Processi di recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani

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1 Processi di recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani

2 Processi di trattamento termico I processi di trattamento termico dei rifiuti nascono come metodologia per: La riduzione dei quantitativi di materia da porre a smaltimento in discarica sia in termini volumetrici (riduzione al 10%) che in termini di massa (riduzione al 30%); La totale riduzione del potere di putrescibilità del rifiuto. Inoltre, a partire dal 1999, i processi di trattamento termico dei rifiuti devono necessariamente assolvere anche la funzione di produzione di energia elettrica e termica. Il DLgs 22/97 (Decreto Ronchi), stabiliva, infatti, che per i RU, al 1 Gennaio 1999 la realizzazione e la gestione di nuovi impianti di incenerimento possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione è accompagnato da recupero energetico, con una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile. D.Lgs. 152/06 art. 182, comma 4: «Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico»

3 Processi di trattamento termico In base al potere calorifico ed alla portata dei rifiuti in ingresso all impianto, è possibile calcolare la Taglia Nominale dell impianto (MWt o Kcal/h), che si calcola come: Portata oraria (massima) x Potere Calorifico Inferiore (PCI) dei rifiuti alimentati

4 Processi di trattamento termico Il potere calorifico inferiore medio di un rifiuto urbano si aggira intorno alle kcal/kg. Il CDR, invece, provenendo da un processo di raffinazione della frazione secca attraverso una serie di trattamenti preliminari quali triturazione, essiccamento, addensamento, eventuale miscelazione con rifiuti ad alto potere calorifico, presenta un PCI più elevato (che comunque non può essere inferiore ai KJ/kg, imposti dal DM 5/2/98).

5 Processi di trattamento termico Il recupero di energia da rifiuti può essere effettuato attraverso diverse modalità. Combustione diretta, sia del rifiuto tal quale, che del rifiuto preventivamente trattato. Combustione indiretta: tecnologie di trattamento termico, basate su processi di pirolisi e gassificazione, che permettono la conversione del rifiuto in un combustibile intermedio, liquido o gassoso, da utilizzare poi in normali caldaie, motori alternativi o turbine a gas. Pirolisi : Si denomina Pirolisi la decomposizione per via termica di un combustibile in assenza di apporto di ossigeno (tranne quello eventualmente già presente nel combustibile), con la finalità di produrre idrocarburi solidi ( Char ), liquidi o gassosi. Gassificazione: Il processo di gassificazione consiste nella combustione parziale di un materiale in difetto di ossigeno, che dà luogo da un gas combustibile ricco in ossido di carbonio e idrogeno. Per la sua applicazione richiede l utilizzo di un materiale abbastanza omogeneo, per cui viene spesso ipotizzata come applicabile sul CDR.

6 Tecnologie di trattamento termico SEZIONE DI ACCETTAZIONE STOCCAGGIO FORNO E SEZIONE DI RECUPERO ENERGETICO SCARICO E RAFFREDDAMENTO SCORIE DEPURAZIONE GAS E CENERI

7 Sezione di accettazione e stoccaggio L accumulo serve come polmone per l alimentazione continua dei forni con partite omogenee di rifiuto. Nell ipotesi di RSU si utilizzano fosse con autonomia di 2-3 giorni in modo da sopperire alla mancata raccolta dei rifiuti nei fine settimana. Nelle fosse viene anche attuata l'omogeneizzazione dei rifiuti, in modo da garantire una relativa costanza in qualità dell'alimentazione nei forni. L'omogeneizzazione e l'alimentazione sono attuate mediante gru con benna a polipo, che alimentano i rifiuti alla successiva zona di combustione. Tutta la fossa rifiuti è isolata dal resto dell'impianto e dall ambiente esterno, per evitare inconvenienti igienici. Per impedire fuoriuscite di aria maleodorante dai portelloni di scarico dei rifiuti, la fossa è mantenuta in leggera depressione mediante aspirazione continua dell aria interna. L'aria aspirata viene insufflata nei forni come aria di combustione.

8 Forno I forni per la combustione di RSU sono principalmente di quattro tipologie: Griglia (fissa o mobile); Letto fluido (bollente o ricircolante); Tamburo rotante.

9 Forni a griglia I forni a griglia costituiscono la tecnologia più consolidata e di più largo impiego nella combustione di rifiuti, soprattutto RU, grazie alla flessibilità ed all affidabilità di funzionamento. Anche se tale tecnologia può essere considerata matura, vengono apportati continui miglioramenti mediante l impiego di nuovi materiali o l applicazione dei risultati degli studi sulla fluidodinamica della combustione e dello scambio termico con le pareti del generatore di vapore. La griglia può essere fissa o mobile, su di essa viene formato il letto di rifiuti interessato dal processo di combustione. I forni a griglia fissa sono caratterizzati da potenzialità molto piccole e attualmente sono impiegati di rado nel caso di smaltimento di RSU. I forni a griglia mobile, invece, sono quelli maggiormente utilizzati.

10 Forni a griglia Il movimento della griglia, caratteristico di questo tipo di forni, consente il rimescolamento del rifiuto ed il suo contatto con l aria comburente. Dopo la fase di alimentazione, che avviene mediante la tramoggia di carico, si ha la fase di combustione, che avviene sulla griglia. Sulla griglia viene formato un letto di rifiuti dello spessore di alcune decine di centimetri, sul quale avviene la combustione. Da sotto la griglia viene immessa l aria di combustione primaria, con un lieve eccesso rispetto alla quantità stechiometrica (10-20%). L aria secondaria viene dosata al di sopra della griglia in modo da raggiungere le condizioni richieste per quanto riguarda sia contenuto di ossigeno, che temperatura. Sul fondo della griglia avviene la raccolta delle scorie.

11 Forni a griglia All interno del forno è possibile distinguere diverse zone: (1-2) zona di essiccazione in cui i rifiuti vengono a perdere per evaporazione gran parte del contenuto di umidità senza combustione; tale sezione è caratterizzata da temperature ridotte; (3) zona di combustione primaria, in cui si realizzano le reazioni di combustione e formazione di composti volatili che abbandonano il letto. In questa sezione è più visibile l'effetto delle reazioni di combustione con fiamme più alte e maggiori temperature; (4) zona di fine combustione dove proseguono le reazioni di combustione delle frazioni a maggiore dimensione e quindi caratterizzate da cinetiche più prolungate. Qui le temperature tendono a ridursi gradualmente; (5) zona di combustione secondaria delle frazioni volatili prodotte nella sezione di combustione (letto di combustione); tale sezione è posta sopra alla zona di combustione primaria e grazie alle temperature in gioco (fino a C) si realizzano processi di ossidazione dei composti gassosi liberati dalla combustione primaria, mediante l iniezione di ulteriori quantitativi di aria comburente (aria secondaria).

12 Forni a griglia I singoli elementi della griglia possono essere danneggiati a causa delle condizioni operative critiche: temperatura, abrasione da particelle solide, presenza di adesioni di solidi per fusione e solidificazione di materiali basso fondenti. I gradini mobili possono essere raffreddati con aria primaria o ad acqua in circuito idraulico chiuso. Il calore recuperato dal raffreddamento delle griglie è generalmente utilizzato per preriscaldare l aria di combustione.

13 Forni a griglia Sviluppi più recenti: Diminuzione dell inclinazione della griglia correlata alla maggiore facilità di combustione dei rifiuti che quindi richiedono una minore movimentazione; Ottimizzazione della distribuzione dell aria primaria sotto griglia sia per migliorare la combustione e il raffreddamento, sia per ridurre il particolato trascinato; Impiego di griglie raffreddate ad acqua per diminuire l usura con rifiuti ad elevato potere calorifico ( kcal/kg); Possibilità di scaricare le scorie con estrattori a secco per facilitarne la manipolazione e l eventuale recupero di frazioni quali metalli ferrosi e non ferrosi.

14 Forni a tamburo rotante Questa tipologia di forno è costituita da una camera cilindrica leggermente inclinata, che ruota lentamente attorno al proprio asse. Esso è impiegato principalmente per lo smaltimento di rifiuti di origine industriale (solidi, liquidi, pastosi), anche pericolosi. Questa tipologia di forno può essere utilizzata in modo particolare se devono essere smaltiti grossi quantitativi di fanghi, di materiali fini o di frazioni liquide. Viene molto utilizzato per il trattamento di rifiuti sanitari pericolosi e non.

15 Forni a tamburo rotante A fronte di una semplicità costruttiva e di una elevata flessibilità per quanto riguarda la tipologia e le caratteristiche dell alimentazione, esso presenta degli svantaggi, legati essenzialmente al ridotto volume della camera di combustione (che deve essere integrata con una camera di post-combustione separata per il completamento della combustione in fase gassosa), dovuto anche al fatto che si hanno notevoli perdite di calore verso l esterno, per cui è necessario limitare il diametro del tamburo a m. Per sopperire alle scarse caratteristiche di mescolamento si lavora con eccessi d aria del %. Le pareti del cilindro possono essere rivestite con tubi d acqua o con materiale refrattario: in questo caso la temperatura del mantello all esterno raggiunge i 300 C, con notevoli dispersioni di calore. La temperatura di esercizio varia fra gli 850 ed i 1400 C a seconda della pericolosità del rifiuto e del suo potere calorifico

16 Forni a letto fluido I forni a letto fluido sono costituiti da camere cilindriche verticali con pareti refrattariate o membranate all interno delle quali il rifiuto da incenerire viene mantenuto in sospensione da una corrente d aria ascendente. Per fornire maggiore inerzia termica al sistema e favorire i processi di scambio termico viene dosata sabbia o un materiale inerte similare assieme al rifiuto. Il movimento del letto di sabbia, infatti, garantisce un buon contatto comburente-combustibile (rifiuto), oltre che una notevole uniformità di temperatura e di miscelazione, che contribuiscono a garantire una combustione costante e completa. Il forno a letto fluido è indicato soprattutto per il termotrattamento di combustibile derivato da rifiuti (CDR) o di altro rifiuto preventivamente triturato e ridotto alla pezzatura idonea: proprio le problematiche legate ai sistemi di alimentazione hanno limitato la diffusione di tale tipologia di forno per la combustione dei rifiuti urbani.

17 Residui solidi da processi di incenerimento L incenerimento rappresenta un trattamento fondamentale all interno della gestione integrata dei rifiuti, permettendo la riduzione del 90% in volume e del 75% in peso del rifiuto da smaltire in discarica Progresso tecnologico e normative sempre più stringenti hanno comportato un progressivo spostamento dei contaminanti dai fumi ai residui solidi di combustione Importanza dei sistemi di trattamento e delle tecniche di minimizzazione degli impatti ambientali

18 Residui solidi da processi di incenerimento Classificazione dei residui secondo l IAWG (International Ash Working Group), con riferimento ad un forno a griglia: Bottom ash Fly ash Grate ash Grate siftings o riddings Heat recovery ash Boiler ash Economizer ash Residui trattamento aria: Air pollution control (APC) residues Residuo Produzione specifica [kg/mgru su base secca] Scorie e ceneri di fondo Fly ash + Heat recovery ash Residui da sistemi di trattamento fumi: a secco (calce) a secco (bicarbonato) a semisecco (calce) ad umido con carboni attivi Totale

19 Emissioni in atmosfera Il controllo delle emissioni è parte integrante del processo di gestione di un impianto di conversione termica dei rifiuti. Le emissioni, intese come output del sistema, sono di carattere sia solido (scorie, ceneri) che liquido (eventuali reflui dai processi di abbattimento ad umido) che gassoso e per ognuna di queste fasi devono essere previsti opportuni sistemi di trattamento e di gestione.

20 Emissioni in atmosfera Ai sensi del D.Lgs 152/06 art. 268 è definito inquinamento atmosferico: Ogni modificazione dell aria atmosferica dovuta all introduzione nella stessa di una o più sostanze in quantità o con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell ambiente. Gli inquinanti possono essere distinti in Inquinanti primari ed Inquinanti secondari e poi in macroinquinanti e microinquinanti: Inquinanti primari: sono immessi direttamente in atmosfera da fonti sia naturali che di origine antropica; Inquinanti secondari: sono prodotti da reazioni chimiche tra più inquinanti primari, ovvero tra questi ed i normali costituenti dell atmosfera. La formazione di inquinanti secondari può avvenire, nelle normali condizioni di temperatura presenti in atmosfera, eventualmente a seguito di attivazione fotochimica;

21 Emissioni in atmosfera Macroinquinanti: sono inquinanti presenti in concentrazioni dell ordine delle p.p.m. (parti per milione), originati dalla trasformazione chimica di talune macrocomponenti del rifiuto (ceneri, Cl, S, N e P), da trasformazioni secondarie non desiderate e dall ossidazione incompleta del carbonio organico. Le specie principali di macroinquinanti, in genere denominate big five, sono rappresentate da: Monossido di carbonio (CO); Ossidi di azoto (NOx); Ossidi di zolfo (SOx); Particolato solido totale (TSP); Ozono e composti organici volatili. Microinquinanti: sono inquinanti presenti in concentrazioni molto basse, dell ordine delle p.p.b. (parti per bilione), ma già pericolosi per gli ecosistemi spesso anche a causa di fenomeni di bioaccumulo. Di questa categoria fanno parte specie di natura sia organica che inorganica; tra i microinquinanti organici si annoverano i BTX (benzene, toluene, xilene), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) ed i microinquinanti organoclorurati (policlorobifenili (PCB), policlorodibenzodiossine (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF)), mentre fra gli inorganici vanno citati i metalli pesanti (As, Cd, Cr, Cu, Hg, Ni, Mo, Sb, Tl).

22 Ossidi di azoto (NOx) Interventi di tipo primario: riduzione dei Fuel NOx mediante controllo del combustibile in ingresso: selezionando il flusso dei rifiuti ed andando ad eliminare la frazione organica. Volendo intervenire, invece, sulla quota parte di Thermal NOx è possibile prevedere un incremento della quota di aria secondaria associato ad una diminuzione di quella primaria, in modo da limitare la presenza di ossigeno nella zone a temperatura elevata. Questo, tuttavia, richiede un accurato controllo del processo, per evitare la formazione di prodotti incombusti. Un ulteriore possibilità è quella di ricircolare una certa quantità dei gas di scarico (in genere circa il 30%) nella zona di combustione, andando a creare un ambiente con più bassi tenori di ossigeno. Interventi di tipo secondario: sono utilizzabili i processi di riduzione selettiva non catalitica (SNCR) o di riduzione selettiva catalitica (SCR): in entrambi i casi è necessario utilizzare agenti riducenti quali ammoniaca in soluzione acquosa o additivi di processo contenenti urea. Il termine "selettiva" si riferisce alla capacità dell'ammoniaca di reagire con NO invece di essere direttamente ossidata dall'ossigeno dell'aria; tale caratteristica è specifica dell'ammoniaca in quanto non è stata osservata per altri riducenti quali idrocarburi, H 2 o CO.

23 Riduzione selettiva catalitica (SCR) Questo processo rimuove il 70 90% degli NO x con un residuo di ammoniaca non reagita comunque inferiore alle 10 ppm. Un sistema di riduzione catalitica è formato dai seguenti componenti: reattore catalitico; griglia di iniezione dell ammoniaca; unità di stoccaggio dell ammoniaca; eventuale post riscaldamento dei fumi.

24 Gas acidi Generalità I principali gas acidi sono l anidride solforosa (SO 2 ), l acido cloridrico (HCl) e l acido fluoridrico (HF), che derivano dalla combustione di sostanze contenenti zolfo, cloro e fluoro. Gli ossidi di zolfo, insieme a quelli di azoto, sono tra i principali responsabili del fenomeno delle piogge acide: il biossido (SO 2 ), generato da processi di combustione, ma anche il triossido (SO 3 ), che deriva dall ossidazione fotochimica del primo, si trovano nell aria sotto forma di gas ed, in relazione alla presenza di vapor d acqua, possono dare origine alla formazione di H 2 SO 3 ed H 2 SO 4. Gli effetti diretti degli ossidi di zolfo sulla salute dell uomo consistono essenzialmente in fenomeni di irritazione dell apparato respiratorio.

25 Gas acidi Per il controllo dei gas acidi sono disponibili svariati metodi: è possibile, da un lato, intervenire separando a monte i rifiuti contenenti frazioni significative di cloro e zolfo; dall altro si può intervenire a valle, per mezzo di sistemi di trattamento fumi, che essenzialmente sono di tre tipi: assorbimento ad umido; assorbimento a secco; assorbimento a semisecco. Di norma i trattamenti dei gas acidi sono preceduti da una depolverazione primaria, per limitare il carico di polveri in arrivo e per separare le polveri di combustione da quelle derivanti dai processi di abbattimento dei gas acidi, provvedendone una diversa destinazione.

26 Particolato Le polveri in un processo d'incenerimento si producono principalmente attraverso due vie: all'atto della combustione, per la produzione di incombusti o a causa della presenza di inerti nelle varie matrici combustibili per condensazione di sostanze prodotte o evaporate alla temperatura della camera di combustione, come ad esempio alcuni metalli pesanti ed i loro sali. Per fenomeni di volatilizzazione e condensazione su particolato fine ad elevato rapporto superficie/massa, i composti più tossici come As, Pb, Cd si concentrano nelle ceneri volanti a più piccola granulometria. A seconda delle loro dimensioni, le particelle vengono classificate con le sigle PM ed un numero che ne identifica la dimensione massima in micron: PM20, PM10, PM2.5 Dal punto di vista degli effetti sulla salute umana, le PM10 e le PM2.5 sono le più pericolose perchè possono infiltrarsi fino negli alveoli polmonari. La deposizione alveolare è particolarmente importante perché in questa parte dei polmoni non ci sono ciglia, che consentono la rimozione del particolato: le particelle depositate vi rimangono e possono fissarsi permanentemente nel tessuto alveolare, risultando possibile causa di malattie polmonari.

27 Particolato La depolverazione consiste nella separazione della fase solida da quella gassosa. Le esigenze del rispetto dei limiti impongono rimozioni spesso superiori al 99%, ottenibili attraverso due tipologie di processo: a secco e ad umido. Controllo del particolato Sistemi a secco Sistemi ad umido Cicloni e multicicloni Filtrazione a tessuto Filtri elettrostatici o elettrofiltri Scrubber (a nebulizzazione, a riempimento, a piatti forati, a venturi) Precipitatori elettrostatici ad umido

28 Metalli pesanti Le caratteristiche dei metalli presenti nei fumi sono ovviamente connesse alla tipologia del rifiuto solido; ne consegue che il sistema più efficace per un loro contenimento è la separazione a monte dell impianto, in particolare di quei materiali con presenze di metalli pesanti quali cadmio, piombo, cromo e mercurio, che, come noto, sono di elevata tossicità. Nel corso della combustione i metalli passano allo stato gassoso, per poi ricondensare, pressoché completamente, nelle sezioni dell impianto in cui la temperatura si riduce a circa 250 C. Viene così a formarsi un particolato metallico, che in buona parte si deposita su altre particelle solide contenute nella corrente gassosa, sopratutto quelle di più piccola dimensione. Il solo mercurio è presente nell effluente allo stato gassoso ancora con alte concentrazioni, in quanto caratterizzato da un elevata volatilità. Per le ragioni sopra esposte la rimozione dei metalli viene di norma condotta unitamente a quella del particolato, spesso con l ausilio di filtri a maniche. Più complessa è la separazione del mercurio, il cui abbattimento richiede un raffreddamento dei fumi intorno a valori di temperatura di C, raggiungibili con uno degli scrubber già descritti. Il mercurio può anche essere rimosso per adsorbimento con carbone attivo.

29 Composti organo-clorurati I composti organo-clorurati sono sostanze organiche in forma alogenata, quali clorobenzene, clorofenoli, policlorodibenzodiossine (abbreviate con la sigla PCDD e note solitamente con il nome di diossine ), policlorodibenzofurani (PCDF, note anche semplicemente come furani ), tutte caratterizzate da elevata tossicità per l uomo. La formazione dei microinquinanti organo-clorurati può essere già contenuta nella camera di combustione, conducendo il processo ad alte temperature ( C), con rilevanti tenori di ossigeno ed elevata turbolenza. La presenza di una camera di postcombustione, peraltro prevista dalla normativa, con temperature dei fumi di 1050 C e tempo di residenza di 2 secondi, svolge un ruolo fondamentale nella pressoché totale decomposizione di tali microinquinanti.

30 Composti organo-clorurati Le tecniche di rimozione dei composti organo-clorurati è strettamente legata alla forma in cui essi sono presenti nella corrente gassosa. Nel caso di un inceneritore per RSU si può ritenere che il 60 80% dei PCDD e PCDF sia contenuto allo stato di gas o vapore mentre la rimanente aliquota si accompagna, allo stato solido, al particolato. La frazione solida di PCDD e PCDF viene controllata mediante i sistemi per l abbattimento del particolato, in particolare quelli efficaci per la rimozione delle particelle più fini. La frazione allo stato gassoso, a sua volta, viene catturata utilizzando anche la tecnica della riduzione catalitica SCR. Tutti i sistemi citati, in presenza di buona combustione, garantiscono, in genere, concentrazioni dei microinquinanti organo-clorurati inferiori ai limiti fissati dalla normativa. Volendo ottenere rendimenti ancora superiori, si può prevedere un processo ad hoc, costituito di solito da un filtro di carbone attivo.

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