La vittima, questa sconosciuta

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1 La tutela vittima di Sandra Recchione * *GIP presso il Tribunale di Torino Il ruolo vittima nel processo penale alla luce normativa e giurisprudenza sopranazionale L art. 1 comma 1 Decisione quadro del Consiglio dell Unione europea stabilisce che ciascuno Stato membro prevede nel proprio sistema giudiziario penale un ruolo effettivo ed appropriato delle vittime. Tale ruolo non viene tuttavia specificato nei dettagli, anche se l art. 9 stessa Decisione stabilisce che ogni Stato membro deve garantire alla vittima il diritto ad ottenere il risarcimento del danno dall autore del reato, individuando in tal modo una forma concreta di tutela, che fonda sul ristoro economico, la salvaguardia dei diritti dell offeso nell ambito del procedimento penale. Anche la giurisprudenza Corte EDU è visibilmente orientata a leggere i diritti delle vittima nel processo penale in chiave risarcitoria ed ad inquadrare le legittime pretese stessa nell area del risarcimento del danno. Alla vittima si riconosce dunque un diritto al risarcimento, ma non un diritto al processo, la cui gestione resta integralmente affidata, quanto ad iniziativa e pretese punitive, alla parte pubblica 1. La scelta, fondata sulla sopravvalutazione offesa pubblica che la collettività patisce dal reato rispetto all offesa privata, deve essere probabilmente aggiornata alla luce di una sensibilità crescente che individua l interesse vittima non solo al risarcimento del danno, ma anche allo svolgimento equo del processo. Il che rappresenta, in sé, una importante forma di ristoro. Né può essere dimenticato che il procedimento penale, soprattutto nella fase cautelare per lo più pre-processuale svolge un vero e proprio ruolo di tutela (infungibile peraltro) nei confronti delle vittime. Si pensi alle vittime minori di reati sessuali sottratte agli abusi dall intervento delle misure cautelari penali, o alle vittime dei reati di estorsione o di usura continuata, sottratte al giogo delle pretese illecite (spesso solo) dalla applicazione di misure di cautela. Sembra dunque arrivato il momento per interrogarsi sulla possibilità di configurare in capo alla vittima di un vero e proprio diritto al processo 2, e sulla opportunità di investire l offeso di un potere, se non di iniziativa, almeno di controllo sul corretto esercizio delle pretese punitive da parte del pubblico ministero. Tale facoltà di controllo avrebbe effetti particolarmente significativi in relazione alla fase cautelare del procedimento penale, quando l interesse alla tutela di beni primari quali la vita o l incolumità fisica dipende (ora esclusi- 92

2 tutela vittima La vamente) dall iniziativa del pubblico ministero, e dove nessun potere di impulso o di controllo sulle inerzie (attraverso, ad esempio, la previsione di un possibile ricorso ad un giudice di seconda istanza) è invece previsto in capo alla vittima. Non può non essere evidenziato come la limitazione delle pretese vittima di reato a quelle risarcitorie, pur allineandosi ad un (condivisibile) orientamento che sottolinea e difende la natura pubblica giurisdizione penale, non assegna alcun autonomo potere di iniziativa alla vittima, neanche nelle fasi procedimentali direttamente incidenti sulla tutela di suoi interessi sostanziali (vita ed incolumità fisica) come nel ricordato settore delle misure cautelari. Ciò malgrado una eventuale inerzia del pubblico ministero nella richiesta di misure di salvaguardia, potrebbe rivelarsi molto dannoso per la persona offesa, la quale di fronte alla scelta del pubblico ministero di non chiedere al giudice alcuna cautela, si trova priva di ogni mezzo per potere ricorrere ad altra Autorità e, sostanzialmente, indifeso e sottoposto al pericolo di reiterazione. La assenza di un potere di ricorso vittima in relazione alle iniziative (e alle inerzie) cautelari del pubblico ministero fa sì che l organo di pubblica accusa incentri in sé un potere assoluto e insindacabile sull an (ed anche sulla soglia massima del quantum) di tutela cautelare da assegnare alla persona offesa, come se errori di valutazione in tale settore di esercizio discrezionalità non siano previsti, o quantomeno, non siano considerati rilevanti, al punto da evitare la previsione di ogni forma di controllo attivabile su impulso dell interessato alla tutela. Altro passaggio significativo appare quello verifica dell opportunità di estendere i principi elaborati dalla Corte EDU in materia di processo equo alla parte privata offesa dal reato 3. Sembra infatti arrivato il momento di avviare una attenta riflessione sull opportunità di estendere alla vittima le garanzie del bilanciamento processuale del contraddittorio, individuato dalla giurisprudenza di Strasburgo come il presidio più importante a tutela del principio dell equo processo. Anche tale verifica conduce a rilevare una evidente sottovalutazione dell interesse vittima al (e nel) processo penale. I giudici di Strasburgo hanno invece più volte affermato, come si è detto in premessa, che i diritti vittima sono limitati alle pretese risarcitorie, ma non si estendono alle iniziative repressive, che restano nella assoluta titolarità parte pubblica 4. Non si può non rilevare al 93

3 riguardo che, anche a voler ritenere limitate le pretesa vittima al risarcimento del danno, spesso tale diritto non viene esercitato in quanto gli interessati non sono (portati) a conoscenza dei diritti che loro spettano in relazione al danno patito. In Italia molti processi relativi a crimini efferati si svolgono senza che la parte civile si costituisca, o che la persona offesa dal reato sia posta (effettivamente) a conoscenza di quali sono i suoi diritti e le sue prerogative. Si registra in materia una sostanziale violazione indicazione fornita dalla Decisione quadro 2001\220GAI del diritto vittima ad essere informata su quanto rileva per tutela dei suoi interessi (art. 4) ed a essere assistita all inizio e nel corso del processo (ed anche successivamente allo svolgimento dello stesso), qualora lo richieda. Gli avvisi che il codice di procedura italiano riserva alla vittima relativamente alla partecipazione all udienza preliminare o ad atti che si svolgono nella fase delle indagini nel confronto tra le parti (come nel caso degli accertamenti tecnici irripetibili ex art. 360 c.p.p.), non sono accompagnati infatti da una adeguata informazione circa i diritti e le prerogative. Né inspiegabilmente è previsto che alla persona offesa sia notificato l avviso ex art. 415 bis c.p.p in relazione alla chiusura delle indagini preliminari, il che consente una (irragionevole) esclusione dal confronto pre-processuale di una parte fortemente interessata alla verifica completezza delle indagini. Tale quadro normativo e giurisprudenziale, evidentemente connotato dalla marginalizzazione parte offesa nelle dinamiche di confronto processuale - tutte, invece, incentrate a consolidare il principio del bilanciamento dei poteri tra accusa e difesa -, configura una situazione non accogliente nei confronti dell offeso, che alimenta il naturale atteggiamento di negazione e rifiuto tipico vittima da reato, la quale tende ad allontanare ogni situazione (processo compreso) che possa condurla a risonanze del trauma o a patire vittimizzazioni secondarie. La testimonianza vittima vulnerabile. La predisposizione di un sistema adeguato di accoglienza e tutela del dichiarante Il nodo problematico in materia di assunzione testimonianza vittima è il bilanciamento tra la tutela dei diritti dell imputato, che passa attraverso la difesa del presidio del contraddittorio e, la tutela vittima-testimone del reato, che non può prescindere dalla presa d atto che il metodo del 94

4 tutela vittima La confronto diretto con l imputato, è (spesso) non compatibile con la tutela dell offeso, e di fatto non adeguata a consentire la formazione di una prova dichiarativa attendibile. La presenza dell imputato pone infatti la vittima in condizione di soggezione (se non di intimidazione) che interferisce con il processo di rielaborazione del ricordo ed inficia la testimonianza in punto di completezza e veridicità. La consolidata scelta del metodo del contraddittorio come sistema processuale di garanzia per l imputato, deve dunque fare i conti con la critica compatibilità del metodo accusatorio con le esigenze di tutela vittima del reato, in particolare, quando questa sia una vittima vulnerabile, ovvero quando il reato per cui si procede lede beni primari persona (libertà personale o sessuale in primo luogo). La vittima-testimone, a causa tensione emotiva, rischia infatti di patire dal contraddittorio dibattimentale oltre che pervasivi effetti di vittimizzazione secondaria (o da processo ), anche traumi direttamente incidenti sulla riedizione del ricordo, cui consegue un danno imponente in termini di formazione prova testimoniale. Il problema peraltro non riguarda solo il soggetto che ha patito direttamente l offesa, ma anche tutti i testi vulnerabili, ovvero quelli che, a causa gravità dei fatti oggetto del processo e rilevanza delle dichiarazioni testimoniali da rendere, rischiano (dichiarando) di mettere in serio pericolo beni primari loro esistenza. Emblematico al riguardo è il caso del teste oculare di un delitto consumato in ambiente mafioso. La rilevanza del tema appare accentuata dall evidente collegamento tra la stessa emersione dei reati e la volontà delle relative vittime. I reati contro la libertà sessuale, come anche i delitti di usura ed estorsione, soprattutto quando questi ultimi non risultano inseriti in contesti di criminalità organizzata, vengono infatti all attenzione degli organi inquirenti (per lo più) attraverso la denuncia degli offesi, i quali giungono alla determinazione di affidarsi all Autorità giudiziaria, attraverso percorsi tormentati, che passano attraverso la accettazione del percorso traumatico (di vittimizzazione secondaria, appunto) legato allo svolgimento del processo. Non si può non considerare inoltre che il trauma da processo legato alla inadeguatezza degli strumenti preposti alla tutela vittima dichiarante impedisca non solo la formazione prova, ma inibisca anche le stesse chanches di perseguimento molti crimini 95

5 invisibili, la cui emersione dipende proprio dalla denuncia degli offesi. Spesso infatti la vittima effettua un bilanciamento tra il costo del trauma indotto dal processo ed il beneficio persecuzione del reo, che si risolve nella determinazione di non denunciare il reato. Il che ha effetti gravi per l efficacia del sistema di repressione penale, sia perché produce la mancata persecuzione del fatto di reato, sia perché quando la rinuncia viene effettuata da vittime di reati di criminalità organizzata (estorsioni in primo luogo), il sistema criminale in cui l omertà si innesta, ne risulta rafforzato. Il percorso di rafforzamento tutela del dichiarante offeso non può non partire dalla predisposizione di un sistema di accoglienza di tale soggetto primariamente da parte degli organi preposti alla ricezione denuncia. Sebbene il sistema processuale italiano soffra i limiti derivanti dalla scelta di un modello accusatorio la cui ortodossia arriva ad elidere - in modo pressoché totale - la validità probatoria delle dichiarazioni rese in fase di indagine (qualora il processo si sviluppi attraverso il rito ordinario), non si può che rimarcare la estrema rilevanza ricezione pre-dibattimentale delle dichiarazioni sia per gli effetti processuali endofasici (eventuale emissione di misure di cautela) che per il rilievo in tema di accoglienza vittima in vista attenuazione dei traumi da processo. Il percorso di vittimizzazione secondaria infatti ha inizio fin dal primo contatto con gli organi inquirenti, che devono essere per questo preparati a mitigarne gli effetti negativi. La Decisione quadro al riguardo all art. 13 prevede che gli Stati membri promuovano l intervento nell ambito del procedimento penale di servizi di assistenza alle vittime con il compito di organizzare la loro accoglienza iniziale e di offrire loro sostegno ed assistenza successivi attraverso la messa a disposizione di persone all uopo preparate nei servizi pubblici o mediante il riconoscimento ed il finanziamento di organizzazione di assistenza alle vittime. Significativo appare anche il secondo comma dove è previsto che alla vittima debbano essere fornite le informazioni adeguate circa la sua situazione e che la stessa debba essere assistita nel momento iniziale, nel corso del procedimento (attraverso la individuazione di un diritto vittima all accompagnamento) e finanche dopo la fine dello stesso. Nello stesso senso si indirizza l art. 14 Decisione, che prevede che alle vittime vulnerabili sia garantito il contatto, nell ambito del procedimento penale con 96

6 tutela vittima La persona fornite di specifica preparazione professionale. In Italia il sistema di accoglienza non appare conforme alle richiamate direttive. Il deficit di tutela è particolarmente evidente nella fase iniziale del procedimento, ovvero nel momento raccolta delle prime dichiarazioni. La assenza di un sistema organizzato preposto all accoglienza affida alla buona volontà degli operatori la riuscita di questa delicata ed essenziale fase procedimentale 5. In realtà spesso la vittima, quando si risolve alla denuncia si affida in modo incondizionato agli operatori, senza preoccuparsi loro adeguatezza e specializzazione. Al riguardo non può non essere rimarcato che il contatto tra il soggetto traumatizzato e coloro che ne raccolgono le prime dichiarazioni è estremamente rilevante ed in grado di condizionare il futuro del processo in relazione all affidamento che ingenera nell offeso l accoglienza ricevuta. Il nostro ordinamento codifica una speciale (ed isolata) forma di assistenza solo per la vittima minore di una di reati sessuali: l art. 609 decies del codice penale prevede infatti che il minore vittima di abusi sessuali sia accompagnato nel corso del procedimento da persone deputate alla sua assistenza psicologica, che vengono individuate nei genitori o in personale specializzato dei servizi sociali. Tale disposizione ha il pregio di svolgere la funzione di presidio di assistenza nei confronti del minore vittima di abusi nel corso dell intero procedimento, dunque sia nella fase raccolta delle dichiarazioni predibattimentali, che durante l escussione in contraddittorio nel corso dell incidente probatorio o in dibattimento. La continuità 6 di tale assistenza dovrebbe costituire un argine contro il trauma indotto dalle numerose escussioni giudiziali e le diverse analisi psicologiche cui (di regola) il minore è sottoposto nel corso dell intero procedimento. Deve essere tuttavia evidenziato che si tratta di un norma speciale destinata ad essere applicata solo nel limitato settore dei processi richiamati e che non esiste una norma di analogo tenore applicabile alla tutela processuale di ogni vittima. La rilevanza progressione dichiarativa ed il valore probatorio delle dichiarazioni extradibattimentali. Le indicazioni Corte EDU Le dichiarazioni di un offeso spesso non si esauriscono in un unica soluzione, ma si sviluppano 97

7 attraverso un (complesso) percorso di svelamento che si accompagna al processo di elaborazione del trauma patito ed all affidamento che si ingenera nella vittima nei confronti del sistema giudiziario. Le dichiarazioni accusatorie provenienti da vittime traumatizzate, difficilmente sono immediatamente esaustive. Esse emergono a seguito di faticosi itinerari di rivisitazione e superamento del trauma patito. In genere sono emesse nella inconsapevolezza degli effetti processuali che producono. Appaiono dunque frammentarie, simboliche, non veritiere (per timore, vergogna, soggezione, induzione). È raro che la vittima conceda immediatamente ed in un unica soluzione la intera rappresentazione dei fatti per cui si procede, sia per la difficoltà di ricordare il trauma (primario) denunciato sia per la naturale difesa dal trauma (secondario) scaturente dal processo. Le dichiarazioni rese sono infatti inevitabilmente condizionate dall affidamento (o dal rifiuto) che la vittima maturerà nei confronti dell autorità procedente durante un percorso giudiziario che si intreccia e confonde con quello psicologico di rielaborazione e superamento del trauma da reato. La progressione in questione si articola normalmente attraverso dichiarazioni che appaiono non perfettamente sovrapponibili, le quali valutate con i parametri di giudizio ordinari in materia di attendibilità, potrebbero anche condurre ad una valutazione di scarsa attendibilità. In realtà il tratto specifico del dichiarato proveniente dall offeso traumatizzato è proprio il rilascio dei dati di conoscenza per step successivi, che si susseguono in modo parallelo allo svolgimento del percorso interiore di affidamento (piuttosto che di rifiuto) vittima alla giurisdizione. La dichiarazione progressiva vittima di un trauma da reato dovrebbe pertanto essere valutata nel suo complesso ed il giudizio sull attendibilità del dichiarato dovrebbe essere una valutazione d insieme che comprenda tutti gli stadi di tale percorso. Al riguardo deve essere rilevato che il sistema italiano non consente una adeguata valorizzazione processuale di tale percorso. La scelta per il rito accusatorio impone infatti di dare il massimo rilievo alle dichiarazioni rese in contraddittorio e di contrarre al solo utilizzo a fini contestativi l utilità delle dichiarazioni rese in fase di indagine. Pur riconoscendo la validità del sistema accusatorio al fine di garanzia dell imputato, appare opportuno chiedersi se sia possibile e legittima qualche flessione del 98

8 tutela vittima La sistema per andare incontro ai diritti vittima. Occorre cioè verificare se, - malgrado appaia innegabile che la tutela dei diritti dell imputato a difendersi non possa non passare attraverso la possibilità di sottoporre ad interrogatorio la persona dalla quale promanano le accuse -, l attuale sistema processuale sia l unico compatibile con i principi Convenzione EDU in materia di equo processo, oltre che con i principi dell art. 11 Costituzione. Al riguardo la Corte europea ha varie volte affermato il principio secondo cui, quando la sentenza di condanna è fondata esclusivamente (o in maniera decisiva) sulla deposizione resa da una persona che l imputato non ha potuto fare interrogare né nel dibattimento né nel corso delle indagini, la restrizione dei diritti difesa diviene incompatibile con le garanzie previste dall art. 6 Convenzione 7. Si è però ritenuto che il procedimento, nel suo complesso, non violi il diritto al processo equo, quando l imputato, pur senza ottenere la comparizione personale e l esame diretto vittima minore, abbia comunque avuto una adeguata opportunità di esercitare il suo diritto di difesa, in virtù possibilità, conferita al suo difensore, di porre domande (nel caso di specie attraverso un ufficiale di polizia) in occasione dell escussione effettuata nella fase delle indagini, e di contestarne la credibilità nell ambito del dibattimento (nel corso del quale era stata mostrata la registrazione audiovisiva dell assunzione di informazioni effettuata da parte polizia). Nel caso preso in esame, peraltro, la Corte EDU rilevava peraltro che la prova desunta dalle dichiarazioni del minore, che costituiva il fondamento esclusivo condanna dell imputato, era stata esaminata con estrema cautela dal giudice nazionale 8. Quello che emerge dalla giurisprudenza Corte di Strasburgo è dunque non la necessità che la prova sia comunque formata attraverso il confronto diretto tra imputato ed accusatore, ma che al primo sia sempre offerta una adeguata chanche di contestare la fonte delle accuse. Di contro, se tale possibilità di esercitare in modo diretto - o differito - il diritto al controesame non viene offerta all imputato, la Corte ha ritenuto esistente il contrasto con l art. 6 Convenzione. Così i giudici europei hanno stabilito che il processo sviluppatosi senza che l imputato abbia avuto la possibilità di porre delle domande alla vittima minore vulnerabile le cui dichiarazioni erano state videoregistrate fosse non equo 9. Quello che la Corte propone 99

9 come metodo processuale idoneo a tutelare il diritto dell imputato, al di là vecchia contrapposizione fra modello accusatorio e modello inquisitorio, è dunque la promozione un nuovo tipo di processo qualificato come contradictoire 10, che pur basandosi sul diritto dell accusato di interrogare i testi da cui provengono le accuse, non nega pregiudizialmente valore alle dichiarazioni predibattimentali, sempre che all imputato sia stata concessa una adeguata possibilità di criticare la fonte delle accuse. La regola che emerge dalla giurisprudenza corte di Strasburgo è dunque quella di concedere all imputato un occasione adeguata e sufficiente di contestare una testimonianza a carico e di interrogarne l autore, al momento deposizione o successivamente 11. In altre pronunce la Corte dei diritti dell uomo dunque non nega aprioristicamente valore alle dichiarazioni predibattimentali, limitandosi a richiedere nella valutazione delle stesse una cautela particolare. Da quanto detto, sembra che la Corte europea non individui alcun impedimento alla valutazione progressione dichiarativa vittima nel corso del processo, sempre che almeno una delle dichiarazioni sia resa nel contraddittorio delle parti e dunque sia concessa all imputato una possibilità concreta di contestare la fonte non solo su quanto dichiarato attualmente, ma anche su quanto dichiarato in precedenza. Il che, se fosse consentito nel nostro ordinamento, aprirebbe delle nuove frontiere circa il trattamento processuale vittima vulnerabile. Significativa al riguardo anche la pronuncia Corte di cassazione italiana sez. III n /07 emessa in materia cautelare nella quale i giudici di legittimità introducono l innovativo concetto fruibilità dell atto d indagine, che sembra muovere proprio nel senso di assegnare nuovo valore agli atti compiuti con la partecipazione vittima vulnerabile nella fase delle indagini. Nella pronuncia in questione i giudici censurano l operato del pubblico ministero laddove ha consentito agli psicologi, incaricati di valutare l attendibilità psicologica dei presunti abusati, senza videoregistrare le audizioni, impedendo alla difesa di potere contraddire gli esiti delle consulenze attraverso l accesso ad atti che consentissero di valutare il percorso diagnostico effettuato e di criticarne consapevolmente gli esiti. L indicazione che si ricava dalla sentenza, ovvero la sollecitazione ad utilizzare modalità di investigazione che consentano alla difesa un controllo ex post del percorso compiuto, sembra aprire 100

10 tutela vittima La nuovi scenari nella dialettica tra le parti, attuando l arretramento del confronto alla fase delle investigazioni, attraverso l utilizzo di tecniche di documentazione (principalmente la videoregistrazione) idonee a rendere pienamente fruibili gli atti di indagine e a sottoporli ad una successiva, puntuale verifica, da attuarsi solo nel momento (controlli sulla cautela, discovery degli atti al termine delle indagini) in cui l esigenza di segretezza è cessata e gli atti diventano ostensibili, attraverso un contraddittorio differito del tutto in linea con gli standards di garanzia indicati dalla corte EDU. Tale arretramento del confronto è probabilmente una delle nuove frontiere del giusto processo. Solo attraverso l introduzione possibilità per la difesa di controllare e criticare anche gli accadimenti fase germinale del procedimento si rende, infatti, veramente pieno il contraddittorio 12. Si tratta di un passaggio quest ultimo particolarmente significativo nel senso rivisitazione in senso sostanziale dei principi del processo accusatorio. Infatti la introduzione possibilità del contraddittorio differito in ordine ad atti di indagini assunti unilateralmente, qualora tali atti siano le assunzioni a sommarie informazioni vittima del reato, consentirebbe (finalmente) di porre in adeguato rilievo la dichiarazione progressiva e permetterebbe al giudice di apprezzare in modo più consapevole la attendibilità del dichiarato (rectius: dichiarazione progressiva proveniente dalla vittima). Il che - come si è detto - sarebbe peraltro pienamente compatibile con i principi affermati dai giudici Corte europea dei diritti dell uomo. Non si tratterebbe infatti per il giudice di valutare la colpevolezza dell imputato sulla base esclusiva delle dichiarazioni acquisite in corso di indagine, ma di annettere alle medesime un significato probatorio più pregnante di quello che gli assegna attualmente il regime delle contestazioni al fine di una valutazione di attendibilità che comprenda (e valuti) l intero percorso di svelamento. 101

11 È evidente che solo l analisi dell attendibilità complessiva del percorso dichiarativo compiuto, consentirà al giudice di effettuare una valutazione (non approssimativa) credibilità delle accuse. Se così è, non può non pendersi atto che la struttura del rito accusatorio, come delineata dal codice di procedura penale italiano, appare inidonea alla raccolta e alla formazione prova nei processi fondati su prova dichiarativa debole 13. La richiamata ortodossia del sistema impedisce infatti di valorizzare adeguatamente il percorso di svelamento effettuato dalla vittima nel corso del procedimento 14. Prova ne è che anche quando il materiale raccolto nel corso delle indagini sia documentato in modo da consentirne la piena fruibilità alle difese, la struttura del rito consente solo al giudice dell udienza preliminare la cognizione integrale del dichiarato raccolto. Al giudice del dibattimento ne è precluso invece l utilizzo. Anche qualora si disponga di videoregistrazione, la stessa resta una modalità di documentazione, ed i supporti audio-video non possono essere considerati documenti, dunque non possono entrare nel fascicolo del dibattimento. L eventuale videoregistrazione potrebbe, al più, essere fatta visionare al giudice, con l adattamento del meccanismo lettura non acquisitiva, prevista dall art. 500 comma 2 c.p.p. in sede di contestazione (effettuabile sia in dibattimento, che in incidente probatorio) restando formalmente fuori dal materiale utilizzabile come prova. Il che se è un apporto conoscitivo da non sottovalutare (il percorso di svelamento emergerebbe comunque dal materiale osteso durante le contestazioni) presenta degli evidenti limiti. Del pari deve essere rilevato che se la ostensione avviene in sede di incidente probatorio non può essere adeguatamente valutata dal giudice cognizione. Considerato che non è prevista la acquisizione al fascicolo processuale del materiale utilizzato per le contestazioni, al giudice del dibattimento non resterà che prendere atto ostensione, senza potere esaminare le videoregistrazioni, esibite solo al giudice supplente dell incidente probatorio. I suddetti limiti (che affliggono il rito italiano) sembrano essere in via di superamento nell ordinamento inglese, che ha approvato nel 2003 il Criminal Justice Act, il quale, nell introdurre profonde innovazione all hearsay rule, ha determinato una profonda modificazione nelle procedure di acquisizione prova. Tale atto ha, in effetti, assegnato in casi particolari valore probatorio in positivo alle dichiarazioni extradibattimentali dei testi, 102

12 tutela vittima La consentendo, in particolare, l utilizzo delle precedenti dichiarazioni difformi, quando il teste, udito in contraddittorio, ammetta di averle rese, nonché delle dichiarazioni effettuate quando le circostanze oggetto di deposizione erano fresche nella memoria del teste, il quale ne ha invece perso il ricordo al momento dell audizione dibattimentale (section 120 del Criminal Justice Act) 15. In particolare in materia di violenza sessuale anche prima approvazione riforma del 2003, l ordinamento inglese prevedeva una eccezione alla rule hagainst hersay, nella c.d. complainant rule, che consentiva la valutazione, a supporto testimonianza vittima violenza sessuale (dunque attraverso un utilizzo in positivo ) delle lamentele da essa espresse in prossimità dell evento delittuoso. Tale evoluzione dell ordinamento inglese sono in linea con l orientamento interpretativo seguito dalla Corte europea dei diritti dell uomo, la quale afferma costantemente che, a fini decisori sono utilizzabili anche le dichiarazioni extradibattimentali, purchè venga accordata all imputato una possibilità adeguata di contestare le dichiarazioni a carico o di interrogarne gli autori, ammettendo così la validità, per l effettiva salvaguardia del principio del giusto processo di cui all art. 6 CEDU anche del contraddittorio differito 16. Le sollecitazioni Corte regolatrice italiana alla creazione di atti di indagine fruibili, che consentano il contraddittorio differito, in materia di formazione prova dichiarativa debole sono in linea con la esposta tendenza presente nei paesi di common law e nella giurisprudenza Corte europea dei diritti dell uomo ad avvicinare il rito accusatorio alle esigenze dell accertamento processuale, assegnando il giusto valore alle dichiarazioni extradibattimentali (scritte ed auspicabilmente - videoregistrate), senza ledere il principio del giusto processo di cui all art. 6 Convenzione europea dei diritti dell uomo. Le modalità di audizione vittima. Le sentenze Corte EDU in materia di testi anonimi. La sentenza Pupino Corte europea di giustizia Quanto detto circa la necessità di assegnare valore probatorio alla progressione dichiarativa vittima vulnerabile costituisce un problema che si affianca a quello individuazione di modalità adeguate di audizione stessa nel contraddittorio con l accusato. Al riguardo la decisione 2001/220/GAI all art. 8 prevede che su decisione del giudice alle 103

13 vittime particolarmente vulnerabili sia consentito rendere testimonianza in condizioni tali da garantire la protezione delle stesse, purchè compatibili con i principi fondamentali dell ordinamento. La decisione in questione invita esplicitamente gli Stati membri ad individuare forme particolari per la audizione delle vittime vulnerabili, pur prescrivendo che le condizioni individuate debbano, comunque, essere compatibili con i principi fondamentali dell ordinamento dello Stato in cui si svolge il processo. Anche la giurisprudenza Corte europea dei diritti dell uomo conferma la necessità che le vittime siano udite in condizioni che siano compatibili con il loro stato, legittimando (seppur con alcuni limiti l utilizzo testimonianza anonima, la quale al contrario non trova invece ingresso nell ordinamento italiano, malgrado costituisca evidentemente una modalità concreta ed efficace di tutela vittima vulnerabile, una volta che siano accertate le condizioni di specifico pericolo che la riguardano in relazione alle caratteristiche del reato per cui si procede e del genere di danno patito. Il sistema italiano prevede invece come specifica forma di tutela di alcune vittime l audizione protetta in sede di incidente probatorio prevista dall art. 392 comma 1 bis c.p.p. La norma in questione consente di ricorrere allo strumento dell incidente probatorio quando la persona da sentire è minore di anni sedici ed è vittima di una serie di reati relativi alla libertà sessuale oltre che alla riduzione in schiavitù, all induzione alla prostituzione ed ai reati di pornografia minorile. La disposizione ammette il ricorso alla speciale forma di audizione incidentale anche quando si verta in ipotesi non previste dal primo comma, purchè la persona da sentire sia minore di sedici anni e si proceda per reati determinati 17. La norma va letta insieme all art. 398 comma 5 bis c.p.p. che prevede che, nei casi suddetti, il giudice possa stabilire modalità particolari attraverso cui procedere all incidente probatorio e che comunque le dichiarazioni testimoniali debbano essere audio e video registrate. Tali disposizioni, che nel prevedere una eccezione al principio di oralità, consentono lo sviluppo del contraddittorio in forme compatibili con la tutela processuale vittima, mostrano subito una serie di limiti evidenti, nella misura in cui circoscrivono l impiego dell audizione protetta solo a testi (presumibilmente vittime) minorenni quando si procede per determinati tipi di reato. In tal modo escludendo dall utilizzo tutela tutte le vittime maggiorenni, nonché gli offesi minorenni di 104

14 tutela vittima La reati non richiamati (non meno traumatizzanti: si pensi al minore che ha assistito all omicidio dei propri genitori). Sul punto la Corte costituzionale ha già avuto modo di pronunciarsi con la sentenza n. 63 del 23 gennaio 2005, che ha dichiarato l illegittimità costituzionale del comma 5 bis dell art. 398 c.p.p. nella parte in cui non prevede che le speciali modalità di audizione ivi previste possa essere disposte in relazione alla audizione di un maggiorenne infermo di mente. La citata pronuncia pone già in evidenza come il binario di protezione individuato dagli artt. 392 comma 1 bis e 398 comma 5 bis del codice di procedura penale non possa essere limitato a determinati tipi di vittime, ma sia idoneo ad essere esteso a tutti i deponenti offesi dal reato (qualunque esso sia) per cui si procede. Al riguardo estremamente significativa è la sentenza emessa dalla Corte europea di giustizia sul caso Pupino 18. La stessa infatti con un interpretazione non da tutti condivisa assegna alle decisioni quadro emanate nell ambito delle materie del Terzo pilastro una forza di conformazione degli ordinamenti interni non irrilevante e per molti versi inedita. Infatti i giudici di Lussemburgo si spingono a d affermare che il giudice nazionale debba compiere una operazione di interpretazione adeguatrice delle norme interne ai principi indicati dalla decisione quadro, pur nel rispetto del limite di compatibilità dell interpretazione con i principi dell ordinamento nazionale e con quelli Convenzione europea dei diritti dell uomo. La forza riconosciuta dalla Corte di giustizia alle norme decisione quadro 2001/220/GAI assegna dunque al giudice nazionale la facoltà di scegliere le modalità adeguate di audizione vittima vulnerabile, anche fuori dei casi tassativamente previsti dall art. 392 comma 1 bis c.p.p. 19 Al riguardo non può non essere rilevato che la Corte costituzionale italiana si era già espressa negativamente circa la fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell art. 398 comma 5 bis c.p.p. nella parte in cui non prevede che l assunzione testimonianza in incidente probatorio del minore di sedici anni debba avvenire con le modalità particolari ivi disciplinate anche quando si procede per ipotesi di reato diverse da quelle indicate. 20 E ciò sia perché, ha sostenuto la Corte, non è irragionevole la scelta del legislatore di limitare l operatività di quella disposizione alle sole ipotesi di testimonianza resa dall infrasedicenne in procedimenti per reati sessuali, trattandosi di illeciti per i quali si pone con maggiore inten- 105

15 sità ed evidenza l esigenza di proteggere la personalità del minore, nell ambito del suo coinvolgimento processuale, e la genuinità prova ; sia anche perché una interpretazione estensiva di quella norma finirebbe per attribuire ingiustificatamente una rilevanza costituzionale all incidente probatorio, la cui funzione è di derogare eccezionalmente alla regola generale secondo cui la prova penale è assunta in dibattimento (principio al quale il legislatore ha inteso porre l eccezione dell ascolto anticipato del teste minore di sedici anni esclusivamente per l indicata categoria di reati). Evidentemente la Corte si è già pronunciata sulla materia ponendo in risalto la eccezionalità vittima (minore) di reato sessuale rispetto alle vittime (minori) di reati comuni e ritenendo giustificata dalla speciale vulnerabilità di tali vittime il ricorso allo strumento dell incidente probatorio con il conseguente sacrificio dell oralità nella formazione prova. Ci si potrebbe chiedere se la successiva presa di posizione Corte di Lussemburgo sia in grado di consentire al giudice nazionale la proposta interpretazione estensiva adeguatrice diretta, che eviti di passare attraverso la proposizione questione di legittimità costituzionale delle norme interne per violazione dell art 117 Costituzione degli artt. 2 e 8 citata decisione quadro. In realtà la decisione quadro si inserisce nell ambito dell ordinamento comunitario, e pur non essendo direttamente vincolante, impone un obbligo di risultato agli Stati membri (art. 34 n. 2 lett. b) Trattato UE). Tale struttura differenzia le norme in questione da quelle pattizie in senso lato (tra cui si inseriscono le norme EDU) che come stabilito dalla Corte costituzionale 21 devono essere considerate norme interposte e, dunque, patire a loro volta un controllo di compatibilità costituzionale. L obbligo di risultato proprio decisione quadro sembrerebbe pertanto consentire che l interpretazione adeguatrice intervenga, nel rispetto dei limiti sopra indicati senza l obbligo di ricorrere al giudice costituzionale, a meno che il giudice chiamato ad effettuare l interpretazione non ritenga che l interpretazione correttiva leda qualche principio costituzionalmente protetto. Una volta che la corte di Lussemburgo ha chiarito la ratio decisione quadro ed ha invitato i giudici nazionali all interpretazione conforme sembra tuttavia lineare ritenere che ove all interpretazione adeguatrice non ostino limiti costituzionali e vengano rispettati i principi del giusto processo essa debba essere effettuata direttamente dal giudice. È chiaro che un eventuale 106

16 tutela vittima La intervento Corte costituzionale avrebbe una funzione insostituibile circa il raggiungimento omogeneità delle interpretazioni in una materia che potrebbe altrimenti condurre a soluzioni differenziate. Non si può peraltro non rimarcare che l obiettivo delle decisioni quadro emanate nell ambito delle materie del Terzo Pilastro hanno il fine di condurre gli ordinamenti di paesi dell Unione verso una omogeneità di disciplina e di garanzie in relazione ad alcuni temi fondamentali, tra cui si pone proprio la disciplina delle vittime nel procedimento penale. Tali decisioni sono pertanto indirizzate principalmente al Legislatore. L arresto nel caso Pupino, come anche le numerose aperture Corte EDU in materia di bilanciamento dei diritti vittima con quelli dell imputato, dovrebbero comunque innestare un ripensamento complessivo materia, con l obiettivo (chiaramente individuato dalle Corti sopranazionali) di offrire al denunciante una tutela adeguata che passi attraverso la predisposizioni di opportuni moduli di accoglienza nelle fasi iniziali, la predisposizione di adeguate forme di audizione e, da ultimo, attraverso un superamento dell ortodossia accusatoria, pur nel pieno rispetto dei principi fissati dalla Corte in materia di processo equitable. Con l obiettivo di consegnare dignità processuale alla dichiarazione progressiva ed di consentire l effettuazione di un vaglio di attendibilità che si sforzi di avvicinare nei limiti del possibile la realtà sostanziale a quella processuale. Note 1. Danini v. Italy, 14 ottobre Si veda M. Chiavario, Il diritto al processo delle vittime dei reati e la Corte europea dei diritti dell uomo, in Riv. dir. proc. 2001, pp. 938 e ss. 3. E. Rosi Tutela delle vittime dei reati con particolare riferimento alle vittime vulnerabili, relazione tenuta all incontro di studio tutela dei diritti umani. attività e giurisprudenza Corte europea de diritti dell Uomo 13 giugno 2006 Corte di appello di Roma 4. La Corte dei diritti dell uomo in riferimento al noto caso Helmers v. Sweden del 1991 haescluso che l art. 6 CEDU possa rappresentare il fondamento per il riconoscimento in capoalla vittima di un reato, in quanto tale, di intentare di sua iniziativa un azione penale, ma nello stesso tempo ha evidenziato che nel caso in cui il diritto statuale attribuisca a tale soggetto la possibilità di far valere una pretesa di tipo risarcitorio attraverso il processo penale, ciò è bastevole per rinvenire un diritto di carattere civile, la cui tutela giurisdizionale è parimenti assicurata dal disposto del par. 1 dell art. 66. L arresto giurisprudenziale si allinea a quanto già affermato in casi simili, quale la causa Moreira de Azevedo v. Portugal 7, circa il diritto di accesso vittima al processo per la tutela dei diritti civili. La faccia negativa medaglia di tale approdo è costituita dalla numerose pronunce di irricevibilità dei ricorsi presentati dalle parti offese di non poter avere accesso ad un tribunale penale, in quanto non risulta possibile per il diritto nazionale la costituzione di parte civile, in via assoluta o successivamente al raggiungimento di una certa fase del procedimento penale. Tale irricevibilità è 107

17 stata fondata in base alla constatazione che sussisteva, nel singolo ordinamento giuridico, la possibilità per la persona offesa di rivolgersi direttamente al giudice civile, senza attendere l esito di quello penale. 5. In alcuni casi sono previsti dalle forze di polizia dei nuclei specializzati in materia di abusi su minori, ma la stessa specializzazione non è prevista nel caso in cui la vittima sia offesa da gravi reati di tratta degli esseri umani o da sfruttamenti di vario genere. 6. Intesa anche come immutabilità persona cui la funzione di assistenza è assegnata nel corso dell intero processo. La tutela prevista dall art. 609 decies c.p. peraltro nella maggioranza dei casi si dispiega nelle fasi iniziali del procedimento durante la raccolta delle dichiarazioni predibattimentali e si esaurisce rapidamente, laddove l art 13 decisione 2001\220\GAI prevede la continuità dell assistenza alla vittima, se richiesta, anche dopo la chiusura del procedimento. La norma in questione evidenzia la necessità che alla vittima che sceglie di fornire il suo contributo al sistema penale sia garantita ogni forma di assistenza idonea se non ad eliminare, almeno ad attenuare gli effetti traumatici partecipazione al processo. 7. V. Corte europea dei diritti dell uomo, 14 dicembre 1999, caso A.M. c. Italia; Corte europea dei diritti dell uomo, 20 dicembre 2001, caso P.S. c. Germania, in Arch. Nuova Proc. Pen., 2002, p Corte europea dei diritti dell uomo, 2 luglio 2002, caso S.N. c. Svezia. 9. Corte europea dei diritti dell uomo, 10 agosto 2007, caso A.H.. c. Finlandia. 10. Per queste osservazioni, cfr. M. Delmas- Marty, La prova penale, in Ind. Pen., 1996, p Corte europea dei diritti dell uomo, 26 aprile 1991, caso Asch c. Austria; 19 febbraio 1991, caso Isgrò c. Italia; 15 giugno 1992, caso Lüdi c. Svizzera. 12. Tanto più in un momento come quello attuale che vede una evidente contrazione del ricorso al rito ordinario ed un frequente accesso ai riti alternativi. 13. Tali considerazioni sono particolarmente attuali nei procedimenti relativi ad abusi su minori, ma sono estensibili anche a casi di soggetti dichiaranti adulti in forte tensione emotiva con l accusato. 14. V. sul tema Maffei, Testimone vulnerabile e diritti fondamentali: l esperienza sopranazionale comparativa, in Testimoni e testimonianze deboli, cit. 15. Balsamo-Lo Piparo, Le contestazioni nei sistemi di common law e nel processo penale italiano: la ricerca di un giusto equilibrio tra scrittura e oralità, in Diritto penale e Processo, 2005, p V. Ubertis, Principi di procedura penale europea, Milano, 2000, 17. Sull argomento, cfr. Aa.Vv., Commentari delle norme contro la violenza sessuale e legge contro la pedofilia, a cura di Cadoppi, Cedam, 2002; Aa.Vv., I reati sessuali, a cura di Coppi, Giappichelli, 2000; Ambrosini, Violenza sessuale, in Dig. disc. pen., XI, Utet, 1999, p Corte di giustizia delle Comunità europee, n. 105 del 16/06/2005, su cui Ercole Aprile, I rapporti tra diritto processuale e diritto dell Unione Europea, dopo la sentenza Coorte di Giustizia sul caso Pupino in materia di incidente probatorio, in Cass. pen. 2006, 3, La decisione Corte di Lussemburgo fissa tuttavia dei i limiti alla auspicata azione di interpretazione adeguatrice delegata al giudice nazionale, uno dei quali viene - come si è detto individuato nella compatibilità dell interpretazione con i principi fondamentali dello Stato membro interessato. Tale limite di compatibilità deve essere dunque verificato dal giudice nazionale al momento valutazione possibile estensione dell ambito di applicazione dell istituto dell incidente probatorio (punto 57 decisione). Del pari deve essere valutato da quel giudice se l interpretazione adottata sia o meno rispettosa del principio dell equo processo stabilito dall art. 6 Convenzione EDU (punto 60) 20. Corte. Cost., 9 maggio 2001, n. 114, in Cass Pen, 2001, p In tema, v. Marandola, Audizione del minore infrasedicenne: non irragionevole la limitazione ai soli reati sessuali dell incidente probatorio «incondizionato», in Fam. e dir., 2003, p V. le significative sentenze Corte Costituzionale n. 348 e 349 del

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