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3 INDICE Premessa Canto Primo Canto Secondo Canto Terzo Canto Quarto Canto Quinto Canto Sesto Canto Settimo Canto Ottavo Canto Nono Canto Decimo Canto Undicesimo Canto Dodicesimo Canto Tredicesimo Canto Quattordicesimo Canto Quindicesimo Inferno pag. 7 pag. 19 pag. 30 pag. 40 pag. 51 pag. 64 pag. 74 pag. 86 pag. 97 pag. 108 pag. 121 pag. 131 pag. 142 pag. 155 pag

4 Premessa L'Inferno, la prima delle tre cantiche, la più dinamica, estroversa, drammatica, angosciosa, triste, rude pur sensibile, rigorosa, grave. Potrei continuare per altre 5 righe e non sarebbe mai superfluo, seppur ammettendo che la bellezza delle altre è grande, è questa che porta fuori dal nostro intimo le debolezze che più ci sono vicine, insegnandoci ad affrontarle a testa alta e senza alcun timore. Bisogna intendere la paura del sommo come una nostra paura, perché a tutti è capitato (o capiterà) di cadere in crisi ma anche solo in uno sconforto minimo e ci si assottigliava su quale fosse la soluzione e non se ne riusciva a venir a capo, ecco che Dante in forma poetica ed epica affronta questo viaggio infernale non solo per redenzione personale dai peccati che lo hanno afflitto e che nel 1 Canto ci dichiara ma anche per far ritrovare quei valori persi in vantaggio di corruzione e sete di potere che a quell epoca era uno strumento maniacale di perdizione vera e propria. Secondo i critici la prima Cantica viene composta complessivamente tra il 1304 e il 1309 anni in cui viveva in esilio formata da 34 Canti incluso uno che fa da proemio. Il pensiero geografico dantesco è basato secondo il sistema tolemaico, in conformità all idea che la Terra si trovasse al centro dell Universo, e la concezione terrena ha presente il pensiero teologico cristiano secondo il quale, con la caduta di Lucifero nell emisfero dove c erano le terre emerse, queste non volendo essere toccate dal diavolo si spostarono nell altro emisfero, da discrepanza salito dal mare si creò un monte, quello del Purgatorio. Questa è una piccola parte del sapere dantesco che durante la narrazione metterà in pratica un illimitato repertorio di un qualsiasi ambito. Con la caduta del diavolo si è appunto detto che si creerà l Inferno e con esso tutti i gironi. Tutti i tre principali luoghi del poema hanno i loro traghettatori: per l Inferno è Caronte, anche i gironi hanno il loro guardiano che noteremo col proseguire della lettura. Nella prima Cantica è posto un primo Canto che fa da proemio a tutta l opera poi si proseguirà con l anti-inferno dove risiedono gli Ignavi, a Dio spiacenti e a' nemici sui, e dopo con il dolore vero e proprio. Dopo aver accolto tutte le pene e i peccatori, il viaggio procederà attraverso un lungo corridoio chiamato natural burella che porterà i pellegrini sulla spiaggia del monte del Purgatorio. 3

5 4

6 Inferno 5

7 6

8 Canto Primo Incomincia la Comedia di Dante Alleghieri di Fiorenza, ne la quale tratta de le pene e punimenti de' vizi e de' meriti e premi de le virtù. Comincia il canto primo de la prima parte nel qual l'auttore fa proemio a tutta l'opera. 7

9 Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, 3 ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte 6 che nel pensier rinova la paura! Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, 9 dirò de l'altre cose ch'i' v' ho scorte. 1: Si conviene che a quei tempi, l'età media della vita doveva essere di circa 70 anni e quindi il poeta nel poema, (ma anche nella vita vera) avrà avuto 35 anni. La formula usata è quella solenne e di sapore magnanimo per far si che si possa ampliare a tutti gli uomini. 2: viene raffigurato un momento di perdizione morale e psicologica, e continuando con la lettura si va a chiarire che il viaggio viene affrontato per la redenzione dallo stato di traviamento e Dante non si basa sulla fantasia, a propositi astratti, ma va proprio concretamente a redimersi tramite immagini di sofferenza di chi ha peccato. In generale l'alighieri propone anche il restauro dei valori persi, della allora società, corrotta e malsana e questo proposito ha il fine e lo scopo di rivalorizzare i fondamenti dell'etica e della felicità umana. 3: non è perduta ma smarrita. Quindi da questo punto comincia a nascere l'idea che c'è un modo per ritornare alle virtù in possesso prima e così ritornare sulla "diritta via". 4: tanto è il dolore che mi opprime che non riesco a descriverlo. 5: esta: forma antica dell'aggettivo dimostrativo "questa". Selva, selvaggia: replicazione usata secondo il gusto della retorica medievale. La selva è: selvaggia, cioè senza alcuna presenza umana; aspra, ardua e faticosa; forte, libera da qualsiasi costrizione e quindi di libera crescita e sviluppo. 6: solo al ripensare mi riporta in angoscia. 7: la selva o meglio la vita ormai sdegnosa e lontana da qualsiasi gioia, vicinissima alla dannazione e alla morte dell'anima. 8-9: si può intendere il "ben" come un soccorso avviato dal cielo per salvarlo da quella condizione oppure del senso acquistato di consapevolezza verso l'errore compiuto che lo porterà a ravvedersi. Le "altre cose" come nel caso precedente sono viste: o come le tre fiere che incontrerà dopo, o con un senso più ampio, come tutti i dolori che lo riporteranno sulla strada giusta. 8

10 Io non so ben ridir com'i' v'intrai, tant'era pien di sonno a quel punto 12 che la verace via abbandonai. Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle 15 che m'avea di paura il cor compunto, guardai in alto e vidi le sue spalle vestite già de' raggi del pianeta 18 che mena dritto altrui per ogne calle. Allor fu la paura un poco queta, che nel lago del cor m'era durata 21 la notte ch'i' passai con tanta pieta. E come quei che con lena affannata, uscito fuor del pelago a la riva, 24 si volge a l'acqua perigliosa e guata, 11: sonno prende il significato oscurato quindi: tant'era oscurata la mia anima. 12: verace ha adesso il posto di "diritta" : arrivo a un punto dove la situazione migliorava, dove -come dice dopo- è illuminata dal sole che è la benevolenza Divina. Quindi potremmo contrapporre il colle alla selva. 15: che mi aveva afflitto il cuore di paura. 16: spalle: i pendii del colle con connotazione umana. 17: pianeta: è il sole, ma vuole intendere Dio. A quei tempi il sistema cosmologico veniva concepito secondo la dottrina tolemaicoaristotelica che metteva la Terra al centro dell'universo. Nell'immaginazione sta sorgendo l'alba. 18: guida l'uomo per una strada giusta. 19: queta: alleviata. 20: nel crogiuolo del cuore, dove secondo l'opinione di alcuni, risiedono le passioni e i sentimenti umani. 21: pietà: angoscia, tormento. 22: lena: respiro. 23: pelago: mare in tempesta. 24: riguarda l'acqua in tormenta e teme della sua situazione. 9

11 così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo 27 che non lasciò già mai persona viva. Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, 30 sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso. Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, una lonza leggera e presta molto, 33 che di pel macolato era coverta; 25: è l'animo che fugge non il corpo che si è fermato, quindi pensa costantemente a come fuggire da quella situazione. 26: retro: indietro; a rimirar: a riguardare, contemplare; lo passo: il luogo della paura. 27: si vuole far capire che mai una persona ancora in vita è passata di lì se non aveva il sostegno di una coscienza ferrea e pulita. 28: èi: ebbi; lasso: stanco. 29: ripresi il cammino per il pendio (derivante dal latino medievale plagia) solitario. 30: su questo verso si è discusso moltissimo sia in via concreta che astratta. La prima la spiegheremo con la citazione del Boccaccio: "mostra l'usato costume di coloro che salgono, che sempre si ferma più in su quel piè che più basso rimane", cioè salendo la parete scoscesa si tiene ben saldo il piede più in basso. Mentre la parte allegorica ci insegna che il piede sinistro (di norma il più basso) sarebbe inadeguato al viaggio perché legato alle cose terrene invece il destro rappresenta la ragione. 31: erta: la solita concreta da non confondere con la piaggia. 32: lonza: dal francese lonce, presumibilmente una lince o un leopardo. La descrizione antica trovata in un bestiario toscano è: "Loncia è un animale crudele e fiera, e nasce da un congiungimento carnale de leone con lonça, ovvero de leopardo con leonessa; e cussì nasce lo leopardo". La cronaca di Firenze dell'anno 1285 ricorda di una lonza in gabbia presso il palazzo comunale. Questa è la prima bestia che non lascia proseguire Dante e allegoricamente simboleggia la lussuria e il primo impedimento al pentimento. Altre interpretazioni più moderne la rappresentano diversamente ma il percorso e le parole poi spese dal poeta fanno confermare la linea antica. Leggiera e presta: agile e veloce. 33: che di pelo macchiato era coperta. 10

12 e non mi si partia dinanzi al volto, anzi 'mpediva tanto il mio cammino, 36 ch'i' fui per ritornar più volte vòlto Temp'era dal principio del mattino, e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle 39 ch'eran con lui quando l'amor divino mosse di prima quelle cose belle; sì ch'a bene sperar m'era cagione 42 di quella fiera a la gaetta pelle l'ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse 45 la vista che m'apparve d'un leone. Questi parea che contra me venisse con la test'alta e con rabbiosa fame, 48 sì che parea che l'aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, 51 e molte genti fé già viver grame, 36: che io più volte mi girai per tornare indietro. 37: l'ora in cui sorge il sole cioè le prime ore diurne : da opinione di quei tempi si pensava che nel momento della creazione divina dell'universo, il sole occupasse il segno dell'ariete e così quello stesso giorno : in quel momento in cui giungeva l'alba col segno della creazione (cioè l'ariete) Dante era sereno e non preoccupato dalla gaetta (piacevole a vedersi) pelle (la lonza) : gli appare la seconda fiera che rappresenta da sempre la superbia : in questi versi afferma che il leone rappresenta con la testa, il coraggio nel ferire e la fame, la grande volontà nel farlo : il terzo ed ultimo animaleemblema della sua perdizione. Rappresenta la cupidigia, la voglia di potere e si può capire - continuando a leggere - che cancella quasi le altre due figure per quanto sia forte e importante per l'alighieri. Con un ossimoro ci fa capire al meglio la figura, cioè: magra e allo stesso tempo grassa di ogni invidia altrui quindi porta all'annientare l'anima d'altri. 51: fu la causa dei malumori di molte persone. 11

13 questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, 54 ch'io perdei la speranza de l'altezza. E qual è quei che volontieri acquista, e giugne 'l tempo che perder lo face, 57 che 'n tutti suoi pensier piange e s'attrista; tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi 'ncontro, a poco a poco 60 mi ripigneva là dove 'l sol tace. Mentre ch'i' rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto 63 chi per lungo silenzio parea fioco. Quando vidi costui nel gran diserto, "Miserere di me", gridai a lui, 66 "qual che tu sii, od ombra od omo certo!" : la lupa mi fece acquisire tanto terrore con la paura che incuteva dal suo essere. 54: che persi la speranza di raggiungere la sommità del colle. E allegoricamente: che persi la speranza della salvezza : come qualcuno che con piacere guadagna ma arriva il tempo che gli fa perdere tutto e si addolora in tutti i suoi ripensamenti. Questa è una descrizione indiretta dello stato di Dante a quel momento, venutagli meno la speranza di salvarsi per via soprattutto della lupa. 58: sanza pace, (la lupa) che non ha tregua, è irrequieta e in questo modo dà disagio all'uomo. 60: mi rispingeva là (nella selva) dove non c'è luce. Lo rimanda nello stato accusato all'inizio del poema cioè quello di perdizione. 61: mentre io precipitavo - non per il senso della velocità ma per l'umore - nella selva. 63: molti esperti sono incongrui nel dare una definizione a codesto verso. La più opportuna verso la situazione è che la figura che è stata in silenzio per molto tempo adesso va a soccorrere il poeta da quella posizione con i suoi consigli. 65: miserere di me: è frequente nei testi liturgici antichi e rappresenta abbi pietà. 12

14 Rispuosemi: "Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, 69 mantoani per patrïa ambedui. Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto 72 nel tempo de li dèi falsi e bugiardi. Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d'anchise che venne di Troia, 75 poi che 'l superbo Ilïón fu combusto. Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte 78 ch'è principio e cagion di tutta gioia?". "Or se' tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume?", 81 rispuos'io lui con vergognosa fronte. 67: non sono persona viva, son morto. 68: e i miei genitori furono dell'italia settentrionale (significato di lombardo a quell'epoca). 70: sotto Giulio Cesare. Dobbiamo dire però che le parole "ancor che fosse tardi" vanno a spiegare che quella figura nacque troppo tardi perché Cesare potè conoscerlo e apprezzarlo. 71: buon: valoroso. 72: sono morto prima della nascita di Cristo mentre era in vigore il paganesimo : sta adesso parlando di Enea, riprendendo l'aggettivo usato dall'autore dell'eneide per lui. 75: un'altra frase riportata dall'eneide e rimodellata usando l'aggettivo superbo. Combusto: bruciato. 76: noia: timore, pena, angoscia. 77: dilettoso: piacevole, attraente. 79: siamo venuti a conoscenza che chi parla è Virgilio, evocato da Dante a simboleggiare nel poema la ragione e/o a rappresentare l'autorità imperiale a cui è stata assegnata la missione di portare sulla Terra l'umana felicità "per philosophica documenta". Nei versi iniziali si intuisca che Virgilio interpreta il ruolo di maestro di poesia e saggio, ma col continuare diventerà un personaggio dinamico e vivo sotto tutti i punti di vista. 81: gli risposi con riverenza. 13

15 "O de li altri poeti onore e lume, vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore 84 che m' ha fatto cercar lo tuo volume. Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore, tu se' solo colui da cu' io tolsi 87 lo bello stilo che m' ha fatto onore. Vedi la bestia per cu' io mi volsi; aiutami da lei, famoso saggio, 90 ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi". "A te convien tenere altro vïaggio", rispuose, poi che lagrimar mi vide, 93 "se vuo' campar d'esto loco selvaggio; ché questa bestia, per la qual tu gride, non lascia altrui passar per la sua via, 96 ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide; e ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, 99 e dopo 'l pasto ha più fame che pria. 82: sei onore per gli altri poeti e maestro (poiché secondo l'idea dell'alighieri solo dopo lui i poeti si affermeranno). 83: vagliami: premiami del. 84: cercar: leggere e rileggere, confermato poi da Dante della sua conoscenza di ogni riga e a memoria. 85: 'l mio autore: sei il mio poeta preferito : sei colui che mi fece capire quale scrittura usare e grazie a te, ho avuto onore. La modalità di scrittura di cui parla Dante è quella espressa nel "De vulgari eloquenzia" e quella espressa da Virgilio ed è quella tragica e illustre. 88: vedi l'animale/vizio per cui io stavo male. Da notare qui il passato per far intendere che ora crede nella salvazione e nel ricongiungimento con la felicità. 93: se vuoi sopravvivere a queste bestie e quindi allegoricamente, al suo stato d'animo. 94: che è l'animale, per il quale tu invochi soccorso. 97: ria: orrenda. 98: empie: sazia, riempie. 99: pria: prima. 14

16 Molti son li animali a cui s'ammoglia, e più saranno ancora, infin che 'l veltro 102 verrà, che la farà morir con doglia. Questi non ciberà terra né peltro, ma sapïenza, amore e virtute, 105 e sua nazion sarà tra feltro e feltro. Di quella umile Italia fia salute per cui morì la vergine Cammilla, 108 Eurialo e Turno e Niso di ferute. 100: l'animale-simbolo cioè la lupa e quindi la cupidigia si unisce sempre con più colpe e vizi : per far "morir con doglia" la lupa occorrerà un veltro (un cane da caccia veloce e agile meglio riconosciuto - non con fermezza - con il levriero). Simbolicamente i due animali sono contrapposti da una parte la lupa come già affermato prima, rappresenta la corruzione presente durante la vita di Dante che ricopriva le cariche più alte mentre e il veltro raffigura un individuo che riporterà la purezza nella società. È difficile indicare quale sia l'individuo per il linguaggio volutamente ambiguo e generico ma tra i più credibili ci sono il Papa Benedetto XI e l'imperatore Arrigo VII. 103: non sarà avido di potere e ricchezza. 104: per le parole usate nel verso i critici si dividono. C'è chi pensa si attribuiscano al potere spirituale ovvero alla Trinità (rispettivamente il Figlio, lo spirito santo e il Padre), invece per il potere imperiale credono sarà saggio, colmo d'amore per il popolo e virtuoso. 105: nazion: origine della nascita. Il feltro è un tessuto economico, e l'interpretazione che più si adatta è quella dell'origine tra umili panni ma ce ne sono di innumerevoli. In alcun caso si potrà affermare una giusta definizione perché anche qui Dante ha voluto mantenere un linguaggio misterioso. 106: di quella decaduta Italia. Ma ha anche un'altra interpretazione: di quella bassa Italia sarà salute, cioè del Salento, la prima terra italiana vista di Enea : nomina alcuni personaggi dell'eneide che perirono durante la battaglia tra i troiani ed Enea contro i Volsci. 15

17 Questi la caccerà per ogne villa, fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno, 111 là onde 'nvidia prima dipartilla. Ond'io per lo tuo me' penso e discerno che tu mi segui, e io sarò tua guida, 114 e trarrotti di qui per loco etterno; ove udirai le disperate strida, vedrai li antichi spiriti dolenti, 117 ch'a la seconda morte ciascun grida; e vederai color che son contenti nel foco, perché speran di venire 120 quando che sia a le beate genti. A le quai poi se tu vorrai salire, anima fia a ciò più di me degna: 123 con lei ti lascerò nel mio partire; ché quello imperador che là sù regna, perch'i' fu' ribellante a la sua legge, 126 non vuol che 'n sua città per me si vegna. In tutte parti impera e quivi regge; quivi è la sua città e l'alto seggio: 109: villa: città : finché l'avrà rimessa nell'inferno, da dove nacque l'invidia primamente. 116: antichi: spiriti che sono lì dai primi tempi della creazione del luogo. 117: che invocano un'altra morte perché non sopportano più le loro pene : io discerno: giudico. Virgilio gli spiega che per avere la salvazione si dovrà prendere una via tortuosa e lunga come spiegherà dopo, perché lo stato è inquinato dalle fondamenta : parla delle anime del Purgatorio che saranno felici di arrivare, quando sia, in Paradiso. 121: alle quai: alle quali beate genti. 122: sarà anima più degna di me e fare questo. 124: quello imperador: Dio. 125: avendo vissuto prima del Cristianesimo, Virgilio non fu battezzato e quindi non messo sotto la legge, appunto, del Cristianesimo. 126: sua città: il Paradiso. 127: Dio ha potere in ogni dove e qui (dal Paradiso) governa direttamente. 128: benedetto colui che ha la vista di Dio. 16

18 129 oh felice colui cu' ivi elegge!". E io a lui: "Poeta, io ti richeggio per quello Dio che tu non conoscesti, 132 acciò ch'io fugga questo male e peggio, che tu mi meni là dov'or dicesti, sì ch'io veggia la porta di san Pietro 135 e color cui tu fai cotanto mesti". Allor si mosse, e io li tenni dietro. 130: richeggio: rispondo. 132: questo male e peggio: lo stato di malessere e la dannazione che ne deriverà. 134: molti intendono che sia la porta del Purgatorio ma può anche essere quella del Paradiso. 135: e i dannati che dici soffrono in ogni modo. 17

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20 Canto Secondo Canto secondo de la prima parte ne la quale fa proemio a la prima cantica cioè a la prima parte di questo libro solamente, e in questo canto tratta l'auttore come trovò Virgilio, il quale il fece sicuro del cammino per le tre donne che di lui aveano cura ne la corte del cielo. 19

21 Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno toglieva li animai che sono in terra 3 da le fatiche loro; e io sol uno m'apparecchiava a sostener la guerra sì del cammino e sì de la pietate, 6 che ritrarrà la mente che non erra. O muse, o alto ingegno, or m'aiutate; o mente che scrivesti ciò ch'io vidi, 9 qui si parrà la tua nobilitate. Io cominciai: "Poeta che mi guidi, guarda la mia virtù s'ell'è possente, 12 prima ch'a l'alto passo tu mi fidi. Tu dici che di Silvïo il parente, corruttibile ancora, ad immortale 15 secolo andò, e fu sensibilmente. 1: come abbiamo già detto, Dante sapeva "a memoria" l'eneide di Virgilio e nel primo verso di questo Canto ripropone il suo dire rinnovandolo però con un senso personale che si percepisce nella terzina successiva. 2: animai: creature che hanno un'anima. 3: sol uno: unico fra tutti i viventi. 4-5: mi preparavo a sostenere il travaglio sia della strada e sia dell'angoscia. 6: riferirà le cose accadute con esattezza. 7: da questo verso, Dante comincia ad avere l'orgoglio e la fervenza nello scrivere e con il verso ultimo della terzina si capisce che, ormai non più dilettante, vuole mettere in pratica le sue arti e distinguersi dagli altri poeti, con qualche esitazione perché l'opera da lui pensata e coltivata vada a risollevare non lui solo, ma tutta l'umanità esprimendo anche innovazione e "alto ingegno". 8: riferendosi a Virgilio, afferma la veridicità del suo viaggio. 9: qui apparirà la tua nobiltà d'animo. Adesso mostrerai il tuo carattere e la tua forza : guarda le mie capacità se sono sufficienti, prima che tu mi guidi a questo difficile pellegrinare. 13: Enea, a cui Silvio è padre. Riprende ideologicamente l'idea per il distinto viaggio : ancora vivo ad immortale mondo ci andò vivo. 20

22 Però, se l'avversario d'ogne male cortese i fu, pensando l'alto effetto 18 ch'uscir dovea di lui, e 'l chi e 'l quale non pare indegno ad omo d'intelletto; ch'e' fu de l'alma Roma e di suo impero 21 ne l'empireo ciel per padre eletto: la quale e 'l quale, a voler dir lo vero, fu stabilita per lo loco santo 24 u' siede il successor del maggior Piero. Per quest'andata onde li dai tu vanto, intese cose che furon cagione 27 di sua vittoria e del papale ammanto. Andovvi poi lo Vas d'elezïone, per recarne conforto a quella fede 30 ch'è principio a la via di salvazione. 16: se Dio. 17: gli fu cortese pensando a cosa dovesse adempiere (la creazione di Roma e quindi del centro religioso cristiano). 18: e 'l chi e 'l quale: non è possibile capire se si riferisce all'effetto o ad Enea. Rispetto al primo si andrà a intendere la preparazione di Roma all'avvento del Cristianesimo. Invece per il secondo: il "chi", per le doti proprie ad Enea e "quale" per le sue origini. 19: sembra una giusta idea a un uomo intelligente : Dio decise che Roma doveva essere il suo impero. Empireo: luogo della residenza divina. 22: la quale e 'l quale: Roma e l'impero. 23: la potenza e la grandezza dell'impero Romano furono costituiti solo perché dovevano essere la sede della religione Cristiana. 24: dove risiede il papa. Maggior: viene usato come aggettivo positivo e rappresenta: grande, sommo. 25: per il vantarti di aver inviato nell'inferno, Enea (rivolgendosi a Virgilio) : per il loco eterno Enea parlò con Anchise - suo padre - e sentì cose che gli servirono per la vittoria conrto il re dei Rutuli e per la venuta papale : ci andò anche San Paolo (nell'inferno), per raccogliere meglio la fede e portare stimolo sulla Terra. 21

23 Ma io, perché venirvi? o chi 'l concede? Io non Enëa, io non Paulo sono; 33 me degno a ciò né io né altri 'l crede. Per che, se del venire io m'abbandono, temo che la venuta non sia folle. 36 Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono". E qual è quei che disvuol ciò che volle e per novi pensier cangia proposta, 39 sì che dal cominciar tutto si tolle, tal mi fec'ïo 'n quella oscura costa, perché, pensando, consumai la 'mpresa 42 che fu nel cominciar cotanto tosta. "S'i' ho ben la parola tua intesa", rispuose del magnanimo quell'ombra, 45 "l'anima tua è da viltade offesa; la qual molte fïate l'omo ingombra sì che d'onrata impresa lo rivolve, 48 come falso veder bestia quand'ombra. Da questa tema acciò che tu ti solve, dirotti perch'io venni e quel ch'io 'ntesi 51 nel primo punto che di te mi dolve 33: e quale gente è questa che io odo che sembra sommersa dal dolore? 34: se accetto di affrontare il viaggio. 36: sii perspicace, intendi meglio ciò che non so comprendere : chi è colui che non accetta più ciò che decise e per nuovi pensieri cambia proposta, alchè rinuncia al pensiero iniziale. 40: oscura costa: la piaggia deserta, il pendio duro; sempre in rappresentanza alla sua situazione di malessere : qui l'alighieri guarda la realtà e immagina come possa essere il suo pellegrinare, prima affrontato con scarsa oggettività. 43: parola: discorso. 45: viltade: codardia, vigliaccheria, paura. Offesa: affranta, indebolita : la quale (la paura) molte volte si accosta all'uomo e da onorata impresa lo distoglie. 48: come quando gli animali si spaventano per un'ombra. 50: dirotti: ti dirò. 51: nel primo punto: la prima volta. 22

24 Io era tra color che son sospesi, e donna mi chiamò beata e bella, 54 tal che di comandare io la richiesi. Lucevan li occhi suoi più che la stella; e cominciommi a dir soave e piana, 57 con angelica voce, in sua favella: "O anima cortese mantoana, di cui la fama ancor nel mondo dura, 60 e durerà quanto 'l mondo lontana, l'amico mio, e non de la ventura, ne la diserta piaggia è impedito 63 sì nel cammin, che vòlt'è per paura; e temo che non sia già sì smarrito, ch'io mi sia tardi al soccorso levata, 66 per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito. Or movi, e con la tua parola ornata e con ciò c' ha mestieri al suo campare, 69 l'aiuta sì ch'i' ne sia consolata. 52: sospesi: nel Limbo, tra la speranza di salire nel Paradiso e la mortificazione di rimanere lì. 54: le chiesi se c'era bisogno di me. I versi usati, sono prettamenti stilnovistici sia nella presentazione della donna - che avverrà dopo - sia nel linguaggio usato da Virgilio per definirla e parlarle. Da notare soprattutto gli aggettivi usati, che sono frequenti nella corrente letteraria. 56: soave e piana: come già detto frequenti in ambito stilnovistico. 57: favella: modo di parlare. 58: rivolgendosi a Virgilio. 60: e durerà (la popolarità) quanto durerà il mondo. 61: colui che mi amò, senza interesse verso i miei averi, mi amò per quella che sono. Alcuni critici rimandano al "Roman de la Rose" o anche a citazioni di Ovidio. 64: conoscendo le doti degli oltremondani e sapendo che conoscono il passato, il presente, e il futuro, non si capisce come mai Dante qui gli annulla questo potere. 65: levata: incamminata, mossa. 68: e con quel che serve al suo vivere. 23

25 I' son Beatrice che ti faccio andare; vegno del loco ove tornar disio; 72 amor mi mosse, che mi fa parlare. Quando sarò dinanzi al segnor mio, di te mi loderò sovente a lui". 75 Tacette allora, e poi comincia' io: "O donna di virtù sola per cui l'umana spezie eccede ogne contento 78 di quel ciel c' ha minor li cerchi sui, tanto m'aggrada il tuo comandamento, che l'ubidir, se già fosse, m'è tardi; 81 più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento. Ma dimmi la cagion che non ti guardi de lo scender qua giuso in questo centro 84 de l'ampio loco ove tornar tu ardi". 70: la donna che Dante mette sopra qualunque cosa e nessuna cosa può essere al di sopra; colei che merita di sedere nel più alto dei cieli e che attraverso la quale l'uomo trova la beatitudine eterna. Nel poema prende il posto del mistero rivelato ai comuni mortali, del sapere divino; la inserisce - dopo averla già vista nella "Vita Nuova" - anche per ricordarla e far intendere quanto per lui fosse importante. 71: vengo dal lungo dove desidero tornare (il Paradiso). 72: amor: la parola qui ha due mansioni: quella di Beatrice verso il suo amoroso e Amore nella rappresentanza di Dio. 73: signor mio: Dio. 75: comincia a parlare Virgilio : qui l'alighieri eccede in amore e in preferenza verso la sua Beatrice e fa cantare lodi al Virgilio che oltrepassano ogni limite. Questo poetare, poi, è anche vissuto ne la "Vita Nuova" e infatti se si pensa che Virgilio è un pagano e la complimenta, innalzandola oltre la ragione, si capisce che non c'è miglior elogio di codesto. 78: della Luna che ha come cielo minore la Terra. 81: non occorrono altre lusinghe per ch'io t'aiuti. 82: che: per la quale. 83: centro: il Limbo situato nell'inferno e cioè al centro della Terra e dell'universo. 84: de l'ampio loco: l'empireo. 24

26 "Da che tu vuo' saver cotanto a dentro, dirotti brievemente", mi rispuose, 87 "perch'i' non temo di venir qua entro. Temer si dee di sole quelle cose c' hanno potenza di fare altrui male; 90 de l'altre no, ché non son paurose. I' son fatta da Dio, sua mercé, tale, che la vostra miseria non mi tange, 93 né fiamma d'esto 'ncendio non m'assale. Donna è gentil nel ciel che si compiange di questo 'mpedimento ov'io ti mando, 96 sì che duro giudicio là sù frange. Questa chiese Lucia in suo dimando e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele 99 di te, e io a te lo raccomando -. 86: dirotti: ti dirò. 88: dee: deve : le parole espresse da Beatrice derivano dall'etica di Aristotele, ma Virgilio vuol sapere la ragione personale e congrua a Dante, della sua discesa, che illustrerà dopo. 91: sua mercè: con la sua grazia : in questi due versi non c'è alcun disprezzo per i dolosi ma fa capire che la beatìtudine impostata agli spiriti e agli animi del Paradiso, non può essere interrotta da alcun evento tanto meno dal giudizio divino. 94: Donna: quasi sicuramente l'alighieri fa riferimento alla Donna per eccellenza cioè la Vergine. Compiange: duole. 95: di questo 'mpedimento: dell'impedimento di Dante a proseguire per la sua via. 96: e con l'intercessione della Madonna spezza ("frange") il duro giudizio di Dio. 97: chiamò Santa Lucia. La Santa in questione sta molto a cuore al poeta, e a lei rivolse preghiere e devozioni in seguito ad una malattia a li occhi annotata nel Convivio. 98: il tuo fedele: conferma della devozione di Dante. 25

27 Lucia, nimica di ciascun crudele, si mosse, e venne al loco dov'i' era, 102 che mi sedea con l'antica Rachele. Disse: - Beatrice, loda di Dio vera, ché non soccorri quei che t'amò tanto, 105 ch'uscì per te de la volgare schiera? Non odi tu la pieta del suo pianto, non vedi tu la morte che 'l combatte 108 su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? -. Al mondo non fur mai persone ratte a far lor pro o a fuggir lor danno, 111 com'io, dopo cotai parole fatte, venni qua giù del mio beato scanno, fidandomi del tuo parlare onesto, 114 ch'onora te e quei ch'udito l' hanno". Poscia che m'ebbe ragionato questo, li occhi lucenti lagrimando volse, 117 per che mi fece del venir più presto. 102: Rachele: moglie di Giacobbe. A quei tempi rappresentava la vita contemplativa e forse per questo motivo il poeta le accosta Beatrice. 103: loda di Dio vera: esempio migliore dell'amore di Dio. 104: ché: perché. 105: che si distinse dal volgo per lodarti e per come ti ha lodata. 106: la pietà: l'angoscia, il terrore. 108: nel peccato e nel male dove le tante cose buone e belle non vincono mai. 109: ratte: pronte, scattanti. 111: dopo le parole dette da Lucia. Tornando al verso 109 si capisce che partì subito al soccorso del suo fedele : fidandomi del tuo parlare d'alto livello, decoroso, saggio. L'Eneide appunto scritta da Virgilio che fa si che Beatrice nutra fiducia in lui : volse verso me gli occhi lacrimosi che mi fecero accorrere te più velocemente. 26

28 E venni a te così com'ella volse: d'inanzi a quella fiera ti levai 120 che del bel monte il corto andar ti tolse. Dunque: che è perché, perché restai, perché tanta viltà nel core allette, 123 perché ardire e franchezza non hai, poscia che tai tre donne benedette curan di te ne la corte del cielo, 126 e 'l mio parlar tanto ben ti promette?". Quali fioretti dal notturno gelo chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca, 129 si drizzan tutti aperti in loro stelo, tal mi fec'io di mia virtude stanca, e tanto buono ardire al cor mi corse, 132 ch'i' cominciai come persona franca: "Oh pietosa colei che mi soccorse! e te cortese ch'ubidisti tosto 135 a le vere parole che ti porse! Tu m' hai con disiderio il cor disposto sì al venir con le parole tue, 138 ch'i' son tornato nel primo proposto. 118: volse: volle. 119: quella fiera: l'animale-vizio che più fa male all'animo di Dante cioè la lupa. 120: che ti impedì di salvarti da quello stato. 121: restai: esiti, indugi. 122: perché tanta codardia dimora nel tuo cuore. 123: ardire e franchezza: coraggio e coscienza. 125: curan di te: credono nel tuo andare. 128: li 'mbianca: l'illumina all'alba. 130: virtude stanca: mancanza di audacia e coraggio. 135: porse: disse, rivolse. 27

29 Or va, ch'un sol volere è d'ambedue: tu duca, tu segnore e tu maestro". 141 Così li dissi; e poi che mosso fue, intrai per lo cammino alto e silvestro. 138: proposto: proposito, decisione. 140: duca: guida. Dal Boccaccio "Tu duca, quanto è all'andare, tu segnore, quanto è alla preeminenza ed al comandare; e tu maestro, quanto è al dimostrare". 142: alto: arduo, difficile. Silvestro: selvaggio. 28

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31 Canto Terzo Canto Terzo, nel quale tratta de la porta e de l'entrata de l'inferno e del fiume d'acheronte, de la pena di coloro che vissero sanza opere di fama degne, e come il demonio Caron li trae in sua nave e come elli parlò a l'auttore; e tocca qui questo vizio ne la persona di papa Cilestino. 30

32 'Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'etterno dolore, 3 per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore; fecemi la divina podestate, 6 la somma sapïenza e 'l primo amore. Dinanzi a me non fuor cose create se non etterne, e io etterno duro. 9 Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate'. Queste parole di colore oscuro vid'ïo scritte al sommo d'una porta; 12 per ch'io: "Maestro, il senso lor m'è duro". Ed elli a me, come persona accorta: "Qui si convien lasciare ogne sospetto; 15 ogne viltà convien che qui sia morta : per me: attraverso me. Città dolente: da un punto di vista generale può essere interpretato come l'inferno ma continuando apparirà chiaro che si tratta della città di Dite. Perduta: dannata per sempre. Questa terzina dà una sorta di idea delle epigrafe di solito poste all'entrate delle città medievali. Il costrutto va ad ammonire ed avvertire tutte le anime e non che si addentrano nell'inferno, portando l'opera ad un livello di drammaticità molto alto e con un'apertura moderna e innovativa senza precedenti. 4: a crearmi fu Dio con il suo volere di giustizia. 5-6: a crearmi fu Dio, insieme, uno e trino. La Trinità nei suoi attributi: la potenza di Dio, la sapienza del Figlio e l'amore dello Spirito Santo. 7-8: prima di me erano esistenti solo cose eterne. L'Inferno venne creato con la caduta di Lucifero sulla Terra e solo dopo essa, ci fu la creazione di tutte le cose mortali (uomini, vegetazione, animali).etterno: eternamente. 10: di colore oscuro: va interpretato in due modi: il primo attinge al colore ormai abbrunito dal tempo, invece, il secondo viene rapportato al timore di Dante e quindi vengono viste come minacciose che nel terzo verso della terzina si andrà a confermare. 14: sospetto: esitazione, paura. 15: viltà: è il sentimento creato dall'esitazione e dalla paura cioè la codardia. Morta: finita, distrutta. 31

33 Noi siam venuti al loco ov'i' t' ho detto che tu vedrai le genti dolorose 18 c' hanno perduto il ben de l'intelletto". E poi che la sua mano a la mia puose con lieto volto, ond'io mi confortai, 21 mi mise dentro a le segrete cose. Quivi sospiri, pianti e alti guai risonavan per l'aere sanza stelle, 24 per ch'io al cominciar ne lagrimai. Diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d'ira, 27 voci alte e fioche, e suon di man con elle facevano un tumulto, il qual s'aggira sempre in quell'aura sanza tempo tinta, 30 come la rena quando turbo spira. E io ch'avea d'error la testa cinta, dissi: "Maestro, che è quel ch'i' odo? 33 e che gent'è che par nel duol sì vinta?". 18: il ben dell'intelletto: che hanno perso il pensiero della speranza di vedere Dio. 19: mi prese per mano. 21: mi fece entrare nel mondo eterno e sconosciuto (l'inferno) : versi ripresi e modificati dall'eneide inserendo sensi personali che condizionano l'animo del pellegrino a tal punto da cominciar a piangere. Alti guai: urla di dolore. Al cominciar: ascoltandoli per la prima volta. 25: diverse lingue: differenti lingue oppure strane. Favelle: pronunce, accenti. 27: voci: suoni emessi senza senso espressivo. Suon di man con elle: suoni creati dal battito delle mani tra loro ma anche con il proprio corpo e quello degli altri. 29: sanza tempo: eternamente, dove non esiste il giorno e la notte. 30: come la sabbia che si alza vorticosa nell'aria. 33: e quale gente è questa che io odo che sembra sommersa dal dolore? 32

34 Ed elli a me: "Questo misero modo tegnon l'anime triste di coloro 36 che visser sanza 'nfamia e sanza lodo. Mischiate sono a quel cattivo coro de li angeli che non furon ribelli 39 né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro. Caccianli i ciel per non esser men belli, né lo profondo inferno li riceve, 42 ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli". E io: "Maestro, che è tanto greve a lor che lamentar li fa sì forte?". 45 Rispuose: "Dicerolti molto breve. Questi non hanno speranza di morte, e la lor cieca vita è tanto bassa, 48 che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte. 35: triste: dolenti, in sofferenza. 36: che vissero senza cose e senza meriti. Qui si parla chiaramente degli Ignavi, color che non seppero affrontare la vita prendendo delle decisioni e che quindi per viltà vengono disprezzati da chiunque come dopo il poeta farà capire, ma soprattutto sono criticati violentemente da lui proporzionalmente a quanto sono da lui onorate e rispettati gli spiriti magnanimi. 37: coro: schiena, gruppo : quando ci fu la caduta di Lucifero all'inferno, un gruppo di angeli presero la decisione di non stare né dall'una ne dall'altra parte. Fuoro: furono. 40: i beati li tengono lontani da loro poichè rovinerebbero la loro armonia. 42: ad avere gli ignavi come peccatori giudicati, i veri dolenti - cioè color che furon ribelli a Dio - avrebbero motivo di compiacimento e di superiorità verso loro facendosene un vanto : cos'è così violento e forte che li fa lamentare così furiosamente. 45: dicerolti molto breve: te lo dico subito. 46: questi non hanno la speranza di morire per la seconda volta per mano del giudizio universale. 47: cieca: oscura, infima. 33

35 Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: 51 non ragioniam di lor, ma guarda e passa". E io, che riguardai, vidi una 'nsegna che girando correva tanto ratta, 54 che d'ogne posa mi parea indegna; e dietro le venìa sì lunga tratta di gente, ch'i' non averei creduto 57 che morte tanta n'avesse disfatta. Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l'ombra di colui 60 che fece per viltade il gran rifiuto. Incontanente intesi e certo fui che questa era la setta d'i cattivi, 63 a Dio spiacenti e a' nemici sui. 49: tra i viventi non esiste alcuno che ricordi un loro gesto e quindi non risiedono nella memoria di nessuno : l'insegna che il poeta ci dichiara non viene descritta dallo stesso per darle un senso di ignobiltà e di bassezza come le genti che corrono dietro ad essa e doveva essere accettata da loro, bella o brutta, giusta o sbagliata che fosse, per quella viltà dimostrata nella vita nel prendere decisioni. E ci dice che non c'era alcun riposo per loro perché solo chi ha combattuto, anche se ha perso, merita il riposo. 55: tratta: fila, gruppo : colui: su chi è questo personaggio non ci sarà mai certezza, data la voluta ambiguità del poeta, forse per elargire l'aggettivazione alla grande moltitudine degli ignavi. i personaggi più indicati dai critici per il soggetto sono: Ponzio Pilato e Celestino V; nel primo caso sarà da intendere l'episodio in cui lasciò la scelta se condannare Cristo al popolo, invece per il secondo, il rifiuto del ruolo di pontefice dopo quattro mesi che porterà al potere Bonifacio VIII nel quale, Dante, riponeva la causa della corruzione e conflitto di quei tempi. 63: lontani dalla benevolenza di Dio e dalla malizia dei suoi nemici. 34

36 Questi sciaurati, che mai non fur vivi, erano ignudi e stimolati molto 66 da mosconi e da vespe ch'eran ivi. Elle rigavan lor di sangue il volto, che, mischiato di lagrime, a' lor piedi 69 da fastidiosi vermi era ricolto. E poi ch'a riguardar oltre mi diedi, vidi genti a la riva d'un gran fiume; 72 per ch'io dissi: "Maestro, or mi concedi ch'i' sappia quali sono, e qual costume le fa di trapassar parer sì pronte, 75 com'i' discerno per lo fioco lume". Ed elli a me: "Le cose ti fier conte quando noi fermerem li nostri passi 78 su la trista riviera d'acheronte". Allor con li occhi vergognosi e bassi, temendo no 'l mio dir li fosse grave, 81 infino al fiume del parlar mi trassi. 64: che mai fur vivi: che non seguirono mai un ideale o affrontarono problema : stimolati da mosconi e vespe in contrapposizione alla loro vita ignobile ed effimera condotta in povertà d'animo : il sangue e le lacrime che loro nella vita terrena non avevano mai versato, adesso sono mangime per vermi (nell'antichità era pensiero che nascessero da cose andate a male o decomposte quindi aggettivate come vili, schifose, insulse). 71: un gran fiume: parla dell'acheronte ripreso dal viaggio oltremondano dell'eneide virgiliano. 73: costume: diventato ormai lor carattere; hanno già in mente cosa fare. 75: fioco lume: debole luce, che dante userà per varie esigenze per creare l'immaginazione precisa del luogo. 76: fier conte: saranno spiegate, saranno note. 79: il pellegrino si sente a disagio dopo la risposta - che suona come un rimprovero - di Virgilio, per le innumerevoli domande che li pone. 80: temendo no: temendo che. Li fosse grave: lo turbasse. 81: mi trassi: mi astenni, mi fermai. 35

37 Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, 84 gridando: "Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo: i' vegno per menarvi a l'altra riva 87 ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo. E tu che se' costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti". 90 Ma poi che vide ch'io non mi partiva, disse: "Per altra via, per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare: 93 più lieve legno convien che ti porti". E 'l duca lui: "Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote 96 ciò che si vuole, e più non dimandare". Quinci fuor quete le lanose gote al nocchier de la livida palude, 99 che 'ntorno a li occhi avea di fiamme rote : ripreso dall'eneide, il vecchio di cui si parla è Caronte figlio dell'erebo e della notte ed anche nel poema virgiliano ha la mansione di traghettatore. Una differenza tra i due poeti sta nell'esposizione: mentre Virgilio riporta la descrizione fisica del personaggio, l'alighieri descrive il movimento atto a creare un'emozione, ad attuare nella mente del lettore il senso della drammaticità che con i versi successivi verrà a crearsi. Prave: perdute, malvage, maledette. 87: in caldo e 'n gelo: indica le diverse pene dei peccatori. 88: e tu: rivolgendosi a Dante. 89: partiti: allontanati, scostati. Ripreso dall'eneide, in cui, Caronte si rifiuta di far salire Enea. 91: per altra via: come sequenzialmente si andrà a leggere nel poema, si va a precisare che il poeta come atto di modestia, si colloca in Purgatorio, dove lo aspetta un più "lieve" dolore. 92: piaggia: spiaggia. 94: crucciare: infastidire, arrabbiare, o anche addolorare : questa formula sarà usata anche in futuro per altre due volte; ci dice che il viaggio per arrivare al cielo e dato da Dio e che tu non puoi frenare o arrestare. 97: da questo punto in poi si arrestò il caos delle anime e Caronte. 36

38 Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude, cangiar colore e dibattero i denti, 102 ratto che 'nteser le parole crude. Bestemmiavano Dio e lor parenti, l'umana spezie e 'l loco e 'l tempo e 'l seme 105 di lor semenza e di lor nascimenti. Poi si ritrasser tutte quante insieme, forte piangendo, a la riva malvagia 108 ch'attende ciascun uom che Dio non teme. Caron dimonio, con occhi di bragia loro accennando, tutte le raccoglie; 111 batte col remo qualunque s'adagia. Come d'autunno si levan le foglie L'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo 114 vede a la terra tutte le sue spoglie, similemente il mal seme d'adamo gittansi di quel lito ad una ad una, 117 per cenni come augel per suo richiamo. 100: lasse: affrante dal loro stato di perdizione. 102: quando capirono le parole pronunciate da nocchiere nei versi : all'udire quello che gli aspettava cominciarono ad offendere pesantemente Dio, tutta la loro genealogia, il posto dove erano nati e il tempo, essendosi resi conto della situazione orrenda che li aspettava, ormai, troppo tardi. 107: malvagia: aggettivo per qualsiasi cosa attinga per il regno del male. 108: che non ha seguito gli insegnamenti di Dio e non ha percorso la sua via. 109: bragia: brace, fuoco. 111: s'adagia: indugia, temporeggia. 37 Qui potrà sembrare che il poeta sia in contraddizione con il verso 74 invece gli esperti spiegano, che nella fretta e la foga di Caronte nel portare le anime sulla barca, qualunque anima che abbia più terrore delle altre indugia un poco più, e in quel momento di frenesia non si ha cortezza di giudicarne lo stato e si usa lo stesso metodo : similitudine presa dal poema virgiliano ma che va a modificarlo per renderlo più vivo nella mente del lettore. 115: mal seme d'adamo: i malvagi discendenti. 116: lito: lido. 117: come l'uccello segue il richiamo del suo ammaestratore.

39 Così sen vanno su per l'onda bruna, e avanti che sien di là discese, 120 anche di qua nuova schiera s'auna. "Figliuol mio", disse 'l maestro cortese, "quelli che muoion ne l'ira di Dio 123 tutti convegnon qui d'ogne paese; e pronti sono a trapassar lo rio, ché la divina giustizia li sprona, 126 sì che la tema si volve in disio. Quinci non passa mai anima buona; e però, se Caron di te si lagna, 129 ben puoi sapere omai che 'l suo dir suona". Finito questo, la buia campagna tremò sì forte, che de lo spavento 132 la mente di sudore ancor mi bagna. La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia 135 la qual mi vinse ciascun sentimento; e caddi come l'uom cui sonno piglia : e prima che siano di là discese, di qua c'è già un'altra schiera radunata. 121: cortese: risponde a me senza che io abbia fatta domanda. Contrapposizione ai versi : lo rio: il fiume Acheronte. 126: si che il pensiero (di paura) si trasforma in desiderio. In concezione alla giustizia divina, che fa notare ai dannati, che il loro soffrire è giusto e non contrapponibile. 127: quinci: di qui. 129: suona: significa. La predizione di Caronte della non venuta di Dante all'inferno. 130: finito questo: finito il parlare di Virgilio. Campagna: terra, appezzamento, regione. 133: lagrimosa: le lacrime degli ignavi. Diede vento: nell'antichità si attribuivano i terremoti alla spinta dei venti. 134: che: il quale. 135: la quale mi fece perdere i sensi. 38

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41 Canto Quarto Canto IV, nel quale mostra del primo cerchio de l'inferno, luogo detto Limbo, e quivi tratta de la pena de' non battezzati e de' valenti uomini, li quali moriron innanzi l'avvenimento di Gesù Cristo e non conobbero debitamente Idio; e come Iesù Cristo trasse di questo luogo molte anime. 40

42 Ruppemi l'alto sonno ne la testa un greve truono, sì ch'io mi riscossi 3 come persona ch'è per forza desta; e l'occhio riposato intorno mossi, dritto levato, e fiso riguardai 6 per conoscer lo loco dov'io fossi. Vero è che 'n su la proda mi trovai de la valle d'abisso dolorosa 9 che 'ntrono accoglie d'infiniti guai. Oscura e profonda era e nebulosa tanto che, per ficcar lo viso a fondo, 12 io non vi discernea alcuna cosa. "Or discendiam qua giù nel cieco mondo", cominciò il poeta tutto smorto. 15 "Io sarò primo, e tu sarai secondo". E io, che del color mi fui accorto, dissi: "Come verrò, se tu paventi 18 che suoli al mio dubbiare esser conforto?". 1: l'alto: profondo. Verso, anche questo ripreso similmente dall'eneide. 2: un greve truono: pauroso boato. Va a dare continuazione al Canto precedente, con la conclusione di quell'avvenimento naturale che fa svenire il poeta. 3: per forza: con violenza, con furia. 5: dritto levato: sollevatomi da terra. 7: vero è: sta di fatto. L'Alighieri qui vuol far intendere che si è trovato dall'altra parte del fiume Acheronte inaspettatamente, e non ci dice soprattutto chi o cosa l'abbia portato sull'altra riva; questo sta ad enfatizzare la dinamicità di tutto il costrutto. Proda: orlo, precipizio. 9: truono: fragore, frastuono. Guai: lamenti, frustrazioni. 11: per ficcar: per quanto ficassi, per quanto mi sforzavo nell'osservare. 13: cieco: privo della luce di Dio. 16: e io: da notare che Dante è la prima volta che nomina se stesso senza però rivelare chi lui sia. Color: il viso pallido di Virgilio viene adesso interpretato dal pellegrino come emozione di paura ma più tardi scopriremo cos'è. 18: dubbiare: timore, paura, angoscia; usato nell'italiano antico per codeste emozioni. 41

43 Ed elli a me: "L'angoscia de le genti che son qua giù, nel viso mi dipigne 21 quella pietà che tu per tema senti. Andiam, ché la via lunga ne sospigne". Così si mise e così mi fé intrare 24 nel primo cerchio che l'abisso cigne. Quivi, secondo che per ascoltare, non avea pianto mai che di sospiri 27 che l'aura etterna facevan tremare; ciò avvenia di duol sanza martìri, ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi, 30 d'infanti e di femmine e di viri. Lo buon maestro a me: "Tu non dimandi che spiriti son questi che tu vedi? 33 Or vo' che sappi, innanzi che più andi, 19: l'angoscia: il doloroso espiare. 21: per tema senti: l'emozione di paura che Dante interpreta non è altro che pietà e tristezza e commiserazione verso le anime di questo girone. 24: il primo cerchio: si parla del Limbo nel quale vagano le anime che non sono entrate nella grazia di Dio non essendo stati battezzati e non avendo colpe specifiche. La grande arte rivoluzionaria del poeta lo porterà non solo a inserirci i non battezzati, ma anche personaggi di altre religioni come pagani e musulmani. Essi venivano ripugnati dai teologi cristiani per il loro credo e di conseguenza non venivano giudicati come uomini, Dante lo fa distinguendosi non solo dai critici ma da tutto il resto del mondo incappando nel giudizio di eresia di alcuni teologi tradizionalisti. 25: il pellegrino avendo la vista impedita dalle tenebre fa affidamento all'udito. 26: non avea: non c'era. I peccatori di questo girone esprimono il loro dolore, la loro angoscia con dei sospiri. 28: questo avveniva a causa di un dolore interiore. 30: viri: uomini. 31: da notare che l'alighieri non chiede ancora nulla a Virgilio, per quel rimprovero fattogli nel Canto III ai versi 76-78, e appunto qui il maestro gli chiede "come fai a non chiedermi qualcosa su quel che qui sta accadendo". 33: andi: vada. 42

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