti bancari". La societa' aggiunge che "nel caso... nessuna delle previsioni dell'art. 35 del DPR 600/73 e 51 bis del DPR 633/72 risulta realizzata per l'anno d'imposta 1991" in quanto "le ragioni delle riprese dell'accertamento" per tale anno ("non accolte in sede contenziosa...") "attengono per la parte di maggiore rilevanza prevalentemente al disconoscimento della deducibilita' di costi trascritti su libro giornale vidimato in data successiva a quella di Pagina 4
5 effettuazione delle operazioni" ("su tali censure la decisione non ha offerto alcuna motivazione, limitandosi a condividere quella, invero comunque scarsa, della decisione di primo grado"). Anche tale motivo e' destituito di fondamento. Sulla norma contenuta nell'art. 18 della legge n. 413 del 1991 (che, modificando l'art. 32 del DPR 29 settembre 1973 n. 600, ha consentito all'ufficio erariale ed alla Guardia di Finanza di accedere ai "conti intrattenuti" dal contribuente con "aziende e istituti di credito" o con l'allora "amministrazione postale") -, invero, in carenza di qualsivoglia convincente argomentazione contraria (che non si rinviene neppure nelle riprodotte motivazioni offerte dalla contribuente), va ribadito il principio gia' ripetutamente affermato da questa Corte secondo cui l'utilizzazione dei poteri riconosciuti dalla stessa norma anche ai fini dell'"accertamento" delle imposte sui redditi e/o sul valore aggiunto relative ad annualita' precedenti la sua entrata in vigore non configura affatto una applicazione retroattiva della disposizione in quanto non determina una "modificazione sostanziale della posizione soggettiva del contribuente" atteso che gli obblighi di questo nei confronti del fisco "restano quelli separatamente contemplati dalle leggi in vigore al tempo della dichiarazione": il momento dell'accertamento, infatti, per sua natura, non e' idoneo a modificare l'obbligazione tributaria ne' il contenuto della dichiarazione, il cui parametro di legittimita' e' costituito dalla sua veridicita', per cui la contestata applicazione incide solo sul controllo di tale dichiarazione, piu' specificamente sull'acquisizione della prova (Cass., trib.: 13 ottobre 2006 n ; 6 dicembre 2005, n ; 14 ottobre 2005 n ; 13 maggio 2003 nn e 7344; 19 luglio 2002 n ; 29 marzo 2002 n. 4601; 20 novembre 2001 n ; 19 settembre 2001 n ; 21 luglio 2001 n. 9611). La Corte Costituzionale (sentenza n. 260 del 6 luglio 2000), peraltro, dal suo canto, ha espressamente escluso che l'applicazione della norma anche agli accertamenti relativi ad annualita' d'imposta anteriori alla sua entrata in vigore violi sia il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., in quanto "norme sostanzialmente analoghe... sono previste ai fini dell'accertamento, nei confronti di tutti i contribuenti", che il diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost., osservando che il contribuente e' "tempestivamente informato delle richieste di acquisizione delle copie dei conti" e puo' "pienamente esercitare, gia' in sede amministrativa, e quindi in sede giurisdizionale, il suo diritto a fornire documenti, dati, notizie e chiarimenti idonei a dimostrare che le risultanze dei conti non sono in contrasto con le dichiarazioni presentate o che esse non riguardano operazioni imponibili". Le disposizioni contestate, inoltre (Cass., trib., 13 ottobre 2006 n , cit.), tendono a fare emergere la capacita' contributiva reale del contribuente per cui va escluso qualsiasi loro contrasto con l'art. 53 Cost. 7. Per effetto dell'accoglimento del ricorso delle amministrazioni pubbliche, la sentenza impugnata deve essere cassata avendo la stessa erroneamente ritenuto legittima l'operazione di "determinazione della base imponibile... quale differenza tra i ricavi (... accreditamenti...) ed i costi prelevamenti...)" in mancanza di qualsivoglia prova, neppure presuntiva, del certo riferimento (e, quindi, dell'inerenza) dei "prelevamenti" agli specifici "accreditamenti"; tale mancanza, di per se', esclude anche qualsiasi "duplicazione d'imposta" paventata dalla Commissione Tributaria Regionale. La causa non ha bisogno di nessun ulteriore accertamento fattuale e, quindi, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., deve essere decisa nel merito da questa Corte con il rigetto del ricorso di primo grado della contribuente atteso che, per i principi richiamati, in ipotesi di accertamento fiscale fondato sui dati delle movimentazioni bancarie e' giuridicamente illegittima qualsiasi operazione di deduzione algebrica dei "prelevamenti" dagli "accreditamenti" se non supportata da idonea prova dell'inerenza degli uni agli altri. 8. Le spese del giudizio di legittimita' vanno compensate integralmente tra le parti ai sensi del secondo comma dell' art. 92 c.p.c. in considerazione dell'esito della controversia nei giudizi di merito. P.Q.M. Pagina 5
6 La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale; rigetta quello incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso di primo grado della contribuente; compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio. Pagina 6
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